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Autore: Melchan    16/07/2013    3 recensioni
Merlin e Arthur hanno litigato. Di nuovo. Ma questa volta è un po' diverso dal solito.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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4.

(Se questo capitolo è qui, c’è da ringraziare anche Max Pezzali e Nient’altro che noi, che è una delle sue canzoni che preferisco al mondo e mi ha tenuto compagnia per quasi tutta la stesura. Per altre note e scuse, vedere a fine fic)

 

 

We don't get to choose who we love.

[Game of Thrones, Jaime Lannister]

 

 

Quando, due giorni dopo la disastrosa uscita, Merlin si svegliò e guardò il cerchietto rosso sul calendario, si chiese se quello che aveva in mente di fare avrebbe rischiato di allungare solo il tempo di attesa per una ripresa di rapporti quantomeno civili.

Era il dieci Gennaio: da due anni, quel giorno Merlin aveva un appuntamento. Aveva scoperto per caso a cosa corrispondeva la data, trovandosi al funerale del suo professore di Letteratura Inglese nel cimitero sbagliato al momento sbagliato e notando una testa bionda che avrebbe riconosciuto davvero ovunque e che da qualche mese occupava una porzione assurdamente grande dei suoi pensieri.

Nonostante fossero già le dieci del mattino (negli ultimi giorni dormiva troppo, non ci era abituato) Merlin rimase steso nel suo letto a una piazza. In teoria era assurdo pensare di andare: che senso avrebbe avuto? Eppure all’idea di restare a casa e saltare la visita si sentiva poco bene, come se tutto dentro di lui gli dicesse che stava facendo la cosa sbagliata.

Decise di alzarsi e tenersi occupato col lavoro, per smettere di pensarci. Resistette fino alle quattro di pomeriggio, quando era quasi certo che la famiglia Pendragon avesse finito da un pezzo, prima di infilarsi il cappotto con un gesto nervoso e uscire di casa. Prese le fermate di metro che lo separavano dal quartiere di Arthur, e da lì l’autobus per il cimitero.

Appena sceso entrò nel bel negozio di fiori vicino al Campo Santo, acquistò il mazzo di fiori rosa e bianchi che aveva comprato l’ultima volta e si avviò verso il cancello, lanciando occhiate intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno che conosceva.

 

Il sospiro di sollievo che gli uscì rendendosi conto che il cimitero era quasi deserto si fece più profondo notando gli altri mazzi di fiori intorno alla lapide. Negli ultimi due anni la celebrazione era stata al mattino e quell’anno non dovevano aver fatto eccezione.

Il suo sollievo durò circa trenta secondi, poi notò la borsa nera abbandonata vicino ai fiori. Era di Morgana.

Merlin avrebbe scommesso che tra poco qualcuno sarebbe arrivato a cercarla, forse addirittura Morgana stessa. Per un momento considerò l’idea di fuggire più veloce del vento, ma all’idea di mollare i fiori e scappar via si vergognò come un ladro. Sarebbe stato come arrivare fin lì solo per scaricarsi la coscienza, e gli sembrò più spregevole di non andare proprio.

Si disse che avrebbe fatto in fretta e sarebbe andato via alle prime voci che avesse sentito.

 

Si avvicinò un altro po’ alla lapide, concentrandosi su quella invece che sull’angelo bianco che la sovrastava, e guardò le date incise sul marmo: era una cosa che lui faceva sempre. Lo aveva visto al funerale del suo professore, quando l’altro ancora non si era accorto di lui, e anche l’anno dopo, quando si era trovato lì di proposito. 

E guardando la lapide di Igraine Pendragon per la terza volta in via sua, Merlin per la terza volta si sentì sollevato che la data distasse almeno qualche giorno dalla nascita di Arthur. Sapeva che era un pensiero molto egoista, infatti non lo avrebbe mai espresso ad alta voce, ma quando ci pensava non riusciva a evitare che un’onda di gratitudine gli fluisse dentro.

Se le date avessero coinciso nettamente, Merlin era sicuro che guardare quella lapide per Arthur sarebbe stato ancora più difficile.

Sapeva che c’erano tante persone per cui invece era esattamente così, ma Arthur era l’unica che conoscesse la cui madre fosse morta a seguito del parto, e tutto quello che riusciva a fare quando lo guardava fissare quella tomba era pensare a cose del genere e restare in silenzio.

Forse questo lo rendeva una persona cattiva, ma ci avrebbe convissuto.

 

Unì le mani davanti a sé e chiuse gli occhi. Sì inumidì le labbra d'istinto e cominciò la sua silenziosa chiacchierata annuale con la madre di Arthur.

Salve, sono Merlin, non so se si ricorda di me. Sono certo che i suoi familiari saranno di nuovo qui tra poco, perciò non ci metterò troppo, glielo prometto.

Una folata di vento gli si insinuò giù per la piccola porzione di collo lasciata scoperta dal cappotto. La ignorò.

Sa, al momento io e suo figlio abbiamo qualche problema in sospeso, per questo sono venuto da solo. Ma non deve preoccuparsi, si riprenderà benissimo, è solo questione di tempo. I suoi amici gli vogliono un bene enorme, ma questo lo sa già, ed è probabile che entro pochi anni si sposerà con una ragazza bellissima e... una ragazza bellissima e molto forte, davvero molto forte, e scommetto che avranno dei bambini splendidi e intelligenti. Sono sicuro che sarà molto felice.

Tossì per schiarirsi la gola. Non stava parlando a voce alta, ma gli faceva male uguale. Che stupidaggine.

Io non posso combinare granché per aiutarlo, al momento, ma le prometto che farò del mio meglio. Già così penso di aver fatto una bella cosa: l’ho lasciato andare.

Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto per soffiarsi lo stupido naso che minacciava di gocciolare per colpa del freddo.  

Così ho reso... be', ho reso quel che doveva succedere meno brutto che se avessimo aspettato ancora qualche anno. Lei sa che tipo è Arthur, ne sono sicuro. È destinato a grandi cose, basta andare appena oltre le pose da padrone del mondo che tira fuori quando si sente osservato. Il matrimonio con Sophia, la ragazza di cui le parlavo, o comunque qualcuno del genere, lo aiuterà sicuramente a diventare l'uomo incredibile che è sempre stato destinato a essere. Sono già fidanzati, sa? Ma certo che lo sa, che stupido. Ero io che non ne avevo idea, e in effetti è stato veramente imprudente da parte mia non informarmi prima. Ma adesso ho risolto tutto. Lui probabilmente ci metterà un po’ a capirlo, ma ho fatto la cosa migliore. La verità, signora Pendragon, è che… è che se avessi fatto finta di niente, se avessi aspettato ancora un po' di tempo, è probabile che alla fine non sarei riuscito a dirgli addio.

 

Merlin ficcò il fazzoletto sporco in tasca e si passò direttamente la manica sgualcita del cappotto contro la faccia, come faceva da bambino.

All’anno prossimo, bisbigliò, e si voltò per andarsene. La faccia livida di Sophia gli fece prendere uno degli spaventi peggiori della sua breve vita.

- Sei proprio patetico. - sibilò lei, e Merlin, col cuore che batteva forte per la sorpresa, pensò che probabilmente, anzi di sicuro, aveva ragione.

- Me ne stavo andando. - borbottò in risposta, sperando di non avere un aspetto troppo sfatto, e s’incamminò.

Mentre si allontanava sentì delle voci dietro di sé, ma non si voltò. Se Sophia era intelligente non avrebbe detto nulla, e sarebbe bastato che nessuno lo riconoscesse per essere salvo.

- Merlin! –

Ovviamente. La voce di Morgana era alta e chiara, ma fece finta di niente e proseguì.

- Merlin, aspetta! - aumentò l’andatura, trattenendosi appena dal mettersi a correre. Sperò che per una volta in vita sua Morgana capisse quando era momento di mollare il colpo e lo lasciasse stare; quando sentì dei passi di corsa dietro di sé capì che era una speranza stupida. Un po’ come quella di continuare a scherzare, fottere e stare attaccati con la colla ad Arthur per il resto dell'eternità e senza pensieri per il futuro, giustamente fatta a pezzi in un pub di Londra dalla ragazza che gli aveva appena dato - a ragione - del patetico.

Quando si sentì tirare per una manica cercò di strattonare via il braccio, sperando di non far inciampare Morgana ma deciso ad andarsene di lì il più in fretta possibile. La persona dall’altro lato lo tirò così forte che Merlin e il suo inutile corpo gracilino quasi gli rovinarono addosso.

- Si può sapere che diavolo stavi facendo?! - Arthur era scarmigliato, arrossato e bellissimo. Merlin lo guardò bene, ancora col fiatone, ed ebbe paura di quello che avrebbe potuto fare se non se ne fosse andato subito. Cercò di tirar via il braccio un’altra volta; non che avesse qualche possibilità, a livello di prestanza fisica, ma sperava che ad Arthur bastasse lo sforzo per decidersi a lasciarlo. Tanto per rimanere in tema di speranze insensate.

Arthur ovviamente non smise di stringergli il braccio, e quando Merlin rimase in silenzio, cercando di apparire quasi non curante, lo scosse un pochino, cercando la sua attenzione: - Allora? Rispondimi! -

A Merlin venne in mente che non l’aveva mai, mai visto alzare un dito su Morgana mentre litigavano, nemmeno per scherzo. Lui invece si era sempre divertito a trattarlo come il suo bambolotto personale, toccandolo, strattonandolo e dandogli pacche più o meno (soprattutto meno) scherzose.

Merlin pensò di sfuggita che avrebbe dovuto prevedere che le cose sarebbero finite male sin dall’inizio, solo per il modo in cui Arthur lo toccava, l’intimità strana e prolungata che seguiva a quei maneggiamenti, sempre diversi da quelli con cui si azzuffava con Lancelot, Gwaine e gli altri.

 

Merlin rabbrividì quando un primo fiocco di neve gli scivolò contro il collo, chiedendosi come doveva sentirsi Arthur con quel freddo, solo una camicia nera addosso; gli disse di lasciarlo andare.

- Prima dimmi che cosa facevi qui. -

- Ero venuto a portare dei fiori a tua madre, nient’altro. -

- Ma perché?! Come t’è venuto in mente di farlo adesso? -

Merlin scosse appena le spalle, senza guardarlo. - Non è colpa sua se… se abbiamo discusso. Non volevo disturbare la tua famiglia, per questo non mi sono voltato. Adesso, per cortesia, lasciami andare. -

- Arthur! Fa freddo! Per favore, vieni. - Si voltarono entrambi, d’istinto, verso la voce poco lontana di Sophia. Merlin, suo malgrado, pensò che era proprio bella: si era tirata il cappellino di lana fin sopra le orecchie, ma si vedevano comunque benissimo i suoi capelli, rossi come le guance infreddolite.

Morgana stava dritta al suo fianco, la bocca ridotta ad una riga di disapprovazione e gli occhi che incenerivano Sophia; aveva tirato su il cappuccio della sua mantella color ciliegia, stringendo al petto la borsa nera che aveva dimenticato poco prima vicino ai fiori.

Arthur sembrava destinato ad esser sempre circondato da donne bellissime, pensò Merlin con un mezzo sorriso. Avrebbe solo voluto che l’idea non avesse quel retrogusto amaro che gli chiudeva stupidamente la gola.

- Ti stanno aspettando. Sbrigati, non vorrai che prendano freddo per colpa tua, no? -

Arthur sbuffò. - Come se tu fossi più resistente di loro. Stupido. - gli lasciò il braccio, ma incrociò le braccia contro il petto e lo fulminò con lo sguardo, come sfidandolo a provare ad andarsene.

- Come pensi di tornare, comunque? Hai i soldi per un taxi almeno? -

- Sì. - mentì Merlin - Va tutto bene. Adesso torna da loro, dai. Dì a Morgana che mi dispiace di non averle risposto, va bene? - si sforzò di sorridere. Stava per andarsene davvero, senza dare ad Arthur il tempo di replicare e con l’orgoglio sgualcito ma non fatto a pezzi, quando gli venne in mente che considerando com’era andata l’ultima uscita, probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta in cui lo avrebbe visto per molto, molto tempo. Fu questo a tradirlo.

Ce l’aveva quasi fatta a uscire di scena in modo dignitoso, ma la solita, stupida apprensione che aveva sempre provato nei suoi confronti decise di rovinare tutto.

- Cerca di stare attento, okay? Non voglio sentir dire che ti sei ammazzato in qualche maniera bizzarra. E ... – dovette schiarirsi la gola. Stava diventando un’abitudine insopportabile da qualche giorno a quella parte - … e la prossima volta che esci con un tempo del genere vestiti un po’ di più. Persino quel maglione rosso pieno di buchi è meglio che andarti a cercare una broncopolmonite in questa maniera, asino. -

Resistette all’impulso di aggiustargli le maniche della camicia nera, che erano risalite un poco e gli lasciavano troppa pelle esposta alla neve, e sperò vagamente che ci facesse caso Morgana (sapeva che probabilmente non sarebbe stata lei a notarlo e aggiustargliela, ma il suo cervello conservò la più probabile alternativa per quando sarebbe stato a casa, da solo, e avrebbe potuto reagire come lo stupido che era a tutto quel pomeriggio).

 

Sta’ attento, Arthur. ripeté tra sé. Sperò di averlo solo pensato, e senza più guardarlo si voltò, consapevole che non sarebbe arrivato nemmeno al cancello del cimitero con una faccia presentabile.

Doveva ancora fare il quarto passo quando un Dannazione! fortissimo fendette l’aria, e lui si sentì tirare all’indietro per il colletto del cappotto, così d’improvviso che questa volta inciampò davvero nei propri piedi e rovinò sul ghiaino.

- Sta’ lì. - ringhiò Arthur, poi si avviò a grandi passi verso le ragazze.

Merlin lo guardò dire qualcosa a Sophia e poi allontanarsi con lei verso un’altra tomba, dove un’alta Vergine Maria li nascose alla sua vista.

Non capiva cosa diavolo fosse venuto in mente ad Arthur così all’improvviso, ma gli sembrò di restare lì ad aspettare sotto la neve che cadeva piano, immobile come in attesa di una fotografia, per una quantità spropositata di tempo.

 

La prima a tornare visibile fu Sophia. Non piangeva, ma aveva un’espressione furibonda in viso e cercò di passare accanto a Morgana senza dire niente. Merlin vide l’altra fermarla per un braccio e avvicinarsi al suo viso per dirle qualcosa. La tenne lì pochi secondi, e appena la lasciò andare Sophia praticamente corse via dalla tomba, diretta verso il cancello principale del cimitero.

Un momento dopo uscì anche Arthur, e Merlin poteva vedere il suo viso ingrugnato. Morgana si mise a ridere, forte abbastanza da far arrivare il suono fino alle orecchie di Merlin, e poi diede un pugno scherzoso sulla spalla del fratello. Arthur le abbaiò qualcosa che Merlin non riuscì a capire, poi lei si voltò verso di lui, lo salutò agitando la mano con un sorriso enorme stampato sul viso e si avviò a grandi passi, probabilmente verso la macchina.

 

Arthur quasi trotterellò verso di lui, con le mani ficcate in tasca e su una guancia quello che Merlin riconobbe pochi secondi dopo come l’inconfondibile segno di un ceffone fresco.

- Adesso sarai contento. - si lamentò, guardandolo in cagnesco.

- Scusa? -

- Ora non ci sarà sicuramente nessuno stupido matrimonio. Sarai soddisfatto. -

Merlin cercò di dare un significato sensato a quelle parole. Arthur non poteva intendere la prima cosa che Merlin aveva pensato. Non poteva, non era previsto nell’ordine delle cose, non…

- Allora?! Io scarico una ragazza con cui non stavo nemmeno insieme e mi prendo un ceffone solo per colpa delle tue paranoie, e tue che fai? Stai lì immobile come un idiota. - Questo non gl’impedì di restare a sua volta fermo immobile davanti a Merlin, come se stesse aspettando qualcosa.

- Tu… l’hai fatto davvero? Le hai davvero detto che non… hai rotto il fidanzamento? E tuo padre? - Merlin non voleva crederci. Non poteva illudersi di una cosa del genere. Non poteva.

- Non c’era nessun fidanzamento ufficiale da rompere, come ti ho già detto un milione di volte. In quel caso sarebbe stato… più complicato, però avrei… insomma, non era questo il caso! Solo che a lei non è piaciuto sentirselo dire, tutto qua. -

Merlin scoppiò a ridere. Gli prese il mento in una mano e girò la guancia rossa per vederla meglio, senza smettere.

- Ti ha dato proprio un bel colpo, scommetto che te lo sei meritato per come l’hai detto. -

- Non me lo sono meritato affatto, Merlin! E se tu non ti comportassi tanto spesso come una ragazzina isterica non sarebbe successo niente di tutto questo. E adesso taci. -

Merlin stava per rispondergli a tono, ma Arthur lo interruppe nel modo più banale, scontato e splendido di tutti.

 

*

Quando tornarono alla macchina Uther sgridò Arthur per aver perso tutto quel tempo, sotto una mezza tempesta di neve per giunta, e ordinò all’autista di partire subito. Lanciò a Merlin uno sguardo leggermente affilato, ma Morgana doveva aver già annunciato che avrebbero dato un passaggio a un amico, perché non disse niente (nemmeno lo degnò di un saluto vero e proprio, in effetti).

Fu uno dei viaggi più strani della vita di Merlin, se non il più improbabile in assoluto, visto che metà macchina gioiva più o meno internamente – nel senso che Morgana aveva l’aria soddisfatta di un gatto che ha mangiato non uno ma tre canarini, e Merlin cercava di ricacciare indietro l’aria allegra (niente di più, proprio no) che gli saliva al volto appena posava lo sguardo su Arthur, mentre l’altra parte sembrava emanare onde di gelida rabbia dai capelli rossi o aveva l’aspetto imbronciato e confuso di chi non capisce la situazione, ma sa che non gli piace.

Uther e il padre di Sophia, che, come Merlin scoprì il giorno dopo da Morgana, era cugino di secondo grado della madre di Arthur, e per motivi non particolarmente misteriosi quell’anno aveva pensato di fare visita con la figlia alla tomba della cugina per il suo compleanno, continuarono a lanciare occhiate poco discrete ai figli per tutto il tempo. Era abbastanza chiaro che non riuscissero ad afferrare (o non volessero riuscire ad afferrare) cosa diavolo era successo mentre i ragazzi erano a recuperare la borsa dimenticata da Morgana, ma dopo pochi minuti passati a osservare la situazione, entrambi cominciarono a occhieggiare Merlin come se avessero fiutato che lui era una grossa parte della questione.

 

Una volta scaricato a casa e con la mente un po’ disintossicata dalla nuvola d’idiotissimo giubilo che l’aveva avvolta da dopo… da quando aveva fatto pace con Arthur, Merlin cominciò a sudare freddo all’idea che Sophia raccontasse a Uther e a suo padre com’era andata.

Stava giusto pensando se scrivere ad Arthur per avere ragguagli, quando il cellulare squillò e scoprì che Morgana aveva già provveduto.

“Se hai paura che ci sia una fuga d’informazioni non preoccuparti, le ho parlato io. Non dirà una parola.”

Merlin sorrise pensando a quanto doveva essersi goduta quel tono da agente segreto.

Mentre scriveva una risposta per ringraziarla e chiedere delucidazioni riguardo alla gravità delle minacce che aveva elargito a Sophia, il cellulare suonò di nuovo. Salvò il messaggio di risposta nelle bozze e andò a controllare quello nuovo, chiedendosi se Morgana si fosse ricordata qualcos’altro.

Era da parte di Gwen e diceva solo “<3”

Merlin si schiantò una mano sulla faccia e s’appuntò mentalmente di dire due parole a Morgana riguardo al suo concetto di discrezione appena l’avesse rivista di persona. Poi tornò a ringraziarla.

 

 ***

 

Note di Melchan:

Ci ho messo un anno e mezzo quasi spaccato a scrivere quest'ultimo capitolo, ma CE.L’HO.FATTA. Quasi non ci credo nemmeno io gente, ma eccolo qui. Dopo tutto questo tempo in cui pensavo al finale con solo un’idea in testa che non mi piaceva per niente, ho finalmente avuto la benedetta illuminazione su come far finire questa fanfiction, ed è venuta fuori tutta la cosa del cimitero.

Io spero il capitolo vi sia piaciuto.

Detto questo, devo dire ben SEI cose: GRAZIE GRAZIE GRAZIE e SCUSATE SCUSATE SCUSATE a tutte quelle ragazze (se qualcuno fosse un maschio, ovviamente vale anche per lui) che mi hanno scritto nel corso del tempo commentando la storia o addirittura mandandomi messaggi privati gentilissimi e adorabili dove mi dicevano che la storia gli era piaciuta e chiedevano se avrei mai postato il capitolo finale. Non sapete quanto scaldi il cuore e invogli a rimettersi al lavoro ricevere cose del genere ;\\\; 

Veramente, ringrazio di cuore e chiedo scusa per tutto il tempo che ci ho messo a scrivere proprio l’ultimo capitolo a queste persone e a tutte le altre che abbiano rivolto un pensiero positivo alla storia, lasciando un segno attraverso i commenti e/o inserendo la storia in qualche lista o meno.

Un abbraccio a tutti voi e un altro grande grazie!

 

Con affetto,

Mel

  
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