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Autore: andromedashepard    10/07/2013    6 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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 “I work in the dead of night
 
When the roads are quiet, no one is around
 
To track my moves, racing the yellow lights
 
To find the gate is open, she's waiting in the room
 
I just step on through”

(John Mayer, “Assassin")


 [x]


Capì che lui era fuori dal comune dal primo momento in cui incontrò i suoi grandi occhi neri all’ultimo piano delle Torri Dantius. Lo vide muoversi con la grazia e la precisione tipiche di un felino dietro alle sue vittime, togliendo loro la vita prima che potessero sentirlo arrivare. Un colpo di M-3 Predator e Nassana Dantius fu ad un passo dalla morte, gli occhi blu che cercavano disperatamente aiuto mentre il suo corpo veniva adagiato delicatamente alla scrivania dalle mani gentili dell’assassino, lo stesso che un attimo prima non aveva esitato a premere il grilletto contro il suo stomaco.
Il Drell riunì le mani in preghiera e chiuse gli occhi, ignorando i tre umani che aveva di fronte, impressionati da una simile entrata in scena.
Shepard abbassò la sua Phalanx, lanciando un’occhiata interrogatoria a Miranda che invece continuava a tenere puntata la sua pistola. Jacob cercò lo sguardo del Comandante, ma lei aveva già fatto un passo in avanti, incrociando le braccia.
“Possiamo parlare?” chiese semplicemente, rompendo il silenzio che si era creato quando anche l'Asari aveva esalato l’ultimo respiro. Thane si mosse appena, esitando prima di rispondere. Poi riaprì gli occhi e finalmente incontrò quelli verdi dell’umana che stava di fronte a lui.
“Chiedo scusa, ma non bisogna dimenticare le preghiere per i malvagi.”
Shepard sollevò un sopracciglio, scettica. “Credi che le meriti davvero?”, gesticolò in direzione del cadavere.
“Non per lei, per me.” Fu la risposta risoluta dell’assassino. Ripose la Predator nella fondina della sua giacca di pelle, facendo il giro della grande scrivania per incontrare Shepard. La sua figura snella si stagliava contro la luce rossastra di Illium. Un tramonto infuocato si insinuava attraverso le tapparelle simulate del grande finestrone, rivelando ben poco del Drell, se non i suoi contorni. Solo quando si trovarono faccia a faccia, Shepard poté osservare i lineamenti del suo volto mentre lui, con aria estremamente sicura di sè, spiegava le sue motivazioni.
“Non si può giudicare un individuo solo in base alle sue azioni. Prendi te per esempio, tutta questa distruzione, tutto questo caos… Mi chiedevo fin dove ti saresti spinta per trovarmi.”
“Sapevi che ti stavo cercando?” incalzò Shepard, seguendolo con lo sguardo mentre lui la superava con una breve falcata.
“No, non finché non hai fatto irruzione dall’ingresso principale iniziando a sparare,” rispose lui, voltandogli le spalle. Intrecciò le mani dietro alla schiena, fissando con gli occhi un punto indefinito davanti a sé. C’era qualcosa in lui di estremamente elegante e pericoloso che traspariva da ogni suo impercettibile movimento.
“Sei stata un utile diversivo,” sentenziò lui.
“Un diversivo? A me sembra che tu abbia scelto di lanciarti intenzionalmente in una missione suicida…” rispose Shepard, curvando le labbra in un sorriso ironico, “…e a proposito di questo… Il motivo per cui sono qui è per chiederti di unirti alla mia squadra. Conosci i Collettori?”
L’assassino si volse a guardarla, poi continuò a camminare dandole nuovamente le spalle. “Solo di fama.”
“Stanno rapendo intere colonie umane e noi gli stiamo dando la caccia,” spiegò Shepard, facendo un passo verso di lui. Thane si voltò, gli archi sopraccigliari curvati in un espressione perplessa.
“Dare la caccia ai Collettori vuol dire attraversare il portale di Omega 4. Nessuna nave ne ha mai fatto ritorno,” argomentò.
“Non a caso parlavamo di missioni suicide…”
Thane sospirò, rivolgendo gli occhi al tramonto di Nos Astra. “Una missione suicida andrà più che bene,” disse, “Io sto morendo.”
Miranda e Jacob si scambiarono un’ occhiata eloquente, Shepard aggrottò le sopracciglia, sorpresa. “Sei malato?” chiese, cercando il suo sguardo.
“Sì, ma non sono contagioso e credo di poter affermare che prima che possa peggiorare saremo già vincitori o… morti.”
“C’è qualcosa che posso fare, una volta a bordo?” la domanda di Shepard arrivò spontanea e sentita alle orecchie del Drell, che si costrinse a voltarsi verso di lei.
“No, l’opportunità che mi stai offrendo è già abbastanza. Questo doveva essere il mio ultimo lavoro. Sto cercando di rendere l’Universo un posto migliore, prima di lasciarlo.”
Le andò incontro, tendendole una mano. “Lavorerò per te, gratis,” affermò, mentre Shepard gli porgeva la sua. Sotto il guanto pesante, sentì la pelle pizzicarle, sudata, mentre lui stringeva delicatamente la sua mano.
Shepard aveva incontrato tante persone fuori dal comune, ma poche erano riuscite a farle la stessa impressione.
 
 
Le luci artificiali di Nos Astra subentrarono alla luce solare dopo il tramonto, illuminando di colori accesi le strade della popolosa capitale Asari. Insegne sgargianti nella lingua del posto indicavano la presenza di ogni tipo di attività commerciale, mentre le strutture cilindriche poste ad ogni angolo, proiettavano incessantemente decine e decine di slogan pubblicitari rivolti a tutte le specie. Era una vista piacevole, soprattutto dall’ultimo piano delle Torri.
I quattro chiamarono un taxi per ritornare alla Normandy dopo essersi ripuliti sommariamente. Erano visibilmente stanchi, la missione era stata più faticosa del previsto e Shepard non vedeva l’ora di togliersi l’armatura di dosso e concedersi la doccia più lunga che le fosse permessa dai sistemi di razionamento dell'acqua.
 
"Saremo in rotta per la Cittadella domattina", comunicò Shepard all'assassino, mentre il taxi si accostava al marciapiede. "Sarebbe gradito se riuscissi ad essere a bordo per le 7."
"Posso raggiungervi stasera stessa. Ho solo bisogno di passare a prendere le mie cose."
Shepard rifletté brevemente. "Tutto tuo", annuì, indicando il taxi con un cenno del capo. "Noi prenderemo il prossimo."
"In realtà mi chiedevo se volessi accompagnarmi. Vorrei sapere qualche dettaglio in più sulla missione, se non è di troppo disturbo. Ci vorranno al massimo quaranta minuti per raggiungere il mio appartamento," disse, dando una breve occhiata al suo factotum.
"Non vedo perchè no," rispose tranquillamente Shepard, voltandosi verso Miranda e Jacob. "Vi dispiace?"
"Niente affatto, Shepard," disse la donna.
"Potrei scortarvi, Comandante," propose Jacob.
"Non sarà necessario," affermò Shepard, prima di prendere posto sul sedile posteriore del taxi.
 
Il tassista, un'Asari piuttosto taciturna, intonava di tanto in tanto un ritornello al ritmo di qualunque cosa stesse ascoltando attraverso i suoi auricolari. Shepard si appoggiò al finestrino mentre il mezzo si alzava da terra per incanalarsi nel traffico aereo. Sospirò silenziosamente, prendendo coscienza di quanto fosse tesa e cercò di rilassare le spalle, appoggiandosi al sedile.
"Pensavo fossi morta."
Le parole improvvise del Drell la costrinsero a voltarsi verso di lui.
"Lo ero," rispose lei, "tecnicamente."
"Per chi lavori, adesso?"
"Cerberus."
"Perchè mai un'organizzazione paramilitare pro-umani vorrebbe reclutare qualcuno come me?"
"Il tuo dossier parla chiaro, Krios."
"Perchè hai lasciato l'Alleanza?", incalzò lui, evidentemente avido di informazioni.
"Non ho... lasciato l'Alleanza. E' una lunga storia," minimizzò lei. Non aveva la minima voglia di parlarne. Non con uno sconosciuto.
"Hai detto che intere colonie umane stanno scomparendo. Perchè non se ne occupano direttamente loro?"
"L'Alleanza è troppo impegnata a cercare di mantenere una facciata, dopo quello che è successo due anni fa. In più, sospettano che ci sia Cerberus dietro le sparizioni."
"E tu cosa ne pensi?"
"Io penso che quando si renderanno conto della vera minaccia, sarà troppo tardi", confessò lei, passandosi una mano fra i capelli ramati. "Ho visto con i miei occhi cosa è successo su Horizon. L'Alleanza cercherà di insabbiare anche questo."
"Sembra che in un modo o in un altro, ricada tutto su di te."
Shepard non riuscì a rispondere.
"Il tuo nome era su tutti i notiziari," continuò lui, "Il fatto che fossi... scomparsa ha reso la stampa più disinvolta nei tuoi confronti. Si è speculato a lungo sul tuo ruolo."
"Perchè un assassino come te dovrebbe prestare attenzione a certi dettagli? La tua specie non ha neppure un seggio al Consiglio."
"Vero. Ma ho sempre preferito farmi una mia idea a proposito di quello che accade nella galassia, specialmente se di tale portata."
L'abitacolo ripiombò nuovamente nel silenzio. Shepard non aveva intenzione di sapere che idea lui si fosse fatto, e neppure che idea il resto della galassia si fosse fatto sul suo conto. Aveva evitato accuratamente di digitare il suo nome sui motori di ricerca e utilizzava il suo factotum solo per lo stretto necessario. Non era ancora pronta a rivangare il passato.
 
 
Dopo una quantità di tempo che a Shepard sembrò interminabile, l’astroauto finalmente atterrò al primo livello, accanto ad una palazzina di costruzione moderna. “Fanno 50,” annunciò il tassista. Thane fece per pagare, ma Shepard interruppe l’azione sul nascere, addebitando l’esatta somma all’Asari tramite factotum.
 
“Ti ringrazio, ma non era necessario,” disse il Drell, quando si trovarono entrambi fuori dalla vettura.
“Lavorerai per me, è il minimo che possa fare,” rispose Shepard mentre lui faceva strada verso l'ingresso della palazzina.
“Non vieni?” le domandò, notando che era rimasta in attesa sulla soglia del portone. Lei annuì e lo seguì, guardandosi attorno. Entrarono in ascensore, l’uno accanto all’altra appoggiati alla parete frontale. Shepard non ebbe il coraggio di voltarsi ad incontrare il proprio riflesso sullo specchio, eppure con la coda dell’occhio colse un bagliore negli occhi dell’assassino e si sentì osservata. Abbassò lo sguardo e restò a fissarsi i piedi finché l’ascensore non si fermò, poi si affrettò fuori, accorgendosi di aver trattenuto il respiro. Thane fece strada verso il suo appartamento, un bilocale arredato con minimalismo, collegato all'esterno da una grande vetrata che si affacciava su Nos Astra. Una volta accese le luci, Shepard notò che l’ambiente era praticamente spoglio, nessun quadro, nessun soprammobile o pianta abbelliva la stanza.
“Gradisci dell’acqua?” domandò lui, avvicinandosi al dispenser.
“Sì, grazie,” rispose lei, avvicinandosi al bancone della cucina. Sembrava una casa disabitata in tutto e per tutto. “Non vieni qui spesso, deduco,” osservò, raccogliendo il bicchiere dalle sue mani.
“Solo per dormire, di solito,” rispose lui, versandosi un altro bicchiere d'acqua. “Hai fame?”
Shepard annuì, deglutendo l'ultimo sorso. Quella domanda l'aveva appena resa dolorosamente consapevole dei crampi che le stringevano lo stomaco.
“Ucciderei per una bistecca.”
“Bistecca? E' una specialità delle tue parti?”
“Non proprio...”, sorrise lei, “Io sono originaria di Mindoir”.
“Ne ho sentito parlare.” Il Drell si voltò a porgerle l’altro bicchiere, poi prese posto su uno sgabello di fronte e si strofinò gli occhi con una mano. "Perdonami se ti sto facendo perdere tempo, ma ho bisogno di riposare un attimo.”
“Non c’è fretta.”
“C’è un ristorante Asari a cinquanta metri da qui, se vuoi prendere qualcosa da mangiare.”
Shepard agitò una mano davanti a sé, sorridendo. “No, posso aspettare. Gardner avrà preparato di sicuro una delle sue imperdibili zuppe stasera”.
“Avete un cuoco di bordo?”
“Sì, ma non dico sul serio a proposito delle zuppe… Ti consiglio di approfittarne adesso finché puoi, per fare l’ultimo pasto decente.”
Thane rispose con un sorriso appena accennato, poi appoggiò i gomiti sul bancone, intrecciando le mani sotto il mento. “Quel ristorante prepara anche da asporto, se vuoi ordinare qualcosa mentre io sistemo le mie cose.”
“Posso aspettare, davvero”, rispose lei, estraendo da una tasca una barretta proteica. “Per le emergenze,” spiegò, sventolandola a mezz’aria.
“Quel marchio non si occupa principalmente di alimenti per biotici?”
“Precisamente.”
“Che addestramento hai ricevuto?”
“Ricognitore. Anche tu sei un biotico… era sul dossier…”
“Sono stato addestrato per diventare più versatile possibile. Il potenziale biotico non è da sottovalutare.”
“Sono d’accordo,” rispose Shepard annuendo. “Ne vuoi una?” domandò poi, frugando nelle tasche del suo borsone.
Thane fece per alzarsi, sgranchendosi i muscoli del collo. “No, ti ringrazio, ma l'offerta resta. Ti farò compagnia, se vuoi ordinare qualcosa.” Attivò il factotum e in una manciata di secondi poté mostrare il menù del locale Asari a Shepard. Lei osservò attentamente, poi scelse un piatto che aveva sentito nominare una volta da Liara. Thane inoltrò la richiesta e poi chiese gentilmente il permesso di allontanarsi per continuare a fare i bagagli, nell’attesa.
 
Shepard si avvicinò al grande finestrone della sala e prese a sganciarsi gli spallacci e a depositare le armi sul tavolino d’acciaio lì a fianco. Le luci fredde della città le accarezzarono il volto, facendosi strada nei solchi delle sue cicatrici come serpenti variopinti. La sua armatura metallica, pesante e robusta, risplendeva nella penombra, colorandosi dell’atmosfera notturna di Illium.
Si era parlato tanto di lei, di questo ne era consapevole, ma sentirlo dire dalle labbra di uno sconosciuto le aveva fatto un altro effetto. Era come se esistesse un'altra Shepard, diversa da lei, ma che le assomigliava in tutto e per tutto. Una lei creata dalla massa, che viveva in un'altra dimensione e che non aveva nulla da spartire con la vera lei.
Si appoggiò al finestrone con la fronte, rincorrendo con lo sguardo le astroauto che sfrecciavano in un turbinio confuso di luci e colori, poi diede un sospiro, cercando di scacciare quei pensieri con i quali non era ancora pronta a fare i conti. Diede poi le spalle a Nos Astra, concentrandosi sull'interno dell'appartamento, scansionando con gli occhi ogni angolo in cerca di qualcosa che potesse parlarle di lui. Non trovò nulla.
 
 
Passò poco tempo che sentì suonare alla porta e istintivamente guardò l’orologio. Erano le 23.40.
''Hanno fatto presto…,' pensò, avviandosi ad aprire.
Un’Asari dai lineamenti delicati, probabilmente molto giovane, le porse un vassoio sorridendo timidamente. “Sono 15 crediti,” disse, mentre Shepard addebitava la somma tramite factotum.
“Non è giusto, Comandante,” Thane arrivò alle sue spalle liberandola dall’ingombro del vassoio, “Offrire la cena toccava a me.”
“Pagherai il taxi di ritorno”, rispose Shepard accennando un sorriso. Poi salutò gentilmente l’Asari richiudendo la porta e raggiunse Thane al bancone della cucina.
 
Il Comandante divorò la sua porzione con avidità, nel silenzio di quell’appartamento spoglio, rotto solo occasionalmente dal rumore delle posate che sbattevano sui piatti. Thane mangiava con una grazia fuori dal comune, tanto che lei iniziò a sentirsi quasi in imbarazzo. Avrebbe preferito un'altra delle sue domande inopportune a quel silenzio. Shepard non riusciva a smettere di porsi domande, mentre ogni tanto, con la coda dell’occhio coglieva un bagliore nei suoi occhi neri e si forzava di guardare da un’altra parte.
 
Quando ebbero finito, Thane fece ritorno di nuovo in camera e dopo poco tornò con un bagaglio di medie dimensioni, mentre lei, nel frattempo, si era presa la libertà di lavare i due piatti che avevano usato.
“Sono pronto,” le disse lui, dopo averla ringraziata. Shepard andò a recuperare armi e spallacci e si affrettò ad uscire, mentre Thane lanciava un’ultima, malinconica occhiata all’appartamento, prima di chiudersi la porta alle spalle. Lei si chiese se quello, per lui, fosse stato una sorta di addio, perché questo le era sembrato. Si avviarono finalmente a prendere il taxi di ritorno e nella metà del tempo che avevano impiegato all’andata, giunsero all’area d’attracco.
Quella notte, sulla Normandy, entrambi avrebbero avuto molto a cui pensare.


 
Questa storia è nata inizalmente come revisione della mia prima fiction "Siha", ma poi col tempo si è allontanata talmente tanto dall'idea originale che oramai la considero una storia a parte. E' semplicemente il mio tentativo più maturo di approfondire questa romance. Mi sono decisa a pubblicarla anche qui dandole un nuovo titolo perchè è decisamente questa la storia a cui tengo di più, mentre l'altra la considero solo un'esperimento. In effetti è con quella che ho iniziato a scrivere dopo anni e sebbene mi riporti alla memoria tanti momenti felici, è questa la storia per cui vorrei essere ricordata.
Non posso non ringraziare Johnee, Altariah e shadow_sea per avermi seguita sin dall'inizio anche dall'altra parte. Le vostre recensioni sono state preziosissime, più di quanto possiate immaginare.

06-2017
Sono passati quattro anni, il che - mi rendo conto - è un sacco di tempo. Ma ho comunque voglia di revisionare questa storia e di finirla (incrociate le dita per me, please). Questo capitolo è leggermente diverso dalla versione iniziale.
   
 
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