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Autore: Mami93    12/07/2013    2 recensioni
E' una storia che parla di due ragazzi e della loro storia. Hikari Yagami è timida e introversa, Takeru Takaishi spavaldo e allegro, ma il loro incontro è destinato a cambiarli entrambi. Un incontro casuale porterà ad un avvicinamento un po' particolare, quasi non voluto. E il tempo porterà loro delle novità.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Takeru Takaishi/TK | Coppie: TK/Kari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XII-The story ended

Il giorno dopo mi negai a chiunque. Quando stamattina ho riacceso il cellulare, più per l’esasperazione di Tai che per mia volontà, ho scoperto una ventina di chiamate. Tre o quattro erano di Yolei, di mia mamma e di Cody; le restanti tutte di Takeru. Tai è stato splendido rispondendo per me tutte le volte che qualcuno chiamava il suo cellulare per sapere come stavo. Yolei si è sperticata in offese ed epiteti poco consoni ad una ragazza; tutti all’indirizzo della solita persona. I miei si sono detti tristi per me, ma non gli ho spiegato fino in fondo le motivazioni sulla mia decisione di lasciarlo. Tai continua a non esprimere giudizio sul suo nuovo amico, ma non lo voglio obbligare a prendere posizione: sto già abbastanza male per conto mio senza dover mettere in mezzo anche lui. Adesso sono alla ricerca di un mini appartamentino che mi possa accogliere momentaneamente, finche non troverò una sistemazione definitiva, ma fino a quel giorno Tai si è detto disponibile ad accogliermi da lui. cerco invano di riprendere la vita che conducevo prima, ma mi sembra tutto più difficile, ora. Tk mi aveva abituato ad una vita sociale più attiva, e almeno questo aspetto cerco di non perderlo del tutto. Oggi pomeriggio, rientrando dal lavoro, ho incontrato Davis. Alla sua vista mi sono bloccata, ma poi ho continuato la mia marcia come se non fosse lì davanti a me

“Kari, ti spiace se parliamo un attimo?” ha tentato di fermarmi

“ehm, si. Ho da fare, scusa ma devo andare” ho cercato di liquidarlo voltandomi a guardarlo

“si tratta solo di un secondo” cercava di convincermi piazzandosi davanti a me

“non ho intenzione di ascoltarti per più di mezzo secondo” sbuffo esasperata, sperando che non mi infastidisca più

“dovresti chiamare Tk” confessa subito. L’espressione che mi si disegna è di puro stupore

“ma dai, non dirmi, e magari devo pure ascoltare quello che ha da dirmi?” lo schernisco in falso tono sorpreso

“lui non voleva che tu sentissi” borbotta a occhi bassi

“avrebbe dovuto pensarci prima di scommettere con voi” lo liquido girandogli intorno e lasciandolo sul ciglio della strada più abbattuto di come l’ho trovato.

“bhe, forse dovresti dargli una seconda possibilità. Io l’ho fatto” tenta di convincermi adesso Tai.

“tu non gliene hai mai data una seconda: quando l’hai conosciuto l’hai preso in antipatia, poi Maya ti ha convinto a conoscerlo e adesso sono tutte rose e fiori fra di voi. Questa è l’unica possibilità che gli hai concesso” sbotto infuriata lasciando cadere la forchetta nel piatto ancora pieno con un tintinnio

“è vero, però mi sono almeno limitato ad ascoltarlo, non mi sembra che tu stia facendo lo stesso” continua ad accusarmi. Allontano schifata il piatto da me e mi alzo in piedi

“il fatto che siate diventati grandi amiconi non fa di Takeru l’angioletto che tu credi che sia. Non ho più fame, vado in camera!”. Non è possibile che tutti giochino a mettermi i bastoni fra le ruote: se ho deciso di non volerlo ascoltare così deve essere. Mi butto sul letto esasperata e abbraccio il cuscino, mio unico compagno. Un leggero colpo alla porta mi indica che Tai sta aspettando il mio “avanti” che non arriva. Sento la porta aprirsi e poi richiudersi, infine un corpo sedersi accanto a me. Mi appoggia una mano sulla mia spalla, indeciso sul da farsi e scoraggiato dal mio silenzio resta così per un po’.

“sai perfettamente che sono dalla tua parte, Kari.” Una risata strozzata mi esce dalla gola. Che suono raccapricciante!

“davvero? Perché non si direbbe. Se fosse successo un mese fa lo avresti preso a botte” il suo silenzio mi fa capire che non ho tutti i torti

“il fatto che non l’ho ancora fatto non vuol dire che non ne abbia voglia, ma quello che ti dissi un po’ di tempo fa è vero: sei grande e te la devi vedere tu con lui, non io. Tk sa quel che penso, ma non ho intenzione di intervenire”. Resto immobile a pensare alle sue parole

“e se io non volessi risolvere niente?” chiedo scoraggiata

“che cosa ti cambierebbe? Se vi parlaste avresti l’occasione di sapere perché l’ha fatto e lui potrebbe provare a chiederti scusa, ma non hai nulla da perderci, giusto?”

“ho paura che possa imbambolarmi con i suoi paroloni e farmi fessa un’altra volta.” Volto la testa a guardarlo in faccia “e se torna a ferirmi?” do voce ai miei dubbi. Mi sorride tenero

“so che sei intelligente e non ti farai incantare da lui. se capisci che la vostra storia non potrebbe mai continuare, bhe allora potrai davvero lasciarlo perdere. Ma prima dovresti giocarti tutte le carte disponibili senza lasciarne neppure una inutilizzata. Non sia mai che in futuro il rimorso di qualcosa che avresti potuto fare e non hai fatto ti porti a stare ancora peggio” dopo avermi accarezzato la testa fa per alzarsi, ma lo chiamo prima che possa allontanarsi

“grazie!” dopo essersi chinato per baciarmi sulla guancia esce di nuovo dalla stanza, lasciandomi con i miei pensieri.

 

Sono seduta al tavolo di un bar da sola. La cosa fa senso anche a me, ma avevo bisogno di uscire per pensare un po’. Le occhiate truci che lancio fanno rinunciare chiunque ad avvicinarsi, perché per adesso nessuno è venuto a scocciarmi. Fisso la mia lattina di Coca come in trance.

“come mai una così bella ragazza è seduta qui tutta sola?” alzo lo sguardo lentamente e lo fulmino. Avevo già riconosciuto la sua voce, quindi non sono sorpresa

“cosa vuoi Takeru?” chiedo poco gentile. Senza neppure avermelo chiesto si siede di fronte a me

“parlare? Sai, ne approfitto delle poche opportunità che mi si presentano” sospiro stanca

“come facevi a sapere che ero qui?” chiedo più per educazione che per vera curiosità

“ho ricevuto un informazione dalla mia spia” mi indica un ragazzo seduto al bancone che fa lo gnorri

“certo, e come se no?” non ho intenzione di affrontare l’argomento, quindi mi eclisso nel mio silenzio tombale

“di la verità: tu non hai ancora deciso se perdonarmi o meno, vero?” mi scanso i capelli dal viso e mi sfrego gli occhi, stanca

“no, infatti. Ad essere sincera cerco proprio di non pensare a ciò che è successo” confesso con una voce monotona

“ti posso spiegare?” la rabbia che fino ad adesso ho cercato di reprimere ritorna tutta insieme, affogandomi

“no, non c’è nulla da spiegare” cerco di controllarmi, ma con pochi risultati

“questo lascialo decidere a me, ok?” mi invita ad uscire seguendolo con un cenno della testa. Io, controvoglia e sbuffando, mi alzo e lo seguo a un metro di distanza. Mi stringo nel giaccone non appena esco dal locale, e senza una parola Tk si dirige a ovest. Quando finalmente decide di fermarsi resto a debita distanza, a portata di voce. Lui si siede su una panca a bordo strada e mi fissa, aspettando una mia mossa “puoi anche sederti sai? Non mordo”  sembra stizzito. Lo guardo desiderosa di andarmene

“Tk…” provo ancora a protestare, ma non ne ho il tempo

“Hikari, sai perfettamente che non ti costa nulla ascoltare!” se usa il mio nome intero vuol dire che è davvero scocciato. Lo accontento e aspetto le sue spiegazioni, che però sembra non arrivino

“quindi…” provo a incoraggiarlo, ma il modo in cui lo dico non fa altro che irritarlo maggiormente

“per favore, adesso piantala di usare questo tono!” sta cercando di controllare la rabbia, e sento ondate di frustrazione invadermi

“va bene. Dimmi quello che hai da dirmi” riprovo più conciliante

“così va meglio. dunque, innanzitutto posso sapere quella storia di Shibuto?” rimango spiazzata: non mi aspettavo questa domanda

“bhe, l’ho incontrato quando mi hai lasciato al bar e mi ha chiesto di accomodarsi. Mi ha detto di qualcosa che mi tenevi nascosto e che non mi avrebbe fatto piacere. Diceva che mi stavi ingannando e che ero una tua vittima. Non è stato troppo dolce nei tuoi confronti” concludo volgendo velocemente lo sguardo verso di lui. mi sta guardando curioso.

“e tu gli hai creduto” non è una domanda. Rimango ferita dalle sue parole fredde e glaciali

“no” mi scaldo subito incrociando il mio sguardo di fuoco nei suoi occhi amareggiati. Ce l’ha con me. “non gli ho creduto e ti ho difeso. Volevo solo dimenticare le sue parole, ma quando ho visto te e gli altri tre che borbottavate fra di voi ho avuto dei pensieri” cerco di calmarmi respirando a fondo

“quindi ai deciso di origliarci senza prima chiedermi nulla” conclude. Adesso è il suo tono a mandarmi in bestia

“mi stavo avvicinando e ho cominciato a sentire quello che dicevate. Stavo per attirare la tua attenzione quando mi hai nominato me e una scommessa. Solo allora mi sono bloccata. E se proprio vuoi saperlo non era mia intenzione origliarvi” sottolineo sprezzante l’ultima parola.

“ma non me ne hai parlato prima” dispiacere e delusione si confondono sul suo viso

“mi avresti detto la verità?” sussurro triste a occhi bassi, già sapendo la risposta. Il suo silenzio conferma la mia ipotesi. “comunque non siamo venuti qui per accusarci” riprendo il discorso dopo poco

“hai ragione. Comincerò dall’inizio: ti ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?” annuisco “e della scommessa che mi avevi proposto?”

“quale, quella che non saresti durato più di due mesi?” ogni particolare di quella sera mi è chiaramente stampato in mente

“proprio. Non appena te ne sei andata Cody, Davis e Joe mi hanno raggiunto al tavolo ostentando vittoria: credevano che non avessi ottenuto il tuo numero, ma io li ho spiazzati annunciando che, oltre ad avere vinto la loro scommessa ne avevo fatta una specie anche con te. Ovviamente la nostra non valeva come ufficiale, ma loro hanno colto la palla al balzo: se mai fossi davvero riuscito a sopportarti, per così dire, per due mesi, allora mi avrebbero dovuto dei soldi” la pausa che si prende mi fa voltare per guardarlo: è assorto in chissà quali pensieri. Finalmente si volta a guardarmi e provo a sorreggere il suo sguardo “Kari, tu sei davvero una bella ragazza e non mi sei mai dispiaciuta, dico sul serio. Il primo giorno che ti ho invitato a mangiare fuori non l’ho fatto solo per la scommessa. Certo, adesso posso ammettere che inizialmente non ti avrei giudicata come il mio tipo di ragazza, ma ho dovuto ricredermi” resto raggelata a pensare se prenderla come un’offesa o meno. “ho continuato il giochetto per un po’ ma poi mi sono accorto che non ti cercavo solo per la scommessa: ho iniziato a considerarti sempre di più come un’amica, poi qualcosa è cambiato. Tutti lo vedevano, e così anche i miei amici. Un giorno mi hanno preso da parte e hanno voluto aumentare la posta in gioco: se mai fossi riuscito a mettermi con te entro il tempo già precedentemente stabilito avrei avuto una somma maggiore.” Sento un senso di vuoto impossessarmi di me con una velocità impressionante. Decido di interromperlo.

“e tu non hai potuto rifiutarti, giusto?” la voce apatica che mi esce non sembra neppure la mia. Anche Tk se ne deve essere accorto perché mi guada preoccupato

“non ho mai detto di non essere nell’errore Kari.” Mi lascia qualche secondo per ragionare. “ti ricordi il giorno che ti parlai di Shibuto?” al mio cenno continua “e quindi ti ricorderai della nostra litigata iniziale, si?” torno a guardarlo perplessa, senza capire cosa centrasse questa storia

“da quando eri arrivato ti sei mostrato intrattabile?” provo a ricordare, e il suo sorriso mesto conferma la mia ipotesi

“brava, hai una buona memoria. E ricordi quale scusa usai?” ci penso un po’ su. Avevo paura che fosse successo qualcosa a… cosa c’era stato, il compleanno di sua madre? Si, ora ricordo

“i tuoi amici!” sussurrai appena, ma abbastanza forte perché mi sentisse

“esatto. Ci trovammo per fare colazione e proprio quel giorno mi chiesero di aumentare la posta in gioco. Come ti ho già detto sbagliai ad accettare, ma me ne resi davvero conto quando salì in macchina per raggiungerti: quello che stavo facendo era quasi meschino, soprattutto nei tuoi confronti, e non ero affatto fiero della mia scelta. Per quello ero così intrattabile: ce l’avevo con me stesso.” Questa volta il sorriso che mi rivolge è dolce e contiene tutto il dispiacere che non mi ha confessato. “anzi, ad essere sincero anche prima di quel giorno mi trovai a chiedermi se stavo facendo la cosa giusta nei tuoi confronti, ma allora decidevo di scansare quei pensieri e continuare per quella strada; era più facile. Ma quel giorno che scommisi sul nostro fidanzamento mi sono sentito davvero una merda. Sai, è stato allora che mi sono innamorato” a quest’espressione sgrano gli occhi e alzo la testa sbigottita, guardandolo. Non riesco davvero a credere a quello che mi ha detto perché anche io, quel giorno, sdraiati sul campo, ho realizzato che cosa celavano i miei sentimenti. Cerco di riprendermi, ma con scarsi risultati

“e perché dopo non hai declinato la scommessa, se ti faceva stare male?” chiedo con la voce strozzata

“altro mio errore. Ho sempre creduto di poter passare la faccenda sotto silenzio, ma forse solo perché non avevo il coraggio di ammettere che il mio comportamento era da vero cretino” concordo annuendo, facendolo così sorridere. “Un giorno Joe mi parlò per caso di Shibuto, dicendomi che l’aveva incontrato per strada e aveva deciso di invitarlo a bere un drink, in memoria dei vecchi tempi. Lì si erano raccontati del più e del meno, chiedendo prima l’uno poi l’atro delle sorti di vari amici di cui avevano perso traccia. Finché Shib non volle sapere di me. Joe cominciò con il raccontargli del lavoro e altre cose che tutti sanno, ma alla domanda “e con le donne?” a Joe gli scappò detto di te. In buona fede gli raccontò del nostro incontro e delle scommesse fatte tra noi, ma evidentemente a Shibuto questo giochetto che credeva stessi conducendo con te è parso il pretesto per vendicarsi, visto che è venuto a parlartene” adesso tutto mi è chiaro, solo ora tutti i tasselli tornano al loro posto: Shibuto mi ha parlato di Tk in quei termini perché era venuto a conoscenza di tutto. Un moto di stizza mi attraversa ripensando al suo atteggiamento al tavolino del bar: la sua sfacciataggine non era dovuta a un tentativo di avvertirmi; quanto più voleva vendicarsi a costo di far stare male anche me. “Poi è arrivata quella sera.” cero di riprendere il controllo di me e ascoltare la fine della storia “La promozione mi aveva messo su di giri, ma l’idea che più mi rimbalzava in testa era quella di renderti partecipe, di far si che festeggiassi con me. Quello che è successo quella sera, tutto quanto, non avrei mai potuto immaginare che sarebbe successo.” Ora la mia attenzione è tutta per questi occhi azzurri che mi hanno legata al posto. “Nulla era premeditato, e mai e poi mai avrei pensato quale sarebbe stata la conseguenza del mio gesto, sia nel presente che nel futuro. Per quel che ne sapevo avresti potuto rifiutarmi, oppure pretendere che rimanessimo solo amici. Quel giorno per me resterà memorabile, il più bello e comunque il più fortunato, ma non perché abbai vinto la scommessa, ma perché finalmente ero riuscito a farti capire cosa provavo per te, e tu ricambiavi pure. Ad essere sincero Kari, quando il giorno dopo ho detto a Cody che ci eravamo messi insieme, è stato lui a ricordarmi che il termine ultimo della scommessa era proprio quel giorno, ma se non fosse stato per lui non me lo sarei mai ricordato, perché non mi importava nulla di quella stupida scommessa fatta mesi prima.” Ora che il suo racconto è finito posso ragionarci sopra, ma solo una domanda mi ronza in testa insistente. Lo guardo seria, voglio fargli capire il mio dubbio.

“Tk, ho apprezzato la tua sincerità, ma purtroppo c’è un problema”

“e cioè quale sarebbe?”

“come posso tornare a fidarmi di te?” la mie parole sono come uno schiaffo, e la sua espressione ne sono il chiaro esempio. Forse credeva che la sua sincerità mi avrebbe scosso… “sappi che tutto ciò che mi hai detto lo condivido perché è la stessa cosa che provo per te, ma non posso pensare che hai fatto tutto questo giocando con me” mi alzo aspettando che faccia lo stesso

“ma noi potremmo formare una coppia meravigliosa” prova a dissuadermi con la forza della disperazione. Sento la sua angoscia come fosse la mia e ne sono maggiormente ferita. Allungo una mano ad accarezzargli una guancia

“scusa” riesco solo a mormorare prima di andarmene, lasciandolo solo davanti alla panchina.

 

L’unico suono che c’è in cucina sono le nostre forchette contro i piatti. Tengo gli occhi piantati sulla pasta, ma con la coda dell’occhio vedo Tai che ogni due bocconi mi guarda come se stesse aspettando un mio crollo di nervi. La terza volta in meno di dieci minuti guarda l’orologio e sussulta. Finisce di mangiare in fretta e furia per poi uscire all’esterno. Quando rientra ho quasi finito di pulire il mio piatto. Si appoggia con una mano alla sedia di fronte a me e l’altra al fianco, guardandomi con aria divertita e superiore

“c’è qualcuno per te alla porta” resto ferma al posto

“strano, non ho sentito suonare nessun campanello” so che sta tramando qualcosa, ma ho paura a sapere cosa

“fidati di me, vai alla porta!” mi incita. Con più timore che curiosità mi dirigo verso l’uscita con lui alle spalle. Non appena apro non credo ai miei occhi: uno striscione legato a un estremo alla canala di casa e l’altro legato a un mattone e gettato su un ramo dell’albero recita le parole “ti chiedo ancora scusa” con una calligrafia palesemente fatta a mano, e un cupido bamboccio completo di mutandine azzurre e arco con freccia incoccata dondola da destra a sinistra facendo tremare pericolosamente lo striscione. Sotto quest’ultimo c’è Tk, con una faccia seria e triste che mi fissa. Sposto leggermente la testa a parlare con Tai

“tu ne sapevi qualcosa?” chiedo stralunata

“io? Assolutamente nulla!”

“sei un pessimo attore, sappilo!” commento sarcastica. La voce di Tk mi riporta alla realtà

“ormai non so più come dirtelo, ma te lo ripeterò all’infinito: mi dispiace Kari e se potessi tornerei indietro. Potrei cercare di dimenticarti in modi facili, e sai che ne sarei stato capace fino a qualche mese fa, ma conoscerti mi ha cambiato profondamente e l’unica persona che voglio accanto a me sei tu. Ti chiedo solamente di darmi una seconda possibilità per farti capire quanto quello che ti ho detto ieri sia vero. Te ne prego Kari, sei l’unica cosa che mi permette di andare avanti e che rende felice ogni mio sguardo al passato. Per favore”. Rimango sbalordita da tutta questa messa in scena quando una folata di vento fa dondolare maggiormente quella specie di putto appeso, il quale rimbalza sul filo con forza maggiore, facendo così da contrappeso al mattone che lega lo striscione, facendolo catapultare dal ramo su cui è stato messo. Questo compie un cerchio ampio fino a colpire in pieno il petto di Tk, scagliandolo a cinque metri da dove si trovava pochi secondi fa.

“oddio, Tk!” esclamo preoccupatissima fiondandomi verso di lui, ancora steso a terra a braccia aperte. Appena lo raggiungo mi butto in ginocchio al suo fianco e fisso il suo viso immobile, a occhi chiusi. “Tk, stai bene?” gli chiedo agitata

“sono stato meglio” è la sua risposta strozzata. Tai mi raggiunge ma non si china neppure

“tutto a posto? Devo chiamare qualcuno?” all’accenno dell’ambulanza apre gli occhi di scatto guardandolo allarmato

“no no, davvero, sto bene” la risatina di Tai mi fa voltare verso mio fratello, indignata

“ok, allora vi lascio soli” ma guardatelo, beato come se nulla fosse successo!

“sei sicuro? Ti senti bene?” continuo a fissarlo per cercare segni che mi consiglino la pronta chiamata all’ospedale

“adesso che sei qui si” la mia stizza lo rende di nuovo serio

“non dire idiozie, parlo sul serio”

“anche io. Quindi cosa ne dici della mia idea?” chiede sorridendo e provando a sedersi

“solo tu potevi pensare a una cosa del genere. Cosa ti salta in testa poi di usare un mattone e di non fissarlo? Avresti potuto ucciderti!” inveisco

“ma non è successo, quindi…” la sua tranquillità mi rende pazza, visto che io sono preoccupata a morte

“ma hai rischiato” continuo per la mia strada

“te l’ho detto, ora sto bene, e aspetto una risposta” mi blocco pensierosa

“a quale domanda?” il sorriso sbieco che mi rivolge mi lascia intontita

“alla mia dichiarazione” resto silenziosa a pensare mentre la sua agitazione aumenta mano a mano

“bhe, non saprei” comincio titubante ma poco convincente, evidentemente, perché Tk mi stringe a se baciandomi con foga. Io rimango inizialmente immobile pensando a come dovrei reagire (uno schiaffo seguito da maledizioni e intimazioni a stare lontano da me), ma la situazione mi scappa di mano, così mi ritrovo a ricambiare. Quando si allontana da me con gli occhi che gli brillano e un sorriso euforico abbasso lo sguardo, vergognandomi leggermente della mia debole volontà

“dovevo rischiare di ammazzarmi per convincerti?” gli assesto un pugno nel punto reciso dove l’ha colpito il mattone, lui trasale e si massaggia il punto con viso dolorante

“tu sei un enorme idiota senza cervello, ecco cosa sei!” sbotto irritata dando voce a tutta la preoccupazione fino ad ora trattenuta

“ahia” si lamenta continuando a toccarsi il punto dolente

“così impari” commento alzandomi “e muoviti che facciamo un salto al pronto soccorso: non voglio averti sulla coscienza se ti senti male” commento acida, sorridendo al pensiero di quello che ha fatto per me, anche se gli è costato un mattone scagliato addosso. Afferro la borsa e le chiavi poi torno all’esterno

“adesso sarai sempre così gentile? No, perché in tal caso vedrò di procurarmi altri rischi alla salute per farti correre al mio capezzale” chiede seguendomi. Sbuffo divertita, cercando di celare il mio divertimento sotto uno sguardo severo

“finche non riterrò di averti perdonato si” sento scalpicciare e all’improvviso me lo trovo a fianco con una mano a stringermi il fianco e un sorriso meraviglioso tutto per me.

 

La giornata non è delle migliori, ma non me ne può importare di meno. I bimbi corrono nel salone con le mamme dietro, esasperate, e cercano di riacciuffarli per far mangiare loro il dolce. Il vociare allegro raggiunge il soffitto coperto da palloncini. L’ennesima coppia di conoscenti viene al tavolo per congratularsi del mangiare, della cerimonia, di questo o di quell’altro. I miei occhi non possono che cadere ogni due minuti sull’uomo seduto al mio fianco, bellissimo e solare. Non riesco ancora ad abituarmi all’idea di chiamare Tk “marito”, mi suona strano. Guardo amorevole come una mammina il tavolo con gli anziani che hanno deciso di partecipare al mio matrimonio. Ormai sono vicinissima al traguardo da direttrice, e loro si sono davvero affezionati a me. Purtroppo non tutti sono riusciti a venire, ma si sono comunque congratulati. Gli alunni di Tk continuano a guardarmi come se non avessero mai visto una donna in vita loro, ma non voglio sapere per quale motivo. Il suo capo, direttore della scuola in cui lavora adesso, ci ha fatto come regalo la band che è pronta, nell’angolo, per cominciare a suonare. Purtroppo non è potuto unirsi ai festeggiamenti, ma la moglie si trova in ospedale per partorire il terzo figlio; come possiamo biasimarlo. Dopo due anni che stavamo insieme Tk aveva deciso di cambiare lavoro; non era più così entusiasta della scelta che aveva fatto da giovane, così ha colto la palla al balza accettando il posto da professore di lettere che gli avevano proposto. Adesso non partecipiamo più a feste super chic, ma entrambi non ne sentiamo la mancanza. La sua mano si allunga sul tavolo a prendere la mia e torno a guardarlo, rimanendo ancora senza fiato.

“sei bellissima” mi ripete per la settima volta, e  ancora gli rispondo con un bacio

“anche tu”. Qualcosa di piccolo e morbido si schianta contro le mie gambe. Lo tiro su e me lo appoggio sulle ginocchia

“zia sei tatto bella, sai?” i ricciolini biondi fremono a ogni movimento

“grazie amore, come sei dolce” gli stampo un bacio su una guanciotta piena e con una risatina acuta scende dalle mia gambe e corre in contro al suo papà. Matt lo prende al volo e prova a rimetterlo sulla sedia, ma con scarsi risultati, dovendo così riprendere a seguirlo per tutta la sala. “hai intenzione di far fare ginnastica a Matt per tutto il giorno?” chiedo a Sora che sussulta sorpresa, non avendomi visto arrivare da dietro

“gli fa bene, così dimagrisce un po’ anche il piccolo” rido divertita

“poverino, è così dolce con quelle gambotte piene” provo a difenderlo

“si, ma il papà esagera a dargli da mangiare. Capisco viziarlo, ma lui va oltre ogni limite”

“è inutile, tanto Takumi è il cocco dello zio. Il papà non può nulla contro di me” mi volto a guardare Tai. “sei molto bella sorellina, sai?”. Lo ringrazio e torno a girare per i tavoli. Ad un certo punto mi fermo a guardare una scena curiosa: Tk sta vicino alla porta, e parla con Shibuto. Mi avvicino e quest’ultimo mi nota. Anche mio marito si volta e mi accoglie stringendomi a lui.

“Shibuto è venuto a farci gli auguri” lo guardo sorridente, ma continuo a chiedermi perché non si è limitato a mandarci una lettera, anziché presentarsi di persona. “stavi dicendo?” evidentemente ho interrotto la conversazione

“stavo dicendo” riprende Shibuto con la sua solita voce profonda “che nonostante non sia qui per riappacificare il nostro rapporto, volevo che sapessi che sono lieto che tu abbia trovato la tua anima gemella, te la meriti” Tk ride sommesso

“e pensare che tempo fa sei quasi riuscito a farci lasciare definitivamente”. Shibuto arrossisce leggermente, ma si riprende all’istante

“già, però così avete capito che siete fatti l’uno per l’altra” prova a mettersi in buona luce. Poco dopo se ne va e una musica leggera ci giunge alle orecchie, fecendoci voltare. Tutti guardano il cantante della band che ha preso il microfono

“adesso, per cortesia, chiederei ai due neo sposi di raggiungere il centro della pista per il primo ballo” Il mio cuore comincia a battere all’impazzata e seguo Tk, che mi tira per una mano. Mi stringe a se e cominciamo a muoverci al ritmo lento della musica

“Ti amo” mi sussurra a un orecchio. Mia allontano per guardarlo negli occhi “anche io ti amo” e lo bacio pensando al futuro che mi aspetta da signora Takaishi.

 

Angolo Autrice:

Eccoci qui, alla conclusione della fan fic. Sono emozionata: a parte le One shot non sono mai riuscita a scrivere la parola fine ad una mia storia. Il finale forse è un po’ banale, ma di questi tempi c’è davvero bisogno di un po’ d’amore. Allora, che ne dite? Vi è piaciuta? Siate sinceri però. Mi spiace un po’ concludere questa fic, ma d'altronde mi mette sempre tristezza la parola fine. Spero solo di avervi intrattenuto piacevolmente con questa mia storiella, e che vi sia piaciuta almeno la metà di quanto è piaciuto a me. Adesso posso davvero salutarvi, ma non crediate di liberarvi di me così facilmente, perché io sono come i mostri nei film con le invasioni di formiche giganti o roba del genere: alla fine si vede sempre un piccolo rinascere. E così io non mi stanco mai di partorire nuove strambe idee. Vi saluto, vi abbraccio forte e ringrazio infinitamente tutti per avermi seguito fino alla fine di questa storia.

Mami

  
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