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Autore: katvil    09/07/2013    6 recensioni
"Io ti amo, ma non posso continuare così. Se rimani questa volta, non dico che debba essere per sempre, ma ti voglio qui domani al mio risveglio. Ho bisogno di averti accanto, di viverti giorno dopo giorno, di sapere che sei mia e di nessun altro. Ho bisogno di respirare l’aria che respiri ogni giorno, non solo per una notte perché adesso non mi basta più. In verità non mi è mai bastato, ma mi sono sempre detto che era meglio averti per metà piuttosto che non averti per niente. Adesso basta: devi prendere una decisione. O stai con me o esci da quella porta per non tornare più perché mi sono fatto già troppo male con questa storia e adesso non ho più la forza di continuare così.".
Nik, Laura, il loro amore tormentato e la musica dei Jumpin' Frog. Cosa ne uscirà?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo sò che il mio amore è una patologia'
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E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai
a mentire alle mani, al cuore, ai reni
lasciandoti fottere forte
per spingerti i presagi
via dal cuore su in testa, sopprimerli
non sai
non sai
che l'amore è una patologia
saprò come estirparla via[1]

"Oh cazzo!" La sveglia non ha suonato o, come al solito, l'ho ignorata... In ventiquattro anni non ricordo un giorno in cui mi sia alzata puntuale. Volo giù dal letto, m'infilo una delle maglie sparse sul pavimento, i pantaloni, le scarpe ed esco dalla porta di corsa.
"Ciaooo! Ci vediamo stasera!"
"Amòòò!"
Sara mi chiama dal balcone... Cosa ho dimenticato questa volta? Fortuna che la testa l’ho attaccata al collo altrimenti lascerei in giro pure quella...
“Gioia... cosa ho dimenticato questa volta? E' tardissimo, dai che perdo la metro!"
"Amore... ma oggi è domenica, dove vuoi andare? Torna su dai!"
Domenica? Ed io sono volata giù dal letto, mi sono precipitata giù dalle scale rischiando di rompermi una caviglia pensando di essere in super mega ritardo (come al solito…) ed è domenica mattina? Sono proprio rimbambita… Guardo Sara che mi fissa dalla ringhiera: il suo sorriso disarmante riesce a rendere meno destabilizzante anche il fatto di essermi alzata alle otto la domenica!
"Anzi no, aspettami lì che arrivo. Andiamo a far colazione da Tommy così vediamo che faccia ha dopo ieri sera, diamo un'occhiata al giornale e vediamo come riempire questa mattinata."
“Ok…” Che palle… una mattina che posso dormire… me l’ha sempre detto mia mamma che, tra le tante cose che potevano capitarle nella vita, il buon Dio le ha mandato una figlia stordita… Vediamo il lato positivo della cosa: almeno il bar di Tommy è aperto e non ci tocca fare colazione con i biscotti stantii del discount.
Mentre aspetto Sara, mi siedo sulla panchina di fronte al palazzo dove abita Lui: le serrande sono chiuse. Mi chiedo se sia lì dietro. Me lo immagino che dorme o che magari si è appena svegliato e sta prendendo il caffè. Nero, ristretto. Come piace a Lui. Ricaccio indietro le lacrime bastarde che provano a scendere. Perché mi fa male saperlo così vicino, ma allo stesso tempo lontano e irraggiungibile. Mi fa male incrociare i suoi occhi verdi nei miei pensieri, rivivere i momenti in cui Lui è stato mio, o almeno io credevo fosse così. Mi fa male sapere che l’ho perso e non poter fare niente per riportarlo da me.
Cerco di concentrarmi su altri pensieri: non voglio che Sara mi veda così. I manifesti del concerto di ieri sera sono ancora lì: c'eravamo tutti, tranne Lui naturalmente. E' stato un vero successo, Tommy ne sarà felice. I ragazzi sono fantastici e se lo meritano davvero. Sono riuscita pure a parlare con Frank senza che mi uccidesse e poi ho visto Nik… Mi fanno così male i suoi occhi ogni volta che li incrocio, ma davvero non potevo fingere e continuare a prendere in giro me stessa, ma soprattutto lui, non se lo merita. Forse però avrei dovuto parlargli, cercare di chiarire le cose, ma non ci riesco: ogni volta che incrocio i suoi occhi mi trafiggono come lame e mi allontano senza dire una parola. Forse un giorno…
“Eccomi qua!” La voce di Sara blocca il flusso dei miei pensieri: ha raccolto i suoi lunghi capelli biondi in una treccia. Un trucco leggero, azzurro, incornicia i suoi splendidi occhi verdi. Come faccia a essere così radiosa anche appena sveglia è un segreto tutto suo. Sorride sempre, anche nei momenti più difficili. E' la mia luce. Se quel giorno di cinque anni fa non l'avessi conosciuta non sarei la ragazza che sono adesso.
Ero in palestra, come ogni giorno. Stavo cercando di capire come funzionasse il nuovo tapis roulant e lei mi si è avvicinata.
"Ti serve una mano?"
“Ehm… magari… non capisco proprio come funzioni quest’affare…”
“E’ semplicissimo: basta che schiacci questo pulsante, si accende e con questa rotellina regoli la velocità”.
Da quel momento siamo inseparabili. Dopo due mesi vivevamo già insieme e siamo ancora qua, a dividerci le gioie e i dolori. E’ diventata il mio punto fisso, non posso più fare a meno di lei. Il nostro rapporto è talmente intenso che spesso la gente si fa strane idee sul nostro conto, idee che noi ci divertiamo ad alimentare perché non c’è niente di così divertente come gli sguardi stupidi dei vicini impiccioni che vorrebbero sapere, ma non sanno e allora rosicano.
“Che c’è amò?”. Mi guarda, guarda il palazzo di fronte e mi abbraccia senza dire una parola: è inutile, con lei non posso fingere, mi conosce forse meglio di quanto io conosca me stessa. Il calore del suo affetto è il mio toccasana. Rimaniamo così per qualche minuto poi un po’ riluttante mi stacco e la guardo.
“Sei pronta? Andiamo?” Con un sorriso mi prende la mano.
“Sono prontissima! Dai che Tommy ci aspetta!” Le sorrido e c’incamminiamo.
“Sara…”
“Dimmi…”
“Ti voglio bene.”
“Anch’io scemotta.”
Scoppiamo a ridere mentre il sole tiepido del mattino arriva a scaldare i nostri volti. 

"Ciao Tommy, il solito!"
"Maaax! Due cappuccini, due cornetti e una rosa rossa per i mie angeli"
La rosa... ecco come fa Tommy a ingelosire tutte le avventrici del "Bar della Piazza". La compra tutte le mattine dal pachistano all'angolo e la conserva apposta per i suoi angeli, tanto sa che non manchiamo mai. E dovreste vedere le facce delle signore al bancone quando Max poggia il vassoio sul nostro tavolino! Tommy (al secolo Tommaso Riccoboni, ma chiamatelo sempre Tommy che fa più figo, da quel tocco d’internazionalità che non guasta mai) non è proprio quello che definireste un gran figo, ma ha fascino e carisma da vendere. Bassino, con un naso che definire "importante" è decisamente un eufemismo, un ciuffo di capelli biondi sempre spettinati che ricade sui suoi occhi azzurri. Due occhi intensi, che ti guardano fisso ogni volta che gli parli, quasi a voler leggere i tuoi pensieri. Tommy ha una cultura immensa: con lui puoi parlare di calcio come di filosofia e sa sempre cosa dire e come catalizzare l'attenzione. Da dieci anni gestisce il "Bar della Piazza" con Max, suo amico d'infanzia, ma il suo sogno è fare tutt'altro: vorrebbe vivere di musica, la SUA musica. Con Frank, Nik, Gio e Jack hanno una band, i Jumpin' Frog (non chiedetegli da dove esca questo nome... probabilmente non lo sa nemmeno lui... dev'essere semplicemente il frutto di un qualche Jack Daniel's di troppo...). Appena il bar gli lascia qualche minuto libero, si reca al garage/studio di registrazione a buttar giù pezzi che scrive e canta. La musica è la sua vita, ma le bollette, purtroppo, non si pagano da sole perciò, in attesa del grande salto (perché prima o poi ci sarà questo salto!), prepara cappuccini e aperitivi.
"Ieri sera siete stati unici! Il vostro miglior concerto!"
"Sara, amore, lo dici tutte le volte. Non è che ti perdi un po' troppo a guardare un certo chitarrista?"
"Piantala Tommy! Stai sempre a prendermi in giro... siete stati davvero super! Ma non hai visto quanta gente c'era? Tutti che saltavano, che cantavano. E' stato bellissimo! Poi da quando Nik e Frank suonano con voi avete davvero una marcia in più. Diglielo anche tu Lau che sono fortissimi, a te mica può dire che sei di parte. Diglielo che sono bravissimi!" L’entusiasmo di Sara per i Jumpin’ Frog è contagioso: è impossibile non innamorarsi della band sentendola parlare di loro. E non credo che sia dovuto solo a questioni di cuore. Sara e Gio, il chitarrista della band, hanno una storia, anche se a dire il vero sarebbe più corretto affermare che Sara ha una storia con Gio mentre lui ne ha non si sa quante con non si sa chi e ogni tanto si ricorda che esiste pure lei. Perché il Sig. Giovanni Catalfani è un vero donnaiolo e sembra proprio che non abbia la men che minima intenzione di mettere la testa a posto, nonostante non sia più un ragazzino. Credo che la parola “fedeltà” non faccia parte del suo vocabolario. Con Sara si frequentano da un po', ma glielo dico tutti i giorni che non ne vale la pena buttarsi via così per uno stronzo come lui. Lei, ovviamente, non mi ascolta... è innamorata persa! Ma poi chi non lo sarebbe di un tipo così? Gio è più giovane di Tommy di una decina d'anni, come del resto anche gli altri ragazzi della band, anche se la differenza d'età non si nota molto. Non ha lo stesso carisma, ma in quanto a fascino non deve prendere lezione da nessuno! Capelli neri, occhi neri, sorriso disarmante e lo sguardo di chi sa bene cosa vuole e come ottenerlo. Conosce Tommy un paio di anni fa a un festival e da lì iniziano a suonare insieme. Sono loro la vera anima dei Jumpin' Frog.
"Lau, guarda qua: c'è un mercatino dell'antiquariato, di quelli che piacciono a te. E' vicino a casa di Gio. Che dici? Andiamo? Dai, così lo butto giù dal letto!"
"Ok..." Rispondo distrattamente. In realtà non ho neanche sentito cosa mi ha detto. La porta del bar si è aperta ed è entrato Lui e da quel momento è stato come se tutto intorno fosse sparito. Il cuore ha iniziato a galoppare come se volesse uscire dalla cassa toracica, il respiro si è fatto affannoso e i miei occhi sono stati rapiti da quei maledetti occhi verdi che mi scalfiscono l’anima come lame.
"Allora andiamo! Ciao Tommy, ci vediamo più tardi!" Sara mi prende per un braccio e mi trascina via. Come al solito riesce a leggermi dentro e sa benissimo che deve portarmi lontano da lì. Meglio così, almeno non rischio d'incrociare Nik...

***

"Frank, dove cavolo hai messo le lamette?"
"Sono nell'armadietto in bagno, dove vuoi che siano?"
"Evidentemente non ci sono altrimenti non te l'avrei chiesto..."
"E allora saranno finite... sei tu che le usi, io no di certo!"
"E adesso come faccio? Che palle... è pure domenica... mi gratterò tutto il giorno come una scimmia..."
Quando una giornata inizia male è meglio tornare a letto, chiudere gli occhi e risvegliarsi il giorno dopo. E svegliarsi perché un piccione tenta il suicidio sfondano il vetro della finestra della tua camera alle 6.30 di domenica mattina non è proprio il modo migliore per partire.
"Dai Nik... mettila così: la barbetta ti da quell'aria da uomo vissuto. Sei così sexy... mmm quasi quasi..."
"Frank è inutile che insisti: non avrai mai il mio culo! Meglio che leviamo le tende da qui va... Andiamo da Tommy che almeno facciamo una colazione decente."
Francesco si guarda allo specchio, scuote la testa a destra e a sinistra per sistemarsi il ciuffo di ricci neri ribelli, si passa la mano sulla barba e mi guarda col suo solito sorriso sornione.
"Ok Capo, anche se un colpetto potresti lasciartelo dare ogni tanto…"
"Ma lo sai che quando ti ci metti sei proprio tutto scemo?"
"Certo, non te l’ho mai detto che è la mia dote migliore?" e scoppia in una delle sue fragorose risate, talmente contagiosa che non posso fare a meno di seguirlo. Ormai sono quindici anni che sento quella risata, ma ogni volta mi fa sempre lo stesso effetto.
"Passiamo alle cose serie che è meglio. Hai chiamato Fra?"
"Si, ci raggiunge da Tommy. Dovrebbe esserci anche Jack, sempre se riesce a scendere dal letto prima di mezzogiorno..."
"Allora scordiamoci pure di Jack!" Giacomo, il batterista della band dove suoniamo io e Frank. Che uomo strano! A vederlo non gli daresti un centesimo: magrino, con quei capelli biondi sempre spettinati e quegli occhi azzurri sempre spalancati, come se avesse visto chissà cosa. Non è uno che parla molto, ma quando lo fa riesce a zittire persino quel cagacazzo di Tommy! Poi come picchia con le bacchette: come si siede dietro la batteria si trasforma, sembra indiavolato. Il risultato è che dopo ogni concerto non lo vediamo in giro per almeno due giorni. Non so cosa ci faccia con quella batteria, fatto sta che ne esce devastato. 

"Ehilà Tommy!"
"Buondì bella gente! Siete arrivati tardi, le fanciulle sono appena uscite."
"Meglio così..."
"Ancora pensi a quella storia?? Nik ripigliati!"
“Tommy non incominciare con le tue solite battutine per piacere che stamattina non è proprio quella giusta…”
“Noto che qualcuno è sceso col piede sbagliato dal letto… Sarà meglio che vi porto la colazione…”
Cerco d’ignorare Tommy, tanto è perfettamente inutile che gli stia a spiegare tutte le volte le stesse cose, proprio non capisce.
Mi accorgo di una presenza... Guardalo lì, seduto al tavolo a bere il suo cappuccino... Che poi non ho nessun motivo per odiarlo, non è colpa sua se Laura è una stronza, tanto più che mi conosce a malapena, ma non ci posso far niente. Ogni volta che lo vedo mi sale il sangue alla testa: ritornano i flash di quella giornata maledetta e sento dentro un forte istinto di prenderlo a calci. E Frank lo sa.
"Nik... vuoi che andiamo?"
"Lascia perdere... sta anche arrivando Fra e quella sai com'è... poi s'incazza come una iena se non ti trova..."
"Ok... io però non ti capisco… Perché non ti alzi e vai a chiarire questa situazione con Andres una volta per tutte? Cazzo Nik, non hai due anni! Lo sai che le cose non si risolveranno mai se fai così… A volte ti prenderei la testa e te l’aprirei in due!”
“Ok, hai ragione… un giorno vado a parlargli va bene? Ma non oggi, non adesso.”
Frank mi guarda poco convinto…
“Fai come ti pare Nik, ma io continuo a non capirti…"
Eccolo che si alza. Viene verso di noi. Ma cosa cavolo vuole adesso?
"Hola! Que pasa?"
"Ciao Andres..." Frank lo saluta mentre io cerco d'ignorarlo sperando sparisca.
“Francesco… Nicola…”
Continua a ignorarlo, continua a ignorarlo.
Fortunatamente Andres capisce che non è il caso d’insistere così passa e se ne va portandosi via anche la mia voglia di fare colazione. Mi resta solo un groppo alla gola e il bisogno di uscire da quel bar, di prendere una boccata d’aria altrimenti sento che da un momento all’altro potrei scoppiare.
"Frank, io vado. Mi è passata la voglia di mangiare. Salutami Fra."
“Nik...” Francesco mi guarda, ma non dice niente, tanto sa che qualsiasi cosa direbbe non cambierebbe il mio umore, anzi… non farebbe altro che peggiorare la situazione e finirei per litigare anche con lui. Gli fa male vedermi così e sapere che non può fare niente per aiutarmi. Lui c’è sempre per me ed io per lui. Siamo come due fratelli separati alla nascita e non potrei fare a meno di lui, ma non adesso. Questo è uno di quei momenti in cui devo stare da solo. Meglio che esca e vada a farmi una passeggiata.
Un raggio di sole mi colpisce dritto in faccia e mi costringe a ripararmi con una mano. Provo a chiudere gli occhi e respirare e pieni polmoni, ma il groppo in gola non se ne va. Allora inizio a camminare lungo il marciapiede: la città è praticamente deserta e i miei pensieri iniziano a correre. Non capisco perché mi faccio sempre mettere in crisi da Andres. Ogni volta che lo incrocio è sempre la stessa storia. Non riesco a far finta di niente, a non pensare a lui e Laura. Laura.. già... ecco il vero problema. Non è Andres, lui non c'entra niente.
Camminando mi accorgo che sono arrivato al parco, QUEL parco e i miei pensieri tornano a una settimana prima. Quel pomeriggio stavo andando con Frank al garage di Tommy per le prove...
"Ma nooooo!!! La macchina non parte..."
"Te l'ho detto che ormai è un rottame! Dai... andiamo a piedi... tagliamo per il parco e per questa volta vorrà dire che Tommy ci perdonerà un po' di ritardo..."
"Già... perché noi siamo sempre puntuali..." Frank scoppia a ridere mentre mi lancio in un'imitazione perfetta di Tommy e della sua ennesima ramanzina.
Beh... non fossi mai passato per quel parco, almeno mi sarei evitato una scena pietosa. Non credevo ai miei occhi: Laura, la MIA Laura era lì, su quella maledetta panchina e si stava baciando con un altro. Ma non è stato tanto il bacio a sconvolgermi, ma il modo in cui lo faceva e le parole che diceva. Parlava d'amore, diceva di non averlo mai dimenticato. Era come se per lei io non esistessi. In pochi secondi mi è crollato tutto: è stato come se un camion mi avesse investito. Non riuscivo più neanche a respirare. Non stava accadendo realmente, era impossibile. Frank mi ha preso e trascinato via. Siamo arrivati al garage di Tommy e lì sono crollato. Gio, Tommy e Jack mi guardavano come se fossi un fantasma, non capivano cosa stesse succedendo ed io non avevo nessuna voglia di dare spiegazioni.
Dopo quel maledetto pomeriggio non avrei voluto rivedere più Laura, ma è impossibile non incrociarci dal momento che lei e Sara sono sempre insieme e Sara sta con Gio... Non abbiamo mai parlato di questa storia, non ho voluto avere spiegazioni. Non ne ho bisogno. Non ho bisogno che mi dica frottole o che si giustifichi. E non ho nemmeno bisogno che mi racconti il perché. Va bene così. Mi faccio bastare quello che ho visto e intanto provo ad andare avanti.


[1] Frase tratta dal brano “Ci sono molti modi” degli Afterhours
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Angolo dell'autrice

Eccomi qua con la mia nuova "opera" :) In realtà non è proprio nuova: l'avevo già pubblicata un po' di tempo fa, ma siccome non era uscita proprio benissimo la sto praticamente riscrivendo da capo. Fatemi sapere se passate di qua e se vi piace :)
   
 
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