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Autore: MrsGreyC    09/07/2013    2 recensioni
Saran era una malinconica ragazza di 17 anni. La sua vita è trascorsa in un orfanotrofio di Barcellona, dove ha considerato per anni il tempo come un peso. Poco prima della sua morte, un giovane ragazzo di nome Kai le fece conoscere prima l'amicizia e poi l'amore. Ma prima di riuscire a confessargli i suoi sentimenti qualcosa spezzò tutto in un istante. Ora che tutto è cambiato, Saran non si piangerà più addosso, ma sarà felice per sempre.
MrsGrey C
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Devil's Tears


Ognuno di noi pensa alla sua morte come a un qualcosa di lontano. Nessuno penserebbe di trovarsi di fronte a un angelo della morte con il mantello nero o la falce. O dovrei forse chiamarlo uomo nero?
Già, è proprio questo il problema degli esseri umani. Sono troppo ottimisti.
Ogni uomo, da sempre, insegna ai propri figli ad inseguire i propri sogni, a non smettere di raggiungere i propri obbiettivi. Mai arrendersi perché la vita è fatta di avventure e cerca sempre di sorprenderti. Fin dall’infanzia viene insegnato loro a non aver paura del buio perché i mostri non esistono… E’ qui che si sbagliano. Io esisto eccome.
Nessuno ha mai pensato di dire a dei bambini di non aspettarsi troppo dalla vita perché un giorno, essa deluderà chiunque vi crede. Non importa quando si cammina oltre, quanti ostacoli si abbattono, quanti muri si superano. Un giorno tutto è destinato a finire, presto o tardi.
Nessuno insegnerà loro a non aver paura di nulla perché qualcuno, prima o poi, potrebbe salvarti. Non è mai così. Al resto del mondo, per quanto dica di amarti, non rischierà mai la propria vita per portare in salvo qualcun altro. Qualcun altro che non è lui.
La vita è solo un peso, così come il tempo. Non c’è mai abbastanza tempo. Ma solo quando guardi l’orologio, capisci che c’è fin troppo tempo ed è inutile cercare di impiegarlo tutto al meglio perché una buona metà si rivelerà sempre inutile.
Nessuno ha mai detto loro che il lupo cattivo non è nell'armadio o sotto il letto, ma nella casa abbandonata in fondo alla strada. Se attraversi l’atrio e ti inoltri nel corridoio, alla fine di esso ci sarà una porta sulla tua destra. Quella è la porta che mai, per nessun motivo al mondo dovrai aprire. Te l’hanno mai insegnato?
Avrei voluto che qualcuno mi avesse insegnato tutto questo. Che qualcuno mi avrebbe raccomandato su di esso. Era questo che credevo da sempre. Era questo il mio più grande errore. Se non lo fosse stato, forse, oggi sarei ancora viva.
Mi chiamo Saran e ho diciassette anni… anzi, avevo diciassette anni.
Il mio nome è in coreano e significa amore, ma la reputo di gran lunga un’ironia, considerando che io ne ho ricevuto ben poco. Se qualcuno chiede di me, anche se ne dubito, non sprecatevi in parole. Chiamatemi solo Sa, che significa morte; così quando sentirete parlare di qualcuno, morto o ucciso da cause sconosciute, penserete a me e alla mia storia.
Ho passato tutta la mia schifosa vita in uno squallido orfanotrofio a Barcellona. A nessuno è mai importato di me, nemmeno ai genitori ipocriti che mi hanno concepita per poi abbandonarmi. La verità è che non sarei mai voluta venire al mondo. Cose come piangere o soffrire, non conosco neanche quelle, non più. Il mio orgoglio ne è uscito talmente lacerato da diventare menefreghista, trasparente. Non m’importava più  nulla ormai.
 Avrebbero dovuto amarmi, coccolarmi, riempirmi di affetto, insegnarmi lezioni di vita. Quando, invece, dieci giorni esatti dalla mia nascita, mi hanno abbandonata su quelle fredde scale, deponendo una lettera tra le sottili coperte dove raccomandavano la me adulta di non cercarli in futuro. Non conoscevo nemmeno i loro nomi, ma dopotutto è normale. Perché l’hanno fatto? Loro mi hanno abbandonato perché non mi volevano.
 E secondo loro avrei dovuto addirittura ringraziali per avermi lasciata in vita. Perché vivere una vita senza scopi, aspettando la morte? E’ più facile andare dalla morte stessa e farla finita una volta per tutte.
Sfogo il mio rimorso con voi, forse non dovrei farlo, ma non ho nessuno a cui aggrapparmi. Vi parlo della mia storia, così da non permettervi di fare lo stesso errore.
In tutta sincerità, avrei fatto di tutto per cercarli e trovarli. Volevo fare tutto questo con lo scopo di farli sapere che avrei preferito non sopravvivere.
Neanche le dolci coppiette che venivano in orfanotrofio volevano adottarmi. A loro non piacevo. Mi chiamavano la “bambina senza sorriso”. Mi si adattava bene. Anche le suore della struttura erano timorose a insegnarmi o a parlarmi. Ero davvero uno scarto. Perché sforzarsi di essere accettata, quando sapevo da me che non lo sarei mai stata?
Ero sempre da sola, nessuno voleva avvicinarsi a me. Eppure, probabilmente, la colpa di tutto ciò era unicamente mia. Perché dico così? È semplice. La solitudine dell’uomo non è altro che la sua paura di vivere. E io, giorno dopo  giorno, accrescevo le mie angosce. Io avevo paura.
Mi giudicavano senza conoscere la mia storia, mi guardavano superiori da lassù, sorridenti, felici, arroganti e prepotenti. Come avrei potuto sorridere dopo tutto ciò?
I bambini conosciuti a scuola o all'orfanotrofio non facevano che allontanarsi da me, perché ero troppo strana per loro. Non ero il tipo che giocava a palla o a nascondino, secondo loro. Eppure, se solo me l’avessero chiesto, anche solo una volta, avrei iniziato a guardare il futuro con ottimismo.
Non ho mai avuto veri amici fino ai miei sedici anni, quando ho conosciuto un ragazzo che mi ha capita nel profondo. Il suo nome era Kai.
Per lui non ero affatto strana. Ero solo una ragazza fuori dal comune, taciturna, inabissata in un triste passato.
Ha cercato di capirmi, mi ha sollevato il morale, mi ha resa una ragazza con degli interessi da adolescente condivisi da tutti.  
Quando si avvicinò a me per la prima volta, io scappai. Ma lui non si arrese, tanto da corrermi dietro e da salvarmi la vita. Anche se per poco, sono stata felice.
E per la prima volta, ho sfoggiato il sorriso più radioso che potesse esistere.
Diventai una sua amica. Mi insegnò a passare le giornate a leggere libri, a giocare alla Play, a sorridere. Il tempo non era più un peso e poco a poco diventava  la seconda cosa su cui fare affidamento. La prima, invece, era lui.
Il suo aiuto mi stava pian piano aiutando a uscire dalla voragine che c’era nel mio cuore. Con lui mi sentivo sempre più viva.
Con il passare dei giorni la distanza che c’era tra di noi diminuiva. Diventò il mio migliore amico, l’unica persona su cui potevo fare davvero affidamento.
Finché un giorno, conobbi un sentimento che mi cambiò tutto. Che cambiò tutta me stessa. L’amore.
Saran, forse questo nome un giorno avrebbe fatto per me? E’ quello che speravate, vero? E’ davvero ridicolo, tutto questo.
Quando imparai ad amare, iniziai a diventare più riservata. Ero timida e imbarazzata e, l’aver passato tutta l’infanzia a non aprirmi, non mi fu d’aiuto. Volevo dirglielo, essere sincera con lui e con me stessa. Così andai da lui, a urlare al mondo quanto fossi felice.
Forse non avrei dovuto farlo. E’ per questo che ho perso la vita. Qualcosa si è spezzato e mi ha lacerato. Chi è stato? Forse l’uomo nero, non saprei davvero.
So soltanto che prima che riuscissi a dirglielo, davanti a lui, qualcosa affondò nella mia schiena. Era una lama tagliente che mi penetrò fino al cuore, mettendo fine alle mie sofferenze. Non era ciò che da sempre bramavo?
Forse, ora mi contraddirò. Eppure, dopo aver conosciuto la felicità, l’amicizia, la sincerità, l’amore, avrei voluto vivere fino alla fine del tempo. Fino a quando la clessidra si fosse prosciugata.
Ma a quanto pare per me è finita troppo in fretta e mi ha ripagato con la stessa moneta. Con la stessa mia sfacciataggine di considerare il tempo inutile tanto da non fare niente e piangersi  addosso.
Forse dovrei ringraziare chiunque sia stato. Ma ora, anche se sono morta amando, il mio rimorso è quello di non averglielo detto con le mie stesse parole, anche se probabilmente lui aveva già capito tutto.
Senza accorgermene mi ero innamorata e quando lo realizzai, ero così contenta e soddisfatta che avrei voluto godermelo per un bel po’.
Saran, questo è il mio nome. E’ il nome della persona che ha scoperto cos’è realmente, anche se dopo un po’ è andato tutto in mille pezzi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’ha spinto giù, facendolo frantumare velocemente e spargere i vetri tutt’intorno. All’interno non so neanch’io se c’era acqua o sangue. Probabilmente erano solo ricordi tristi ed effimeri.
Ma ora non farò lo stesso errore, ho smesso di piangermi addosso. Solo perché sono morta, mi sento più viva che mai, perché l’amore che provo non è realmente finito. L’amore che provo adesso è immenso.
  
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