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Autore: Dominil    15/07/2013    1 recensioni
Decine di corpi a terra, armi ovunque e lacrime che la sabbia si era già impegnata ad assorbire. Strano a dirsi, ma in quel luogo non vi era spazio per il dolore e per le urla, per la propria incolumità era strettamente necessario mantenere vigili i propri sensi e prepararli al peggio che si poteva immaginare.
A quei soldati, quel giorno, non era concessa una seconda possibilità.
“Sbaglia e muori.” gli aveva detto l’Addestratore Capo Smith, una volta.
|war!AU|
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matthew Shadows
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Collezione di bombe a mano

 
 
 
 
 
 
4 Aprile 2004 Sadr-City, Baghdad
 
 
 
It's the moment of truth and the moment to lie 
The moment to live and the moment to die 
The moment to fight, the moment to fight,
To fight, to fight, to fight.
(This is War – 30 Seconds To Mars)



Tante gambe, tanta polvere, tanti spari.
Il rumore degli elicotteri che li osservavano dall’alto distoglieva l’attenzione dalle urla e dalle facce sporche, la terra così sporca di sangue che non ci si faceva più nemmeno caso; calpestavano il sangue, lo facevano da più di un anno ormai e non ci rifletteva più nessuno, non avrebbe avuto alcun senso.
Nonostante gli scarsi armamenti dell’Esercito del Mahdī*, gli occhi dei soldati americani erano colmi di paura e timore, le scelte dei loro superiori non erano mai sembrate tanto suicide come in quel momento.
Con un grido che veniva sovrastato dal fracasso insopportabile dei proiettili, il Caporale Sanders crollò a terra affondando le mani nella sabbia scura quando i suoi pantaloni si macchiarono indelebilmente.
Teneva gli occhi serrati, cercava di convogliare tutte le sue forze nel punto in cui sentiva più dolore così da riuscire ad andare avanti mentre il sole cocente gli graffiava la pelle del viso.
Qualche istante dopo, senza ancora aver riaperto le palpebre, era riuscito a mettersi carponi ma la gamba destra mostrava segni di cedimento anche solo all’intenzione di tornare in piedi; per di più la Browing M2** poggiata sul fianco arrestava i suoi già precari movimenti.
“Caporale Sanders!”
Sentì una presa salda afferrarlo dalle spalle e, dalla voce, non poteva che essere Turner, il soldato con cui aveva attraversato il campo di battaglia prima di essere ferito, spalla contro spalla.
Un gemito di dolore lo tradì, quando l’altro tentò di tirarlo su.
“T-Turner, la gamba...” mormorò mentre si passava il dorso della mano destra sul viso, tentando di cancellarvi stanchezza e sudore.
“Siete ferito Caporale.” disse il soldato, non appena il ferito si sdraiò di nuovo a terra e poté notare il foro di un proiettile sul ginocchio destro del suo superiore. A questo punto non poteva far altro che tentare di trascinarlo fino alla camionetta Humvee così che potesse poi essere trasferito all’ospedale da campo dove avrebbe potuto ricevere cure adeguate.
“Cosa stai facendo, soldato?” chiese il Caporale, in preda agli spasmi.
Era come se decine di coltelli tentassero di segargli la gamba all’altezza del ginocchio.
“La porto all’Humvee, signore. È ferito, ha bisogno di cure.”
“I-Idiota...” mormorò prima di svenire, lasciando quindi scivolare la testa all’indietro.
Con un sospiro, Jeffrey Turner promise a se stesso che avrebbe fatto il possibile per salvare quell’uomo che ora giaceva incosciente tra le sue braccia, anche se farsi strada fino alla camionetta nel bel mezzo di un campo di battaglia non era semplice. In momenti come quelli le intere settimane passate ad addestrarsi sembravano tempo sprecato, nessuna simulazione poteva essere carica dello stesso pathos e della stessa disperazione che aleggiava in quell’aria fuligginosa.
Decine di corpi a terra, armi ovunque e lacrime che la sabbia si era già impegnata ad assorbire. Strano a dirsi, ma in quel luogo non vi era spazio per il dolore e per le urla, per la propria incolumità era strettamente necessario mantenere vigili i propri sensi e prepararli al peggio che si poteva immaginare.
A quei soldati, quel giorno, non era concessa una seconda possibilità.

“Sbaglia e muori.” gli aveva detto l’Addestratore Capo Smith, una volta.
Appena arrivato alla camionetta, Turner fu soccorso da Jessica Cleveland, unica donna della sua unità, e Thomas Donovan; solo quando il Caporale Sanders fu al sicuro all’interno dell’autoveicolo, Turner si decise a tornare alla battaglia.
L’ospedale da campo si trovava all’interno della base americana situata fuori dalla capitale irachena e Donovan non aveva staccato nemmeno per un secondo i piedi dall’acceleratore, durante il tragitto.
Jessica nel frattempo aveva fasciato la gamba del suo superiore alla bell’e meglio usando una garza sterile e del disinfettante. Non si sarebbe mai sognata di toccare in altro modo la ferita, il minimo movimento avrebbe potuto complicare ulteriormente la situazione.
Non appena la porta della camionetta fu aperta i paramedici si occuparono del caporale, lo sistemarono su una barella e, una volta all’interno dell’ospedale, impiegarono tutti i mezzi a loro disposizione per risolvere al meglio la situazione.

***

 Aprire gli occhi e ritrovarsi a fissare un soffitto dai colori tenui, risultava essere piuttosto spaventoso per un soldato in quanto poteva significare solo due cose: o era in fin di vita su un letto di ospedale, ora se n’era già andato all’altro mondo e quello in cui si trovava era il Paradiso, anche se non se lo meritava.
Il Caporale però decise di sbattere le palpebre più volte prima di farsi prendere dal panico e, dopo essersi guardato lentamente intorno, convenne che non era il caso di preoccuparsi più del dovuto.
“Caporale Matthew Charles Sanders.” annunciò il medico entrando, mentre sfogliava tutti i documenti che riguardavano quell’uomo disteso che lo guardava con un sopracciglio alzato. “Se l’è scampata con poco.”
L’interlocutore tentò di mettersi a sedere, ma un dolore lancinante alla gamba destra lo bloccò. I suoi ultimi ricordi erano piuttosto nebulosi, gli impedivano di capire a pieno cosa stesse realmente succedendo.
“Che cos’ho? E si sbrighi, devo comunicare con la mia divisione.”
“Mi dispiace deluderla caporale ma lei non va da nessun a parte, è stato operato al ginocchio a causa del proiettile che ha ricevuto e dubito che riuscirà a stare in piedi senza l’ausilio di stampelle.”
“Per quanto?” chiese l’altro, visibilmente allarmato. Nonostante il suo temperamento, non era semplice riuscire a contenere le emozioni e le paure che in quel momento gli stavano quasi facendo girare la testa. Era la prima volta che rimaneva seriamente ferito e non sapeva cosa pensare.
“Per un paio di mesi, forse tre.” rispose il dottore. “Sarò schietto con lei Caporale, il Sergente ha già firmato tutti i documenti per il rimpatrio, non possiamo rischiare di perdere un uomo valido come lei.”
Matthew non rispose limitandosi a fissare il medico nella speranza che dicesse qualcosa di positivo, nonostante fosse certo che non sarebbe avvenuto. Il suo destino era stato già deciso, controbattere gli avrebbe solo fatto sprecar fiato.

***

 Come da protocollo, non appena le condizioni del Caporale migliorarono, un aereo americano partì dalla base militare per atterrare in patria.
Durante il lungo tragitto lo sguardo di Matt era fermo e concentrato, gli occhi spenti puntati al di fuori del finestrino.
Adesso che i suoi servigi non erano più richiesti date le sue condizioni fisiche, era tremendamente frustrante tornare alla vita quotidiana che non aveva mai avuto.
Nessuna moglie, nessun figlio da cui tornare, solo una madre troppo stanca di vedere tutti i suoi cari partire per terre lontane senza sapere se avrebbero mai fatto ritorno.
Dopo aver imparato a parlare e camminare, a Matt era stata messa in mano una pistola e gli era stato insegnato a sparare, decine di bersagli erano disseminati per il giardino e gli erano bastati pochi allenamenti, per centrarli tutti. Prima suo padre, poi suo fratello ed infine lui, quella pistola aveva forgiato il futuro di tre uomini e se n’era portato via uno, Christopher Lee Sanders.
Anche lui partito per l’Iraq insieme a Matt, aveva fatto parte delle prime vittime di quella guerra fulminea quanto sanguinosa.
Ad un uomo che aveva dedicato l’intera vita all’addestramento e alle armi, il ritorno a casa era quasi peggiore del rumore degli elicotteri, dei civili che chiedevano pietà, dei sensi di colpa ogni volta che si premeva il grilletto.
Soldato e civile.
Martire e vittima.
Così si sentiva il Caporale Sanders quando iniziò a scendere le scalette dell’aereo: martire coinvolto in una guerra che non era la sua, soldato di una causa che era stato poi costretto a sposare.
Questa è la guerra, tanto nella battaglia quanto nella vita.

 

 

 

 

 

 


 
Note
: *milizia armata dei seguaci di Muqtada al-Sadr, leader del Movimento Sadrista

** Mitragliatrice pesante

Non essendo esperta di guerra e termini bellici, mi sono documentata per quel poco che ho potuto su Wikipedia. La data dell’avvenimento è reale così come lo scontro, ma non so se ho commesso altri errori di qualche tipo.
Questa one-shot faceva parte della raccolta “Two Hundred Avenged Sevenfold's pieces” che ho eliminato avendo capito che non potrò mai finirla.

   
 
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