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Autore: Castiel    10/07/2013    0 recensioni
Una versione dei 100 themes RoyAi dedicata a tutte le RoyAiers del mondo ed in particolare al RoyAi Forum.
Dal cap.9: «All'età di cinque anni, la mia matrigna mi comprò un orsacchiotto di stoffa.
Ad otto una macchina rossa, che presto misi da parte per il regalo dei miei dieci anni: una scatola di soldatini di plastica, con la divisa scura ed i gradi splendenti. [...] Per questo motivo, un giorno, decisi di trovare qualcuno che avrebbe potuto proteggerci tutti, qualcuno che avrebbe potuto sconfiggere le armi.
Inventai, in un soldatino rovinato, un nuovo potere: dalle mani, le stesse mani nude dei civili che voleva salvare, egli poteva emanare scintille di fuoco.
Perché il fuoco? Non saprei dirlo con esattezza. Forse perché in inverno amavo stare davanti al camino, oppure perché credevo che battere le armi da fuoco con il fuoco stesso sarebbe stato il modo migliore per distruggere quegli infernali strumenti di morte.»
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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(basato sull’anime del 2003)

 

22. God

 

Il rapporto di Edward Elric sulla spedizione a Reole era in cima alla pila di documenti sulla scrivania del Colonnello Mustang. L’Alchimista d’Acciaio glielo aveva consegnato quella stessa mattina, con l’espressione del viso contrita in una smorfia che non lasciava spazio a fraintendimenti: un ennesimo buco nell’acqua.
Anche Roy aveva riposto una buona dose di speranza in quest’ultimo viaggio dei fratelli Elric, davvero convinto che avrebbe potuto portare alla luce interessanti dettagli sulla pietra filosofale. Sbuffò, dando un’occhiata al documento: non avrebbe trovato lì dentro niente che già non sapesse. Quei resoconti puntuali redatti al termine di ogni missione non erano nient’altro che mere scartoffie burocratiche prive di un'effettiva utilità, certamente Edward non vi avrebbe scritto niente che potesse davvero indirizzare l’esercito verso la pietra.
Mustang al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Conosceva la determinazione di Acciaio verso il suo obiettivo e sapeva che non si sarebbe fatto mettere i bastoni tra le ruote da nessuno, soprattutto dall’esercito.
E in fondo, anche lui era un militare: poteva davvero essere sicuro che quel ragazzino si fidasse di lui?
I suoi pensieri vennero interrotti dal cigolio della porta dell’ufficio, dietro la quale comparvero il Tenente Hawkeye e il Sottotenente Havoc.
«Abbiamo sorvegliato quell’uomo tutta la notte, Signore. Nessuna traccia di attività sospette» annunciò Havoc, schiarendosi la voce.
«Breda e Fury si trovano già sul posto per il secondo turno» aggiunse Riza.
Roy liquidò la rigida postura militare con un gesto secco della mano.
«Riposo, Tenente. Sottotenente» disse, con un tono misto tra l’irritato e l’annoiato. «Ah, Sottotenente. Hanno richiesto la tua presenza all’Ufficio Sequestri, su al terzo piano.»
«Comandi, Signore» e con un ulteriore cenno di saluto verso il superiore, il biondo militare sparì nuovamente dietro la porta.
Riza si avvicinò alla scrivania, controllando la mole di lavoro della giornata. Oltre al rapporto di Edward vi erano sparse sul tavolo numerose carte: richieste di permessi lavorativi, relazioni settimanali, copie dei documenti dal reparto investigativo, autorizzazioni di missioni da controllare minuziosamente e poi siglare.
“Burocrazia”, o come l’avrebbe chiamata Mustang, “Noia Mortale”.
«Da dove vuole cominciare, Colonnello?» chiese, mentre divideva ordinatamente sul tavolo i documenti in base al loro contenuto.
«Dal rapporto di Acciaio su Reole. Voglio essere sicuro che non ci sia davvero nulla che ci possa interessare.»
Riza asserì con un cenno del capo. Aprì delicatamente il fascicolo ed estrasse il primo foglio, appoggiando il resto del documento di fronte a Mustang.
Capitava spesso che Riza leggesse ad alta voce i documenti per il Colonnello. Inizialmente le sembrava strano e scorretto, poiché temeva che il vero intento dell’Alchimista fosse fingere di ascoltare e dormire a occhi aperti, ma ben presto aveva riscontrato nell’uomo una più convinta propensione al lavoro nelle giornate in cui s’improvvisava oratrice per quel minimo pubblico che era il suo superiore, perciò aveva deciso di farla diventare un’abitudine.
Roy, dal canto suo, trovava parecchio piacevole quella nuova consuetudine. La voce di Riza – sebbene autoritaria e sempre rigidamente composta – aveva su di lui un effetto calmante e rassicurante, come una medicina per distendere i suoi nervi sempre più spesso pronti a scattare.

La donna leggeva il documento con fluidità.
Le frasi di Edward erano lineari, semplici, mai troppo ricche di dettagli. Il Colonnello la ascoltava con attenzione, lasciando che la sua testa poggiasse sui palmi delle mani nude.
I guanti alchemici, alla sua sinistra, erano stati ripiegati con cura poche ore prima. A volte erano troppo pesanti da sopportare per Roy. Erano il tramite per l’alchimia del fuoco – strumento di morte.
All’improvviso qualcosa nelle parole lette da Riza gli fece distogliere l’attenzione dalla scrivania.

 

«…dalle fontane sgorgava vino rosso, e il vicario nella Piazza del Popolo fissava bonariamente la gente accorsa ad assistere ai suoi cosiddetti “miracoli”… sembravano tutti credere che quell’uomo fosse stato mandato da un certo Leto a salvarli, e che a questo dio potesse effettivamente importare qualcosa di loro.»

 

Anche Riza si fermò a riflettere su ciò che aveva appena letto.
«Edward ha usato parole piuttosto forti.»
«Non è certo il primo ragazzino a non credere nell’esistenza di un dio. Non credo che l’Esercito farà storie, non siamo mai stati grandi fan del “potere celeste”» rispose Roy, pensieroso.
«Non era ciò che intendevo, Colonnello. Stavo pensando a…» e nel dirlo si avvicinò alla finestra, ben attenta a dare le spalle al suo interlocutore «… A quanto siano cresciuti in fretta, lui e Alphonse. Sono diventati adulti prima del tempo.»
Roy si alzò dalla scrivania e si affiancò alla collega.
«I due Elric sono forti, se la caveranno. Hanno già cominciato a capire come funzionano le cose qui: nessun dio, nessun aiuto, nessuna pietà. La realtà è che questo vale anche per la vita quotidiana, non solo per la guerra».
Sentì Riza rabbrividire leggermente, ma continuò: «Noi più di tutti dovremmo capire la sua ribellione e la sua sfiducia nei confronti del resto del mondo; dopotutto, eravamo esattamente come lui non molti anni fa».
«Sono cambiate molte cose dalla guerra di Ishbar» rispose Riza, in tono duro. Poi, ammorbidendosi: «Forse ha solo bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa per cui sentire che vale la pena lottare».
«Ha Alphonse. E quella ragazzina, Winry. Acciaio farebbe di tutto per proteggerli. E lei, Tenente, lei ha qualcosa per cui sente che vale la pena combattere?»
Gli occhi di Riza incontrarono finalmente quelli di Roy.
«Ce l’ho, Signore» rispose, con un lampo d’ardore negli occhi.
Roy sorrise, tornando a sedersi.
«Cosa ne pensa di questo villaggio, Reole? La situazione descritta da Edward sembra piuttosto intensa.»
«A cosa sta pensando? Pedine manovrate con la promessa di un falso dio e di salvezza eterna?»
«Forse, » ammise Roy, giocherellando con una penna su un foglio di carta davanti a sé, «la situazione potrebbe essere più grave di quello che si crede.»
Riza riprese il proprio posto di fronte alla scrivania di mogano.
«Un villaggio nel deserto, poche risorse e troppe persone che vi abitano. E’ facile convincere un gruppo disperato a credere qualsiasi cosa, se l’offerta sul piatto è il miglioramento delle condizioni di vita. »
Roy la fissò qualche istante, in silenzio. Riza, oltre a essere estremamente intelligente, aveva il raro pregio di capire sempre cosa gli passasse per la mente. Non avrebbe potuto chiedere compagna migliore per il viaggio che stava per intraprendere: la scalata al potere sarebbe stata faticosa, senza il suo valido aiuto. Memorizzò di ringraziarla un giorno o l’altro, per il suo supporto.

In quel momento, qualcuno bussò alla porta.
«Ah, Maggiore Armstrong! Entri, si accomodi» esclamò Roy, cordiale.
Il militare eseguì elegantemente un perfetto saluto militare seguito da un inchino. Per un uomo della sua stazza – Roy dovette ammetterlo – era particolarmente aggraziato nei movimenti.
Si voltò verso Riza, che in quello stesso istante disse, portando la mano al capo: «Con il suo permesso, mi dirigerei al poligono di tiro, Colonnello. Maggiore.»
Roy annuì, sorridendo: «Vada pure, Tenente».
Fissò la schiena della sua bionda collaboratrice sparire dietro la porta. Aveva imparato a conoscerla bene ormai: il poligono era il luogo in cui Riza andava a schiarirsi le idee quando qualcosa la turbava.
Si ripromise di parlarle più tardi, una volta rimasti soli: magari stavolta avrebbe acconsentito a prendere quel famoso caffè dopo il lavoro…

 

 

«Maggiore Armstrong, cosa posso fare per lei?».
Armstrong sorrise sinistramente, avvicinandosi «Ricorda il ballo annuale, alla residenza di famiglia? Non mi ha ancora detto chi sarà la sua accompagnatrice.»
Già, il ballo degli Armstrong. Che seccatura.
«Se non ha ancora preso impegni» continuò il Maggiore, ignorando l’espressione annoiata dell’Alchimista di Fuoco, «posso permettermi di suggerirgliene una? Vede, mia sorella Katherine è molto timida e…» aggiunse, sbrodolandosi su come lui e sua sorella fossero praticamente due gocce d’acqua.
Un’inquietante immagine di Armstrong in gonnella balenò nella sua mente e avvertì un brivido lungo la schiena. Doveva assolutamente cavarsi d’impaccio da quella situazione.
«Sono spiacente, Maggiore, ma ho già un’accompagnatrice. Il Tenente Hawkeye verrà con me.» Poi aggiunse, per chiudere definitivamente la questione: «Sono sicuro che qualsiasi altro militare sarebbe più che onorato di portare sua sorella al ballo. Anzi, perché non chiede al Sottotenente Havoc? Sono sicuro che sia ancora libero.»
Il volto dell’Alchimista Nerboruto tornò a illuminarsi. «Splendida idea! Credo abbiano anche la stessa età» disse, salutando il Colonnello e uscendo di corsa per cercarlo.
Roy sbuffò: a Riza quella situazione non sarebbe piaciuta affatto.
Incrociò le dita, pregando un dio qualsiasi – allora sì, che gli avrebbe fatto comodo! – che Riza non tornasse in ufficio con la pistola carica.

 

 

Note dell’autrice: Aggiornamento incredibilmente veloce, visti i miei ultimi tempi! Spero apprezziate.
“God” era un tema davvero ostico per me; insomma, come riuscire a renderlo non troppo pesante? Diciamo che me la sono cavata così, con un discorso serio all’inizio e una scenetta leggera finale.
Come ho scritto sopra, è basato sull’anime del 2003. Ricordate la sorella di Armstrong e l’uscita forzata di Havoc nell’episodio 37? Ecco, diciamo che mi sono inventata che quella non era l’unica volta in cui hanno cercato di accoppiarli.
Spero che tutto sommato il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio i lettori che trovano il tempo per recensire (siete degli angeli!) e tutti quei lettori silenziosi che seguono la raccolta, la mettono nelle storie preferite o semplicemente danno un’occhiata al mio lavoro.
A presto!

Castiel

  
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