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Autore: Blues Girls    17/07/2013    103 recensioni
«Non.. trovo.. la.. mia.. forbice.» scandii ciascuna parola con asprezza, mettendo in chiaro lo scenario che si doveva presentare.
«Ti chiedo di leggere solo questo, solo questo Eeva; l'ho trovato nel quotidiano di ieri.»
Le strappai di mano il pezzo di giornale che mi porse, digrignando i denti.
'Harry Styles, finora l'ultimo membro selezionato per far parte delle Scelte, la scorsa notte è riuscito a scappare dalla sede ufficiale del concilio, a Stoccolma, capitale della Svezia: da giorni, decine di guardie, hanno tenuto sott'occhio il giovane ragazzo, ma questo non sembra averlo intimorito. Sconosciuto ancora il motivo concreto della sua fuga, ed anche la sua direzione. Maggiori informazioni alla pagina sedici.'
«E comunque no, non ho visto nessuna forbice nello studio.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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(First)

Cos'è Vorjos?
Vorjos è tutto ciò che avresti desiderato.
Vorjos è sofferenza.
Vorjos è dolore.
Vorjos è tristezza.
Vorjos è rabbia.
Vorjos è voragine.
Vorjos è reale.
Vorjos sei tu.

 


Non aveva dormito tutta la notte; Thalos le aveva promesso il miglior regalo del mondo intero per il suo sesto compleanno. E così era sicura che sarebbe stato, perché lui non l'avrebbe mai delusa, promessa di un fratello maggiore. Ad irrompere i pensieri della piccola bambina fu la sveglia, che suonò fastidiosa e puntuale alle sette.
Ma quel rumore che tanto l'irritava, quel giorno giunse ai timpani delle sue piccole orecchie come un dolce e melodico suono. Spostò con grazia, le lenzuola leggere che per tutta la notte l'avevano coperta e protetta. Scalza, si diresse impaziente verso la stanza di suo fratello; si alzò in punta di piedi per raggiungere tremante la maniglia dorata della porta.
Al contatto freddo con essa, ritrasse la mano. Era così gelida, e minacciosa. Si sentì così vulnerabile e spaventata: una stupida maniglia le stava impedendo di entrare nella stanza di suo fratello. Una stupida maniglia le stava impedendo di ricevere il suo regalo. Una stupida maniglia le stava impedendo di ringraziare calorosamente Thalos, come solo lei sapeva fare. Fece qualche passo indietro, scontrando il muro bianco opposto alla porta. Si sedette contro di esso, e si mise a fissare la causa della sua fobia. D'un tratto la vide muoversi e scomparire a lato, mostrandole così, davanti a sé, uno stanco e barcollante Thalos. Sorrise alla vista della piccola sorella dall'aria indifesa.
«Perdonami. Ho dimenticato di lasciare la porta aperta» disse lui, afferrando al volo il motivo di tanta preoccupazione nel volto di lei. Le si avvicinò, cadendo accanto a lei come un sacco di patate. 
A quella scena, la bambina non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una sonora risata.
Ricevette un'occhiataccia da parte del fratello, dolorante e fintamente offeso.
«Sei un buffone» affermò lei, intenta a soffocare le risate che minacciavano nuovamente di rimbombare tra le mura del vuoto corridoio.
«Lo so» 
Si posizionò con la schiena appoggiata dritta alla parete, le ginocchia richiamate al petto, e circondate dalle possenti braccia. 
Lilith osservò quelle braccia con ammirazione; potevano quegli arti, alla sola vista, farla sentire al sicuro? Era possibile? O si trattavano solo di sciocche fantasie di una bambina?
«Ho qualcosa che ti appartiene»
La piccola non ci mise molto a capire di cosa stava parlando, e senza nemmeno pensarci, si alzò e cominciò a strattonare la mano del fratello.
«Lil, calmati. Non c'è nessuna fretta» disse con nonchalance, rialzandosi lentamente, provocando l'irritamento di lei. Ridusse i suoi occhi verdi in due sottili fessure. 
Thalos, arrendendosi, corse dentro la stanza, e quando ne uscì, le sue spalle larghe erano nascoste dietro un cavalletto, sorreggente una tela.
Un sorriso entusiasta e sorpreso allo stesso tempo comparve sul dolce viso di Lilith. Rimase a fissare la tela immacolata con stupore, ed una gratitudine immensa per il fratello. Non l'aveva delusa.
Thalos appoggiò delicatamente il regalo a terra, strappando cauto il fiocco rosa attaccato nell'angolo.
«È speciale» spiegò lui.
Lilith aggrottò la fronte, non riuscendo a capire ciò che lui voleva intendere.
«È magica - continuò con tono solenne, avvicinandosi alla sorella e prendendola in braccio - e per questo mi dovrai fare una promessa»
Lilith si limitò ad annuire, assaporando ogni sua parola con fare ingenuo. 
«Dovrai promettermi, piccola Lilith Addams, che userai la tela solo quando sarà il momento»
Gli rivolse un'espressione confusa. Quando sarà il momento? Cosa voleva dire?
«Come, come saprò che sarà il momento?»
«Questo dipende tutto da te»
Le schioccò un tenero bacio sulla guancia, mentre lei scivolava via dalle sua stretta, poggiando i piedi prudentemente. Guardò intensamente l'oggetto dinanzi a sé, e rivalutando le parole del fratello, ne rimase ancora più affascinata.



Gli anni passarono e la piccola Lilith non era più così piccola: adesso era diventata alta quasi quanto suo fratello Thalos, i suoi capelli castani erano cresciuti fino ad arrivarle alla base della schiena, ed il suo precedente gracile corpo stava cominciando a prendere la sua forma dovuta. 
Stava vivendo nella fase adolescenziale: il periodo dalle emozioni più intense e dalle esperienze più vere; le prime uscite, le prime amicizie, i primi amori seguiti dalle prime delusioni. E lei lo sapeva benissimo, fin dal principio.
Si trovava in camera sua quando sentì la madre che chiamava il suo nome a squarciagola dal piano sottostante.

 

Scese le scale lentamente, raggiungendo la madre in cucina. Non riuscì ad intuire il motivo per cui l'aveva chiamata con quel tono così tanto aggressivo. Nulla di buono, era sicuro. Prima di entrare, fissò, ben nascosta dietro la porta, l'espressione severa della donna ai fornelli. Le rughe sul suo volto erano più evidenti e marcate, segno che Lilith si doveva aspettare una sfuriata coi fiocchi.
«Si, mamma?» chiese titubante la ragazza, appena mise un piede dentro alla stanza calda. Un'aria di un inebriante odore del sublime stufato di sua madre la travolsero, facendole venire l'acquolina in bocca. Per qualche istante si dimenticò del volto teso della donna, ma quest'ultima non ci mise molto a rinfrescarle la memoria.
«Hai fatto i compiti?» chiese la madre, con tono duro, voltandosi completamente verso la figlia. C'era sotto qualcos'altro.
«Certo, da qualche ora ormai.
Mi hai chiamato solo per questo?» Lilith aggrottò la fronte, ma la madre non la vide, dato che si era voltata nuovamente verso il suo stufato. Era come se non la volesse guardare negli occhi.
«Oggi pomeriggio, tuo padre, ha incontrato il tuo professore di biologia» replicò la madre, conservando il suo tono duro.
«Mr. Elyd?»
«Non mi risulta che tu abbia altri professori di biologia»
Sapeva dove sarebbe andata a parare: il padre che parlava con il professore, quest'ultimo che riferiva il suo netto peggioramento nella sua materia, ed addio all'occasione di partecipare alla festa più importante dell'anno, nonché alla sua prima esperienza. Cominciò a pregare mentalmente in tutte le lingue del mondo che non fosse così.
«Mamma, so che vi avevo promesso che l'avrei recuperata, ma non mi entra in testa. Quei nomi, le loro definizioni e tutto il resto, sono troppo difficili» spiegò, sperando che la madre notasse quanto dispiacere ci fosse nella sua voce.
«Noi ti abbiamo dato una possibilità, e tu te la sei giocata, perciò niente festa sabato sera» 
«Ma...»
«Niente ma» la interruppe la madre, questa volta girandosi per incontrare gli occhi verdi della ragazzina.
Tutto quello non era giusto; aspettava quella festa da settimane, e non sarebbe stata la biologia ad impedirle di andarci. Thalos non chiedeva mai per andare alle feste: certo, perché lui era il figlio perfetto, quello che andava bene a scuola, e che nei suoi diciannove anni di vita non aveva mai dato motivo di preoccuparsi ai suoi. Ripensando a ciò, cominciò a parlare senza pensare, ed usò una voce minacciosa e dura scaturita da un senso di rabbia mai provato prima di allora.
«Sai che ti dico? Me ne fotto di quello che dite, tu e papà. Non ve ne importa niente di me, e tantomeno avete fiducia nei miei confronti. Sono sempre stata la pecora nera di questa famiglia, la meno valutata, l'ultimo fanalino di coda. Bene, sia chiaro che d'ora in poi non sarà più così. Andate a fanculo entrambi, perché io a quella festa ci andrò, che vi piaccia o no» terminò la frase con un sospiro per recuperare l'aria.
Aveva sputato veleno per ogni parola che aveva detto, non pentendosene per niente. Ciò che aveva appena proferito era la verità, ed era sicura di avere ragione.
Lilith non riuscì a decifrare l'espressione sul volto della madre: di certo, non si sarebbe aspettata una risposta così dalla dodicenne. 
«Come ti permetti di rispondere così a tua madre? Noi non ti abbiamo cresciuta come una poco di buono. Sapevo che la vicinanza di Meredith ti avrebbe reso così» 
Lilith alzò gli occhi al cielo.
«Cosa c'entra ora Meredith?» chiese con tono accusatorio.
«Hai appena mandato a 'fanculo' - quotò con le dita l'ultima parola - i tuoi genitori. Coloro che ti hanno messo al mondo e cresciuto. È lei che ti insegna queste parole» non era una domanda, ma un'affermazione.
«Sei stupida, o lo fai apposta?»
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Se prima la madre aveva mantenuto un tono duro ed autoritario, ora gridava, dando pugni in aria in preda ad un attacco d'ira.
«Esci immediatamente da questa stanza prima che io ti metta le mani addosso, ragazzina. Io ti ho cresciuto, ti ho portato in grembo nove mesi, ed è così che mi ripaghi? Rispondendo e per giunta insultandomi? Verrà il giorno in cui te la farò pagare» 
Sotto lo sguardo scioccato di Lilith, Thalos e il padre intervennero per placare le urla della donna, rossa in volto.

In preda ad un impulso, corse velocemente verso il tetto, l'unico posto in cui le andava di stare in quel momento.
Raggiunse cauta la tegola che aveva scoperto rotta qualche mese prima, la spostò, e si sedette sulla superficie piana, al riparo da rischi e cadute.
Un'enorme senso di colpa la trafisse, ricordando le grida disperate della madre, mentre si divincolava dal marito. 
Non doveva trattarla in quel modo, aveva esagerato. E ci stava terribilmente male. 
«Hai esagerato»
Ed eccolo lì, in tutto il suo splendore sotto il chiarore del crepuscolo, a dare voce ai suoi pensieri, il fratello perfetto. Le sedette accanto, tendendo le gambe in avanti, mentre con un piede infilato nell'incavo di una tegola, impediva a se stesso di uccidersi.
«Io, io non...»
Lilith non riuscì a terminare la frase, scoppiando così in un pianto isterico. Istintivamente, si aggrappò al fratello, poggiando la testa sul suo petto, mettendo a dura prova l'equilibrio del ragazzo, che però riuscì lo stesso ad abbracciarla. 
«Lo so, lo so» tentò di consolarla, invano.
«Io, non volevo, non era mia intenzione. Non so cosa mi sia preso lì dentro» sussurrò tra i singhiozzi.
«Ci sono passato anch'io»
«Non l'ho mai vista così arrabbiata» disse la ragazza, che nel frattempo tentava di fermare le lacrime che non smettevano di ricaderle calde e salate sul suo viso.
«Le passerà, fidati»
La strinse ancora più forte a sé.
Passarono minuti interminabili in cui fissavano con meraviglia il panorama: il sole ormai stava scomparendo, insieme al suo cielo arancione, per dare spazio alla luna ed al blu della notte.
Blu.
Considerato dai cinesi il colore dell'immortalità.
Lilith amava quella sensazione di freddo e calma che le regalava quel colore; era decisamente il suo preferito.
«Lilith»
La ragazza si risvegliò dal suo stato comatoso, guardando gli occhi color nocciola di Thalos.
«Ti ricordi la tua tela, quella che ti ho regalato per il tuo sesto compleanno?»
Si limito ad annuire, con ancora gli occhi gonfi e rossi dal pianto. Thalos non riuscì a non sorridere davanti alle tenere guance arrossate della sorella. Le trovava adorabili.
«Credo sia giunto il momento»



Erano passati sei anni.
Sei lunghissimi anni.
Ma il tempo dovuto era ormai trascorso, ed ora poteva mettere le mani sulla tela.
Era sua, e nessun'altro l'avrebbe toccata. Ne era stata così terribilmente gelosa, per tutto quel tempo.



La ragazza prese posto su uno sgabello posizionato di fronte alla tela, ricoperta da un lenzuolo che faceva da scudo contro gli acari della polvere finché non sarebbe arrivato il gran giorno. Lilith afferrò con delicatezza il tessuto bianco e ricamato, tirandolo verso il basso; esso toccò il pavimento rivelando la tela immacolata. Per qualche minuto si fermò ad osservarla ricordando quanto le sembrasse grande all'età di sei anni. Ricordò di quando il fratello gliela regalò, non deludendo le sue aspettative. Tuttavia si stava chiedendo ancora chi gliel'avesse procurata, e del perché fosse 'magica'. Sorrise a quel suo ultimo pensiero. Dopo aver sgomberato la mente da questi ricordi, legò i suoi capelli in una coda disordinata, con il codino nero che aveva al polso, domando le ciocche ribelli che le finivano sul volto. Si girò alla sua destra dove, su un altro sgabello, erano adagiate molteplici tipi di tempere e pennelli. Lei aveva sempre tenuto tutto ciò a disposizione temendo che nel momento giusto, perdendo tempo a cercare il tutto, avesse perso l'ispirazione. Ma questo per fortuna non successe: al contrario, la ragazza iniziò a dipingere senza mai fermarsi trovando l'ispirazione in un angolo remoto della sua mente. Osservando il dipinto semi completo, però, notò che le pitture non la soddisfacevano completamente. Poggiò i piedi al suolo, scendendo dalla sedia rialzata e si avviò accanto al suo letto. Si abbassò, alzando il lato del copriletto che toccava il pavimento. Con la mano cercò l'oggetto desiderato e lo estrasse facendolo strusciare sul parquet color ciliegio. Ci soffiò sopra facendo disperdere lo strato di polvere che lo ricopriva nell'aria, poi con una mossa lo aprì. Al suo interno vi stava una foto incorniciata: rovinata e mal messa, raffigurava una famiglia felice, la sua, in un quadretto niente male. Ma non era felicità quella che sentiva in quel momento; non le parve giusto mentire a sé stessa, e nemmeno al suo disegno. Non era quello il ricordo di cui necessitava. Rispose la foto e il baule, con riguardo, al loro posto. Lilith ritornò alla sua posizione iniziale.



Ricordi, ricordi infelici.
Gli unici veri.




Voi non potete sapere quanto sono felice che questa storia sia finalmente nata. Mi correggo, SIAMO.
Siamo in due a scrivere questa storia, data la sua complessità.
Dovrebbe stare dalle originali. Avverto già da ora che questa idea innovativa è opera delle nostre menti contorte. 
Non abbiamo preso ispirazione da nulla, NOTHING. I primi due capitoli, forse tre, saranno concentrati sulla nascita di Vorjos.
Ultimo appunto: il nuovo personaggio non è altri che Justin Bieber.
Il sito non offre la possibilita di mettere la storia in due fandom, perciò l'ho messa qui e basta. NON SONO PAZZA, ahah.

Spero vi sia piaciuto, alla prossima.
Cià.

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