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Autore: Chu    08/07/2013    1 recensioni
Raccolta eterogenea di one-shot ispirate dai prompt della Summer Klaine Week 2013.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Titolo: Senza controllo
Pairing: Klaine
Prompt: Season II flashback dalla Summer Klaine Week 2013.
Genere: Malinconico, Introspettivo
Rating: R per l'argomento trattato
Avvertimenti: angst, flashback, missing moment (una specie), relazione leggermente D/s, slash.
Note: uh, dunque. Salve, ho idea che le note di questa storia saranno più lunghe della fanfic in sé, ma va tutto bene, è necessario.
Se avete letto gli avvertimenti (leggeteli, sono carini e coccolosi e vi evitano un sacco di brutte, brutte cose ♥ ), avrete notato il "D/s". Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, vadi a questo link (attenzione: link NSFW!) e si spaventi.
Per chi non si spaventa, beh, salve di nuovo. Non ho la minima idea se le fanfic in cui la relazione Klaine viene descritta come D/s siano conosciute/popolari/schifate nel fandom italiano, ma so per certo che nel fandom anglografo spopolano (ed io, purtroppo, frequento più il secondo per il primo). Brutalmente: queste fanfic mi creano diversi scompensi, primo perché è una tipologia di rapporto che non giudico, ma che non capisco, secondo perché è una tipologia di rapporto che non vedo adatta ai Klaine, MA...
Le dinamiche del power exchange m'incuriosiscono molto; dunque mi sono informata, ho letto in giro blog di sub che condividono la loro esperienza. Da questi blog ho scoperto che il sub, nonostante sia sottomesso, non si sente oppresso; piuttosto, avverte un forte senso di serenità e liberazione. Continuo a non comprendere del tutto il tipo di rapporto, ma continuo anche a trovarlo estremamente stimolante, come scrittrice di ficcy, in particolare nel mondo in cui il power exchange viene usato per risolvere una situazione di disagio del sub, ricostruendo in qualche modo la sua fiducia in se stesso (e questo spiega il mio "ma"). Ho letto fanfic D/s con ruoli variabili (Dom!Kurt e sub!Blaine e viceversa), e sono più o meno razionalmente orientata sul primo, ma il secondo ha un fascino innegabile per me. Perché? Perché rivedendo la seconda stagione ho percepito qualcosa. E' solo una sensazione, liberissimi di darmi della visionaria, ma... tant'è. Ehm. Buon divertimento?
Ah! Una cosa fondamentale: devo ringraziare tantissimo la mia meravigliosa beta e Tessoro Michiru perché mi ha consigliata, tenuto la manima mentre scrivevo e non ha avuto mai dubbi su di me (non so perché, ma è una cosa molto aw ♥). Grazie, Tesso' <3

Senza controllo



Kurt si guardò allo specchio, dopo essersi toccato il naso tre volte, notando l’espressione tesa e stanca. Quel giorno nemmeno i suoi piccoli rituali funzionavano: l’ansia gli cresceva dalla pancia, riempiendogli lo stomaco e il torace con un macigno ingarbugliato di emozioni negative. Sentiva il controllo sfuggirgli dalle mani e, per quanto cercasse di trattenere i fili, riusciva a malapena ad andare avanti durante la giornata.

Nessuno se n’era davvero accorto e di questo Kurt era contemporaneamente sollevato e rattristato. Non che biasimasse Rachel e Santana, entrambe impegnate con i loro progetti – la prima con l’audizione per Funny Girl, la seconda assorta nel difficile compito di capire cosa voleva fare precisamente lì a New York.

Isabelle era l’unica che lo guardava con preoccupazione e gli faceva prendere una pausa ogni volta che lo vedeva troppo nervoso e teso. Kurt gliene era infinitamente grato, ma a fine giornata, nella solitudine del suo letto, il macigno tornava, posandosi alla bocca del suo stomaco e tenendolo sveglio finché non crollava per la stanchezza, trovando poco conforto in un sonno senza sogni e poco riposo durante le prime ore dell’alba, appena prima di doversi alzare e ricominciare tutto da capo.

In quelle notti tormentate afferrava Bruce e si stringeva al cuscino, ispirando a fondo, ma non trovando altro che l’odore del profumo che aveva spruzzato lui stesso sul cotone.

Era tutto fuori controllo e più di una volta si era ritrovo sull’orlo del precipizio con il telefono in mano e il pollice che indugiava sul numero di Blaine.

Perché Blaine sapeva cosa fare: Blaine sarebbe riuscito a farlo tornare in controllo, farlo andare avanti togliendogli le piccole preoccupazioni quotidiane, quando mangiare, cosa indossare, quando studiare… prendere il controllo della parte quotidiana delle sue azioni, lasciandogli tutte le forze necessarie per affrontare l’ansia per la condizione di suo padre.

La prima volta che era successo, Kurt non aveva idea di cosa stesse accadendo.

La Dalton era così diversa da tutto quello che Kurt aveva conosciuto fino a quel momento: le divise, il dover tenere un profilo basso per conformarsi e far parte del gruppo, erano cose che rendevano Kurt insicuro di se stesso. Le piccole spille che si appuntava sul risvolto della giacca e il capelli sempre perfettamente curati non bastavano a farlo sentire se stesso e l’idea di non riuscire ad integrarsi con gli Usignoli, di non riuscire a trovare nemmeno lì la sua isola felice, lo rendeva instabile.

Non riusciva più ad essere Kurt Hummel, perché la divisa della Dalton sembrava avergli tolto tutto quello che gli permetteva di esprimere la sua personalità; era remissivo come non era mai stato, come non era. Cercava con tutto se stesso di seguire il consiglio di Blaine, non strafare, ricordati perché portiamo le divise, non strafare, eppure, più passavano i giorni, più si sentiva inconcludente, sfuggente.

Aveva iniziato a mangiare di meno, per studiare di più; aveva iniziato a studiare di più, per non strafare con l’esercizio canoro; eppure la sensazione di non star facendo abbastanza, che le lezioni fossero troppo difficili e che stesse perdendo il controllo di tutto, anche di se stesso, si faceva ogni giorno più forte.

Kurt era ansioso, le dita gli tremavano leggermente di un nervosismo sottopelle che ormai faceva parte delle sue giornate, ma che lo stremava; era tutto sommato certo di essere riuscito a nasconderlo bene, che nessuno si fosse accorto di quel malessere che lo faceva sentire sempre più sottile, sempre più trasparente.

Era stato qualche giorno dopo il fiasco di Don’t cry for me, Argentina che Blaine si era seduto accanto a lui nell’aula studio, gli aveva preso le mani e gli aveva chiesto come stava.

Bene, aveva risposto lui, con un sorriso sorpreso a graziargli le labbra.

Blaine l’aveva guardato negli occhi, cercando, esitando, ma solo per un attimo, e poi gli aveva detto che aveva visto il modo in cui spiluccava il cibo durante i pasti, lasciando il piatto pressoché intatto. Kurt era arrossito, scostando lo sguardo da quello di Blaine, cercando di far scivolare via la sua mano.

Blaine lo aveva lasciato andare, nervosamente, non voleva metterlo a disagio, non chiuderti, Kurt, per favore. Kurt aveva solo preso un profondo respiro ed aveva sorriso di nuovo, irrequieto, sollevando gli occhi senza tuttavia guardare veramente Blaine.

Lui non aveva insistito: gli era rimasto accanto, immerso nei suoi libri, disponibile come lo era stato la prima volta che si erano incontrati, e Kurt, esattamente come quella prima volta, alla fine aveva iniziato a parlare, sottovoce nonostante fossero soli nella piccola stanza.

Blaine l’aveva ascoltato con attenzione, annuendo di tanto in tanto, gli occhi che non lasciavano i suoi nemmeno per un momento, dandogli la certezza che qualsiasi cosa fosse successa dopo, Blaine sarebbe stato lì a tenerlo in piedi.

Kurt aveva lasciato andare settimane di tensione, ammettendo di non riuscire a tenere insieme tutti i pezzi della sua vita – e scoprendo che il trasferimento alla Dalton e il diverso ambiente erano solo una parte del problema, perché c’erano anche il trasloco in una casa nuova, l’idea di star perdendo l’inizio della convivenza con la sua nuova famiglia, le amicizie lasciate dietro, il rapporto con Mercedes che era rimasto appeso ad un sottile filo dopo il suo annuncio a sorpresa… A fine sfogo Kurt si sentiva oppresso da tutti i problemi che aveva nascosto anche a se stesso, relegandoli in un angolo della sua mente, per affrontarli un indeterminato dopo. Aveva concluso il tutto con un singulto strozzato, in cui aveva ammesso che si sentiva fuori controllo, senza controllo, ed era una sensazione orribile per una persona che aveva passato la maggior parte della sua vita a cercare di averne il più possibile.

“Fai un respiro profondo,” gli aveva detto Blaine, e solo in quel momento Kurt si era accorto che gli occhi di Blaine non avevano lasciato i suoi nemmeno per un momento. Non appena preso fiato, poi, si sentì un po’ più leggero e al contempo un po’ più perduto.

A quel punto Blaine gli aveva detto che capiva la sua sensazione, sapeva come ci si sentiva e che Kurt poteva fare affidamento su di lui, per qualsiasi cosa. Ma Kurt non aveva la soluzione, non sapeva in che modo Blaine potesse aiutarlo e Blaine se ne accorse – forse grazie al suo sospiro rassegnato o al suo sguardo perso e confuso -, ma lì per lì non disse nulla.

Iniziò un paio di giorni dopo, al rientro a scuola dopo il fine settimana: Kurt non aveva trovato pace nemmeno tornando a casa, perché la sua stanza era ancora in subbuglio e l’idea, in qualsiasi altro momento entusiasmante, di dover organizzare il suo guardaroba nel nuovo armadio, più grande del precedente, lo aveva terrorizzato, causando un piccolo crollo emotivo.

Blaine lo raggiunse nel corridoio quel lunedì mattina, sorridendogli come al solito, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, un’energia nervosa che lo rendeva esitante, incerto; aveva voluto sapere com’era andato il suo fine settimana ed aveva ascoltato il veloce resoconto con interesse, per poi stringergli una mano attorno al braccio, in maniera stranamente rassicurante, e dirgli di aspettarlo dopo le lezioni mattutine per andare a pranzo insieme.

Una volta nella mensa, Blaine era rimasto accanto a Kurt, riempiendogli il vassoio con tutte le sue pietanze preferite, sorridendo ogni volta che Kurt lo guardava con perplessità. Una volta seduti, Blaine l’aveva incoraggiato a mangiare un po’ di tutto, senza mai mostrarsi deluso quando Kurt mollava il piatto dopo due bocconi, e senza mai essere troppo pressante.

A fine pranzo Kurt aveva di nuovo provato la sensazione di pienezza dopo un pasto decente.
La giornata era proseguita in un modo più o meno simile: Blaine gli stava vicino ogni volta che era possibile, consigliandogli quale materia studiare per prima (hai un test di algebra dopodomani, forse è meglio iniziare da quello), imponendogli delle pause e accompagnandolo a cena (dove di nuovo si ripropose la scena del pranzo). Arrivata l’ora di andare a dormire, Blaine lo aveva accompagnato in dormitorio, gli aveva chiesto cos’avrebbe fatto prima di mettersi a letto e Kurt aveva farfugliato che forse avrebbe guardato un po’ la home di Facebook, per vedere come stavano i suoi amici, forse avrebbe mandato un messaggio a Mercedes, o forse avrebbe studiato un altro po’ di algebra.

“Penso che sentire Mercedes sia un’ottima idea,” gli aveva detto Blaine e Kurt, una volta chiusa la porta della sua stanza, aveva fatto esattamente quello.

Da quel giorno in poi, la presenza di Blaine divenne fondamentale, eppure mai troppo schiacciante: Blaine gli stava vicino, gli dava consigli, piccoli suggerimenti o comandi che Kurt non percepiva mai come tali, ma che ogni volta che venivano eseguiti gli davano un senso di completezza e gli facevano provare un moto di orgoglio quando Blaine lo guardava con fierezza. A fine giornata Kurt si sentiva un po’ più leggero, estremamente accudito e amato.

Non si era chiesto cosa volesse dire, cosa esattamente stesse facendo Blaine; ma funzionava e tanto gli bastava.

Fu Blaine, un giorno poco prima di Natale, a chiedergli come si sentiva; Kurt gli rispose con un sorriso sereno che andava meglio, non si sentiva più in ansia e la divisa non gli pesava più come all’inizio.

Blaine allora gli aveva domandato se poteva allentare un po’ la presa, se se la sentiva di tornare a prendere controllo di quei piccoli atti quotidiani che fino a quel momento aveva gestito per lui.
Kurt aveva annuito, un po’ senza fiato, e solo più tardi quella sera, nella sicurezza della sua stanza, si era domandato che cosa significasse quello che avevano fatto per tutto quel tempo.
Quando il giorno dopo aveva chiesto, con un po’ d’imbarazzo, a Blaine, questi era arrossito come non l’aveva mai visto fare, ed aveva sorriso in maniera impacciata.

Aveva iniziato il suo discorso premettendo d’aver cercato su Google un modo per aiutarlo e alle parole “perdita di controllo rimedi” gli erano usciti solo un sacco di link in cui l’unica soluzione era l’uso di medicinali – in special modo anti-depressivi. Andando più avanti nella ricerca aveva scoperto, con grande imbarazzo, il power exchange ed aveva letto di persone (beh, di sub, in realtà. No, non nel senso di ‘subacquei’) che erano davvero sereni e rilassati solo quando lasciavano il controllo ad altre persone.

Kurt aveva capito ed era rimasto terrorizzato all’idea di essere un sottomesso; aveva solo una vaga idea di cosa fosse una relazione D/s e qualsiasi sua conoscenza in merito gli dava immagini profondamente disturbanti.

Gli ci era voluta tutta la sera per capire e scoprire che quanto sapeva a riguardo era sbagliato; più di qualsiasi cosa, però, lo aiutò la consapevolezza che non si sentiva svilito e umiliato da quella condizione (e poi è solo un rimedio temporaneo, Kurt, tranquillo); piuttosto, si sentiva di nuovo fiero, come se la sua diva interiore si fosse finalmente risvegliata, più forte e determinata di prima. Non aveva più paura – o ne aveva molta di meno, rispetto all’inizio del suo trasferimento alla Dalton – e l’ansia e l’angoscia di non riuscire a fare nulla erano diminuite.

Lasciare che Blaine controllasse una parte della sua vita l’aveva aiutato a concentrarsi sul resto, a riprendere controllo di se stesso; la sua vicinanza ed i suoi incoraggiamenti gli avevano permesso di riacquistare fiducia nelle sue capacità. Per assurdo, Kurt si sentiva estremamente più indipendente che all’inizio di quella relazione.

Era passata ancora qualche settimana prima che Blaine gli facesse notare, con un sorriso enorme che mostrava tutti i denti, che erano giorni che non lo stava più controllando, che Kurt stava facendo tutto da solo e Kurt non si era mai sentito più fiero di sé e più grato di aver trovato una persona come Blaine, mai critico, sempre disponibile e positivo.

Non era più capitato che ci fosse bisogno di lasciare il controllo a Blaine, soprattutto non dopo che si erano messi insieme; ne avevano parlato molto, in compenso, scoprendo che non era quello il genere di relazione che volevano, che un rapporto di leggero power exchange era il massimo a cui sarebbero potuti arrivare. In qualche occasione – specialmente durante l’attesa per l’arrivo della lettera della NYADA e la preparazione per l’audizione – Kurt si era sentito di nuovo ansioso e irrequieto, ma quelle volte era bastato che Blaine l’aiutasse semplicemente a fare esercizi di respirazione e a focalizzarsi sull’obiettivo per far passare la sensazione d’essere schiacciato dall’ansia. Ma mai Kurt si era sentito senza speranza, inconsistente e sfuggente come quella prima volta alla Dalton.

Mai prima di quel momento: la malattia del padre, la scuola, il lavoro, New York che, per quanto amata, restava comunque una città ancora piena di incognite, dispersiva e immensa… era tutto troppo e Kurt avrebbe solo voluto qualcosa di confortante e piccolo. Qualcosa come una rassicurazione mormorata via telefono, una parola che lo aiutasse a capire che direzione prendere per affrontare il problema.

Le dita di Kurt quasi premettero il pulsante di chiamata, quella sera.

Quasi, ma poi Kurt ricordò che non stavano più insieme e che sì, erano amici, ma c’era ancora così tanto da mettere a posto che chiedere aiuto a Blaine avrebbe portato solo altre complicazioni, cose di cui lui non aveva le forze di preoccuparsi in quel momento.

Posò il cellulare sul comodino, allora, gli voltò le spalle e tornò ai suoi piccoli rituali.

Sto bene, sono solo piccole scaramanzie, si disse, ma non si sentì meglio.


TBC?

Note finali

Qualche sopravvissuto che non è rimasto sconvolto/non vuole lanciarmi roba addosso?
Scherzi a parte. Ehm. Salve.
Non pretendo di aver descritto una relazione D/s, per quanto molto molto molto molto vanilla, verosimile; sono una ficcynara, prendo spunto e invento. Quel che spero, piuttosto, è almeno di aver trasmesso l'idea di fondo, quel che mi piace di un rapporto di power exchange.
Inoltre, so che prima di darsi al D/s le parti devono essere entrambe informate, quindi chiamiamola licenza poetica. Anche perché sappiamo tutti cosa sarebbe successo se Blaine avesse informato Kurt prima XDD
  
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