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Autore: Slan Soulblaze    26/01/2008    1 recensioni
[Pre-game + in-game] Jade Curtiss è un genio, ma le sue mani sono sporche di sangue. Spoiler sulla storia del personaggio.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima fu Ombra, che nel buio strisciava
Poi terra, di Gnome, re di miniera e cava
Terzo il vento, che portò Sylph, l’eterea
Quarta Undine, la bianca spuma, acqua irrequieta
Dopo l’impeto del fuoco, ove Efreet dimora
Infine giunse Rem, luce signora

Ma i sei, riuniti a consiglio
Videro giungere lo scarlatto naviglio
Che recava il sovran di tutti loro
Lorelei, settimo giunto, il capo cinto d’oro
Comandò sulla vita e la memoria
E sugli altri impose il dominio e la vittoria

Se si fosse trovato nelle sue regolari condizioni psicofisiche, Jade Balfour avrebbe scacciato quella stupida filastrocca da bambini nel luogo che meritava, ovvero l’oblio. Ma in quel momento le parole e la loro cadenza continuavano a rimbombargli nel cervello, martellandoglielo senza requie mentre si trascinava nella neve un passo alla volta, tentando di tornare a casa. O forse di andare ad avvertire i soldati. Non ne aveva più la minima idea, tanto quei pensieri avevano girato e rigirato nella sua testa, e anche se irrigidito, la pelle del viso intorpidita e formicolante, non provava un briciolo di freddo. Anzi, ribolliva dentro. Saphir era rimasto indietro, molto indietro, ma mai nemmeno per un attimo aveva pensato di attenderlo mentre camminava automaticamente in avanti, pur essendo pericoloso per entrambi proceder separati, dopo quello che era successo.
    Era stata la professoressa Nebilim a insegnare alla classe quelle rime, perché i suoi alunni ricordassero la successione e l’insieme dei fonon. Jade l’aveva assorbita involontariamente, come aveva assorbito le informazioni del libro che un anno prima aveva trovato in casa e che spiegava nel dettaglio le relazioni tra le particelle costituenti della materia. Aveva divorato e fatto sue quelle nozioni, parola dopo parola, pagina seguita da pagina, annullando tutto quel che accadeva attorno a lui, consumato da un febbrile ardore che mai lo lasciava, una sete di sapere che gli impediva di abbandonare i fogli ingialliti e pregni dell’odore dell’inchiostro per dedicarsi ad attività ritenute più consone alla sua età. Cosa era consono per lui?
    Sei nevosi inverni di Keterburg posavano sulle sue spalle mentre componeva e recitava con successo la sua prima arte. Era un semplice esperimento: ma un adulto, dicevano i grandi lì attorno ammirati, avrebbe dovuto studiarla a fondo, comprenderla, prima di utilizzarla. A lui bastava leggere e osservare una volta per comprendere. Gli parve in quel momento, e per un solo istante, che il suo corpo fosse risucchiato in un gorgo, braccia e gambe avvinte da una forza impareggiabile: precipitava verso un futuro già scritto, procedendo per inerzia su una strada che si era tracciato da solo, senza volerlo, ma che non avrebbe più potuto cancellare per tornare sui suoi passi, come un condannato in marcia verso il patibolo tra due file di guardie. Alla sua mente la cosa sembrava non dispiacere. Ogni aspetto dello scibile umano suscitava in lui interesse, ogni campo della scienza era la sua casa accogliente: chimica, biologia, geologia, medicina, fonologia, melodie che suonavano docili e armoniose per lui a un solo cenno, scrigni colmi di segreti che poteva aprire con un semplice tocco. Compagni di gioco prediletti, come avrebbe detto un adulto in vena di poesia nel cercare con la celia di minimizzare per nascondere il disagio e il timore sorti scorgendo in occhi infantili un simile sguardo vivisettore, l’innaturalità della brama di avere le leggi della natura a portata di mano. E soprattutto, l’innaturalità di avere il potenziale per soddisfare quella brama come se fosse stata la cosa più normale al mondo.
    Anche la professoressa Nebilim, che era una donna sapiente, era rimasta spaventata da quel desiderio bruciante. O, sarebbe meglio dire, si era preoccupata per lui. Quando aveva visto per la prima volta le sue iridi rosse, lo aveva ammonito, avvisandolo che bastava una mossa sbagliata perché giocare con i punti di raccolta dei fonon lo rendesse cieco per sempre. Jade aveva replicato che ormai il glifo era stato applicato e nulla di male era successo. Neanche lei capiva, come invece avrebbe sperato. Ma era l’unica persona a cui lui potesse aggrapparsi, perché era l’unica a cui quella smania di sapere non sembrasse un’aberrazione. Tante volte aveva invitato lui e Saphir, i suoi studenti più promettenti, a trascorrere i pomeriggi a casa sua, tra una tazza di tè caldo, biscotti e ore passate a leggere libri complicati che altri bambini di quell’età avrebbero trovato noiosi e incomprensibili. Jade non sapeva amare che la sua scienza, ma Nebilim gli dava una sensazione strana: sentiva che, lei sola e solamente lei, se si fosse allontanata da lui gli sarebbe parsa una perdita incolmabile. Dapprima era solo un sentimento di rispetto e attaccamento verso una persona che aveva accesso a qualcosa che a lui, con tutta l’intelligenza che gli si attribuiva, era preclusa; poi, col passare delle settimane e dei mesi, s’era trasformato ed era cresciuto in qualcosa d’altro. Non poteva sopportare l’idea di non vederla mai più, ma l’alchimia dei rapporti umani e dell’espressione dei propri sentimenti era l'unica cosa che sfuggiva alla sua comprensione. Così la sua brama aveva consumato anche Nebilim, uccidendola e impedendogli di iniziare ad apprendere anche quell’unica branca della scienza che gli riusciva oscura. Nebilim era morta perché lui voleva somigliarle, sviluppare con l’esercizio quello che solo un dono innato avrebbe potuto garantirgli. Continuava a domandarsi ossessivamente, senza trovare risposta, se la sua fredda determinazione a usare la replicazione su quel corpo morente fosse stata dettata dall’orrore di perdere l’unica persona che per lui valesse, dal senso di colpa o, ancora una volta superando qualsiasi umano sentimento, dal desiderio di sperimentare quali effetti quella tecnica avrebbe avuto su una creatura viva. Non si accorse di essersi fermato, chissà da quanto, nel mezzo della strada per la città, e per la prima volta nella sua breve vita provò un brivido di disgusto pensando che la verità fosse nell’ipotesi che aveva appena formulato. Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da una voce acuta e lamentosa; inizialmente faticò a riconoscerla come tale, ma poi si accorse che chiamava il suo nome e si voltò.
- Jade! Jade! –
Un bimbo dai corti capelli argentei, come Jade del tutto privo di adeguate protezioni dal freddo assoluto che regnava in quelle terre, gli corse incontro col fiatone, gettandosi tra le sue braccia e stringendolo forte in cerca di conforto e consolazione. Aveva pianto a lungo, forse durante tutta la sua orrenda e interminabile fuga, e tirava su col naso senza voler accennare a smettere. Jade non si scompose e non ricambiò l’abbraccio. - La città è vicina; avvertiamo le guardie che c’è un mostro pericoloso nei paraggi. Ci vorrà una spedizione per sterminarlo -, si limitò a dire senz’ombra di emozione, poi, ignorando il sussulto di Saphir alle sue parole, si sciolse con delicatezza dall’abbraccio e, sorreggendo l’amico dietro la schiena, si incamminò con lui per il sentiero. Le guglie di Keterburg già si intravedevano attraverso la neve che continuava a cadere senza sosta.

***

Un uomo che indossava l’uniforme blu e bianca riservata ai militari del grande Impero di Malkuth passeggiava per le vie lastricate di bianco e attraversate dal suono scrosciante delle cascate artificiali, godendosi i raggi di sole e la loro intensità moltiplicata dal candore del marmo con cui ogni dettaglio della capitale era portato alla vita. Non aveva certo l’aspetto di un ufficiale abituato alla rude vita dell’esercito, eppure provocava soggezione in chi ne conosceva la fama: alto ed esile, i lunghi capelli biondo senape incorniciavano un volto pallido su cui poggiava un paio d’occhiali dalla cerchiatura leggera. Proprio l’aria di qualcuno che a furia di restare col capo chino sui libri dimenticasse costantemente di metter su il pranzo. Ma dopotutto sarebbe stato strano il contrario: il tenente Jade Curtiss era un fonist e un ricercatore scientifico, non un guerriero, e la sua entrata nell’esercito si doveva alla sua famiglia adottiva, che proprio allo scopo di non lasciare inutilizzato il suo talento l’aveva accolto in grembo.
    Raramente Jade lasciava la sua scrivania, gli amati volumi, i laboratori e le sale tattiche per respirare un po’ d’aria fresca, ma quella notte aveva dormito poco, e sentiva il bisogno di riflettere sulla piega che i suoi pensieri avevano preso in quel periodo. I suoi esperimenti e le sue ricerche nel campo del fomicry sugli esseri viventi, che conduceva assieme a Saphir Neis, erano arrivati a un punto morto, mentre il resto del mondo scopriva solo in quel momento gli utilizzi pratici della replicazione di oggetti inanimati che Jade aveva inventato tredici anni prima.
    Lo sguardo che gli aveva rivolto l’ultima replica uscita dalla macchina di Saphir non lo lasciava da tre giorni, e gli impediva di dedicare la mente ad altro. Giaceva nello stampo, priva di abiti come una bambola, spogliata di ogni dignità e sotto gli occhi gelidi e rigorosamente scientifici di Jade. Sul suo viso era disegnata l’espressione di qualcuno appena risvegliatosi da un lungo sonno senz’altro desiderio che quello di continuare a dormire. Si era girata a guardare il suo creatore: ricambiando l’occhiata, Jade aveva notato che la replica senza nome lo fissava vacuamente, come si fisserebbero una persona o un oggetto visti per la prima volta e privi di qualsivoglia attrattiva. Saphir non se n’era accorto, intento com’era a raccogliere dati dalla macchina, ma Jade solo in quel momento aveva capito che la replica appena creata, così come tutte quelle che avevano realizzato assieme in passato, non era altro che un neonato inconsapevole del mondo, e che per questo, se anche fosse riuscito a usare i dati della Nebilim originale, lei non avrebbe mai potuto capire le sue parole di scusa. La coscienza del fatto lo aveva colpito così forte che Jade si sorprese di non essersene mai reso conto; ricordò del tutto incoerentemente parole che gli erano state rivolte tanto tempo prima dalla vera professoressa Nebilim, e pensò che in fondo era effettivamente cieco, ma non per colpa di una maldestra applicazione del glifo fonico sui suoi occhi. Forse lo sapeva già, ma non aveva mai voluto ascoltarsi.

Erano riusciti a far sopravvivere la replica appena un po’ più a lungo di quelle che l’avevano preceduta, e poche ore dopo avevano dovuto disperdere il suo settimo fonon per via della sofferenza cellulare in atto. Allora Jade capì definitivamente che, per quanti sforzi avesse fatto, non avrebbe mai potuto riparare in quel modo al suo errore, e che anzi lo stava solo ripetendo all’infinito, andando oltre ogni possibilità di redenzione tanto ai propri occhi quanto a quelli del resto del mondo. Ripensare a quel momento mentre se ne stava lì a riflettere lo pervase di una specie di frenesia, la frenesia di chi ha sbagliato e ha fretta di correggersi. La trasformò in una determinazione nuova, la determinazione per prendere quella decisione di cui in realtà avrebbe dovuto assumersi la responsabilità da tanto, troppo tempo. Si alzò dalla panchina su cui si era seduto, all’ombra di un frondoso albero che costeggiava la via, e camminò a grandi passi verso il laboratorio, ricambiando con cenni frettolosi i saluti dei soldati semplici; scese le scale ed entrò, perfettamente calmo e in ordine, nello studio che divideva col dottor Neis. Saphir era nella stanza e lo salutò cordialmente; aveva tra le mani una pila di documenti che posò subito sulla sua scrivania.
- Oh, Jade! Alla buon’ora! Guarda qui! - Sembrava estremamente entusiasta e felice che finalmente il suo amico fosse arrivato, mentre sceglieva dal blocco una decina di fogli e li girava verso Jade, orgoglioso. - Ho studiato tutti i dati usciti dalla macchina durante l’ultimo esperimento e credo di aver capito dov’è l’errore. Ecco, vedi qui? Se compensassimo questo valore con una distribuzione del... -
- No. - Jade non gli permise di completare la sua teoria, interrompendolo bruscamente. - Saphir. Stavolta dovrai ascoltare, il che sarebbe già raro in sé, quindi metti via quei fogli e siediti. Oppure no, non sederti: per me fa lo stesso. -
- Cosa...? - Tentò debolmente di replicare Saphir, sgranando gli occhi ma non osando dire una parola di più non appena Jade fissò su di lui il suo sguardo.
- Bene. Posso cominciare? Allora ti farò una domanda. Perché continuiamo la nostra ricerca ancora oggi? -
- Ma che domande fai tutto a un tratto? – saltò su Saphir, allarmato, gli occhi sgranati. Sembrava seriamente disorientato.
- Potresti rispondere con una risposta? Lo apprezzerei grandemente. -
- È... è ovvio, no? Dobbiamo far tornare la professoressa Nebilim, così potremo... -
- Ottimamente, Saphir. - Jade cominciò a battere le mani con fare buffonesco non appena l’ultima parola si fu spenta sulle labbra di Saphir; sembrava che avesse perfezionato un’arte connaturata al suo stesso essere, quella di troncare a metà i discorsi del suo compagno. Lui, il compagno, solitamente si mortificava con intensità crescente a ogni interruzione, perdendo il vigore dell’entusiasmo e lasciandosi morire in gola i suoi argomenti. Sì, Jade aveva proprio perfezionato un’arte. - Ottimamente, davvero. Ed è proprio per questo che dobbiamo smettere immediatamente. L’applicazione del fomicry sui viventi deve cessare, e nessuno dovrà mai tentare di ripercorrere le nostre tracce. -
- Perché? Perché oggi sei così strano? Non hai mai fatto questi discorsi, e invece ora... sei sempre stato il più determinato di noi due, Jade! -
- Non capisci, vero? Non l’hai notato anche tu? - domandò Jade col tono di chi si aspettava sin dall’inizio di dover arrivare fin lì. - Allora rifletti su questo. Immaginiamo per assurdo di ottenere i dati completi per la replicazione della professoressa e di riuscire a creare una copia che sopravviva più di due ore. Cosa intendi fare poi? -
- Potremo... potremo riabbracciarla e vivere tutti assieme, come una grande famiglia... come un tempo passavamo le ore in sua compagnia... -
Jade osservò con distacco che la voce di Saphir aveva inciampato tremolando, e che una patina lucida aveva velato improvvisamente i suoi occhi violetti. Non era mai stato in grado di tenersi dentro un’emozione, per svantaggioso che ciò fosse, e mai avrebbe imparato a farlo. Stavolta attese crudelmente che smettesse di parlare, sopraffatto dai ricordi.
- Lo ammetto, le lacrime mi accecano gli occhi e il mio povero cuore non potrà reggere una simile emozione ancora a lungo. Pensi che questa prospettiva abbia una minima possibilità di avverarsi? -
- Sì! Se lo vorremo veramente... -
- Le leggi della realtà non si piegano ai nostri capricci, ai nostri sentimenti o ai nostri desideri profondi. Imparalo presto, Saphir, o per te ci saranno solo fallimenti, nient’altro che una scia ininterrotta di delusioni. Non lo dico per amor tuo, ovviamente, ma perché non ho voglia di essere trascinato nel baratro per causa tua. -
Saphir appariva sempre più confuso, e in lui la confusione faceva sovente strada alla rabbia, che nascondeva sempre e comunque, come molti altri suoi stati d’animo, la più nera delle disperazioni.
- Conosci forse qualche segreto che non mi hai rivelato, Jade, per parlarmi così? -
- Nulla che tu non avessi gli strumenti o la competenza per accorgertene -, rispose Jade allargando le braccia con un gesto casuale e reclinando la testa su un lato. La raddrizzò quasi immediatamente. - Saphir, mi meraviglio davvero! Non ti sei reso conto di cosa manchi alle repliche che noi creiamo? -
- Dimmelo tu, allora! Cos’è che manca?! - sbottò il suo interlocutore, evidentemente offeso dalla scarsa considerazione che Jade sembrava avere delle sue facoltà.
- Le repliche non possiedono i ricordi degli originali che sono serviti da base per crearle – prevedibile, in realtà, dato che il nostro processo non fa altro che ricreare l’apparenza fisica. Chi nasce grazie al fomicry è una persona nuova e separata, un canovaccio bianco su cui le esperienze della vita lasceranno una traccia diversa da quella di chiunque altro. La nostra Nebilim non diventerebbe altro che un surrogato, un palliativo. Io sono pronto ad accettare la mia responsabilità. -
- D-deve esserci un modo! Deve esserci un modo per riprodurre la memoria di... -
- Anche ammesso che ci sia, come pensi di ricavarla nel caso che ci interessa? Da chi vorresti estrarre quei ricordi? Gli esseri umani... - Jade sentì che una motivazione ulteriore sarebbe stata necessaria: l’argomento più forte, quello cui tutti avrebbero dovuto render conto, non importava quanto a fondo avesse capito colui che gli era di fronte. - Gli esseri umani, se presi come massa, tendono ad attribuire minor dignità e valore a ciò che considerano e riconoscono come un’imitazione, anche se tale meccanismo è inconscio, e per quanto sia ingiustificato. Creare repliche significa creare esseri umani a cui pochi, forse nessuno, saranno disposti a concedere diritti e rispetto. Giusto o sbagliato che sia, non ha importanza ai fini del discorso. Ancora non comprendi quali e quanti problemi generiamo, e come siamo incapaci di affrontarli, solo per il nostro egoistico senso di colpa? -
- Io... - Saphir pareva sopraffatto dal discorso fluviale e appassionato di Jade. Egli pensò che, dopotutto, doveva essere la prima volta che lo vedeva infervorarsi così per qualcosa. Non importava. Ne approfittò per continuare.
- Interrompiamo qui il nostro progetto. Smantella le tue fon machine. È molto più di un suggerimento: è un imperativo. -
A quella frase, l’uomo dai capelli bianchi ebbe uno scatto improvviso, un movimento scomposto e frenetico che gli mandò di traverso le lenti rotonde che portava davanti agli occhi: un effetto che Jade considerò alquanto comico, in contrasto con la drammaticità del momento e con lo stesso parossismo emotivo di Saphir, che immediatamente dopo urlò gesticolando: - Mai! Questo mai! Dobbiamo continuare! Continuare a cercare! Non voglio arrendermi così, e tu non puoi obbligarmi! Non è giusto! -
Pareva un bimbo a cui volessero togliere il balocco preferito. In quelle condizioni era decisamente inutile discutere sprecando altro fiato. Jade decise così, sul momento, che le loro strade dovevano separarsi per sempre. Non poteva continuare a lavorare con chi affrontava quello in cui lui credeva con una tale mancanza di maturità e professionalità. E soprattutto non con chi non riusciva a convincersi della follia dei loro tentativi.
- Oh, beh. Credo, tutto sommato, di non avere più alcuna necessità di proseguire qui i miei studi. Dottor Neis, se vuole scusarmi... - Jade aveva parlato in quel tono freddo e formale, con appena una punta d’esasperazione, che tanto faceva soffrire Saphir proprio quando lui gli si apriva offrendo la sua amicizia, cosa che non accadeva con nessun altro. Voltate le spalle, posò la mano sul pomo della porta e cominciò a girarlo; fu in quel momento che Saphir, i candidi capelli che gli ricadevano in ciocche scomposte davanti agli occhi, fu scosso dal suo stato di stupore e tentò di reagire per l’ultima volta a quello che stava succedendo.
- N-no! No! Asp... aspetta! - Jade continuò ad armeggiare con la porta, aprendola, apparentemente non registrando più nemmeno la presenza di un’altra persona nella stanza. - Stupido! Stupido d’un Jade! Stupido e insensibile! Non vuoi capire le motivazioni della mia ostinazione, perché tu la tua motivazione l’hai persa! Sai cosa farò ora? Mi... troverò qualcun altro con cui fare le mie ricerche! Starò molto meglio senza di te! - L’ultima frase fu un grido stridulo e strozzato che uscì a fatica dalla gola contratta di Saphir. Aveva voglia di scoppiare in lacrime.
- Ti auguro di trovare qualcuno che sia al tuo livello, allora. Ma credo sarà difficile. Oh... prima che tu possa fare o dire qualcosa di stupido, questo non era un complimento. Buona giornata. - E detto questo Jade Curtiss, nato Balfour, chiuse dietro di sé la porta senza aggiungere altro, lasciando Saphir Wyon Neis solo nella stanza.

***

- E così, il mio piccolo Jade non cambia idea tanto facilmente, eh? Quando si mette una cosa in testa, guai a cercare di convincerlo del contrario! -
L’Imperatore era decisamente di buon umore quel giorno. Aveva sparpagliato parte di quella che chiamava ‘la sua collezione’ sul pavimento della stanza e, seduto con le gambe accavallate su un divano, giocherellava, passandosela tra le dita, con una medaglia legata a un grosso nastro.
- Maestà, perdonate l’impertinenza, ma non mi pare d’essere il Vostro rappig preferito. A meno, ovviamente, di non essermi trasformato nel sonno ieri notte, e di meritarmi dunque l’appellativo di ‘piccolo’. -
- Non parlavo di te, infatti. Parlavo del mio piccolo Jade. - Dicendo questo, l'Imperatore Peony aprì il palmo della mano libera a indicare il rappig che razzolava gaiamente proprio ai suoi piedi. Jade (quello umano) sospirò.
- Cercando di esser seri, senza offesa, Voi mi capite, - Jade fece un inchino beffardo all’indirizzo di Peony, - se mi fosse possibile spostare il punto della discussione su un altro argomento... -
- Non vedo proprio motivi per cui tu e io dobbiamo preoccuparci -, lo interruppe l’Imperatore con un finto gesto imperioso della mano. - Di cosa, e soprattutto come dovrebbe vendicarsi Saphir? Mettendoti dei girini nel letto? Versando della senape nel mio tè? Oppure facendo viceversa, visto che io non bevo tè? Sinceramente, non lo vedo capace di fare niente di più terribile di cose del genere. -
- Saphir non ha il senso della misura. Non capisce mai quando è il momento di fermarsi, se crede d’avere un obbiettivo valido ritiene di doverlo perseguire a ogni costo, non importa a quante meschinità sarà costretto a lasciarsi andare... quindi, ho buone ragioni per credere che condurrà comunque la sua ricerca anche a costo di compiere atti scorretti. E il fatto di non godere più del mio (né del Vostro, suppongo) appoggio non agirà da freno, anzi. Saphir potrebbe spingersi a passare la misura per puro e semplice dispetto nei miei confronti. -
- E...? -
- E temo che non sarei il solo a rimetterci. Non potremmo far nulla per impedirgli seriamente di provare, se questa è la sua risoluzione, ma ritengo sia il minimo creargli quantomeno degli intralci. -
Peony smise per un attimo di passarsi la medaglia tra le dita, con il nastro attorcigliato sull’indice. Affettò una smorfia pensosa, senza mai smettere di fissare Jade. Poi gettò il gingillo sul pavimento, vicino al resto.
- Parlare in modo tanto serio e preoccupato non è proprio da te, quindi suppongo che ci sia una buona ragione. Ti credo. Nei prossimi giorni darò l’autorizzazione per spostare tutto l’archivio delle vostre ricerche sul fomicry e ne interdirò la consultazione, oltre che tutti i tipi di sperimentazione sulle repliche viventi. Inoltre, trasferirò il tuo studio. Sempre che tutto questo non faccia parte di uno dei tuoi elaborati scherzetti, nel qual caso... -
- Vostra Maestà è troppo buono, anche se mi sta attribuendo uno dei Suoi vizi. Dunque... Vi ringrazio e chiedo il permesso di congedarmi. -
- Accordato. Puoi ritirarti. - Jade stava già per lasciare la stanza, quando Peony lo trattenne: - Più tardi passerò per una visita. Ti secca molto? -
- Mai potrebbe, Vostra Maestà. - L’uomo in uniforme alzò gli occhi al cielo sospirando profondamente (forse un po’ troppo: doveva ancora perfezionare quell’arte così che sembrasse del tutto naturale), si inginocchiò con rispettosa grazia e, rialzatosi, girò sui tacchi, sollevato di poter nascondere il suo sorriso sardonico. Nonostante il motivo scatenante della conversazione non fosse dei più edificanti, gli veniva da ridere associando quel mucchio di ciarpame gettato alla rinfusa in un angolo della sua stanza all’eccelsa carica ricoperta da colui che l’aveva messo lì.

- Grazie per avermi dato ascolto. - Peony aveva emesso un semplice sussurro rivolto più a se stesso che all’uomo che stava per uscire dalla sua camera; Jade, però, lo aveva sentito mormorare. Fatto più unico che raro, comprendendo il senso di quelle parole seppe che avrebbe potuto sempre aver fiducia almeno in una persona: anche qualora avesse smarrito la retta via e si fosse inoltrato nel buio, dimenticando ciò che era giusto, Peony sarebbe stato lì al suo fianco, riportandolo sul cammino che doveva percorrere. Avrebbe insistito, magari, con garbo e a un tempo infantile irruenza, come solo lui sapeva fare. Forse lì per lì lo avrebbe irritato, ma non si sarebbe fatto scrupolo, mai, di dirgli quando in cuor suo pensava che sbagliasse. Come un amico vero, l’amico più amico a cui riuscisse a pensare nella sua limitata conoscenza dell’argomento.
    Era lui che avrebbe dovuto essergli grato.

***

Uno sguardo, e i suoi peggiori sospetti vennero confermati.
    Aveva formulato la sua ipotesi a pochi giorni da quel bizzarro, sgradito incontro, ma il fatto che corrispondesse a una realtà ormai compiuta, che si svolgeva sotto i suoi occhi, gli diede una sensazione molto più che sgradevole. Tutto portava in un’unica direzione, tutto poteva voler dire un’unica cosa. L’effetto domino era stato messo in moto in quell’istante. I ricordi mancanti prima del rapimento, la personalità palesemente immatura... mentre i tasselli correvano al loro posto, sotto quella pioggia scrosciante, Jade non avrebbe potuto far nulla se non restare a guardare, nulla che non fossero scuse tardive e offensive verso quei due giovani e le loro vite mutilate, distrutte e ridotte a cumuli di cenere spazzati dal vento. La sua tecnica proibita era tornata nel mondo, a dispetto di tutta la sua fervente e attiva opposizione. Guardando il ragazzo nobile e la sua replica scontrarsi con tanta ferocia, con l’odio e il disprezzo impressi sui loro volti identici, seppe che l’epilogo non sarebbe stato felice per nessuno dei due.
    Ed era tutta colpa sua.

NOTE FINALI: Per scrivere questa roba colossale ho abbandonato temporaneamente la serie per cui avevo in primo luogo (ri)cominciato a creare fanfiction, per tuffarmi in un viaggio nella vita dei miei personaggi preferiti in assoluto di questo gioco fantastico. Probabilmente saranno pochi, in Italia, ad averci giocato, ma volevo semplicemente mettere su carta (... su documento Word, pardon) dei momenti che, non essendo Jade Curtiss e i suoi amici i protagonisti della storia, non sono stati ovviamente esplorati del tutto. Un grazie a chiunque l’abbia letta, oltre che ai miei amici di sempre (Crimsontriforce, Maurix 89, Sally_the_rag_doll e Skull Kid), che mi hanno incoraggiato a continuare la fanfiction pur non conoscendo l’opera di riferimento :)
Un grazie particolare va poi al mio ragazzo FuocoDiSogno e a Loki, che hanno acconsentito a betare la fanfiction. Chiunque abbia voglia di leggere fino in fondo questo malloppo infame e alla fine si ritrovi anche la forza di commentare ha la mia ammirazione XD
Ringrazio TANTISSIMO Neko chan per la lunga e approfondita recensione. Disperavo ormai di trovare qualcuno che conoscesse il gioco, anche solo di fama (a proposito: se deciderai di giocarlo non te ne pentirai davvero! :) ), e sapere di essere stata comprensibile anche per chi non ne ha avuto esperienza diretta mi dà una soddisfazione davvero rara: in poche parole, mi rende felicissima. Grazie, grazie, grazie a te per avermi dato il tuo parere! :)

NOTA FINALISSIMA (4/6/2008): Riletta la documentazione disponibile su TotA, ho sistemato un paio di cose qua e là (sostanzialmente gli anni trascorsi dalla creazione del fomicry da parte di Jade alla sua decisione di abbandonare la ricerca nel campo) e riaggiustato ulteriormente delle parti che non mi "suonavano" più, oltre ad aver strutturato in modo più sensato la fic eliminando i paragrafi dove non servivano e sostituendoli con più consoni capoversi. Anche se io sono conosciuta per apportare modifiche ai testi che scrivo praticamente ogni volta che li rileggo, spero di poter affermare con una buona dose di certezza che questa è la versione finale. Almeno finché non mi verrà in mente qualcos'altro... :asd:

DISCLAIMER: I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di Bandai Namco (o Namco Bandai, sa il Cielo qual è la formula esatta-al-millimetro), Tales Studio Ltd. e degli aventi diritto. La storia stessa non è stata scritta per fini di lucro.

Note su Tales of the Abyss of d00mx0rz - OPZIONALI PER L’AMOR DI DIO + TEH SUPER SPOILER
Appartenente alla serie Tales (la stessa di Tales of Symphonia, probabilmente il capitolo più conosciuto al di fuori del Giappone), Tales of the Abyss ne è l’ottavo titolo, ed è uscito su PlayStation 2 (solo in Giappone e negli USA) in occasione del decimo anniversario della serie. Abyss è ambientato su Auldrant, un pianeta dove si danno battaglia due fazioni: il Regno di Kimlasca e l’Impero di Malkuth (e no, in questo caso la regola 133 della Lista dei cliché dei JRPG non vale). Il protagonista Luke fon Fabre è un giovane nobile viziato e arrogante appartenente alla casata di Kimlasca, che ha vissuto segregato nel maniero di famiglia per sette anni a seguito di un rapimento che gli ha causato la perdita della memoria. In realtà, tuttavia, verso un quarto del gioco si scopre che il Luke controllato dal giocatore non è l’originale, ma una replica creata grazie al rapimento del vero duca Luke fon Fabre, che è stato trattenuto dal suo mentore Van Grants ed ha assunto il nome di Asch il Sanguinario (per via del colore dei suoi capelli). Jade Curtiss, il personaggio principale di questa fanfiction, è un Colonnello dell’esercito di Malkuth e il “mago nero” del party (nel mondo di Auldrant chi usa la magia – o meglio, le fonic artes – si chiama “fonist”). È il più “anziano” del gruppo (nel periodo in cui si svolge il gioco ha 35 anni), e se volete avere un’idea della sua personalità pensate più o meno a un Dottor House mago. Non scherzo XD Jade è acido, non risparmia mai una battuta sarcastica a nessuno e verso certi personaggi (come il Saphir della ‘fic, soprannominatosi Dist nel gioco) è particolarmente caustico e insopportabile, al punto da ideare dispetti di una certa cattiveria. È un luminare della scienza ed è ossessionato dalla ricerca e dalla sperimentazione in ogni campo, possiede un’intelligenza geniale e ha scritto innumerevoli saggi sui più disparati argomenti. Ha inventato una branca della scienza applicata chiamata fomicry all’età di appena nove anni. In cosa consiste il fomicry? Sostanzialmente con questa parola si intende la replicazione sia di oggetti inanimati che animati, dagli esseri umani agli animali, ed è la tecnica attraverso cui il Luke “replica” è stato creato a partire da Asch. Come House, Jade imbastisce finte lamentele legate ai suoi (in questo caso fintissimi) acciacchi dovuti all’età, ma a differenza di House, se Jade è sarcastico è per un genuino spirito istrionico (moltissime volte ammette di “divertirsi un mondo” dicendo cavolate a tutto spiano, soprattutto se poi gli altri lo prendono sul serio), non tanto per una indomabile amarezza nei confronti della vita. In generale la vera personalità di Jade è abbastanza ambigua e imperscrutabile, perché è ben attento a nasconderla o dietro le sue battute taglienti o dietro un velo di formalismo. La sua fama non è delle migliori, comunque: è temuto dai suoi sottoposti e si è guadagnato il soprannome di “Necromante”, poiché si vocifera che dopo le battaglie si aggiri tra le montagne di cadaveri in cerca di corpi da dissezionare. Non che questa fama sembri dispiacergli, comunque (visto che si riferisce a se stesso in questo modo durante un’invocazione particolarmente potente), nonostante eviti di farlo sapere in giro se gli è possibile. Jade è originario di una città del nord chiamata Keterburg e vi è cresciuto insieme alla sorella minore Nephry (per cui inventò il fomicry, utilizzando una fonic arte di sua invenzione per replicare una bambola che le si era rotta), all’amico Saphir (che già allora trattava come suola da scarpe) e al futuro Imperatore, Peony, che è il suo migliore amico, probabilmente l’unica persona con cui Jade è e sarà mai totalmente sincero. Il rapporto che intercorre tra i due è particolarmente gustoso e deliziosamente nonsense, visto che il passatempo preferito di Peony sembra essere mettere in imbarazzo Jade con regali assurdi e fare battute taglienti, anche se dietro questo si cela una grande fiducia reciproca. Questa fanfiction è ambientata durante vari periodi della vita di Jade, e in effetti l’unico filo conduttore è questo. Altre note sparse includono il fatto che Jade è stato istruito durante l’infanzia dalla professoressa Nebilim, una donna facente parte degli Oracle Knight, la milizia dell’organizzazione religiosa più potente di Auldrant. La professoressa Nebilim, al contrario di Jade, era in grado di usare il settimo fonon (i fonon sono particelle appartenenti a sette categorie diverse che assieme agli atomi formano la materia; se volete sapere quali sono, leggete l’orrida e sballata filastrocca iniziale) per gli incantesimi curativi. Jade aveva tentato di manipolare il settimo fonon, sempre per la sua sete di conoscenza, mentre si trovava nella casa di Nebilim, attivando invece incidentalmente un incantesimo che aveva appiccato il fuoco all’intero edificio. Anche se del tutto accidentalmente, dunque, Jade ha causato la morte della professoressa Nebilim; subito dopo, ha tentato di replicarla con una forma primitiva di fomicry, generando un essere mentalmente instabile dalle tendenze omicide (nonché boss più potente del gioco =_= ). In seguito, Jade e Saphir hanno studiato assieme il fomicry sugli esseri viventi per tentare di riportare in vita Nebilim, ma quando Jade decise di smettere, sollecitato dall’Imperatore Peony (odiato da sempre da Saphir), ovviamente i due si divisero, e Saphir entrò negli Oracle Knight tentando di continuare i suoi studi e di ritrovare i dati per replicare Nebilim e dimostrando empiricamente, nel processo, la teoria degli “isofoni perfetti”, ovvero cloni di creature viventi che hanno la stessa identica vibrazione fonica (le repliche normali non sono isofoni) dell’originale, ovvero, ancora, ciò che Luke è per Asch e che a sua volta Asch è in via innata per Lorelei, l’incarnazione del settimo fonon. In poche parole, l’applicazione pratica di Saphir di una teoria di Jade è ciò che ha permesso a Luke di nascere così com’è (portando alcuni – o meglio alcunE – fan d’oltreoceano a realizzare deliranti vignette su “il padre e la madre del fomicry”). E questa è the story so far. Ci sarebbe anche dell’altro, molto altro, ma questo è l’essenziale per approfondire (o comprendere, se sono stata troppo ermetica XD ) la fanfiction sopra riportata se non si conoscesse il gioco.

  
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