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Senti
la porta dietro di te che cigola.
Si
sta aprendo.
Sai
chi tiene la maniglia e un brivido ti attraversa. Non sai di
cosa.
Chiudi
gli occhi per un attimo. Quanto hai sognato questo momento?
Lo
hai bramato con ogni fibra del tuo corpo per tre lunghi anni.
Lo
hai temuto.
Lo
stai temendo anche in quest'istante.
Li
riapri e ti volti verso di lui, con la tua solita espressione
impassibile.
Trattiene
rumorosamente il respiro e ti guarda con occhi lucidi e pieni di
dolore.
Si
appoggia allo stipite della porta e lo vedi scivolare verso il
pavimento, sopraffatto, distrutto, annientato.
Muovi
un passo incerto.
Devi
dire qualcosa. La tua bocca si apre ma non esce niente.
Stupide
emozioni.
Irrazionali. Inopportune.
Controproducenti.
Poi
la senti.
Una
risata, che non ha assolutamente niente di gioioso.
Proviene
da lui.
E
non capisci. Sei spiazzato.
«Sono
diventato completamente matto» esala.
Oh.
Crede
di stare avendo un'allucinazione.
«Non
fare lo stupido.»
Un
attimo dopo ti stai mordendo le labbra a sangue, pentito.
Fai
davvero schifo in queste cose.
«Sono
qui» aggiungi addolcendo il tono.
Lui
non dice niente.
Ha
gli occhi spalancati, fissi davanti a sé che guardano nel
vuoto.
Si
tiene le ginocchia strette al petto ed è mostruosamente
pallido.
Non
sai cosa fare.
Dovresti
avvicinarti?
Parlare?
Tacere?
Era
lui che ti diceva sempre com'era meglio comportarti quando ti vedeva
in difficoltà.
Decidi.
Con
passo tremante vai verso di lui e ti inginocchi per poterlo guardare
dritto negli occhi. Impacciatamente allunghi anche una mano.
«Spero
per te che sia un sogno, altrimenti ti ammazzo.»
La
mano si blocca lì a mezz'aria.
Non
respiri.
Non
ti muovi.
La
lasci lì, non vuoi ritrarla.
Deglutisci.
Di
chi era quella voce?
Così
diversa da quella che quando hai cercato di convincerla che nessuno
può essere così intelligente ti ha risposto con
ferma decisione "tu
sì".
«Ti
avrebbero ucciso.»
«Tu
che hai fatto invece?» sputa la voce.
La
mano ti cade sul fianco, sconfitta.
«Ho
cercato di proteggerti.»
E
di chi è questa voce supplicante?
«John»
pausa. Assapori quel nome. «Per favore. Cerca di
capire...»
Scintilla.
Furia. Rabbia.
Scatta
in avanti e ti inchioda al pavimento sotto di sé.
La
sua mano chiusa a pugno raggiunge il tuo volto.
Una,
due volte.
Dolore.
Non
ti importa. Sai di meritarlo.
«LURIDO
BASTARDO! CREDI CHE NON CAPISCA? OH, INVECE CI RIESCO
BENISSIMO!»
«Avevano
dei cecchini puntati addosso a te, Lestrade e Mrs Hudson! Che avrei
dovuto fare?»
Disperazione.
Le
sue mani raggiungono il colletto della tua camicia e ti
strattonano.
La
tua testa batte sul pavimento.
«TI
AVREI AIUTATO! INVECE HAI VOLUTO FARE TUTTO DA SOLO! NON SONO STUPIDO
COME CREDI! NON AVRÒ LA TUA INTELLIGENZA MA ANCHE SENZA DI
ESSA HO
SUPERATO L'INFERNO DELL'AFGHANISTAN! MA A QUANTO PARE NON SONO
ALL'ALTEZZA DEL FOTTUTAMENTE GRANDE
SHERLCOK HOLMES!»
Le
parole hanno lo stesso impatto che avrebbero dei pugnali.
Senti
gli occhi pizzicare e la gola bruciare.
Lo
vedi abbassare la testa e smettere di strattonarti. Le sue mani non
lasciano la tua camicia. La stringono, disperate.
«Ti
avrei aiutato... Avrei fatto di tutto. Cristo, sarei--morto se solo
questo ti avesse aiutato.»
La
rabbia svanisce piano piano, lasciando spazio al dolore.
Salate
strisce di lacrime gli rigano il volto.
È
completamente distrutto.
La
tua mano si allunga di nuovo: si posa delicatamente sulla sua guancia
e l'asciuga.
«Mi
avevi detto... Che gli amici proteggono le persone. È quello
che ho
fatto.»
Ti
guarda sconvolto. Altre due lacrime scendono. Neanche sbatte le
palpebre.
«Ed
è quello che avrei dovuto fare» ribatte abbassando
ancora il capo.
«Per una volta avrei voluto essere io a salvare te.»
Stavolta
sei sconvolto tu. Ti aspettavi tutto, meno che questo.
John
si sente in colpa.
John
si sente in colpa.
«Tu,
i tuoi stupidi esperimenti, il tuo stupido violino e le tue pazzie...
Voi mi avete salvato. Avrei voluto... Ricambiare il favore.»
Non
riesci a credere alle sue parole.
Vorresti
abbracciarlo e tirargli un pugno allo stesso momento.
La
tua mano viaggia tra i suoi capelli biondi e raggiunge la nuca. Lo
attiri verso di te.
Lo
appoggi sul tuo petto.
Lo
stringi.
Forte.
Fortissimo.
«Sei
uno stupido, John Watson. Tu mi hai salvato la prima volta che ci
siamo incontrati.»
Ed
è vero anche letteralmente. Ma lui sa che non era quello il
senso
che intendi tu.
Ti
stringe ed emette un leggero singhiozzo.
Fissi
il soffitto.
Le
lacrime ti cadono nei ricci neri. Non le fermi.
Tieni
le mani incollate a lui.
Hai
l'irrazionale timore che lui possa svanire se le togli.
Le
sue mani ti accarezzano il volto mentre il suo è ancora
affondato
nel tuo petto.
Allora
la senti.
L'avevi
notata anche prima ma sentirla sulla tua pelle era tutta un'altra
storia.
Circonda
l'anulare sinistro di John.
E
il panico ti assale.
Prepotente.
Senza
via di scampo.
Stai
affogando.
Gli
artigli la schiena.
«Non
andartene» stai supplicando ancora?
«Devo.»
«John...
Ti prego.»
Sei
ridicolo Sherlock. Senti quello che dici?
Ancora
lacrime che si scontrano con le sue mani sempre tra i tuoi
capelli.
«Ti
amo.»
Lo
sussurri appena.
Come
fai ad esserne sicuro, Sherlock? Tu non sai cosa significhi.
No,
non lo sai. Ma hai avuto tre anni per riflettere sul concetto di
'amore' e su quello che provi per John. Hai capito che le cose
combaciavano.
Lui
sospira e ti stringe di più. Solleva il volto per guardare
il tuo
«sei un egoista bastardo.»
Ma
sorride.
Non
con la bocca, con gli occhi.
E
non hai mai visto sorriso più bello.
Raggiungi
la sua mano sinistra e gli sfili la fede, appoggiandola lontano da
voi.
Intrecci
le dita con le sue.
«Cosa
le dirò?»
Si
preoccupa sempre degli altri, John.
«La
verità. Tu ami un uomo.»
«Non
ho mai detto di amarti.»
«Non
ad alta voce, ma l'hai fatto.»
Momento
di silenzio.
Lui
ridacchia.
«Che
Dio mi aiuti.»
Sbuffi.
«John, sappiamo entrambi che-»
Lui
non ti fa finire la frase.
Non
puoi parlare. Improvvisamente ti scordi anche come respirare.
Perchè
le sue labbra sono sulle tue.
Morbide,
calde, sono confortanti, fini, delicate.
«Per
una volta nella tua vita, sta' zitto» ti sussurra.
E
tu lo fai.