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Autore: Sarett    11/07/2013    1 recensioni
La macchina ha fatto un nuovo nome...
Alice Campbell, il cui passato è un susseguirsi di perdite dolorose.
Persone vicine a lei che continuano a morire in circostanze sospette e ora le ombre del passato, gli assassini dei suoi genitori, sembrano tornati per prendere lei..
Ma non sanno che qualcuno ora veglia su di lei...
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harold Finch, John Reese, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Era successo di nuovo…
Nel cuore della notte, in quel lo strano appartamento, grande, spoglio, perfettamente in ordine, Alice si era svegliata dopo l’ennesimo incubo.
 
Il sogno era sempre lo stesso…lei, ancora bambina, con il suo coniglietto di peluches stretto tra le braccia, nascosta sotto il pavimento della cucina, in una sorta di nascondiglio al quale si accedeva tramite un passaggio segreto.
Il buio, quegli uomini in nero, cattivi, armati, che erano venuti per i suoi genitori..
Le urla, gli spari…sangue ovunque e poi  le sirene della polizia in lontananza mentre lei, in lacrime, le ginocchia strette al petto, se ne stava zitta, zitta, nascosta…come le aveva detto la madre.
Erano passati 16 anni da quell’episodio…eppure ancora la faceva svegliare nel cuore della notte, in lacrime…
E quegli incubi erano peggiorati, soprattutto da quando anche la nonna che si era presa cura di lei, era venuta a mancare in circostanze che facevano dubitare che fosse morta per vecchiaia.
L’unico parente ora in vita era lo zio paterno…un tipo strano che mai aveva visto, il suo tutore che, non avendo tempo di stare dietro a una ragazza di 18 anni che, dall’età di 8 non parlava causa il trauma subito, non si fece problemi a chiuderla in una…casa di cura per persone con problemi.
Nessuno poteva avvicinarsi  a lei salvo gli infermieri , che le portavano i pasti, che si prendevano cura di lei e che le somministravano quelle medicine che  la facevano stare…peggio
Il Dott. Coleman, medico di famiglia dello zio, era il medico che si occupava di lei…anche se non l’ha mai visitata una volta, non si è mai chiesto cosa avesse che non andava e si limitava a prescriverle sempre quelle solite medicine che la facevano stare male…la facevano sentire…intontita, assente.
Questo inferno durò quattro lunghi anni fin quando, causa un infarto, il Dott. Coleman morì e a lui subentrò il Dott. Monroe.
Lui era diverso..
Allievo del Dott.Coleman, a contrario del suo predecessore, lui aveva iniziato ad interessarsi ad Alice.
Lui era gentile, si preoccupava per lei, non le metteva paura e si era accorto che qualcosa non andava nelle medicine che le erano state prescritte.
A dire il vero…aveva intuito che c’era qualcosa che non quadrava in tutta quella situazione..
La ragazza, anche se non parlava, era…sveglia, tutt’altro che ritardata.
Grazie a lui aveva iniziato a uscire dalla prigione quale era la sua stanza nel quale, a confortarla, non aveva altro che un vecchio libro appartenuto a sua madre e che le leggeva sempre quando ancora tutto era tranquillo.
Quel libro era Alice's Adventures in Wonderland…tutto quello che le restava ormai di sua madre…e di quei lontani momenti di felicità.
Un libro molto caro a sua madre…era anche per questo che Alice portava il nome della protagonista.
I giorni passavano e, grazie anche all’aiuto del Dr Monroe, in Alice iniziò ad accendersi un barlume di speranza…che forse un giorno avrebbe lasciato quel posto…lo stesso dottore le disse che non c’era motivo perché restasse lì e che se lo zio avrebbe fatto storie, sarebbe intervenuto.
E forse fu proprio questo a portare anche alla sua morte…
Omicidio, avevano detto…dei delinquenti gli avevano sparato per strada, forse dei rapinatori.
E con il Dr Monroe morirono anche le speranze della ragazza di poter lasciare quel posto.
 
Almeno fin quando non comparve quell’uomo.
Sulla quarantina, alto, capelli brizzolati, sguardo intenso, penetrante…
No, nonostante gli abiti, non sembrava affatto un infermiere…Alice l’aveva capito subito.
Altri forse avrebbero avuto paura, di fronte a lui, ma lei no, lei sapeva, sentiva che poteva fidarsi di lui e fu questo a spingerla a seguirlo quando, quelle ombre nere del suo passato, tornarono…questa volta in quella casa di cura, per cercare lei e per concludere il lavoro.
Lui le disse che poteva fidarsi di lui, che l’avrebbe aiutata a uscire da lì, a salvarsi…e lei lo seguì, fuori da quell’inferno e lontano da quelle ombre nere del passato.
 
Dopo una fuga rocambolesca, era stato lui a portarla in quell’appartamento così grande, ben tenuto, anche se poco vissuto.
John…così si chiamava l’uomo che l’aveva salvata, le aveva detto che ora era al sicuro, che nessuno le avrebbe fatto più del  male…
Lui la faceva sentire al sicuro, protetta…un Angelo dagli occhi tristi, penso, ma anche un combattente.
Le aveva preso dei vestiti nuovi, belli, che mai si sarebbe sognata…un paio di jeans, una camicetta, delle converse…
Si era preso cura di lei offrendole la sua casa, un pasto vero e niente medicine e lei sentiva di ammirare quell’uomo…
La classica infatuazione adolescenziale, anche se lei ora aveva 23 anni, ma, dopo tutto, era dall’età di 18 che non aveva contatti con il mondo esterno, e meno che meno con ragazzi e uomini che non fossero malati, infermieri o dottori!
 
E ora, dopo averla sentita gridare nel cuore della notte, era corso da lei, in quella enorme camera da letto spoglia, dalle pareti bianche e con una vetrata che dava sulla città.
Lo sguardo assonnato, i capelli brizzolati arruffati, la camicia bianca stropicciata, come i pantaloni del completo grigio, le aveva lasciato la sua stanza per dormire, mentre lui si era sistemato in salotto, sul divano.
Vedendo che non c’era alcun pericolo, si avvicinò a lei e si sedette sul bordo del letto, allungandosi per accendere l’abat-jour sul comodino vicino al letto.
Rivedere quel viso quasi famigliare, ormai, anche se segnato dalle poche ore di sonno, la fece stare meglio e, senza pensarci, gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte, nascondendo il viso ancora rigato da lacrime contro la sua spalla.
Le narici di lei si riempirono del profumo di quell’uomo…il profumo intenso del dopo barba, quello meno percettibile della camicia pulita, mentre John l’abbracciava a sua volta, con fare protettivo, facendole scorrere una mano sulla schiena, rassicurandola.
“Ssst, ssst…era solo un incubo…” la rassicurò con voce profonda, piacevole, rassicurante.
 
Lei l’aveva visto sparare contro quegli uomini in nero, l’aveva visto colpire uno di loro, ferendolo gravemente, era scappata con lui in macchina…
Ai tg dicevano che era stata rapita, ma non era così, lui l’aveva salvata, la stava proteggendo…
Lo sapeva anche prima che glielo spiegasse quell’altro uomo, più basso, con gli occhialini, amico di John.
Finch, così si era presentato.
L’uomo, che le sembrava un topo di biblioteca, dall’animo gentile e buono, le spiegò che qualcuno 16 anni fa, aveva dato ordine di uccidere i suoi per via di un segreto…qualcosa di importante! E ora, quegli stessi uomini, cercavano lei, forse credendo che anche lei sapesse qualcosa.
 
Ma lei non aveva paura, non con John che vegliava su di lei e che avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi e di farle del male…
Il suo…Angelo dagli occhi tristi, tra le cui braccia, lentamente, si riaddormentò, serena e al sicuro…
  
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