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Autore: Allyn    09/07/2013    4 recensioni
Beh, che dire? l'ennesima scemata ahaha Naruto Mellark e Sasuke Everdeen del distretto di Konoha, il ragazzo Katon, i terribili Hunger Games imposti da Akatsuki-city. Beh, come sciupare due saghe con una fic idiota!
Genere: Avventura, Parodia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Another Hunger Games

Cari e care, dopo la visione del film Hunger games, e la corsa sfrenata per comprare il libro (i tre libri) e darmi alla lettura, non ho potuto non pensare ad una storiella idiota e demenziale dove al posto della nostra meravigliosa Katniss Everdeen, e del ragazzo innamorato, Peeta Mellark, vediamo il nostro amatissimo Sasuke Everdeen aahaha e il nostro Naruto Mellark…buona idiozia a tutti!

Non ci credo ho anche trovato l'immagine ahahahah

 

Sasuke si legò ben stretto al robusto tronco dell’albero, stava scendendo la notte sull’Arena, il primo giorno era quasi giunto al termine e lui era ancora vivo, il volto più pallido del solito, i muscoli indolenziti, le mani sporche di terra. Sospirò, quando nel silenzio della foresta risuonò l’inno di Akatsuki-city, qualche secondo e avrebbe saputo se il suo compagno di distretto era ancora vivo. Vennero proiettati dieci volti, ma nessuno di questi corrispondeva ai tratti volpini del biondo.

“Tsk, è ancora vivo, l’idiota…” Sorrise Sasuke, per poi rabbuiarsi subito all’idea – se pur remota- che se fossero sopravvissuti entrambi avrebbero dovuto uccidersi a vicenda, dopotutto il vincitore era uno soltanto.

“Dannato! Ucciderti sarà un piacere!” Farfugliò, mentendo a se stesso, la mano stretta forte a pugno, le parole che gli risuonavano in testa erano ben altre “Dannato! Mi hai fatto prendere un colpo, per fortuna sei ancora vivo!” Ma mai, mai l’avrebbe ammesso, neppure a se stesso.

Lasciò che il vento tra le fronde del salice su cui si era rifugiato lo cullasse, fino a quando il sonno non vinse anche sulla paura e sulla tensione, regalandogli i ricordi più dolci del suo distretto.

C’era il viso di Naruto nella sua mente assopita, c’erano le sue braccia tornite e atletiche, i capelli biondo grano, e quel ricordo, il giorno di pioggia in cui gli lanciò una pagnotta di pane, salvandolo dalla morte, salvandolo da una fame che non aveva mai conosciuto prima.

Immagini più veloci corsero nell’incoscienza, quelle degli allenamenti, il loro mentore Kakashi, unico vincitore del loro distretto, Konoha, e poi di nuovo Naruto, la sua ammissione all’intervista.

“Hai una persona speciale, nel tuo distretto?” Aveva chiesto l’intervistatore.

Naruto era rimasto in silenzio, poi aveva risposto.

“Sì, ma...se mi ha notato è stato solo per merito della mietitura”

“E allora sai cosa? Trionfa e quando tornerai vincitore degli Hunger Games non potrà non uscire con te!” Aveva esclamato l’uomo di Akatsuki-city con un sorriso smagliante sulle labbra colorate.

“Non credo...perchè questa persona è qui, agli Hunger games con me!”

Finzione, o realtà? Quel biondo idiota era davvero innamorato di lui,  oppure era stata solo una trovata per ricevere più sponsor? Quella domanda tormentava Sasuke, il ragazzo Katon, il ragazzo in fiamme. Lo faceva ardere, di rabbia, eppure lo riscaldava, nel profondo, di una sensazione sconosciuta.

Fu l’odore di bruciato, lo scoppiettare ripetitivo della legna a svegliarlo.

“Che cosa?” Si voltò, la foresta stava andando a fuoco.

Si slegò velocemente e scese dall’albero, prese a correre in direzione contraria all’incendio.

Sapeva il perché di quell’improvviso cambio di scenario, era troppo lontano, troppo, dagli altri tributi, e gli strateghi non volevano tutta quella staticità, volevano lo scontro.

Corse come un pazzo, inciampò, più volte venne sfiorato da dei proiettili infuocati, fino a quando non venne colpito alla gamba. Capitolò, dolorante, fino allo stagno più vicino.

L’acqua lenì il dolore lancinante dell’ustione, sospirò, poi un vociare indistinto lo sorprese, costringendolo a cercare tra gli alberi.

Erano gli altri, cercavano...cercavano lui.

Scatto in piedi, ma era troppo tardi, l’avevano visto.

“Catturiamolo!” Sentì gridare da una ragazza.

“Non andrà lontano! E’ ferito!” Aggiunse il suo compagno.

E poi una voce che lo sorprese, che lo inchiodò là, alla mercé degli altri, che lo rese vulnerabile, immobile.

Era la voce di Naruto, il suo inconfondibile e pacifico tono, il modo in cui indugiava sulle parole, la cadenza, la musicalità di quella, unica voce che lo irritava, e che allo stesso tempo gli scaldava il cuore, le orecchie.

“Si dirige nella foresta” Aveva detto.

E così era stato, Sasuke aveva preso a correre, zoppicante, dolorante, deluso...verso gli alberi, dove si era arrampicato, sui rami più alti, certo era esile, molto più degli altri tributi, ma questo, per una volta gli avrebbe dato un vantaggio, l’avrebbe portato dove nessuno di loro poteva raggiungerlo.

Naruto l’aveva tradito...proprio tradito non lo poteva dire, perché dopotutto, anche se provenivano dallo stesso distretto, lì, nell’arena, erano nemici, nemici fino alla morte. Eppure, dopo quella pubblica dichiarazione, dopo che aveva ammesso di amarlo, davvero era solo finzione? Lo sapeva, certo, lo aveva sempre saputo che fidarsi era sbagliato, e si era ripromesso di non farlo, mai, verso nessuno...eppure, gli era stato inevitabile, non credere a quegli occhi azzurri. Meglio! Quando sarebbe arrivato il momento avrebbe avuto meno sensi di colpa per averlo ucciso.

“Dovrà scendere, prima o poi...lo aspetteremo qui e lo uccideremo” Sentenziò puntandolo con lo sguardo, dopo l’ennesimo fallimento di uno dei primi distretti a raggiungerlo sull’albero.

Era vero, doveva scendere, prima o poi, e loro erano in tanti e armati. Non aveva speranze, era ferito, e solo.

Si assopì, calò la notte, e un rumore indistinto lo svegliò da quel torpore doloroso. Un dono, uno sponsor, aprì il piccolo pacco, qualcuno lo voleva vivo. Si spalmò la crema medicinale sulla ferita, sarebbe guarito, ma rimaneva il problema della mancanza di armi e del numero dei suoi nemici.

Un alveare, il ronzio sconnesso di api, salvezza.

Doveva solo tagliare quel ramo, far precipitare quella bomba ronzante, sarebbero fuggiti, e lui avrebbe potuto filarsela.

Aspettò che dormissero e cominciò a segare lo spesso ramo. L’alveare si schiantò a terra in un tonfo sordo.

Grida, imprecazioni di ogni sorta uscirono dalle labbra degli altri tributi. Attese qualche minuto e scese, traballante per le punture di quelle strane api.

Erano degli ibridi, le api Tsukuyomi, il cui veleno dava allucinazioni.

Tra gli sbandamenti e le strane visioni contorte riudì la voce di Naruto, ora così vicino, voleva ucciderlo?

Gli corse incontro, gli occhi azzurri sbarrati dal terrore.

“Scappa! Corri, Sas’ke, corri!” Gli urlò.

E lui fuggì, lo stupore nel cuore, lo spavento, il dolore. Perché non l’aveva ucciso, ora che era così vulnerabile?

Corse più che poté, fino a quando il buio non gli riempì gli occhi con il suo nero più scuro.

Si risvegliò tre giorni dopo, affaticato, affamato, stanco, ma vivo.

Si chiese in quanti fossero rimasti, se Naruto fosse ancora lì, il cuore pieno di sangue, pronto a pompare in quel petto forte, pronto a spingere il suo sangue caldo fino ad ogni sua cellula più lontana.

Prese un bel respiro e si alzò. Tutto divenne sfocato, instabile. Poi li vide luccicare, gli shuriken, vicino al mucchio di foglie dove aveva riposato per chissà quante ore, giorni.

Ricordava di averli afferrati poco dopo esser sceso dall’albero, da uno dei tributi periti a causa delle punture di api. Ora poteva cacciare, ora poteva difendersi, armato avrebbe avuto una possibilità, rimaneva quel problema, enorme.

Se anche ce l’avesse fatta si sarebbe ritrovato a doverlo uccidere, a dover uccidere quel ragazzo che per la seconda volta lo aveva salvato dalla morte.

Un annuncio inaspettato colpì le sue orecchie, forse un sogno?

Avrebbero potuto vincere due tributi, a patto che il distretto di provenienza fosse lo stesso...

Naruto.

Camminò per qualche ora, fino a quando i suoi stivali non affondarono nel terreno fangoso, era vicino ad un ruscello, riusciva a sentirne il rumore, lo scroscio rilassante, l’odore di muschio nell’aria, il verde brillante delle foglie, e il rosso...il rosso del sangue.

Era sulle rocce viscide, sui ciottoli colorati, sulle piante vicino alla riva.

Seguì le tracce, poi lo trovò, steso a terra, mimetizzato tra il verde e il grigio.

“Naruto!” Esclamò.

Il ragazzo aprì gli occhi.

Sasuke si era scordato di quanto fossero azzurri.

“Ciao...”Mormorò il moro aiutandolo ad alzarsi, era ferito alla gamba.

“Un Kunai molto affilato” Gli disse il biondo sorridendo.

“Oh” Seppe dire il giovane.

Naruto sorrideva ancora, e quel sorriso gli arrivo dritto come una freccia al cuore. Aveva pensato più volte ad ucciderlo, per la sua salvezza, per quel tradimento, ma anche quella volta doveva ammetterlo, quel ragazzo era riuscito a sorprenderlo ancora, l’aveva aiutato a fuggire.

“Andiamo” Mormorò afferrandolo per la schiena e cercando un posto sicuro.

“Grazie...” Sentì dire sottovoce.

Sasuke storse la bocca e lo trascinò nella macchia.

Si rintanarono in una caverna, la notte era scesa velocemente, e il freddo li aveva trovati ancora con i vestiti umidi e con le membra stanche.

“Te la caverai, devi rimetterti...” Gli disse il moro, deciso.

Naruto ghignò.

“Sarai tu a vincere, Sas’kè” Gli disse poi nel silenzio.

“’Sta zitto...” Brontolò il moro.

“Piuttosto...è vero?” Chiese senza guardarlo in volto.

“Cosa?”

“Perché non mi hai ucciso?” La voce di Sasuke si fece debole, poteva sentire il suo cuore orgoglioso risuonargli nelle orecchie.

“Perché tu non mi hai abbandonato lì a morire?” Naruto rispose con un'altra domanda.

“Non lo farò, non ti lascerò qui, dopotutto anche tu...molto tempo fa...” Lo disse, convinto che l’altro non ricordasse quel giorno di pioggia, i suoi capelli corvini impregnarsi d’acqua, le costole premere contro la pelle, sotto i vestiti consumati, e poi quel pane, le sue dita bronzee lanciarglielo.

“Ci ripenso, sempre...sarei dovuto venire lì, da te, porgerti quel pane...e invece, te l’ho lanciato” La voce di Naruto si fece triste, i suoi occhi azzurri si rabbuiarono. Ricordava.

Sasuke alzò lo sguardo, sorpreso, i suoi occhi neri cercarono quelli del biondo.

“Tu...”

“Io ti guardavo sempre, da quel giorno...all’accademia, durante gli allenamenti, all’esame per Genin...” Ammise imbarazzato.

“Se io dovessi...”

“No...non morirai” Disse deciso il moro, per poi avvicinarsi e baciarlo sulle labbra, con dolcezza, un attimo, uno soltanto.

Naruto lo guardò basito, poi sorrise.

“Ti riporterò vivo a Konoha, Sas’ke...”

Sasuke scosse la testa, esasperato, come poteva affermare una cosa del genere quando era lui quello ferito, a terra.

“Torneremo insieme, a casa...” Gli rispose poi, sperandoci veramente.

 

 

AHAHAH scusate questa imbecillata, ma ce li vedevo troppo ahahahaha

Allyn <3

Non tiratemi niente ahaha, e non buttatemi nell’arena di Hunger games, please :P

Bacini

 

 

 

 

   
 
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