Anime & Manga > Rossana/Kodocha
Segui la storia  |      
Autore: yesterday    09/07/2013    15 recensioni
Ecco, forse se ne accorse appena alzò gli occhi verso le iridi dorate, era questo che le procurava Hayama. E gliel'aveva sempre procurato. Le faceva perdere il controllo su ogni sua più piccola emozione.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Era da un sacco di tempo che volevo scriverla. E' una one shot che ho deciso di spezzare in due perché sto ancora terminando la parte finale, ma soprattutto perché questi due momenti fungono un po' da preambolo. Ambientata in un momento indefinito della loro vita durante il periodo delle scuole superiori. (A voi l'ubicazione temporale più precisa)
Il rating è arancione in previsione della seconda parte, qui è super verde.
E , non ho dimenticato le mie altre storie, sto solo cercando di... Scrollarmi un po' di ruggine di dosso prima di tornare.
I toni sono un po' diversi dal mio solito, ho voluto cimentarmi in qualcosa di diverso.
A prestissimo con la parte finale, a presto per tutto il resto!
C.

 


Sollievo




Ad occhi chiusi riconosceva a stento il Giappone dall'America. Ad occhi chiusi, disteso sull'erba, la differenza con LA era minima, quasi non ci fosse una distesa d'acqua immensa a dividerle.
Ad occhi chiusi, il sole tepido sulla pelle, i primi bottoni della divisa scolastica sbottonati, Akito lì per lì non si sarebbe nemmeno più ricordato se fosse il caso di parlare in giapponese o in americano.
Ma c'era una vocina — e solitamente era parecchio fastidiosa — che gli ricordava costantemente su che sponda del Pacifico si trovasse.
« La matematica non sarà mai il mio mestiere, uffa ». Akito avvertì uno spostamento d'aria alla sua destra e si rassegnò: i suoi cinque minuti di pace erano terminati.
Aprì un occhio solo, sicuro della scena che gli si sarebbe presentata davanti: Sana era seduta accanto a lui, le guance gonfiate come se fosse ancora una bambina, lo stesso broncio capriccioso di quando era in sesta elementare, come se gli anni non fossero passati ma anzi stessero andando a ritroso.
Per quanto la sua presenza avesse interrotto il suo rimuginare silenzioso e perfetto, Akito non poté fare a meno di sentirsi sollevato.
Ecco, forse era questo che gli procurava Sana — oltre ad una certa ilarità di fronte ai suoi atteggiamenti infantili o alle sue stramberie —, ciò che gli aveva sempre procurato: sollievo.
Sana Kurata, doveva riconoscerlo e gli costava anche un certo sforzo, era da sempre il balsamo di tutte le sue ferite.
« Kurata, se sei scarsa... » la apostrofò senza troppi giri di parole, beccandosi di risposta un innocuo schiaffo sulla spalla e ghignando interiormente.
Adorava provocarla.
« Certo, io contavo sul supporto morale del mio ragazzo ma a quanto pare è- » già stava iniziando con le sue solite moine, ma Akito non la sentiva più.
« Ripetimi che hai detto » e si alzò a sedere, aprendo gli occhi.
Di fronte a lui Sana aveva ancora dipinta in viso un'espressione tra l'arrabbiato ed il preoccupato. Le labbra rosee leggermente dischiuse, gli occhi immensi che guardavano il giardino gremito di studenti in pausa.
Per un nanosecondo Akito rimpianse i due ridicoli codini che era solita portare, che col tempo aveva sostituito ad una morbida treccia ramata, ma gli bastò osservare i suoi lineamenti, la curva degli zigomi, le labbra più carnose, la linea dritta del naso, per bearsi che il tempo fosse passato per entrambi, che non fossero più dei bambini e, soprattutto, che fossero ancora lì. Insieme.
« Dico che sto evidentemente pretendendo troppo da te » e lo guardò dritto negli occhi, un'ombra di sarcasmo a sollevarle leggermente il sopracciglio destro.
Akito scosse la testa. « No, quello che hai detto giusto prima ».
La lasciò lì interdetta qualche secondo, gustandosi il momento in cui il lampo di consapevolezza le percorse gli occhi e non trovò un paragone che riuscisse ad esprimere quanto gli fosse piaciuto vederla mordersi il labbro inferiore, in un gesto di genuina insicurezza.
« Il mio ragazzo » si autocitò poi, abbassando il tono di un'ottava.
Era la prima volta che lo diceva a voce alta.
« Mh » commentò soltanto, incapace di esprimere a parole quello che gli ultimi tre termini erano riusciti a scatenargli dentro.
Sentì il desiderio di avere un contatto con lei, un qualsiasi tipo di contatto, così si girò e si distese di nuovo, stavolta con la testa appoggiata sulle sue ginocchia.
Sentire le mani di Sana accarezzargli la testa fu la cosa più naturale del mondo. Akito chiuse gli occhi e stavolta non avrebbe saputo riconoscere la differenza tra due ragazzini sotto un famoso gazebo e due studenti delle scuole superiori Jimbo.
« Ripetilo » le ordinò in un sussurro.
Riconobbe con precisione il momento in cui la ragazza riempiva i polmoni d'aria — forse avrebbe scommesso anche su un paio di gote leggermente arrossate, ma temeva di imbarazzarla aprendo gli occhi in quel momento —, il tremolio iniziale della voce sull'articolo « il », la sicurezza sul possessivo « mio », la dolcezza sul finale « ragazzo ».
Poi Kurata rise, spazzando via ogni traccia di imbarazzo e di insicurezza, ed Akito aprì gli occhi per non perdersi il sorriso perfetto e la curva del collo che inarcava sempre quando scoppiava a ridere — e quella visione determinò tempo e spazio, togliendo ogni dubbio su dove e quando fosse. E soprattutto con chi.
« Lo so che suona un po' come una condanna, Hayama, ma temo proprio tu sia il mio ragazzo ».
Sana era fatta così. Era in grado di passare dalle dichiarazioni ufficiali alle battute scherzose in dieci secondi, forse era proprio questa sua peculiarità a far sì che tutto fosse sempre stato naturale, tra loro. Che non ci fossero mai stati spazi per tensioni, malintesi... Forse il merito era proprio di quella risata.
Akito si strinse leggermente nelle spalle, come a voler dissimulare. « Io invece temo che non mi dispiaccia affatto ».
Lei sorrise ancora, cogliendo l'eufemismo che era solito celare dietro quella frase di rito, e il sorriso coprì l'intero campo visivo di lui, che iniziò a giocherellare con l'estremità della treccia di quella che era senza dubbio la sua ragazza.
« La definizione non mi dispiace, sì » confermò ancora a mezza voce, più a se stesso che a lei.
Non solo non gli dispiaceva, ne andava letteralmente pazzo.


***


Sana corse a perdifiato verso le scale, scendendo di due gradini in due, mentre la voce di Fuka arrivava ormai lontana alle sue spalle. « Kurata, prima o poi ti romperai una caviglia » era il saluto giornaliero che le riservava la sua migliore amica ed in qualche stramba misura Sana aveva imparato a leggerlo come un portafortuna, qualcosa in grado di scongiurare quell'eventualità.
Ogni giorno Sana si fiondava letteralmente verso l'uscita, smaniosa di arrivare al pesante cancello di metallo, smaniosa di incrociare lo sguardo ambrato e paziente di Hayama. Non perché temesse di non trovarlo — lui l'aspettava ogni giorno, in una sorta di tacito accordo —, semplicemente perché l'ultima mezz'ora di lezione le era insopportabile a prescindere dall'argomento trattato; non ne aveva ancora incontrato uno che distogliesse i suoi pensieri dal viso di Akito, dalla possibilità di trascorrere del tempo con lui. Ed era fermamente sicura che quell'argomento non l'avrebbe trovato mai.
« Ciao » la salutò quel giorno appena lei lo raggiunse, con una tranquillità che Sana gli invidiava da un lato e che dall'altro la spiazzava un po'.
Hayama era così padrone dei suoi sentimenti, o forse era solo lei che non riusciva a concentrarsi sulle lezioni e ad allontanare il pensiero da lui?
Sana non era mai riuscita a dire nemmeno a se stessa quale fosse il motivo che la spingeva (e l'aveva sempre spinta) verso Akito. Insomma, tutto in lui sembrava una calamita piazzata lì per attirarla più vicina. Sempre più vicina. Persino i difetti come il suo essere un musone, ne era sicura, l'attiravano verso di lui con il solo scopo di farla impazzire.
Ecco, forse se ne accorse appena alzò gli occhi verso le iridi dorate, era questo che le procurava Hayama. E gliel'aveva sempre procurato. Le faceva perdere il controllo su ogni sua più piccola emozione.
« Ciao. Com'è andata oggi? » incalzò, sicura che il suo ragazzo sarebbe stato sicuramente in grado di percorrere l'intero tragitto verso casa in perfetto silenzio — non era esattamente un tipo loquace.
Lo guardò spettinarsi i capelli biondi in un gesto istintivo, mentre una minima parte del suo cervello registrava per la millesima volta quanto fosse diventato alto negli ultimi anni e quanto le sue spalle sembrassero sempre più un porto sicuro. Il suo porto sicuro.
« Mah » minimizzò lui « Tutto nella norma. La tua mattinata, matematica a parte? » e la trafisse con un'occhiata.
Sana si sentì punta nel vivo e non riuscì a trattenersi dal fargli una linguaccia. Akito alzò gli occhi al cielo e lei sorrise, sentendosi improvvisamente e profondamente sollevata da quei gesti così loro...
Il suo prenderla in giro per ogni cosa, il rispondergli con delle smorfie infantili. Sana riconosceva tutte le proprie reazioni e soprattutto aveva imparato — con la memoria del cuore più che con quella degli occhi — ogni reazione di Hayama. E le adorava dalla prima all'ultima.
« Quanto sei odioso » mentì senza troppa convinzione.
« Assolutamente. Se hai bisogno di ripetizioni, tarda come sei, chiedi pure »
Si ritrovò a boccheggiare, fingendosi offesa: « E terribile. Sei odioso e terribile. »
In realtà sapeva benissimo che il suo prenderla in giro era direttamente proporzionale al buonumore. Ed Hayama quel giorno doveva essere davvero di ottimo umore.
Si guadagnò l'ennesima occhiata dorata. Lui annuì ed aggiunse: « Già. Sono proprio una brutta persona... » con un tono volutamente melodrammatico.
Sana non riuscì a resistere. Di nuovo, a riprova del fatto che voleva farla impazzire, a confermare quanto poco potere avesse verso ciò che provava per lui. Smise di camminare e si aggrappò al bavero della giacca della divisa di Akito, gesto che la costrinse in punta di piedi, per sussurrargli un « Proprio una bruttissima persona » a cinque millimetri dalle sue labbra.
Distanza che lui colmò nel tempo di un battito senza troppi problemi; forse allora anche lui smania per rivedermi, si disse Sana, prima di chiudere gli occhi e concentrarsi su pensieri molto più rassicuranti e molto meno complicati, come ad esempio quanto la bocca di Akito combaciasse perfettamente con la sua, dimenticando di essere nel mezzo di un marciapiede affollato, dimenticando il contenuto delle cinque lezioni del mattino, dimenticando persino di trovarsi in Giappone, per quanto potesse valere.
Akito le strinse i fianchi e l'avvicinò a sé, a Sana sfuggì di mano la borsa e non se ne curò minimamente.
Con la stessa naturalezza con cui l'aveva avvicinata si allontanò, abbassandosi a raccoglierle la borsa e restituendogliela con uno sguardo che era tutto dire. Sana gli rifilò l'ennesima linguaccia, strappandogliela di mano. « Sono sbadata, scusa se avevo altro per la testa » ammise senza il minimo imbarazzo.
Chissà se lui si rendeva conto dell'effetto che le faceva. Sana ne dubitava.
Ripresero a camminare, Akito fissava distrattamente le vetrine.
« Ah, quindi ti piacciono le brutte persone? Cioè, intendo dire le bruttissime persone ».
Kami. Sana avrebbe scommesso i suoi pochi risparmi sull'assoluto buonumore del suo ragazzo. Per quanto lo conosceva, interiormente stava gongolando.
Impiegò qualche secondo a fingere di pensarci su, con tanto di mano sotto il mento. « Mah, Hayama, diciamo che non mi dispiacciono » lo prese in giro giocando la sua stessa carta.
« Kurata vacci piano, certe cose le posso dire solo io » commentò lui, facendole volutamente cadere la borsa solo per poterla baciare di nuovo.
   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rossana/Kodocha / Vai alla pagina dell'autore: yesterday