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Autore: NoceAlVento    10/07/2013    1 recensioni
In quel periodo la S.S. Anne approdava al porto di Vermilion City. Non bisogna concepirla come una S.S. Aqua meno avanzata, per niente: erano due navi su livelli agli antipodi e, nell'eventualità di un confronto diretto, l'Anne ne sarebbe uscita ovviamente vincitrice. Ogni anno Vermilion si riempiva di gente desiderosa di salire, di salutare i propri familiari o di accoglierli nuovamente a casa, oppure semplicemente di vedere quel monumento al mare partire verso mete sconosciute e scomparire nell'immensità dell'oceano. Quello che tuttavia non sapevano, nell'oscurità in cui spesso il passato è celato, era che l'Anne pochi giorni dopo sarebbe realmente scomparsa nell'immensità dell'oceano.
 
Rivista e ripubblicata in data 10.07.2013.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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Legenda

Legenda

 

* * *

 

Nota: Aequor si svolge su due piani temporali differenti. Uno è ambientato nel periodo in cui i videogiochi Rosso, Blu, Verde e Giallo si stanno ancora svolgendo; l'altro è posizionato dopo i cambiamenti intercorsi che sono mostrati in Oro, Argento e Cristallo. Di conseguenza questa Legenda porrà l'accento anche su tali variazioni con la dicitura 13 a.p. – tredici anni prima – che li segnalerà al lettore.

 

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).

 

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean Cape: Miramare, tratto conclusivo del Percorso 25 sopra Celestopoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cianwood City: Fiorlisopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Cycling Road: Pista Ciclabile.

Ecruteak City: Amarantopoli.

Fuchsia City: Fucsiapoli.

Goldenrod City: Fiordoropoli.

Ice Path: Via Gelata.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Mount Moon: Monte Luna.

Olivine City: Olivinopoli.

Orange Islands: Isole Orange, nella mappa di Aequor situate a sud-est di Kanto.

Pallet Town: Biancavilla.

Pewter City: Plumbeopoli.

Power Plant: Centrale Elettrica abbandonata (13 a.p.) / Impianto Turbine (attualmente).

S.S. Anne: M/N Anna.

S.S. Aqua: M/N Acqua.

Saffron City: Zafferanopoli.

Sea Cottage: abitazione di Bill (13 a.p.) / residenza di suo nonno (attualmente).

Seafoam Islands: Isole Spumarine.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Shamouti Island: Isola di Shamouti, isolotto centrale dell'arcipelago Orange.

Vermilion City: Aranciopoli.

Vermilion Harbor: Porto di Aranciopoli.

Victory Road: Via Vittoria.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.

 

Felina Ivy: Felina Ivy.

Samuel Oak: Samuel Oak.

 

 

 

IV

“Vento di tragedia”

 

* * *

 

La sera non fu come la mattina: fu molto, molto peggio. Il tempo cambiò radicalmente mentre James, stremato dai suoi pensieri, si era addormentato. Gli stratocumuli delle ore diurne avevano lasciato il posto a inquietanti cumulonembi neri come la pece che coprivano il cielo nella sua totalità, rendendolo invisibile. Con il passare del tempo era iniziato un rovescio temporalesco che si stava abbattendo senza pietà su ogni lembo di terra e di mare con pesanti gocce piovane.

L'oceano aveva preso una forma pienamente tempestosa e le onde, combinate con le correnti marine, iniziavano già a provocare un leggero dondolio nell'Anne. Anche il colore dell'acqua era mutato: dalla calma distesa celeste che si poteva ammirare fino al giorno prima, aveva preso dei connotati plumbei interrotti solo dal bianco ribollire della schiuma.

Il vento sferzava il viso di quei pochi, coraggiosi viaggiatori che uscivano temporaneamente all'aperto sfidando le intemperie e l'odore della salsedine aveva preso il posto di quel fresco profumo estivo che avvolgeva il transatlantico nei giorni precedenti. Stormi di Pidgey, tentando di dominare questa condizione, volavano in ogni dove ricercando un anfratto in cui ripararsi.

Lucenti lampi scaturivano dalle nuvole schiarendo sporadicamente quello che era un crepuscolo buio, e il boato assordante dei tuoni li seguiva scatenando l'insicurezza negli animi.

E là, a sinistra, esattamente all'altezza della metà del ponte Estate, a qualche miglio in linea d'aria, era il centro della catastrofe oceanica: le Orange Islands. Queste erano diventate praticamente impossibili da scorgere a causa della massa di nubi che le avvolgeva, rendendo visibile unicamente dei semplici stracci di terra in balia delle onde. E il cumulo più evidente stazionava proprio al centro: dov’era Shamouti Island, sempre che non fosse già stata spazzata via dalle perturbazioni.

Era l'inferno, e l'Anne ci era finita in mezzo.

 

James fu svegliato da un rumore secco: qualcosa batteva sulla porta. Quando riprese lucidità comprese che si trattava di una persona che bussava. Si alzò e aprì: davanti a lui era Bill, con un fradicio impermeabile indosso.

« Dio mio, che è successo? » domandò James facendosi da parte « Entra, presto! ».

Bill oltrepassò l'uscio e, appena fu totalmente dentro, si tolse il cappotto e lo appese all'appendiabiti « Là fuori è il caos ».

« Ho notato. Che succede? ».

« Le Orange ».

A quelle parole James sembrò vagamente scosso « Non è ancora finito? ». Ripensava a quando ne aveva parlato con l'anziano signore il giorno della partenza. Dubito ci sarà maltempo per quando arriviamo, aveva detto. Chissà cosa pensava in quel momento.

« Pare di no ».

« E si sa che cosa sta succedendo laggiù? ».

« Di certo non io » replicò Bill infilando una mano sotto il maglione ed estraendone un Pokégear « Contavo di sentire qualcosa da qui ».

« Sì, dai, accendilo ».

La radio impiegò qualche secondo a sintonizzarsi sul giusto canale; poi, dopo qualche vocio confuso, iniziò a ricevere il segnale senza problemi, e James riconobbe lo stesso cronista di pochi giorni prima.

« ––lluvioni torrenziali affliggono da questo tardo pomeriggio l'intera penisola senza eccezioni. Alcune città costiere, tra cui Fuchsia City e Goldenrod City, sono state già evacuate a favore di luoghi dell'entroterra a causa dei pesanti maremoti che vi si sono abbattuti, e altre operazioni di salvataggio sono in–– ».

« Maremoti » ripeté James « Non il momento migliore per trovarsi su una nave ».

« Aspetta, dicono altro ».

« ––ci giungono nel frattempo informazioni circa le recenti partenze di allenatori di pokémon anche giovani in direzione delle Orange Islands, epicentro ipotetico del disastro–– ».

« Il mondo è impazzito » commentò Bill incredulo « Abbiamo dei ragazzini a due passi dall'apocalisse ».

Il suo amico, nel frattempo, continuava a seguire la cronaca.

« ––di seguito un elenco delle città attualmente in stato di evacuazione: Vermilion City, Cianwood City, Olivine City, Pallet Town–– ».

« Dannazione, non prende più » inveì scoraggiato Bill.

James era statico. All'udire della città di Pallet si era definitivamente ammutolito.

« Tutto bene? ».

« Lui è là ».

Bill rimase stupito da quella frase apparentemente sconnessa « Lui è là? Lui chi e dove? ».

« Alla nostra partenza, qualche minuto prima che salpassimo, è sceso dalla nave un ragazzo sui dieci anni con una MN in mano » disse James « Ora è là a Shamouti, ne sono sicuro ».

« Come fai a saperlo? ».

« È complesso da spiegare » replicò James « Ma lo so ». Poi si allontanò in direzione del bagno della cabina « Mi cambio e mangiamo, direi ».

« Uh? Ah sì » rispose sovrappensiero Bill. In realtà non aveva neanche fatto caso a quello che il suo amico aveva detto. La sua mente ancora si arrovellava sullo stesso quesito da minuti: com'era possibile che il suo compagno di viaggio sapesse che cosa faceva un ragazzo a miglia di distanza se l'aveva visto una volta nella vita?

 

Paradossalmente, nel ristorante del ponte Estate vi era meno gente del solito, nonostante gli esterni fossero giocoforza inagibili. Il temporale, infatti, aveva scoraggiato diversi passeggeri che avevano inizialmente optato per una cena al pianterreno, preferendo a esso le Orchidee in quanto il caffè era direttamente collegato con l'elegante scalone, particolare che consentiva a tutti coloro che alloggiavano in qualunque piano superiore a quello di passeggiata di raggiungerlo senza sfidare il tempo che imperversava.

Come risultato coloro che in quella fatidica sera erano al Laghetto si dividevano in tre gruppi: coloro che alloggiavano al pianterreno e per i quali dunque andare al caffè sarebbe risultato controproducente; coloro che non avevano pensato, nonostante la loro posizione nella nave, di andare ai ponti superiori; e coloro che ci avevano pensato e che si erano rifiutati di andarci.

Strano a dirsi, James e Bill appartenevano alla terza categoria: il secondo aveva infatti in un primo momento avuto l'idea di salire per la gradinata, ma il primo si era fermamente opposto esponendo una serie di ragionamenti secondo i quali le Orchidee erano il luogo meno evocativo di tutta l'Anne e andarci sarebbe significato sprecare una serata così carica di sfaccettature come quella tempestosa che stavano vivendo.

« Ma poi » disse Bill tra un morso e l’altro « le Seafoam ti sono piaciute? ».

« Difficile. Non ci sono mai stato » James sembrò incurante dei pensieri che quell'affermazione poteva suscitare nel suo amico.

Questi, per l’appunto, fu chiaramente sorpreso nel sentire quella risposta « Mi prendi in giro? ».

« No » replicò imperterrito James « Non ci sono mai stato ».

« Sei fuori? Prima mi hai fatto un discorso tanto ispirato… Il ghiaccio, i cinque livelli… Che vuol dire non ci sono mai stato? ». Pochi secondi prima che il suo amico riprendesse a parlare, Bill avrebbe giurato di aver sentito un ci siamo sottovoce.

James, nel frattempo, aveva cambiato leggermente posizione sulla sedia per sentirsi più comodo « È molto semplice in realtà. Tempo fa ho incontrato un allenatore di pokémon, mentre viaggiavo per Kanto, un'estate a Vermilion. Era poco più giovane di me, a occhio e croce direi che adesso dovrebbe avere circa venticinque anni. Il suo nome era Lance. Lui era stato alle Seafoam ».

« Fermo, tu hai incontrato Lance? Il campione di pokémon Lance, il più grande allenatore esistente? ».

« Non mi è sembrato così spettacolare a vederlo ».

« E ti ha parlato delle Seafoam? » domandò Bill « Credevo che uno come te preferisse vedere i paesaggi di persona anziché ascoltarli dalla bocca di altri ».

« Non me l'ha esattamente raccontato » rispose James « L'ho visto nei suoi occhi ».

A quell'affermazione Bill non ebbe più dubbi: il suo amico si stava prendendo gioco di lui « Non fa ridere ».

« Ma è vero » ribatté James « È quello che è successo ».

« Con quale mistico potere avresti visto qualcosa negli occhi di Lance? ».

« Devi sapere » iniziò lui « che esiste un gruppo di persone che rimane più impressionato dai paesaggi. Per un periodo della mia vita ho egocentricamente creduto di essere uno dei pochi a esserne parte: in realtà esso è molto più esteso di quanto tu possa pensare. Quando questa gente vede un paesaggio particolarmente evocativo, esso rimane impresso in lei anche a distanza di anni. Queste persone lo ricordano spesso nella memoria, lo vedono nei sogni e in un certo senso lo portano con sé ».

« E oltre a far parte di questa specie di élite saresti in grado di sfruttare questa particolarità a tuo vantaggio… vedendo questi paesaggi nei loro occhi? ».

« Non ho idea di cosa abbia causato in me questa anomalia » replicò James « Forse è dovuto al fatto che sono restato per molto tempo in un posto dove la gente era sempre tutta uguale, può darsi che ciò abbia acuito il mio senso di osservazione portandomi a distinguere questo tipo di gente dal resto del mondo. Non esiste una spiegazione scientifica per quello che mi capita quando incontro questi individui. Guardandoli direttamente riesco a carpire loro quei vasti panorami: foreste impenetrabili, orizzonti infiniti, caverne intricate o distese di nuvole nel cielo che forse non potrò raggiungere mai ».

« Continua a sembrarmi assurdo » commentò scettico Bill.

« Non è tutto. Mi capita, in questo modo, di vedere–– » James si interruppe. Sembrava vagliare pensieroso decine di possibilità differenti, ognuna con i suoi possibili sbocchi nell'avvenire. Finalmente riprese « Mi capita di vedere il futuro ».

A quelle parole Bill si rimise con la schiena retta, riprendendosi dalla posizione quasi sdraiata in cui era arrivato silenziosamente lungo il discorso che aveva ascoltato.

« Non è una cosa che capita spesso » proseguì tenendo gli occhi al tavolo, come se pensasse ad altro « Però… Talvolta quando guardo qualcuno… vedo cose impossibili per il momento in cui appaiono ».

« Tu–– » si fermò, come se non riuscisse ad andare avanti. Poi trovò la forza di continuare, sconfiggendo la propria eccessiva razionalità e assumendo che ciò che il suo amico diceva poteva essere verità « Mi stai dicendo che vedi il futuro? ».

Non vi fu risposta se non un appena accennato gesto del capo.

Bill poteva essere distratto, ma non era uno sprovveduto « Hai visto le Orange negli occhi di quel ragazzo ».

James sorrise amaramente « Mi chiedevo quando te ne saresti accorto. È così che ho saputo che lui sarebbe andato lì. E lui è a Shamouti questa notte ».

« A Shamouti? » domandò incredulo Bill. Non era possibile che il suo amico avesse avuto una svista, ormai si era fatto un'idea precisa di lui, e non era tipo da sbagliare « Hai detto esattamente a Shamouti? Non nei dintorni? ».

« No. Sull'isola. Nel centro del disastro. In effetti è curioso, un semplice allenatore di dieci anni ha fatto più dei grandi maestri che popolano questo mondo ».

Bill però non ascoltava, si era fermato a riflettere su un'altra cosa che sul momento gli era sfuggita e che, in realtà, era un'ovvia derivazione della dichiarazione del compagno di viaggio. Tutti gli strani atteggiamenti che aveva notato in James in quel periodo, il fatto che fosse traumatizzato a tratti durante quella giornata, le sue fatiche nel rintracciarlo la sera precedente: tutto assumeva una forma ben delineata. « James, dimmi la verità. Hai visto qualcosa che ci riguarda negli occhi di qualcuno qui a bordo? ».

D'improvviso uno scossone rovinoso stravolse il Laghetto e fece trasalire i viaggiatori. Un fragore di piatti infranti risuonò nel salone assordando per pochi istanti tutti i presenti, lasciando poi di nuovo il posto al loro vociare.

Bill lanciò una breve occhiata mista di dubbio e rimprovero a James, poi corse oltre la porta in vetro del ristorante e si guardò attorno: per quanto concerneva quella parte il ponte Estate sembrava intatto. Il danno doveva aver colpito direttamente prora, poppa oppure l’altro lato della nave. Non ebbe tuttavia bisogno di correre da un fianco all'altro dell'Anne, la soluzione si palesò in poco tempo: dalla parte posteriore del transatlantico, in mezzo al diluvio, si stava innalzando una ridotta tromba d'acqua.

James giunse da lui in quell'istante.

« CHE STA SUCCEDENDO? » si vide domandato con vigore.

« Non ne ho idea. Non vedo tutto, scorgo frammenti ».

Nel frattempo l'imbarcazione iniziò ad arrestarsi per limitare i danni: inutilmente, in considerazione del fatto che il vortice si esaurì dopo pochi secondi. I due compagni di viaggio accorsero in direzione del posto dove prima il gorgo roteava, e rimasero spiazzati. Si era venuta a sviluppare un'apertura di smodate dimensioni che percorreva tutto il piroscafo: il mulinello aveva fatto breccia al suo interno e se fosse stato leggermente più centrato avrebbe trafitto la chiglia provocando l'immediato inabissarsi del bastimento. Per fortuna la falla aveva mancato la trave portante e quindi l'affondamento non sarebbe avvenuto in tempi così brevi da impedire il salvataggio dei passeggeri. Ciononostante la nave sarebbe colata a picco, e non vi era alcun modo per impedirlo.

Da dietro la zona di prua uscì il capitano dell'Anne. Probabilmente non si accorse sul momento di essere l'oratore dal quale ogni singolo essere umano trasportato dall'imbarcazione attendeva rassicurazioni, in caso contrario forse avrebbe avuto un aspetto più nervoso. Ciononostante sembrò in qualche modo rendersi conto che qualsiasi cosa avesse detto avrebbe avuto un effetto decisivo e forse permanente sulle azioni di tutti coloro che erano usciti dal Laghetto, dalle Orchidee o dalle loro cabine per appurare cosa stesse accadendo, e fu cauto nelle parole « Abbiamo subito alcuni danni alla zona poppiera della nave. Vi invitiamo a recarvi ordinatamente alle scialuppe di salvataggio per abbandonare la nave. Personale dell'equipaggio sarà disposto a ogni ingresso alle barche per garantire che siano sufficienti per tutti ».

Nel frattempo Bill e James si erano accostati al parapetto della nave, dal quale osservavano, puntando leggermente verso nordovest, diverse ulteriori trombe d'acqua che si levavano al cielo e scomparivano una dietro l'altra. « Dobbiamo andarcene » commentò il secondo.

Il suo amico lo guardò stranito e, in un certo senso, irato. Mentre tutti i passeggeri scendevano in fretta in direzione delle scialuppe, gli domandò sarcasticamente « Davvero? Sai, non me n'ero accorto, tra l’Anne che affonda e tutto! ». Poi la sua voce assunse un tono afflitto e a tratti spezzato, e i suoi occhi apparvero diventare lucidi « Perché? Perché non me l'hai detto? Avremmo potuto fare qualcosa… Avremmo… ». Non seppe come andare avanti.

In breve la massa umana li amalgamò a essa, e Bill si ritrovò a fissare il suo migliore amico che si allontanava inesorabilmente.

Avrebbe voluto dire centinaia di cose, spiegargli che non era stata sua intenzione accusarlo così violentemente, che effettivamente non avrebbero potuto fare nulla di significativo, che avrebbe compreso eventuali motivazioni se gliele avesse spiegate. Ma tutto ciò che seppe fare fu guardare il transatlantico che portava a compimento il suo viaggio verso la fine, e l'incontrollata calca che drammaticamente lo favoriva.

 

Bill si trovava su una scialuppa di salvataggio con Andy, che non aveva più visto dalla giornata precedente. Il mezzo di trasporto accoglieva gradualmente un numero sempre maggiore di persone, attendendo lo stato di pienezza totale al quale sarebbe stato autorizzato a scendere.

« Dove sei stato oggi? » domandò quest'ultimo « Mi spiace di averti piantato proprio l'ultimo giorno. Non stavo bene ».

Bill sembrò essere risvegliato mediante quelle parole da uno stato di quiescenza « Eh? Ah, sì, non ti preoccupare ».

« A cosa pensi? ».

« A James. Non riesco a non pensare a come male l'ho trattato durante i nostri ultimi minuti ».

« Tanto vi rivedrete a Vermilion. Vedrai che vi chiarirete ».

« Lo spero » commentò amareggiato Bill, inserendo le mani nelle tasche della giacca e rimembrando come James lo faceva con il suo giaccone di cammello il primo giorno che si erano visti. Sospirò tristemente.

« Tranquillo, vedrai che–– » Andy si interruppe. Il suo amico aveva estratto dal piccolo scompartimento destro del suo vestito un foglietto ancora prima di infilare del tutto l'altra mano nel suo gemello sinistro.

La carta era ripiegata in quattro parti. Bill la aprì e lesse ciò che una penna a sfera aveva impresso forse anche diverse ore prima.

 

Raggiungimi appena puoi in sala macchine.

 

« Cosa c'è scritto? » domandò incuriosito Andy.

Il suo compagno di viaggio non rispose, limitandosi ad alzarsi in piedi. Scavalcò la balaustrata del transatlantico e si gettò di corsa verso il salone.

 

La S.S. Anne deserta infuse in Bill un immenso abbattimento: il pensare a come solo la sera prima il Laghetto fosse stato ricolmo di gente lo rendeva in qualche modo nostalgico anche a distanza di poche ore. Quanto ai piani superiori, non intendeva neanche pensarci o avrebbe pianto inevitabilmente. Il transatlantico più bello di Kanto e Johto si avviava verso la sua inesorabile colata a picco e perfino la cupa eco prodotta dai suoi passi sulla pavimentazione che lo specchiava nei suoi fini motivi mosaicati sembrava scandire uno di seguito all'altro i secondi che mancavano alla fine.

Scese per le scale consuetamente vietate ai passeggeri del bastimento, quelle che dal ristorante conducevano ai locali sotterranei. La sezione inferiore era in pesantissimo contrasto con quella superiore: i marmi pregiati che avevano accompagnato Bill in quei fatidici tre giorni lasciavano spazio a metallo a tratti ossidato, e le sfavillanti luci del lampadario nella sala da ballo erano rimpiazzate da precarie lampadine a incandescenza. Perfino l'aria appariva diversa: se infatti sul ponte Estate aveva quella fragranza tipica delle coste esotiche di Hoenn, in quel tetro ambiente aveva di particolare unicamente la polvere che si insidiava in essa.

Una volta scesi ci si trovava di fronte un bivio: una via portava alla stiva, l'altra alla sala macchine. Ovviamente sarebbe scontato specificare verso quale delle due si incamminò Bill.

Alla fine di quella sorta di traforo vi era un enorme ambiente ricolmo di camini ferrei inscuriti dal tempo e dal carbone, e un'aria forse ancor meno respirabile di quella che aveva assaporato Bill all'inizio. Le bocche per il fuoco si dislocavano secondo due logiche: una fila circondava la sala interamente, l'altra invece formava una sorta di scudo a un ciclopico pilastro centrale.

E lì, appoggiato alla parete opposta all'entrata, leggermente spostato in modo da vedere oltre la colonna metallica, stava il suo migliore amico. Il suo corpo gli apparve insolitamente affusolato e deteriorato, come se si fosse sottoposto a mesi di digiuno, e ciononostante elegante e fiero come lo aveva sempre visto « Sapevo che avresti messo prima la mano nella tasca destra ».

Bill iniziò a camminare nel locale. Era di dimensioni colossali e attraversava quasi tutta la nave, mentre la stiva occupava probabilmente solo una relativamente piccola frazione del transatlantico ed era destinata a custodire essenzialmente il cibo: questa ipotesi era supportata dal fatto che la via destra conduceva a essa, e il bivio si trovava esattamente sotto il Laghetto, di per sé posto nella parte anteriore della nave; in altre parole il magazzino aveva a disposizione uno spazio ristretto delimitato dalle pareti interne della carena – ristretto se rapportato alla grandezza effettiva della nave, nei fatti ovviamente più che sufficiente a soddisfare le necessità alimentari dei viaggiatori.

« Volevo chiederti scusa per oggi. Non ti ho trattato da amico ».

« Non ti preoccupare » rispose James « Posso capire ».

« Ora faremo meglio a sbrigarci, però. Rischiamo di perdere le ultime scialuppe e di rimanere qui ».

James abbassò il capo « Ancora non hai capito ».

Bill sembrò perplesso per questa domanda, ma aveva compreso il suo significato sibillino: non voleva uscire.

Come previsto, infatti, il suo compagno di viaggio proseguì « Io non ho intenzione di scendere. È destino che io muoia qui ».

A quelle parole Bill sembrò scaldarsi, parve quasi che un fuoco si fosse acceso in un animo che fino a quel momento era stato anche troppo silenzioso « Che vuol dire destino? Il destino è il pretesto che alcuni uomini hanno trovato per addossare ad altri la responsabilità dei propri fallimenti! Se tu sei determinato, se credi veramente in qualcosa, non c'è destino che tenga! Sei tu che decidi! ».

« Non credevo che fossi così bravo nel fare discorsi così ispirati » rispose James con un enigmatico sorriso, come fosse divertito.

« Mi stai prendendo in giro? ».

« Dammi retta, vai via il prima possibile da qui. Le scialuppe ci sono, salvati finché puoi ».

« Neanche per idea. Sorvolando sul fatto che visti i danni limitati ci vorrà almeno qualche ora prima che l'Anne s'inabissi e che prima di partire effettuano sempre un controll–– ».

« Non ne avranno il tempo. Salvati finché ne hai la possibilità e di’ loro di sganciare le ultime barche prima che sia troppo tardi ».

Bill però non sembrò neanche ascoltare l'avvertimento del suo amico « ––lasciami finire. Dicevo, sei tu che mi hai invitato qui o sbaglio? ».

« Sapevo che volevi parlarmi. Non volevo lasciarti con rimpianti quando non ci fossi stato più ».

« Ti ho già detto che controlleranno prima di andarsene. Finché sei da solo puoi nasconderti, ma se ci sono io posso fare in modo che ci trovino. E tu non affonderai, puoi scommetterci. Non sono così ingenuo come cred–– ».

« Continui a non ascoltare » lo interruppe James « e di conseguenza continui a non afferrare ».

« E allora spiegami una buona volta che cosa sta succedendo ».

James però non aveva prestato attenzione a quelle parole e aveva gettato uno sguardo al proprio orologio borbottando un non lo convincerò mai.

« Ehi, mi ascolti? ».

« Vai all'oblò » disse James, nuovamente senza badare a ciò che dicesse il suo amico.

In un primo momento Bill parve non comprendere, più colpito dal tono imperativo che dal reale significato della frase. Poi, lentamente, si avviò verso un piccolo foro circolare tamponato da una lastra di vetro situato alla destra della via per la quale era entrato.

All'esterno erano visibili proprio le Orange Islands, sebbene a fatica in quanto erano spostate più verso ovest – Bill fu costretto a posizionare il proprio capo quasi parallelamente alla finestrella per averne una buona visuale – e, soprattutto, la sala motori era situata per parte sopra e per parte sott'acqua, e bisognava attendere che la forza di un'onda si fosse esaurita per osservare l'orizzonte senza la patina confusionaria dell'acqua. La pioggia, cessata sopra l'Anne, sembrava essersi ricondotta alla sua origine: i cumulonembi sopra Shamouti tuonavano e la ricoprivano. Bill avrebbe giurato di aver scorto della neve, se solo l'isola non fosse stata tanto lontana. Tuttavia, esclusa la scena di stile cinematografico e qualche scialuppa che si calava e che si allontanava – se ne vedevano molte, segno che forse anche l'ultima era in dirittura di partenza – non vi era granché da osservare.

« È finita ».

Bill si voltò di scatto e vide il suo amico in piedi dal lato opposto del locale, stagliato nella sua perfezione davanti ai macchinari.

« Che stai dice–– ».

Non terminò. Un brusco boato rimbombò nella stanza. Il pilastro centrale si frantumò lasciando lo spazio a un turbine oceanico più grande del precedente che si levò verso l'alto. Il transatlantico, non potendo reggere una falla di quelle dimensioni, si divise in due, e alcuni pezzi del soffitto della parte in cui si trovava iniziavano a crollare, segno che la chiglia, la trave portante dell'intero bastimento, era ormai in macerie. L'Anne sarebbe collassata da un momento all'altro, non c'era modo di evitarlo.

E d'improvviso capì ciò che per tutta la sua permanenza nella sala macchine James aveva tentato di fargli capire: lui sapeva che la nave sarebbe stata distrutta. Aveva solo voluto impedire che anche lui ne finisse schiacciato.

Nuovi scossoni costrinsero Bill ad appoggiarsi alla parete metallica della fila esterna di camini mentre ammirava quel vorticoso turbine che stava demolendo il più bel transatlantico del mondo. E sobbalzò: all'interno del liquido salino si stava delineando un'ombra. Lentamente il ciclone si dissolse, liberando la più grandiosa creatura che avesse mai visto.

Era di dimensioni esorbitanti e le forme ricordavano una sorta di combinazione tra un drago, un plesiosauro e un semplice uccello. La sua pelle era primariamente argentea, tuttavia faceva eccezione l'addome che assumeva una colorazione cerulea. La bocca somigliava in realtà a un becco, eppure era dotata di denti sulla mascella inferiore. Aveva inoltre un collo lungo ed esile e un corpo liscio e aerodinamico, nonostante la schiena fosse scandita da celesti sporgenze simili a punte che caratterizzavano anche la sezione terminale della coda, sebbene in quella zona fossero appena due in contrapposizione alle ben più numerose sul dorso. Una nota finale la meritano gli arti anteriori: se infatti era ovvio che fossero ali era altrettanto evidente che verso la fine assumevano più i connotati di mani.

La creatura si guardò rapidamente attorno, poi fissò Bill negli occhi, come a scusarsi, e produsse un melodioso verso. Bill rimase frastornato per qualche secondo, salvo poi realizzare che se non si fosse affrettato sarebbe annegato con l'Anne. Prima di riprendere la via verso il Laghetto gettò uno sguardo verso l'altra metà del transatlantico: questa era ormai troppo inclinata perché potesse vedere James. Imboccò la strada e si ritrovò in breve tempo in cima. Corse alla balaustrata della nave e vide, proprio sotto, la scialuppa di Andy. E ora?

« Salta! » esclamò il suo amico.

« Che? » domandò stranito Bill voltandosi per trovare qualche via d'uscita « Sei pazzo, così mi schianto sull'acqua? Sto qui e aspetto di andare sotto per saltare al momento giusto! ».

« Ma sei fuori di testa? Verrai trascinato dal risucchio! ».

« Non vedo altre soluzioni! Tu, piuttosto, scappa finché puoi! » replicò Bill, pur sapendo che era impossibile sfuggire alla forza del gorgo generato dall'affondamento di una mole tanto grande di materia. Intanto la sua metà si inclinava a vista d'occhio e a breve il parapetto, e il giovane con esso, sarebbe stato al livello dell'oceano. Chiuse gli occhi e ripensò a James, alla sua fine, alle lacrime che gli scendevano a ricordarlo, e si consolò: sarebbe finito insieme al suo amico, si sarebbero riuniti. Strinse sempre più le palpebre e cercò di non pensare al gelo dell'acqua, per quanto possibile.

Poi, proprio mentre attendeva l'impatto, udì di nuovo quel canto melodioso. Riaprì a fatica gli occhi: la sua parte di bastimento era ferma, sbilanciata ben oltre il suo baricentro, eppure non cadeva; stava contemplando un mare insolitamente calmo, come se non fosse successo niente. Alzò la testa e vide la creatura che aveva distrutto l'imbarcazione ferma sopra di lui.

La stava trattenendo con la sua psiche. Gli stava salvando la vita.

« Salta » udì Bill, e non seppe neppure lui se fosse stato quel pokémon a dirlo, oppure se l'avesse immaginato. In ogni caso non si fece ripetere una seconda volta l'ordine: balzò verso il mare e nuotò con energia. Non appena fu arrivato alla barca, i passeggeri iniziarono a remare il più velocemente possibile.

La creatura si voltò verso le Orange Islands. « Devo andare » commentò malinconicamente, e dopo un attimo di preparazione, partì in volo alla volta di Shamouti, mentre la nave terminava la collisione con l'oceano. E, mentre quella specie di drago raggiungeva la sua massima velocità, Bill avrebbe giurato di sentire l'armonioso suono di prima in chiave alterata, come fosse stato un lamento.

« Per fortuna non eri sulla parte sinistra » osservò Andy « Mi sa che quel pokémon non ti avrebbe salvato ».

« Non è stato un caso » replicò Bill sorridendo dolorosamente. Poi si fermò a riflettere. Aveva detto sinistra?

E gli tornò alla mente quella misteriosa frase che James gli aveva rivolto come benvenuto: sapevo che avresti messo prima la mano nella tasca destra.

C’era solo da provare. Così fece, e scoprì che aveva visto giusto: all'interno della cavità stava un foglio umido, ma ancora decifrabile, perfetto gemello di quello che aveva letto neanche mezz'ora prima.

 

Caro Bill,

se stai leggendo queste righe immagino che l'Anne sia ormai morta. Voglio prima di ogni cosa farti capire che la mia decisione di non svelartelo non è stata dettata da cattiveria, bensì dal mio desiderio evitarti inutili rammarichi negli anni a venire: ogni cosa che ho visto si è sempre avverata qualsiasi cosa abbia tentato di fare, e ti assicuro che l'ho imparato in prima persona subendo la morte di tutti i miei cari. Ciò che non volevo è che, spiegandotelo, tu avessi cercato di cambiare il futuro per poi inesorabilmente fallire e addossarti la falsa colpa di non aver salvato questo meraviglioso transatlantico. Ti ho già spiegato che la natura sfugge al nostro controllo e ho la certezza che tu, dopo questa sera infernale, l'abbia afferrato appieno.

Non è stato facile neanche per me rinunciare a oppormi e terminare ciò che ho iniziato trent'anni fa, trent'anni che a pensarli sembrano novanta. Combattere per tutto questo tempo nella speranza di costruirmi una vita e poi vedere ogni mio sforzo spazzato via da qualcosa di impossibile da fermare fa male, non puoi forse neanche immaginare quanto. Ma è l'andamento delle correnti, e per quanto chiunque possa dire il contrario dobbiamo adeguarci.

 

Con la speranza che capirai,

James.

 

Bill, ormai in lacrime, non trovò le forze per pensare qualcosa. Riuscì solo a guardare, nel cielo limpido e il mare liscio, il relitto di una nave che portava via con sé la persona migliore che avesse mai incontrato.

 

~

 

Quando il racconto terminò, il ragazzo aveva gli occhi lucidi.

« Siamo qui per onorare la morte di James » disse William.

« Non morì nessun altro nella tragedia? » domandò Larry.

« No. Si salvarono tutti. È quasi paradossale che solo una persona così speciale sia morta mentre un sacco di altra gente anche molto meno meritevole di me o di te si sia salvata senza problemi. Suppongo che sia la vita: non esiste la giustizia laddove non ci sono potenti, e quindi i potenti non sono soggetti alla giustizia. In ogni caso, penso siamo gli unici a sapere della morte di James ».

Dopo queste parole, l'uomo sollevò il bouquet di fiori e lo lanciò nel mare. Il suo affondare nelle piccole onde sembrava quasi innaturale. I fiori si inabissavano come fosse stato destino per loro.

« Papà, tu come sai questa storia? ».

« Vedi » rispose William « ai tempi ero ancora giovane. Non ero ancora sposato con tua madre, in realtà la conobbi poco dopo la tragedia, al Vermilion Harbor ».

« Eri un passeggero? » domandò il ragazzo.

« Io sì, lei no. Ci incontrammo perché lei era una reporter venuta a intervistare per l'accaduto » rispose l'uomo sorridendo.

Larry tornò a guardare l'Aqua, e rifletté su come gli pareva piccola dopo aver sentito di quell'enorme transatlantico che tre anni prima della sua nascita aveva solcato l'oceano. Una carica di nostalgia lo assalì, nonostante non ve ne fosse un reale motivo.

« Meglio andare » riprese William « Dovremo fare una piccola deviazione per non ripassare dallo stesso controllore. Conosco una scorciatoia che però funziona solo dal basso verso l'alto e–– mi senti? ».

Il ragazzo, fino a quel momento perso nel guardare l'orizzonte, sembrò risvegliarsi « Ora arrivo. Tu vai avanti ».

« Capisco. Attento a non cadere in acqua ».

Larry pensò ancora una volta alla storia che il padre gli aveva raccontato. Avrebbe mai guardato le cose con la stessa luce? No, era impossibile, non poteva buttare al vento la lezione che James aveva impartito a Bill. Forse la morale era che bisogna assaporare ogni secondo della vita, perché da un istante all'altro si potrebbe perdere ogni cosa.

Ma anche Bill doveva aver imparato ad apprezzare ogni secondo, come avrebbe dovuto fare finché James era ancora con lui. È sbalorditivo constatare come un solo uomo possa cambiare una vita. Forse davvero non c'era una sola morale, ed erano solo piccole lezioni di vita da assimilare.

Larry si voltò: il padre non c'era più, ma sapeva che aveva preso la strada a destra visto che l'altra portava al Vermilion Harbor.

Stava per incamminarsi quando notò, sulla via, un piccolo foglio di carta sbiadita, dall'aspetto vecchio e rovinato, forse da acqua. Lo prese in mano: era caduto a suo padre, probabilmente. Lo aprì, facendo attenzione a non rovinarlo. Le prime righe erano ormai illeggibili; ma le ultime, staccate dal corpo del testo, erano invece perfette.

 

Con la speranza che capirai,

James.

 

 

 

 

Dietro la storia

 

* * *

 

La prima cosa che ho deciso di fare quando ho scritto James nella prima stesura è stato ambientarlo durante The Power of One. Intendiamoci: veniva comodo avere già una zona dove provocare l'affondamento dell'Anne e una causa scatenante; ciononostante i riferimenti originari erano davvero pochi: si parlava di un fantomatico inverno alle Orange all'inizio del racconto e Lugia distruggeva il transatlantico. Non c'è da stupirsi se un mio amico fu stranito allo scoprire che l'ambientazione corrispondeva a TPoO.

Così, con l'avvento della seconda pubblicazione, decisi di rendere la locazione più evidente: i riferimenti sono disseminati durante la prima parte e si acuiscono fortemente durante la seconda parte, specie nella descrizione del disastro delle Orange. Anche le corrispondenze tra storia-film erano ovvie: la spedizione di Oak e Ivy in elicottero è riproposta in maniera pressoché identica da TPoO. Solo che in questo modo si veniva a creare un'incongruenza già presente nella prima e ancora più pesante nella seconda stesura: l'avventura è basata sull'Anne dei giochi, e l'apparizione di Red ne era la dimostrazione. Di più, nell'anime il transatlantico affonda nell'EP015 a seguito dell'attacco del Team Rocket e nell'EP016 Ash e i suoi amici ne escono; TPoO è invece logicamente posto dopo il primo film, che inizia e conclude idealmente la prima serie, e quindi l'Anne al tempo del cataclisma non poteva esistere. Come tappare questa falla?

Così ho concluso creando un universo parallelo a quello dell'anime, quello che prende luogo nei giochi. In questo modo è possibile spiegare la diversa organizzazione degli eventi che derivano dal cataclisma – la differente posizione di emersione di Lugia o la corsa alle Orange degli allenatori che rimanda leggermente al primo film – e contemporaneamente spiegare perché la nave ci fosse ancora.

La scelta di Lugia come distruttore dell'imbarcazione, in ogni caso, non è stata assunta subito come certa: prima di prendere la decisione definitiva, infatti, ho passato al vaglio diversi pokémon. Lugia si è dimostrato il più indicato non solo per dimensioni e habitat, ma anche per una particolarità: le sue originarie descrizioni del Pokédex. Non tutte, una: quella di Silver afferma infatti che […] Si dice che sia stato visto in una notte di tempesta”. Un'altra presentazione interessante era rappresentata da Crystal, che spiegava che “Ha un'incredibile capacità di far acquietare le tempeste […]”. Inutile dire che queste entries calzavano a pennello con ciò che Aequor racconta, quindi perché no?

Un'ultima specificazione riguarda i luoghi: non tutti i posti citati in questa storia sono infatti riscontrabili nei videogiochi della serie in cui Kanto appare. Oltre all'ovvia Anne, i cui svariati interni – costituiti da quattro ponti nonché stiva e sala macchine – sono del tutto inventati e non rispecchiano quasi per niente la reale costituzione della nave, ispirandosi più ad altre imbarcazioni reali e cinematografiche, un esempio di luogo totalmente di fantasia è rappresentato dall'estensione del Vermilion Harbor: questa infatti è abbozzata nella rinnovata mappa di FireRed e LeafGreen e totalmente assente nei quattro originali. I più arguti noteranno che William e suo figlio sono saltati sulla piattaforma di sinistra, ovvero quella che nei videogiochi ospita il famigerato camion: tale mezzo di trasporto non è stato neanche pensato nella mia storia, quindi non ponetevi neanche il problema di chiedervi dove sia finito.

 

Con l'augurio di non aver annoiato nessuno,

Novecento

   
 
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