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Autore: andromedashepard    14/07/2013    2 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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 “Can you see that I am needing, 
 Begging for so much more 
 
Than you could ever give 
 
And I don't want you to adore me, 
 
Don't want you to ignore me 
 
When it pleases you”

 (Muse, “Muscle Museum”)

 [x]

 

 




L’acqua scorreva lentamente sul suo corpo, incuneandosi nelle cicatrici più profonde, riscaldando i suoi muscoli stanchi. Si appoggiò alla parete del bagno con un braccio, lasciando che il getto d’acqua traboccasse come una cascata sui suoi capelli decisamente troppo lunghi. Davanti agli occhi semichiusi, piccole gocce cadevano ritmicamente e ciocche ramate si stagliavano sulla sua pelle chiara. Aveva atteso a lungo quel momento, ma togliersi di dosso l’armatura era ogni volta una liberazione e una condanna… perché allora, e solo allora, si rendeva conto di ritornare ad essere una persona come tutte le altre, senza una corazza protettiva a farle da scudo. Ecco cosa simboleggiavano per lei quelle piastre in ceramica piene di graffi targate N7, erano la sua forza e la sua debolezza. Si trovò a domandarsi cosa ne sarebbe stato di lei se molti anni prima l’Alleanza non l’avesse salvata su Mindoir. Non lo sapeva, non riusciva a vedersi in nessun altro posto se non a combattere per gli ideali in cui credeva, con o senza un fucile in mano.
Il dossier di Thane Krios, che giaceva in disordine sulla sua scrivania insieme a un mucchio di altri datapads, riportava che lui era stato addestrato a diventare un assassino sin dall’età di sei anni. Sei anni… qualcosa che per lei non era neppure concepibile. E lui, se lo chiedeva mai cosa ne sarebbe stato della propria vita, se non fosse stato indirizzato a quello?
Shepard, la schiena premuta contro il metallo freddo del bagno, iniziò a constatare che si sentiva spiazzata da quel Drell più di quanto avesse potuto immaginare. In tutta onestà, quello che aveva pensato di trovarsi davanti in base alle informazioni del suo dossier, era un individuo cinico e spietato, magari anche un po’ sarcastico, il tipo che avrebbe sicuramente opposto resistenza e cercato di sfoggiare le sue abilità alla prima occasione, soprattutto quando non richieste. E lei, di solito, non sbagliava mai in quanto a prime impressioni.
Girò la manopola dell’acqua, interrompendo il getto, e afferrò l’accappatoio, indossandolo in fretta prima che potesse avvertire i brividi di freddo. Lo specchio era completamente appannato e questo la confortava. L’ultima cosa che voleva vedere, prima di andare a letto, era il suo viso stanco e scavato dalle occhiaie. Asciugò sommariamente i capelli e poi indossò una morbida tuta, un attimo prima di raggomitolarsi fra le lenzuola ruvide.
Gli occhi, automaticamente, cercarono l’infinito sopra di lei, sporcato solo dalle emanazioni bluastre delle barriere cinetiche della Normandy. Il ronzio onnipresente del Drive Core la cullava sempre fino a farla addormentare, ma non quella notte… Quella notte avrebbe passato le ore a fissare le stelle, lontane, immersa in pensieri che sfuggivano totalmente al suo controllo.






Il bip della sveglia fece alzare Shepard di soprassalto. Aveva dormito forse due ore in tutto e sentiva la testa pesare più del solito, ma i suoi doveri da Comandante la chiamavano. Avrebbe dovuto stilare un rapporto completo sulla missione del giorno prima e, mentre di solito non aveva problemi nel delegare le scartoffie a Miranda, stavolta voleva essere sicura di occuparsene in prima persona, non prima di essersi fiondata in una tazza di caffè giù in sala mensa. Si vestì in fretta, indossando l’uniforme di Cerberus con una punta di disprezzo, legò i capelli in una coda e si diresse verso il CIC. Passò a trovare Joker sul ponte di comando come ogni mattina, anche se l’aveva visto solo poche ore prima, quando avevano impostato la rotta per la Cittadella. Lo trovò a discutere animosamente con l’IA di bordo e lei non poté fare a meno di sorridere, mentre prendeva posto sul sedile accanto al suo.
“Ehi, Comandante,” la salutò il pilota, ignorando momentaneamente EDI. “Sembri stanca… mi sa che devi cambiare passatempo.”
“Quale passatempo?” Shepard inarcò le sopracciglia.
“Collezionare alieni pericolosi da tutta la Galassia… Ti invito a cambiare soggetto per il futuro, magari modellini di navi militari, eh?”
Shepard allungò una mano quanto bastava per abbassargli la falda del cappello sugli occhi, sbuffando divertita.
“Sai, ho sentito dire che l'ultimo non ama particolarmente i tipi come te… L’ultima volta che ha viaggiato a bordo di una nave ha fatto fuori il pilota di bordo e si è messo alla guida,” mentì Shepard. Joker la gratificò guardandola con un’espressione terrorizzata, prima di capire che si trattava di uno scherzo e allora scosse la testa, sconsolato. Lei gli diede una pacca amichevole sulla spalla e poi si diresse verso il ponte equipaggio.


La sala mensa era relativamente tranquilla, il silenzio rotto solo dalle chiacchiere di Patel e Rolston che avevano l’ennesima cosa di cui lamentarsi con Gardner che, pazientemente, rispondeva alle accuse con il solito umorismo. Shepard mormorò un rapido 'buongiorno' in risposta al saluto militare, poi andò a reclamare la tazza di caffè tanto agognata. Aggiunse due cucchiaini di zucchero, come d’abitudine, poi mescolò accuratamente e si sedette al tavolo, pronta a gustarsi lentamente l’iniezione quotidiana di caffeina. Quel giorno, più che mai, ne avrebbe avuto un disperato bisogno. I due soldati semplici si allontanarono, probabilmente intimiditi dalla presenza del Comandante, e lei restò sola a contemplare le paratie della Normandy.
La sera precedente, prima di andare a dormire, Shepard e Jacob avevano illustrato brevemente al nuovo arrivato la struttura della nave, spiegando la disposizione delle varie aree con l’ausilio di EDI. L’IA aveva consigliato a Thane di alloggiare nella piccola cabina adibita al controllo del Supporto Vitale, accanto all’Osservatorio. Quella risultava essere l’area meno umida della Normandy e, a quanto pare, la particolare richiesta dell’assassino era legata alla patologia a cui aveva accennato. Gardner gli aveva procurato una branda e due sedie, oltre a una scrivania di medie dimensioni. Nel complesso, la piccola cabina, non risultava molto diversa dal suo appartamento: spoglia e anonima.
Shepard era curiosa di sapere cos’avrebbe dedotto Kelly Chambers dal colloquio con Thane; era sicura che almeno lei avrebbe capito qualcosa di più di quel singolare individuo. Nel frattempo, lei si sarebbe limitata ad assicurarsi che lui prendesse adeguatamente parte al resto dell’equipaggio. La missione ultima che avevano da compiere richiedeva una coesione ed una sintonia particolarmente forti, se volevano avere speranze di vittoria. La socializzazione, a bordo di una nave di Cerberus, era molto meno limitata rispetto al rigido sistema militare dell’Alleanza e questo aveva dato modo a Shepard di constatare alcune cose… se, da un lato, aveva contribuito a rafforzare alcuni legami, dall’altro lato poteva potenzialmente spingere situazioni di conflitto a livelli inimmaginabili per una nave militare. Shepard, d’altra parte, preferiva uno scontro diretto alle questioni irrisolte e silenziate dai regolamenti per cui non se ne lamentava più di tanto, continuando a pretendere, tuttavia, il rispetto dovuto da ogni membro del suo equipaggio. Per il momento, questa condotta sembrava funzionare a gonfie vele e non di rado era capitato, nell’ultimo mese che lei, ed altri compagni si erano ritrovati a concedersi una serata di svago davanti al minibar dell’Osservatorio, senza che ciò minasse la natura del loro lavoro.
Un po’ le mancavano i tempi dell’Alleanza, dove poteva sempre contare su una guida che la indirizzasse, qualcuno come Anderson, ma iniziava ad abituarsi al nuovo modus operandi, considerando che dava i suoi risultati. Sul campo si erano ritrovati sempre in sintonia, uniti, vincitori, e non vedeva l’ora di scoprire come avrebbe reagito l’assassino a lavorare in gruppo, data la sua decennale esperienza in solitaria.




Shepard dedicò l’intera mattinata compilare il rapporto su Thane e poi lo inviò a Miranda per inoltrarlo all’Uomo Misterioso.
“Complimenti Shepard, fai progressi. Inizi a mostrare discrete doti narrative…” le aveva detto la sua seconda in comando scherzosamente, tramite factotum. Shepard sorrise tra sé e sé, resistendo all’impulso di mandarla al diavolo come faceva, d’altronde, il 90% delle volte che si trovava a discutere con lei. Miranda non suscitava esattamente le sue simpatie, ma col tempo era riuscita ad ottenere la sua stima, nonostante le comprensibili riserve nei suoi confronti.
Per ora di pranzo, Shepard raggiunse nuovamente la sala mensa, almeno mezz’ora dopo l’orario consueto, perché amava particolarmente la tranquillità che seguiva al frastuono del pranzo in comune. Ormai era diventata quasi un abitudine; sapeva che avrebbe trovato Garrus, Tali e la Chakwas, e come ogni volta, avrebbero finito per prendere il caffè insieme e concedersi una partita a poker, prima di tornare ai rispettivi doveri. Quel giorno, come ci si poteva aspettare, il tema principale della conversazione fu Thane Krios.
“No, non si è visto in giro,” rispose Garrus a una domanda buttata lì da Tali.
Shepard, le gambe incrociate sotto il tavolo e una mano sotto il mento, li ascoltò pazientemente mentre facevano supposizioni, prima di esclamare un sonoro 'Se siete così curiosi il Supporto Vitale è da quella parte!', seguito da un gesto teatrale e una mezza torsione del busto in direzione della cabina di Thane.


Dietro di lei, l’assassino stava in piedi, con un lieve sorriso stampato sul volto. Shepard arrossì violentemente per l’imbarazzo e pretese di far finta di nulla, mentre i suoi compagni cercavano in ogni modo di trattenere le risate.
“Comandante,” salutò lui, “scusate, non ero stato avvisato degli orari dei pasti,” si giustificò.
Shepard restò in silenzio, tuffandosi in quello che restava del suo caffè.
“Non siamo così fiscali… C’è sempre qualcosa che resta in dispensa e poi credo che Gardner sia più che disposto a preparare dei pasti fuori orario, in casi straordinari, dico bene?” le venne incontro Garrus, rivolgendosi al cuoco di bordo che annuì prontamente.
“Non sarà necessario,” sorrise Thane prima di avvicinarsi a Gardner e chiedergli gentilmente un vassoio.
Shepard sentì lo sguardo di Tali fisso su di lei e giurò che sotto quella maschera stesse trattenendo a forza le risate, ma lei si limitò a lanciarle uno sguardo fulminante per intimarla a tenere la bocca chiusa. La Chakwas sorrideva bonariamente e sorseggiava il suo caffè in tranquillità, rivolgendo uno sguardo al Drell di tanto in tanto. Nessuno di loro, in fin dei conti, era abituato a ritrovarsi un individuo di quella specie intorno.
Inaspettatamente, lui non prese posto accanto a loro, preferendo tornare nella sua cabina a consumare il pranzo. Si allontanò silenziosamente, lasciando gli altri a guardarsi con circospezione, prima di sentire il portellone del Supporto Vitale richiudersi con uno sbuffo.
“Shepard… stavolta ti sei superata,” sbottò Garrus, scuotendo il capo con un’espressione divertita. Lei afferrò la prima cosa che gli capitò a tiro e gliela lanciò contro senza pensarci due volte.
“Potevate avvisarmi! Che so, darmi un calcio!” protestò Shepard a bassa voce, incrociando le braccia.
“E perderci la tua espressione? Nah…”
Stavolta fu il piede di Shepard a raggiungere lo stinco del Turian.
“Maledizione, tu e il tuo carapace,” furono le ultime parole del Comandante, prima di ritornarsene in cabina, dicendo definitivamente addio alla sessione di poker del giorno.




L’orologio di bordo segnava le 23:07 quando Shepard decise di prendersi una pausa dal suo lavoro e concedersi una cioccolata calda prima di andare a letto. Aveva passato le ultime due ore a revisionare i rapporti di Daniels e Donnelly; mai che quei due andassero d’accordo su qualcosa, neanche nel compilare dei semplici rapporti tecnici.
La sala mensa era deserta, ad eccezione di Gardner che faceva avanti e indietro dal bagno maschile con un mucchio d’attrezzi in mano. “Grunt. Si intasano le tubature ed è sempre colpa sua, Comandante!” aveva detto sbuffando. Lei aveva risposto con una risata sommessa e poi era tornata a preparare la sua cioccolata.
Andò a consumarla all’Osservatorio, come d'abitudine. Pensava di trovarlo vuoto, e invece dovette ricredersi quando vide che Garrus e Thane stavano chiacchierando davanti ad un’anonima bottiglia semivuota e una tazza di thè, sul divano della spaziosa cabina.
“Non preoccuparti, Shep, niente di alcolico,” aveva detto il Turian agitando la bottiglia, mentre Thane si alzava per salutarla. Lei gli fece cenno di sedersi, poi prese posto su una poltrona poco distante, iniziando a sorseggiare la sua bevanda.
“Dunque capisci perché preferisco un buon Mantis a un Viper… Col Mantis non c'è margine di errore. Un colpo, un morto.”
“Lungi da me voler negare la potenza del Mantis, ma non si può dire che abbia la stessa versatilità di un Viper.”
“A che mi serve la versatilità se posso contare su colpi precisi e uccisioni istantanee?”
“In quanto a precisione non ha niente da invidiare ad un Viper…”
“Sì, ma non ci metti lo stesso tempo. Col Viper ti serve sicuramente più di un colpo per far fuori un nemico.”
“Non è detto. Col Mantis se sbagli un colpo ti serve più tempo per ricaricare…”
“Non se sei abbastanza bravo da non sprecare colpi.”
“Una bella carica biotica e un colpo di Crusader in pieno stomaco no, invece?” esordì Shepard.
Garrus e Thane si volsero a guardarla, entrambi con gli occhi leggermente sgranati e le labbra dischiuse. Lei aprì le braccia, perplessa.
“Shepard…” fece Garrus, cercando di spiegarle che non era quello il punto della loro discussione.
“No, ho capito. Ma sono solo chiacchiere… Un fucile non vale niente se preso singolarmente. Si possono mettere a confronto tutte le armi della Galassia, ma se non vengono messe in relazione a chi le utilizza, beh, dubito che potrà venir fuori un discorso produttivo. So come usare un Mantis e le mie statistiche confermano che lo so usare dannatamente bene, ma sarei capace di sfruttare appieno le sue potenzialità come fai tu? No. E tu ci riesci con un Claymore? Ne dubito…”
“Mi sfugge il punto…”
“Il punto è che ogni arma è solo il prolungamento del braccio di chi la usa e se tu sai come far danzare un Mantis, probabilmente Krios sa come far danzare un Viper.”
I due si scambiarono uno sguardo fugace, poi tornarono a posare gli occhi su Shepard. Lei, in risposta, diede un altro sorso alla sua cioccolata, compiaciuta di averli zittiti entrambi e sorrise, le labbra nascoste dal bordo della tazza.
Garrus si alzò, stiracchiandosi, e dopo aver riposto la bottiglia, decise che era arrivato il momento di tornare al suo Thanix. “A domani,” salutò. Thane esitò per un istante, poi fece per alzarsi a ruota. “Tolgo il disturbo anche io, Shepard,” disse con deliberata lentezza.
“No, resta pure, anzi… In realtà volevo proprio fare due chiacchiere con te,” rispose Shepard.
Thane si rimise a sedere, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
“Riguardo a ciò che hai detto su Illium…”
“Sì, mi rendo conto che avrei dovuto parlartene subito,” la interruppe lui senza perdere tempo. “La mia patologia si chiama sindrome di Kepral, non è trasmissibile, e solo alcuni individui della mia specie ne sono affetti.”
Shepard aderì allo schienale della poltrona, dopo aver poggiato la tazza ormai vuota sul tavolinetto di fronte, e lo guardò in attesa.
“Il nostro pianeta natale, Rakhana, ha un clima molto arido, e quando gli Hanar ci hanno offerto ospitalità su Kahje, alcuni di noi hanno iniziato a sviluppare questa patologia in conseguenza all’estrema umidità del pianeta. La Kepral non ha nessuna cura attualmente… Ci stanno lavorando, ma molti di noi diventano immuni ai farmaci. Non c’è modo di fermarla, e alla fine si muore soffocando.”
Shepard abbassò lo sguardo, tentando di trovare qualcosa di sensato da dire. I ricordi legati all'attacco alla Normandy di due anni prima affiorarono prepotenti, facendola rabbrividire.
“Non preoccuparti. Come ti ho già detto, questo problema non influenzerà la missione. Il medico mi ha dato dagli 8 ai 12 mesi di vita e…”
“Hai già incontrato il nostro medico di bordo, la Chakwas? Forse lei può fare qualcosa per te.”
“Se gli scienziati della Primazia Illuminata non ci sono riusciti, dubito che il medico di bordo di una nave militare possa. Sto già prendendo dei farmaci, comunque.”
“Capisco,” Shepard si schiarì la voce, “Senti, non è mia intenzione entrare nelle tue questioni personali, ma non posso fare a meno di notare la tua tranquillità a proposito…”
“Sono venuto a conoscenza della mia malattia molto tempo fa e col tempo ho imparato ad accettarla.”
“Hai anche detto che quello di ieri sarebbe stato il tuo ultimo lavoro…”
“L’idea di passare gli ultimi istanti della mia vita confinato in un letto d’ospedale non mi ha mai allettato, Shepard. Ma tu mi hai offerto quest’opportunità e sono più che onorato di rimandare il momento in cui dovrò abbandonare il mio corpo.”
Shepard si alzò dalla sua poltrona, una mano sotto il mento, pensierosa. Si avvicinò al grande finestrone che si apriva come uno squarcio nel vuoto cosmico e guardò una nebula brillare in lontananza.
“Hai molto autocontrollo,” constatò poi, appoggiandosi con la schiena al vetro freddo.
Thane si voltò verso di lei, studiando la sua figura slanciata. C’era qualcosa, in lei, che sapeva di malinconia.
“Ho dovuto lavorarci parecchio,” rispose, raggiungendola davanti al finestrone.
“Temo, tuttavia, che questo non sia un bene.”
“Come?”
I loro occhi si incontrarono per un breve istante. “La paura è una cosa buona. La paura ti impedisce di commettere errori, ti aiuta a riconoscere i tuoi limiti. Se tu non hai paura di morire, questo potrebbe essere un problema per te e per la mia squadra.” L’espressione di lei si fece più dura. “Se l’avessi saputo prima…” Shepard si passò una mano sulla fronte, scuotendo lievemente la testa, “…ma visto che ormai sei qui, Krios, ricordati che ho bisogno di un soldato su cui poter contare, non di un kamikaze.”
Lui avrebbe voluto rispondere, ma le sue parole lo lasciarono interdetto e quando finalmente trovò le risposte, lei era già andata via, lasciandolo da solo a guardare l’immensità dell’Universo. 

   
 
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