Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Kantorka    09/07/2013    1 recensioni
Più che una storia, è un tentativo di rappresentare l'attimo fuggente, quel momento unico ed irripetibile che si presenta all'improvviso e ci costringe ad affrontare la tragica brevità della nostra vita.
Ispirata dalla famosa IV ode del I libro di Orazio.
Dedicata alle mie prime beta-readers: Pendragon of the Elves e BreeJanko, per il supporto morale (e tecnico;)) e molto altro:)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota dell'autrice:

Con questo breve racconto volevo esprimere una cosa in particolare: la tensione, il senso d'urgenza, l'ansia della vita. La sensazione di soffocamento di fronte a un'esistenza tragicamente breve che ci mette continuamente di fronte ai nostri limiti; quel fremito, quell'impulso che ci impone il "qui e ora", che ci tiene svegli a seguire con gli occhi le lancette che scivolano indisturbate sul quadrante e sembrano urlare beffarde tutto il proprio scherno verso la nostra opprimente condizione di mortali.

Tempus edax, il tempo corrode – ogni cosa.

 

 

Dresda, 1953

 

A quell'ora la biblioteca era deserta, ma Klaus resisteva. Non per dedizione allo studio, non per piacere personale. Per noia.

Era venerdì. La maggior parte dei ragazzi era tornata a casa per il fine settimana e quelli che erano rimasti si preparavano a uscire. Dalle finestre della biblioteca Klaus poteva vedere le alte finestre illuminate che davano sulle camere e seguire con gli occhi i frettolosi riti che precedevano un'uscita. Chi si infilava una camicia mal stirata, chi lucidava le scarpe e chi era intento a pettinarsi il ciuffo con la brillantina. 

Klaus tornò a leggere il volume che teneva aperto sul tavolo, in mezzo a pile e pile di tomi ammucchiati alla rinfusa. 

 

Pallida Mors aequo pulsat  pede pauperum tabernas

regumque turres…

 

Un cigolio. Klaus sollevò gli occhi sulla porta.

« Disturbo? » chiese la sagoma scura incorniciata dagli stipiti della porta.

« Sì » rispose Klaus secco.

« Meno male » rispose quello chiudendosi la porta alle spalle. « Non me lo sarei mai perdonato. »

Il ragazzo accentuò quel suo sorriso. Aveva labbra sottili, ma non troppo, solo quel tanto che bastava per far sembrare ogni suo sorriso un ghigno da lupo.

Anche il resto del suo corpo ricordava un animale. Era snello, i movimenti fluidi, il passo ferino. Solo lo sguardo tradiva la sua umanità: troppo mobile, nervoso, irrequieto. Saettava continuamente in ogni direzione, come se tentasse costantemente di avere una visuale da camaleonte.

Lentamente si avvicinò al tavolo al quale era seduto Klaus, mentre fendeva l'oscurità della biblioteca con l'occhio sano. Un unico alone di luce stendeva un velo opaco sugli scaffali circostanti. La lampada da lettura verde smeraldo illuminava il volto di Klaus e poco altro.

L'occhio grigio di Hans si fermò per un lungo istante sul suo viso.

« Cosa vuoi? » domandò Klaus.

« Nulla » rispose l'altro dopo qualche secondo stringendosi nelle spalle. 

Con un gesto deciso spostò le pile di libri che ingombravano la scrivania, facendone cadere molti sul pavimento. Con estrema nonchalance si sedette sul tavolo, schiacciando i libri rimasti, e si protese verso Klaus.

« Cosa stavi leggendo? » chiese piano.

Klaus non rispose subito. Hans sfilò il libro dalle dita del ragazzo e lesse:

 

O beate Sesti, vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam…

 

Sorrise.

Klaus deglutì piano. La luce fioca della lampada da lettura faceva scintillare di bagliori metallici l'occhio sinistro di Hans, creava un intrico di ombre sui suoi capelli di platino e venire assorbita dalla benda che copriva l'occhio cieco come da un buco nero. Klaus si levò gli occhiali e li appoggiò sul tavolo. All'improvviso sentiva gli occhi così stanchi… Di nuovo il suo sguardo si posò sul ragazzo. Era senza giacca, come sempre, le maniche della camicia arrotolate sugli avambracci e i capelli che arrivavano alle spalle. Aveva un non so che di esotico, un magnetismo primordiale che spingeva a bere con gli occhi ogni suo lineamento. Forse era il suo sguardo storto, forse il suo odore…

 

Iam te premet nox fabulaeque Manes…

 

Hans appoggiò una mano allo schienale della poltrona su cui Klaus era seduto e la sua bocca era già premuta contro quella del compagno.

Klaus percepì le labbra dell'altro sprofondare tra le sue, la sua barba corta pungergli il mento. Molto lentamente, entrambi schiusero le labbra. Klaus sentì la propria lingua impastarsi nella saliva di Hans, la sua lingua contorcersi nella propria saliva con esasperante lentezza.

Hans lo premette ancora di più contro la poltrona, mentre le dita allentavano la presa sul libro, lasciandolo scivolare a terra con un tonfo sordo. 

La sua voce fu un rantolo contro le labbra di Klaus: « La notte incombe su di noi, amico… non ci sarà più tempo per brindare, dopo. »

Si scostò un poco. 

« E allora quando potrò rivedere il delicato Licida? »

Sorrise, quasi con tristezza. « Posso amare Licida solo prima che cali la notte… »

Klaus lo fissava in silenzio, mentre con il dorso della mano si puliva la saliva che gli era colata sulle labbra.

« …prima che cali la notte… »

Guardò fuori dalla finestra. Gli ultimi bagliori del crepuscolo si ritiravano di fronte al buio della notte.

 

Solvitur acris hiems grata vice veris et Favoni

trahuntque siccas machinae carinas;

ac neque iam stabulis gaudet pecus aut arator igni,

nec prata canis albicant pruinis.

 

Iam Cytherea choros ducit Venus imminente luna,

iunctaeque Nymphis Gratiae decentes

alterno terram quatiunt pede, dum gravis Cyclopum

Volcanus ardens visit officinas.

 

Nunc decet aut viridi nitidum caput impedire myrto

aut flore, terrae quem ferunt solutae;

nunc et in umbrosis Fauno decet immolare lucis,

seu poscat agna sive malit haedo.

 

Pallida Mors aequo pulsat pede pauperum tabernas

regumque turris. O beate Sesti,

vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam:

iam te premet nox fabulaeque Manes

 

et domus exilis Plutonia; quo simul mearis,

nec regna vini sortiere talis,

nec tenerum Lycidan mirabere, quo calet iuventus

nunc omnis et mox virgines tepebunt. 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Kantorka