Film > The Phantom of the Opera
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Autore: Jane The Angel    28/01/2008    1 recensioni
"Ester scese dalla carrozza e ammirò la casa di suo fratello: era una palazzina su due piani, di pietra rossa, molto diversa da quella semplice casetta in cui aveva vissuto in Andalusia. Mai, nei suoi sogni, aveva immaginato di raggiungere, un giorno, mete tanto distanti, luoghi così ignoti per lei. Mai prima di quel giorno…" una giovane cantante spagnola arriva all'Opera di Parigi e potrebbe cambiare gli avvenimenti di cui quel luogo fu testimone...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

   Lo spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate” si tenne cinque giorni dopo. Ester, emozionantissima, era arrivata come tutte le altre ragazze alle undici di mattina. Avevano passato un paio d’ore a ripassare gli spartiti, poi avevano fatto pranzo e dopo qualche istante di pausa si erano dirette al trucco.
   Una donna paffuta dai capelli neri aveva truccato, da sola, lei, tutto il coro e tutto il corpo di ballo. Una giovane pallida, rossa di capelli, si era invece occupata di Christine Daaé, della seconda soprano, dei due tenori e del contralto maschile, nonché di un altro uomo e un’altra donna.
   Questi ultimi, Jean-Paul e Corinne, avrebbero interpretato Oberon e Titania.
   I due tenori, Françoise e Albèrt, sarebbero stati invece Lisandro e Demetrio.
   La seconda contralto, la famosa Carlotta (che, come aveva imparato ad apprendere Ester, nutriva verso Christine un profondo odio dettato dalla gelosia), avrebbe fatto Elena, e bisognava vedere con quanta convinzione interpretava la parte iniziale in cui il suo personaggio manifestava la sua gelosia nei confronti di quello di Christine.
   Il contralto maschile, di nome Etienne, avrebbe interpretato il dispettoso Puck. Ester aveva conosciuto Etienne abbastanza bene, in quei giorni di prove, e poteva dire che la parte gli andava a pennello visto che aveva senza dubbio una parlantina tanto tagliente quanto divertente per chi lo ascoltava.
   Il personaggio di Christine era, come già detto, Ermia. In quei giorni Ester, come si era prefissa di fare, aveva spesso passato la pausa pranzo con Christine. Nessuna delle due era una gran chiacchierona, dunque per la maggior parte del tempo si erano limitate a parlare in silenzio, ma non era una situazione imbarazzante e sembravano godere entrambe, piacevolmente, della compagnia.
   Tre dei cinque giorni di prove, anche Meg aveva pranzato con loro, ed Ester aveva appreso, grazie all’allegra parlantina di Meg e ai silenziosi assenzi di Christine, che le due erano cresciute come sorelle, in casa Giry ma per la maggior parte del tempo proprio lì all’Opera.
   Dalle chiacchiere del corpo di ballo, inoltre, Ester aveva appreso qualcosa su un gentiluomo che, si diceva, corteggiava Christine, e che ne era ricambiato. Si vociava di un possibile fidanzamento tra lei e questo giovane, un certo Raul, visconte di Chagny.
   -Ci sarà il tuo visconte, stasera?- domandò Ester a Christine mentre si avviavano verso i camerini, che erano l’uno di fianco all’altro.
   Come le altre volte in cui qualcuno aveva nominato Raul, Christine arrossì, ma si vedeva che era più che felice di annunciare che si, ci sarebbe stato.
   Eppure Ester non poteva non percepire che qualcosa non andava. Dopo la felicità iniziale nel sentire il nome del visconte di Chagny, Christine cadeva in una specie di trance: si faceva pallida e sembrava che la sua mente vagasse verso chissà che luoghi. Accadde anche quella volta, tanto che a malapena Christine si rese conto che avevano raggiunto i camerini.
   Nel suo, Ester si infilò il costume di scena, attenta a non rovinare trucco e pettinatura. Poi sistemò la coroncina di fiori: il coro, infatti, avrebbe fatto la parte della corte di fate di Titania, mentre il corpo di ballo sarebbe stato il seguito di folletti di Oberon.
   Come si era raccomandato il signor Philippe, non appena fu pronta, Ester si mise a scaldare la voce.
   Dopo qualche esercizio si interruppe bruscamente: le era sembrato di vedere… non sapeva bene cosa. Era un’ombra, nello specchio, come un pezzo di stoffa… forse un mantello? Si guardò attorno, ma non c’era nessuno.
   Si diede immediatamente della sciocca: chi poteva esserci nel suo camerino chiuso a chiave? Un fantasma?
   “Il Fantasma dell’Opera, magari!” rise tra sé, poi riprese a fare le sue scale.
   Fu un successo, un vero e proprio successo.
   Quando si aprì il sipario per la prima scena in cui era presente, Ester pensò che il cuore le sarebbe probabilmente uscito dal petto tanto batteva forte. Sotto il palco c’era una marea di gente, centinaia di persone, e l’agitazione le dava l’illusione di avere tutti gli occhi puntato su di sé, pronti a cogliere il primo errore, la prima stonatura.
   Mentre la musica vibrava dall’orchestra, prese un bel respiro e tornò per un attimo in Andalusia, nel suo paesino, nella sua chiesetta. Prese l’attacco, e il resto della canzone non fu un problema, e lo stesso valse per le successive.
   Il sipario si chiuse, ma gli applausi non si interruppero. E a ragione: tutti i cantanti era stati bravissimi, ma in particolare Christine era stata fantastica. Certo la voce di Carlotta non aveva nulla da invidiare: eppure qualcosa, negli accenti, nelle tonalità di Christine, aveva un effetto non solo sull’udito ma sull’intero essere.
   Diego e Gabrielle quella sera avevano lasciato Antoine alla cameriera. Quando Ester tornò nel suo camerino, li trovò entrambi ad attenderla davanti alla porta e corse ad abbracciare il fratello, l’agitazione ancora nel cuore.
   -Oh, cielo, ho scordato il cappello… vi raggiungo immediatamente!- esclamò ad un certo punto mentre uscivano. Il cappello, ricordò, le era scivolato quando era arrivata dietro uno degli scenari, dietro le quinte… si era detta che l’avrebbe recuperato appena pronta per lo spettacolo, ma poi se n’era dimenticata…
   Diego disse che l’avrebbero aspettata alla carrozza e lei si allontanò.
   Non c’era più nessuno: si erano attardati nel camerino perché Ester non riusciva a sganciare un laccio del costume e così i macchinisti dovevano aver finito di mettere in ordine.
   Ester salì sul palco e si inoltrò tra due scenari, ma il cappello non c’era.
   Riflettendo, comprese che erano stati spostati durante lo spettacolo, perciò decise di guardare più indietro. Passò allo scenario dietro, poi ancora, e ancora. Man mano che si allontanava dal palco, la luce diminuiva, ma lei se ne rese a malapena conto mentre continuava a guardarsi attorno alla ricerca del cappello.
   Arrivò al penultimo scenario, e ancora non c’era. Sbuffando, passò allo scenario seguente.
   Finalmente lo vide, lì accanto a una trave.
   D’improvviso tra lei e il cappello sbucò una figura di forma umana… immaginò che fosse un macchinista che si era attardato.
   -Mi scusi, non voglio disturbare.- disse avvicinandosi –Ma ho dimenticato il mio cappello e…- l’uomo si voltò verso di lei. Indossava un mantello nero, e…
   Ester non gridò, perché la voce le morì in gola. Non scappò, perché le gambe erano come impietrite. Non cercò di non guardare, o di proteggersi, perché il suo corpo riusciva solo a tremare violentemente per la paura.
   Sotto il cappello, ne era certa, non c’era alcun volto, solo due occhi dorati, scintillanti come potevano esserlo quelli di un gatto.
   Ester rimase lì, immobile, tremante, le labbra che si muovevano senza emettere alcun suono. Lo scheletro la guardò per un attimo. Poi scomparve nel nulla. La ragazza rimase immobile per qualche attimo, ancora troppo spaventata per fare qualsiasi cosa.
   Si riprese, non dallo spavento ma almeno da quella paralisi improvvisa, e senza nemmeno pensare a cosa stava facendo corse a prendere il cappello e poi, sempre correndo, si allontanò quanto più possibile dal palco, fermandosi solo nell’entrata. Lì si poggiò al muro, trasse qualche respiro profondo e una volta che si fu calmata, almeno esteriormente, uscì e raggiunse la carrozza.
  
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