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Autore: KittyPryde    28/01/2008    3 recensioni
...ma non sentivo niente
[Dietrich Von Lohengrin]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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tema: radici

Il paese in cui abitavo era un fazzoletto di terra infangata, disperso in un angolo viziato nella brumosa campagna del Germanicus, popolato da contadini tanto famosi per la loro ignoranza quanto per la loro scarsa apertura mentale; lavoratori dalle braccia instancabili e dal cervello lento, le cui principali preoccupazioni erano rappresentate dal portare avanti il proprio lavoro come gli veniva ordinato e la certezza che il loro quieto vivere e la loro malsana normalità non fossero in alcun modo minacciati da accidentali fattori esterni; era abitudine comune che ognuno fingesse di pensare soltanto per se stesso, mentre in realtà tutti pensavano agli affari degli altri. Era così che si svolgeva la vita monotona di quel paese in cui non accadeva mai nulla di nuovo, e l'unico modo per rendere la propria esistenza stimolante, era interessarsi agli scandali altrui per trovare divertimento nella calunnia nascondendo, tra indifferenza e diffidenza, le anomalie e i mortali peccati della nostra imperfetta realtà.

Trovavo paradossalmente difficile essere speciali in quello straccio sporco e moralista del Germanicus e quando le timorose signore a cui passavo vicino, si facevano il segno della croce per allontanare il maligno, io mi sentivo paragonato a un dio; mi resi conto di quanto potesse essere potenzialmente pericolosa la paura ignorante di chi vede stravolta la propria regolare e annoiata vita, il giorno in cui un signorotto che non valeva tanto di più dei contadini che pagava per lavorare le sue terre, mi puntò gli occhi addosso, con lo sguardo incendiato da un terrore violento e incredulo, fissando gli avanzi del mio ultimo gioco.
Mi chiamò demonio, ma lo disse tremando miseramente, con quelle braccia grosse come tronchi d'albero e io mi domandai fino a che punto, un uomo di quella stazza potesse provare tanta paura di fronte a un bambino e ai suoi giocattoli; quello era il modo con cui tamponavo la noia contadina della mia infanzia grazie al brivido effimero che provavo nell'esercitare quel potere illimitato, padrone del diritto di scegliere tra la vita e la morte, ma in quel raccapricciante spettacolo di piume grigiastre e macchie di sangue che si presentava poco lontano dalla punta dei miei piedi, lui aveva visto il marchio infernale di un orrore ignaro e, nei suoi occhi atterriti da una paura che non sapeva misurare, io ero diventato un mostro.
Non erano però le sue minacce a spaventare, o il suo sguardo disgraziatamente sconvolto; ciò di cui dovevo avere paura era la sua profonda ignoranza, lo sputo di quell'accusa che avrebbe presto avvelenato la città e la forma sacrilega che il mio delitto avrebbe preso nelle parole con cui lo avrebbe riferito agli abitanti del villaggio.

Capii per la prima volta quanto fosse superfluo fidarsi del prossimo quando mio padre mi seppellì vivo assieme al mio brutto vizio di esercitare quel potere demoniaco che aveva la mia mente, quell'intelligenza rara e sconosciuta che era guardata con sospetto e senza alcuna ammirazione, suscitando tanto inadeguato scalpore. Quello fu forse l'unico momento in cui l'uso spietato di quella mia blasfema divinità raggiunse e superò il limite della mia indifferenza; con le mani già sporche del sangue che stavo per versare sentii lo stomaco chiudersi, le dita muoversi da sole mentre il corpo mortale dell'uomo che mi aveva visto nascere si dissanguava. Mi ripeté che ero un demonio, un assassino parricida, quando l'unica colpa della quale mi accusavo era di non avere abbastanza chiaro il confine tra ciò che era bene e ciò che non lo era, di provare troppo smanioso piacere nell'addomesticare il mio talento; mi guardò inoffensivo, con gli occhi che imploravano una pietà che non gli avrei concesso e mentre lui moriva riuscivo solo a pensare che prima o poi avrei capito cosa davvero provavo quando uccidevo, quando giravo sottilmente le mie dita attorno al collo innocente dei piccoli animali che affidavano inconsapevolmente la loro vita alle mie mani affamate.
Ma non sentivo niente.
   
 
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