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Autore: kamy    11/07/2013    3 recensioni
Richiesta da DenbiSara.
Itasaku AU. Itachi è l'erede della ricca famiglia Uchiha, rimasto orfano vuole assolutamente adottare il fratellino neonato, Sasuke, ma per far questo gli serve una moglie. Sakura ha sempre vissuto in una vita di ristrettezze economiche e decide di sposarlo, salvo subito divorziarsi, per guadagnare qualcosa. Riuscirà l'amore a sbocciare tra questi due tra pannolini e pianti di neonato?
[Ho corretto i vari capitoli anche nel tentativo di rendere i personaggi più Ic].
[Accenni Orochimaru/Tsunade; Madara/Hashirama].
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Sakura, Haruno, Sasuke, Uchiha | Coppie: Jiraya/Tsunade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Ringrazio anche solo chi legge.
Richiesta da DenbiSara.



Cap.1 Il patto tra Itachi e Sakura

Itachi si legò i lunghi capelli neri, si abbassò e aprì il rubinetto dell’acqua. Si riempì le mani e si gettò l'acqua in viso, rinfrescandosi, le gocce gli rigarono il viso scendendogli lungo le rughe di espressione.
Itachi sospirò, voltandosi e si sporse in avanti, afferrando un asciugamano violetta. Si rizzò con la schiena dirigendosi verso il water, fletté le gambe e recuperò la camicia piegata appoggiata sulla tavolozza candida. Indossò la camicia, la indossò, si allacciò i polsini e si chiuse la cerniera dei pantaloni. Udì bussare alla porta del bagno, si voltò e le sue iridi nere brillarono di riflessi color rubino.
“Chi è?” domandò con tono atono.
L'uscio si aprì, ne entrò il maggiordomo che si richiuse la porta alle spalle. Appoggiò delle scarpe nere lucide sul pavimento e gli porse la giacca del frak.
“Signorino, i suoi abiti. Le ricordo di mettere la cravatta. Le ho stirato il kimono per le sue preghiere serali. Suo padre era molto attento a questi dettagli” disse. L’occhio finto gli brillò d’azzurro e si grattò la barba posticcia.
Il padrone di casa socchiuse un occhio, ispessendo i segni sul suo viso.
"Non fai altro che paragonarmi a lui, è morto da tre mesi, potresti anche smettere di ricordarlo" disse secco. Si sfilò le ciabatte, rimanendo con i piedi coperti da dei calzini candidi, e avanzò di un paio di passi, avvicinandosi all'altro uomo. S'infilò le scarpe di vernice e si lasciò aiutare dal maggiordomo a infilare la giacca.
"Signorino, le voglio solo ricordare che i suoi genitori tenevano al suo aspetto" spiegò l'uomo.
Itachi strinse le labbra e lo superò con passo cadenzato. Uscì dal bagno e proseguì lungo il corridoio, avviandosi nella direzione delle scale.
< Mio padre era un falso a capo di una ditta di ipocriti e sia lui che mia madre non sono riusciti a occuparsi dell'unica cosa che ritengo realmente importante: il mio fratellino Sasuke > rifletté.
I passi del giovane risuonavano nell'androne, leggermente attutiti dal tappeto rosso orientale che copriva il pavimento.
La luce solare che filtrava dalle grandi finestre, riflessa dai lampadari di cristallo, lo abbagliò. Itachi batté un paio di volte le palpebre e proseguì, passando oltre una statua d'oro.
La sua segretaria gli corse incontro, gli occhiali le scivolavano in avanti, le sue gote erano accaldate e i capelli color fiamma le vorticavano intorno al viso. Strinse al petto prosperoso una cartelletta, raddrizzandosi con l'altra mano la penna che teneva dietro l'orecchio.
"Buongiorno, signor Uchiha" salutò.
< Quanto è figo! > pensò.
Itachi la guardò, incrociando le braccia al petto.
"Non sarà mai un buongiorno finché lei non riuscirà a trovare le carte che mi consentiranno di riportare a casa il mio fratellino. Si rende conto che si trova ancora in quell'orfanotrofio pidocchioso?" domandò gelido.
La giovane donna chinò il capo, le iridi color smeraldo le divennero più chiare.
"Mi dispiace, signore. Si tratta di un neonato e per le leggi del nostro stato, solo coloro che sono sposati possono tenerli. Già è una fortuna che lei sia riuscito ad ereditare la ditta di famiglia così giovan..." ribatté.
Itachi dimenò lentamente la mano davanti a sé.
"Neonato o no, mio fratello deve tornare a casa" le ordinò.
La segretaria deglutì, incassando il capo tra le spalle.
“Signor Uchiha, oggi deve incontrarsi con il sindaco di Konoha per la nuova strada. Sa, il progetto è molto dispendioso, la sua presenza è d’obbligo per rimarcare il suo ruolo come capo della ditta e per accelerare i lavori. Successivamente …” enumerò.
Il ragazzo la superò accelerando il passo. Camminò sempre più rapidamente e svoltò a sinistra, allontanandosi dalla limousine parcheggiata nel viale della villa.
“La prego signorino, non di nuovo!” udì gridare l’autista.
Itachi entrò nel garage da una porta laterale socchiusa, raggiunse una motocicletta con le chiavi attaccate e vi salì. Si piegò, l’accese e le fece dare gas. Girò il veicolo dirigendosi verso la porta, la investì, spalancandola e accelerò.
Scese lungo il prato erboso schivando un paio di guardie e si piegò, strisciò a terra su una fiancata della moto strappandosi la manica della giacca passando sotto la barra di blocco. Riuscì a raddrizzare la moto, diede di nuovo gas e si allontanò lungo la strada.
Proseguì lungo la strada di campagna facendo una serie di tornanti ed entrò in città.
Si fermò davanti a un bar con l’insegna rossa, parcheggiò accanto ad altre motociclette e si sfilò la giacca, abbandonandola sul sellino. Recuperò le chiave, infilandole nella tasca dei pantaloni. Aprì la porta a vetri del locale, facendo tintinnare delle campanelle ed entrò.
All'interno del bar intravide una serie di ombre nere sfocate, socchiuse gli occhi e i suoi occhi si abituarono al buio. 
Le sue iridi divennero totalmente rosse. Vide un bancone illuminato da una soffusissima luce verde, emanata da un'insegna semi-fulminata sistemata sopra uno speccio a parete.
Itachi inspirò, l'odore di nicotina gli punse le narici. Si accomodò su un sedile rosso e osservò il proprietario avvicinarsi.

“Ti servo il solito ragazzo?” domandò quest'ultimo con voce seducente, sporgendosi verso di lui.
“Wiskye con tre cubetti di ghiaccio e una spruzzata di limone” rispose Itachi.
“Che schifo” si lamentò la cameriera.
“La mia birra!” gridò una voce maschile, proveniente da un tavolo in un angolo del locale.
“Com’è finita con tuo fratello?” domandò il barista. Fece un sorriso mellifluo, piegando le labbra sottili, mostrando i denti candidi. Trasse una bottiglia di wiskye da un minifrigo, la lanciò verso Itachi, che la prese al volo.
Il barista si voltò e piegò di lato il capo, una cascata di capelli neri gl'incorniciavano il viso pallido.
"Deidara, ci serve il ghiaccio" sibilò.
"Un'artista è schiavo solo della sua arte, il ghiaccio arriverà a tempo debito" rispose una voce maschile.
La lingua aguzza del barista saettò tra i suoi denti.
"Noto che continua a volermi dimostrare quanto in realtà sia un'artista" rifletté Itachi.
Il barista batté un paio di volte le palpebre.
"Quando lavoravi qui insieme a lui, prima di ricordarti la tua ricchezza, le giornate erano più interessanti" ammise.
"Orochimaru, mi serve il tuo aiuto. Ho bisogno di una moglie entro la fine della settimana" spiegò Itachi. I denti candidi di Orochimaru brillarono nell'oscurità, insieme alle sue iridi color dell'oro.
"Mio piccolo ciliegio, vieni qui, ho un lavoretto per te" sussurrò. Schioccò le dita e il suono di tacchi risuonò nel locale.
Itachi si volse e vide una giovane dalla maglietta rossa a balconcino, che lasciava intravedere il suo seno minuto, avanzare ancheggiando verso di lui. I corti capelli rosa di lei frusciavano a ogni suo movimento.
"Io sarei anche disposto a sposarla per i suoi soldi, mi servono" disse Sakura. Si tolse la sigaretta che teneva tra le labbra rosso fuoco, la lasciò cadere a terra e la schiacciò sotto un tacco nero.
< Ino ho finalmente trovato la grana che mi serve per dimostrarti che nell'ambiente non sono peggio di te > pensò.
Itachi sorseggiò il suo drink.
"Nel contratto di matrimonio sarebbe inserita una clausola di divorzio, in caso" disse con tono freddo.
La ragazza sorrise e gli porse la mano.
"Affare fatto, mr. quattrini" sancì.
Itachi strinse la mano di Haruno nella sua.
"Lei non sta scherzando, vero?" domandò.
"Sono una bambinaia senza lavoro e so che per i ricchi i matrimoni durano comunque poco" rispose.
Itachi si alzò in piedi e le lasciò andare la mano. Fece un mezzo sorriso.
"La ringrazio, allora" disse.
La cameriera schioccò la lingua sul palato, mentre il barista raggiungeva Deidara che si era affacciato dalla cucina con un secchiello del ghiaccio.
"Io quella pupa me la terrei, anche se è piatta come una tavola!" gridò il giovane uomo in fondo al bar, mostrando i denti aguzzi.
  
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