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Autore: Demone    16/07/2013    4 recensioni
Oramai sono passati sei mesi dall'inconorazione di Dubbhe. La vita di corte non le si addice ma ogni giorno si impegna sempre di più per diventare la regnante di cui il popolo ha bisogno. Nel frattempo il re della Terra del Mare ha deciso di fare una grande festa per il diciottesimo compleanno della figlia e festeggerà l'avvenimento con balli e danze. Anche Learco e Dubbhe sono invitati a passare un mese nel suo castello, nella capitale Barahar. Dubbhe accetta, anche se di malavoglia. Un giorno, mentre passeggiava per un mercato, vede il passato che le corre di nuovo incontro. Quel passato ha un nome. Quel passato è Melna, sua madre.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dubhe, Learco, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il corridoio era deserto, fatta eccezione per Dubhe e le sue ancelle, tutte ragazzine, che la seguivano camminando in fretta, dirette verso la sala del consiglio. La regina della Terra del Sole non capiva perché dovevano seguirla in quel modo, facendo quel frastuono. Non aveva di sicuro bisogno di compagnia per percorrere pochi metri e presentarsi alla riunione del consiglio,  riunione che, ovviamente, era già iniziata da un po’ ma lei aveva fatto ritardo ed ora le toccava camminare accompagnata da quelle ragazzine che la seguivano come cani, tute composte, con un sorriso allegro e occhi limpidi, così diversi dai suoi pozzi di oscurità.
I passi spediti di Dubhe erano silenziosissimi, a differenza di quelli delle ragazze che producevano quello che secondo lei era un frastuono incredibile che di sicuro le avrebbe fatte scoprire. Sorrise appena a quei pensieri, incurvando le labbra sottili. Alcune volte si stupiva di per ciò che le passava in mente. Camminavano in modo troppo rumoroso? E perché mai? Lei era la regina e loro le sue ancelle, potevano camminare come volevano, in qualunque modo, non c’era niente da scoprire e nessuno da nascondere. Non era una ladra e non stava rubando nulla. Stava solo andando nella sala del consiglio.
Aumentò leggermente il passo, sbuffando appena. Aveva tanta di quella voglia di incominciare a correre, fregandosene dell’etichetta e di tutto il resto. Era in ritardo, per quale motivo non poteva mettersi a correre? Ah si, perché non sarebbe stato adatto ad una regina. Così si limitava a camminare con un passo sostenuto, rimpiangendo tutte le costrizioni che le dava il protocollo.
Non era da lei arrivare tardi, di solito era puntuale ma le sue ancelle avevano insistito nel truccarla e vestirla come si addiceva ad una regina. Quando si era guardata nello specchio si era sentita più una bambola che una persona. Dopo mesi passati a governare su quella terra ancora non si riscontrava nella visione che il popolo aveva di lei. Loro la vedevano come un’eroina, come una figura eteria che si muoveva elegantemente, circondata da broccato e seta. Lei, al contrario, si vedeva ancora come la ladra che si muoveva nelle ombre della notte. Sospirando la regina arrivò alle porte della sala dei ministri e due guardie, con un po’ di sforzo, le aprirono.
Tutti gli occhi si fissarono sulla sua figura. I consiglieri la fissavano. I ministri la fissavano. Gli attendenti la fissavano e quasi immediatamente Dubhe si sentì in imbarazzo, come se fosse ancora a Loadamea, appena scappata dalla Gilda degli Assassini.
 Alcuni dei consiglieri erano giovani, altri erano molto più anziani. Una cosa era sicura: nessun membro dell’attuale consiglio aveva mai fatto parte del precedente che aveva appoggiato Dohor. Erano stati sostituiti tutti, dal primo all’ultimo. Il nuovo consiglio era composto nella maggior parte da giovani ragazzi, vertici militari e maghi, mentre nella restante parte del consiglio più che altro c’erano gli antichi consiglieri di Sulana, quei pochi che si erano sempre schierati contro l’ex re e in cambio di erano ritrovati senza più prestigio e senza più un seggio nel consiglio. Ma ora i tempi erano cambiati.
L’unico sguardo su cui si concentrò Dubhe fu quello in fondo alla stanza. Learco. Il suo Learco che anche in quella circostanza la guardava con un amore puro. Quello sguardo era così intenso che per un istante nella stanza c’erano solo loro due. Le labbra di Dubhe si piegarono in un dolce sorriso mentre avanzava a passo sicuro verso il marito.
“Ora che finalmente è arrivata anche mia moglie, la regina Dubhe, possiamo dichiarare aperta la seduta.”
Dubhe annuì composta e si sedette sullo scranno accanto al marito. Lanciò solo un’occhiata ad un ragazzo non molto lontano e gli sorrise. Lonerin ricambiò.
Anche se era ancora un allievo di un mago membro del Consiglio delle Acque –consiglio che stava per essere sciolto per ristabilire il Consiglio dei Maghi e il Consiglio dei Re- partecipava sempre più attivamente ai consigli della Terra del Sole come ambasciatore della Terra dell’Acqua. Inoltre, ora che Dubhe era sposata, considerava Lonerin come un vecchio amico, forse il più caro, ma pur sempre e solo un amico.
“Il primo argomento del giorno è…”
 
Le due ore successive furono un susseguirsi di discussioni su discussioni, noie su noie. Tasse, pagamenti, la guerra, i progetti di Learco. Dubhe si impegnò a fare del suo meglio ma quella sensazione di essere fuori luogo non se ne andò per neanche un secondo.
“La seduta è sciolta.”
A quelle parole Dubhe sembrò tornare a respirare. Aspettò che tutti uscissero poi si massaggiò lentamente le tempie. Learco le baciò una guancia, chinandosi sulla sua spalla.
“Stanca?”
Dubhe, con un sorriso annuì. “Si, non sono ancora abituata a tutto questo.”
“Ti ci abituerai. Sei stata fantastica oggi. Piano piano porteremo questo nostro mondo alla pace. Insieme.”
Sorrisero entrambi e lentamente Dubhe avvicinò la sua bocca a quella di Learco, prima di baciarlo a lungo, con passione.
 
L’odore di Salsedine era così forte da impregnare anche le pareti del palazzo ma lì, a Barahar, importava ben poco. Lì tutto sapeva di mare, quello stesso male che poteva essere benevolo o vendicatore. Lo stesso male che Nay stava osservando dal balcone della sua camera. I capelli biondi, legati con nastrini verdi e blu, le ricadevano sulle spalle, mentre restava appoggiata alla balaustra, con il vento che gli portava gli schizzi del mare in tempesta. Piccole goccioline che le ricadevano sul viso, confondendosi con la pioggia che oramai l’aveva inzuppata completamente. Chiuse gli occhi, sentendo un brivido di freddo che le percorreva le ossa ma non si mosse. Quella pioggia le serviva proprio.
Suo padre si era rifiutato di farle invitare tutti i regnanti delle terre del Mondo Emerso dichiarando che le spese per un mese intero di feste sfarzose ed il mantenimento di tutte quelle persone e delle conseguenti scorte era troppo alto. Ma come si permetteva?! Era il suo diciottesimo compleanno! Era ovvio che volesse un vestito con delle perle, un pranzo con piatti d’oro, venti battute di caccia e un mese intero di festeggiamenti! Eppure lui si era rifiutato! Cosa le importava a lei della guerra e della gente normale? Lei sarebbe diventata regina! Cosa le importava delle grida che giungevano dalla via? Le grida dei soldati che in quel momento provavano ad aiutare le povere persone. A lei cosa importava? Lanciò anche lei un grido. Un grido pieno di rabbia.
La sua dama di compagnia corse da lei e la tirò per il braccio. “Venga dentro, signorina, qui si ammalerà!”
“NO! RIMARRO’ QUI FUORI FINO A QUANDO MIO PADRE NON SI DECIDERA’ AD INVITARE TUTTI I REGNANTI PER UN MESE!”
“Ma…signorina..”
“Corri a chiamarlo!” Gridò Nay, spingendola lontana.
La ragazza eseguì l’ordine. Iniziò a correre per il corridoi fino a quando non raggiunse il re nella sala del trono. Entrò e si inginocchiò velocemente.
“Sire! Oh Sire! La signorina ha perso il senno! Sta fuori, sotto alla pioggia, e si rifiuta di entrare!”
“Cosa?! E per quale motivo?!”
“Perché non gli permettete di invitare tutti i regnanti del Mondo Emerso, Sire!”
Il re borbottò qualcosa e si diresse nella camera della figlia.
“Nay…tesoro, gioiello del regno, che succede?”
“tu mi vuoi mettere in ridicolo!”
“No, certo che no!”
“Allora non valgo abbastanza per avere una piccola festa?”
“No.. Certo che vali abbastanza per una festa ma…”
“Allora invitali! Invitali tutti!”
“Ma lo stato…”
“NIENTA MA! Non rientrerò nella mia stanza fino a quando non li inviterai.”
Il re cedette. Inviti su carta bianca con inchiostro dorato furono inviati in tutti i regni del Mondo Emerso.
 
Affondo. Passo in avanti. Indietro. Difesa. Attacco. Mira. Lancio. Il pugnale si infisse nel legno in pochissimi secondi. Un paio di passi. Dubhe riprese in silenzio. Un sibilo al suo lato. Si girò di scatto, schivando il colpo di spada. Un altro movimento e sgusciò alle spalle del suo avversario, puntandogli il pugnale al collo. A malapena si accorse del veloce movimento dell’altro e una gomitata nello stomaco la fece indietreggiare. Una presa sui suoi capelli, qualcuno che la attirava contro il suo petto e le poggiava le mani sul collo delicato.
“Morta.”
“Non ancora, Learco.”
Dubhe sorrise furbescamente e usando gli insegnamenti di Sherva si piegò, sfuggendo alla presa dell’uomo, e gli appoggiò il pugnale al petto. Quasi contemporaneamente la spada di Learco si appoggiò alla sua gola. I due scoppiarono a ridere e Learco lasciò cadere la spada mentre Dubhe rinfoderava il pugnale.
“Non riesco mai a batterti..”
“Neanch’io a te.”
“Ma tu hai battuto Forra.”
“Uscendone mezza morta” Esclamò Dubhe ridendo. Gli sorrise “Mi cercavi”
“A dire il vero si. Un messo della Terra del Mare ci vuole.”
“Non potevi mandare un valletto ad avvertirmi?”
“Avevo paura che tu lo avresti spaventato. Sai com’è, sei troppo bella..”
La risata di Dubhe fece piegare anche le labbra di Learco. “O forse volevo solo vedere mia moglie..”
“Questa scusa mi  piace..”
I due si incamminarono per raggiungere la loro stanza mentre Dubhe si scioglieva i capelli dalla lunga treccia che aveva. La ragazza sbuffò.
“Non posso presentarmi così, vero?”
La risposta la conosceva benissimo. Pantaloni e casaccia di cuoio, entrambi di pelle, capelli spettinati e pugnali da lancio, da attacco, faretra. No, non poteva presentarsi così. Ma perché? Lei era in quel modo… Sospirò, andando a cambiarsi.
 
Nella sala del trono, quell’enorme sala che la prima volta aveva lasciato Dubhe spaesata, Learco stava aiutando sua moglie ad accomodarsi sul trono. Erano entrambi giovani e regnavano da circa sei mesi. Learco sembrava creato per quel ruolo mentre Dubhe, al contrario, si sentiva sempre soffocare.
“Fate entrare pure il messo.”
Dubhe osservò completamente assorta il profilo del volto del marito. Era sempre così sicuro, così perfetto nel ruolo di re. Era la sua roccia. Quasi istintivamente tese una mano fino a stringere quella del giovane.
Le guardie aprirono le pesanti porte ed il valletto entrò nella sala. Si inchinò di fronte ai troni.
“Si alzi pure. Siamo lieti di dargl il benvenuto nella corte della Terra del Sole. Cosa vuole il re della Terra del Mare da noi?”
“Signori regnanti, sono lieto di consegnarvi questo invito ufficiale alla festa per il diciottesimo compleanno della principessina Nay. Ci saranno festeggiamenti per un mese intero.”
Learco restò pensieroso per un secondo, poi annuì. “Non mancheremo. Partiremo il prima possibile.”
 
La settimana seguente passò in preparativi. La partenza era fissata da lì a sette giorni ed il viaggio si presentava molto difficile. Per un mese intero in città straniera si doveva preparare tutto alla perfezione, a partire dai regali per finire agli abiti dei regnanti e del seguito. Se Dubhe fosse stata sola avrebbe attraversato la Foresta del Nord fino al fiume Sossa dove avrebbe fatto rifornimento d’acqua e sarebbe arrivata a Bahar. Purtroppo non era sola e quella strada era considerata troppo pericolosa. Avrebbero costeggiato la Foresta del Nord per poi arrivare a Lama e da lì costeggiare il mare fino a Lome e da lì avrebbero raggiunto Barahar.
La vigilia della partenza, per gravare già sul malumore di Dubhe, una piccola guerriglia fra signorotti vicino ai Monti della Sershet stava causando molte morti fra le persone innocenti. Learco doveva andare lì.
Era notte e Dubhe si era appena messa  la camicia da notte. Aveva i capelli sciolti sulle spalle. A passi lenti e silenziosi raggiunse il letto dove Learco la aspettava già. Dubhe iniziò a baciargli la spalla, lentamente, passando poi al collo. Lui si girò, facendo incontrare le sue labbra con quelle della ragazza, poi si allontanò.
“Ti devo dire una cosa..”
“Cosa?” chiese Dubhe leggermente confusa.
“Domani partirai senza me.”
“Cosa?! E perché?!”
“Devo andare sui Monti della Sershet.” In brevi parole concise gli spiegò cosa accadeva in quella zona.
“Bene. Non andrò neanch’io.”
“Non essere assurda Dubhe!”
“Non capisco l’importanza di andare a questa stupida festa. È da viziati.”
Learco sospirò. “Secondo te per quale motivo ho accettato?”
“Non so. È solo una festa..”
“Nay è una piccola viziata, Dubhe. Se non andassimo a quella festa il re della Terra del Mare penserebbe che non lo rispettiamo. Non voglio una guerra.”
Dubhe sospirò. “Neanch’io. È solo che..” Si mise seduta, appoggiata sui talloni e congiunse le mani in grembo, osservandolo con lo sguardo basso. “È solo che mi sembra di non essere adatta a fare la regina. Non vado bene.”
Learco le alzò il volto e la baciò dolcemente, facendosi trascinare in quegli abissi neri. “Sei perfetta per me e per questo regno che ha bisogno di qualcuno che ne conosca gli orrori. Sei perfetta.”
Per quella notte non si dissero altro ma furono i loro corpi a parlare per loro.
 
Nella periferia di Barahar dove si muovono solo ombre più scure, due figure al riparo in un’osteria, parlavano con le teste vicine. Erano entrambe coperte con un lungo mantello nero, i cappucci sul volto, anche se una di esse sembrava non sopportare quell’indumento che la copriva
“Allora?” Una voce maschile. Burbera, controllata. Pericolosa.
“Hanno accettato l’invito.” Stavolta la voce era femminile. Era gelida anche se l’ambizione trasudava ad ogni parola.
“Come l’hai convinto?”
“Ho i miei metodi..”
“Bene.” L’uomo si alzò. “Ti dirò io quando ci saranno novità.” E sparì nel buio della città.


ANGOLO AUTRICE.
Sono riuscita a pubblicare il primo capitolo! Ammetto che è stato difficile da scrivere perchè ogni volta che bisogna parlare di personaggi descritti da una maestra come Licia Troisi nessun risultato sarà mai accettabile. Mi è piaciuto scrivere di Dubhe e Learco (li amo) mentre la scena con la figlia del re del Mare (che attualmente non ha ancora nome. Consigli?) mi sembra un po' troppo esagerata, puntata quasi sul ridicolo. Spero comunque che vi piaccia. Detto questo, buona lettura e recensite!
  
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