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Autore: Martowl    09/07/2013    2 recensioni
The revenge of the unwatchable è una raccolta di one shot dedicata a tutte quelle povere ragazze derise negli anni dell'adolescenza.
Perché capita di pesare troppo, di aver più brufoli che pelle, ma non è giusto essere prese in giro per questo.
E se mai questo brutto anatroccolo divenisse un bel cigno?
Come reagirebbero quelli che avevano speso tempo della loro vita per trovare divertenti battute per ridere alle spalle di queste?
Genere: Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The revenge of the unwatchable.

 
 
 
Quando la sveglia suonò, in quella calda mattinata di giugno, Maela non ebbe difficoltà ad alzarsi.
Quel giorno, niente fu lasciato al caso.
Aveva atteso un anno e, con tanto impegno e dedizione, era riuscita a raggiungere il suo agognato risultato.
 
Alle nove del mattino aveva appuntamento con Marco ed Emanuele per ripassare i vari autori per la prova di italiano. L’esame era alle porte e dopo mesi di divertimento e serate in tranquillità, lo studio reclamava attenzioni.

Dopo ore e ore di intenso ripasso, i ragazzi decisero di salutarsi, andando ognuno per la propria strada. Fu in quel momento, che Maela sorrise sardonica.
Superò il cancello ed entrò in quello che, fino all’anno scorso, era il suo lavoro estivo.
Bambini di ogni età correvano a destra e manca, impegnando così tutti i vari animatori.
Come dimenticarsi quei visi distrutti dalle poche ore di sonno?
Come non ricordare, però, quelle piccole bestiole che, tra un dispetto e l’altro, avevano qualche momento di tenerezza?
 
E fu quando Sofia, una dolce bambina di otto anni dai grandi occhi blu, urlò il suo nome, tutti si girarono a guardarla.
Chi con sbigottimento e chi con puro stupore, tutti rimasero zitti a fissarla.
 
«Sei davvero tu, Maela?» chiese incerta Sara, ciò che di più caro aveva in quel posto.
«Con quattro taglie in meno, ma sono ancora io» rispose divertita la ragazza.
Uno per volta, gli ormai ex colleghi andarono ad abbracciarla, complimentandosi per il risultato raggiunto.
Perché dopo lunghi mesi e tanti sacrifici, Maela era riuscita a dimagrire.
Forse ormai troppo piena di scherni e di cattiverie, un giorno non riuscì più a continuare e dovette dire basta.
Basta agli scherzi, alla paura, alla vergogna.
Le lacrime diminuirono, i sorrisi aumentarono, così come le piccole soddisfazioni.
 
Nessuno si dimenticò di regalarle un abbraccio, tranne Nicola.
Un nome, un ricordo.
Quanto aveva sopportato?
Perché Nicola, seppur con un sorriso dolce sulle labbra, ti diceva tutto ciò che pensava.
Da ‘quel vestito ti ingrassa ancora di più’ al ‘non penso tu possa portare determinati pantaloncini’.
Era forse giusto dire certe cose a una ragazza?
Nicola si fermò, a osservarla. Non riuscì a toglierle gli occhi di dosso.
Ma da parte di Maela, ricevette una sola e glaciale occhiata.
 
Dopo aver passato qualche ora in loro compagnia, decise che era ora di rientrare.
«Ti accompagno io alla fermata» disse, immediatamente, il ragazzo.
Cercando di nascondere il sorriso, accettò con un cenno del capo.
Abbracciò tutti, ringraziandoli per il caloroso bentornato e per i vari ringraziamenti.
Quando fu il turno di Sara, la sentì sussurrare una frase.
«Il lupo perde il pelo, ma non il vizio».
Perché Nicola, oltre che voce della verità, era anche un Don Giovanni di prima categoria.
Naturalmente Maela non era all’altezza delle sue avance. Almeno, fino a quel momento.
Come aveva fatto a non accorgersi di cotanta bellezza, si chiese il ragazzo.
Ma quando cercò di intavolare un discorso, Maela lo bloccò, davanti a un’auto bianca.
«Io sono arrivata» gli disse, sorridendo.
Nicola non fece in tempo ad aprire la bocca, che un ragazzo alto, dai profondi occhi blu, uscì dalla macchina e passò un braccio sul fianco della ragazza.
«Tutto bene, amore?» chiese, dolcemente.
Mai parola fu più brutta, per Nicola.
 
La ragazza lo fissò, con un sorriso sardonico.
Fece un cenno di assenso e si avvicinò a Nicola.
«Penso sia giunta l’ora di andare. Dobbiamo salutarci» disse, languidamente.
Gli si avvicinò lentamente, per poi abbracciarlo.
Nicola non poté fare a meno di sentire quel profumo. Strinse la presa intorno ai suoi fianchi per sentirne la consistenza.
Un metro e settanta di perfezione, ecco cosa era diventata.
Quando Maela sentì la stretta, decise di mettere fine a quel gioco.
Avvicinandosi all’orecchio gli sussurrò, prima di allontanarsi sogghignando.
«La vendetta, caro Nicola, è un piatto che va servito freddo».
Freddo, come la doccia che in quel momento sentì il ragazzo su di sé.
   
 
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