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Autore: Rosie Bongiovi    17/07/2013    4 recensioni
"Ci insegnano a scrivere una lettera da quando siamo alle scuole elementari.
Ci dicono “Qui va la data, lì l'emittente, là il destinatario”. I maestri più puntigliosi insistono su altre cose, come il contenuto. “Lì i saluti, poi il testo e ciò che volete raccontare, alla fine un semplice 'Arrivederci' o 'A risentirci'!”. Per me, invece, scrivere una lettera è sempre stato un modo come un altro per sfogarmi".
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Devi svegliarti”.

“Non è vero, stai mentendo spudoratamente”.

“Sono le undici di mattina..”.

“No, sono le 6,00, vedi che c'è buio?”.

“E' perché le tapparelle sono abbassate e hai gli occhi chiusi. Devi accompagnarmi in un posto”.

“Puoi andare da solo quando saranno le 11,00”.

“Ma sono le 11, Clarice!”. La ragazza si passò una mano sulla faccia, poi aprì un occhio solo, per guardare verso la finestra. Accidenti, Richie aveva ragione, le tapparelle erano abbassate. In ogni caso, aveva sonno, indipendentemente dall'orario. Si sentiva parecchio provata in quell'ultimo periodo, ma forse era a causa dei continui impegni che aveva la band. Il giorno prima, per esempio, erano andati in giro con Jon, David e Tico per incontrare un discografico o chiunque fosse. Clarice era troppo impegnata a fingere di ascoltare e ridere alle sue battute, mentre nascondeva le sue occhiaie con gli occhiali da sole di Richie, che a quanto pare aveva iniziato una vera e propria collezione. Diceva “Credo fermamente in una semplice regola: un uomo non può mai avere troppi occhiali da sole o troppe chitarre”. Ottima filosofia di vita, non c'è che dire. In ogni caso, se non era per colpa della band, era per colpa del lavoro: i genitori degli alunni continuavano a lamentarsi se le gite erano troppo poche, se i bambini tornavano a casa stanchi o se la scuola non forniva loro una merenda gratis. Ma cosa poteva farci lei? Era pur sempre una semplice insegnante che il pomeriggio o il week-end interpretava il ruolo di fidanzata di una rockstar in giro per l'America. Tuttavia Richie non le faceva pesare affatto questa situazione: non le negava mai attenzioni e più di una volta l'aveva aiutata a correggere i temi dei piccoli studenti, tutto questo prendendo aerei su aerei e spendendo patrimoni alle cabine telefoniche. Sarebbe stato comodo per entrambi se Clarice avesse deciso di seguire il chitarrista per il mondo, ma il lavoro non le permetteva assolutamente di fare una scelta simile. Ne avrebbe pagato le conseguenze e non era così ricca da potersi permettere di rimanere disoccupata. E così, di tanto in tanto, Richie tornava ad Ocean City dalla sua dolce Luna.

Era sabato 12 ottobre del 1989 e la band aveva a disposizione un paio di settimane per rilassarsi, prima di tornare a strimpellare in Australia, Nuova Zelanda, Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Finlandia.. Dovevano resistere fino a febbraio.

“Coraggio.. Ti prometto che poi ti porto a mangiare la pizza con un'extra dose di formaggio”. Oh, lui sì che sapeva ricattarla per bene. Così Clarice decise di aprire anche l'altro occhio e, arcuando il sopracciglio, scrutò il viso del chitarrista che era seduto alla sua destra. La giovane donna poté notare che si era già preparato, poiché aveva indosso una camicia bordeaux e dei jeans neri a vita alta. A quanto pare non aveva molte scelte: alzarsi da quel letto era obbligatorio. Benché si fosse già arresa, l'uomo decise di giocare una carta che avrebbe sempre funzionato. “Amore, non vorrai mica rimanere lì a dormire e sprecare così del tempo prezioso che potremmo passare insieme.. E se il 30 ottobre, quando ripartirò, dovessi morire cadendo giù dall'aereo?”.

“E va bene!” mugugnò, alzandosi dal materasso. Sentì la risatina di Richie, che la prese per mano e la tirò sulle sue ginocchia dandole un piccolo bacio a stampo sulle labbra.

“Amo questo tuo caratteraccio non appena apri gli occhi” sussurrò, sorridendole. Inerme di fronte a quel sorriso, la ragazza si limitò a cingere con le braccia il collo del chitarrista e a dargli un altro bacio.

“Forse è perché sei abituato con Jon..” osservò, ironicamente. Richie ridacchiò annuendo.
“Ipotesi plausibile.. Ti aspetto in soggiorno, okay?”. Prima di alzarsi per andare a prepararsi definitivamente, Clarice gli rubò un altro bacio e sorrise.

“Ci metto poco, giuro. Devo vestirmi elegante o sportiva o..?”.

“Come ti vestiresti se dovessi accompagnare il tuo ragazzo a fare un tatuaggio?”. Domanda a trabocchetto.

“Quale tatuaggio?”.

“Ricordi quello che c'era scritto sul tovagliolo del locale in cui abbiamo fatto il karaoke? 'Who Dares Wins', in blu, e tu ci avevi disegnato attorno una chitarra”. Aveva una memoria di ferro per certe cose, accidenti. Clarice ogni volta si stupiva per la straordinaria abilità che possedeva Richie nel notare anche i più piccoli particolari. 
“Me lo ricordo, sì” asserì lei, sorridendo. Il chitarrista estrasse dalla tasca destra un foglio sul quale c'era disegnata una bellissima chitarra alata, nera, e la scritta 'Who Dares Wins' sul fondo di essa, su una specie di pergamena posta in orizzontale.

“L'originale è a casa, non volevo che il tatuatore lo rovinasse, ma.. Diciamo che è pressoché identica”.

“Ma è bellissima..” osservò Clarice. Non sarebbe stata in grado di sopportare un dolore così atroce come quello provocato da un ago ricoperto di inchiostro, ma già da tempo il Re dello Swing aveva in mente questa idea.
“Lo so, l'ha disegnata la mia fidanzata!”. Le rivolse un sorrisetto divertito e ripiegò il foglio. “Si muova signorina Anderson, dovremmo anche fare colazione.. Anche se ormai è quasi ora di pranzo”.

“Non è colpa mia se sono stanchissima ultimamente..” mormorò.

“Ti converrebbe prenderti una settimana di vacanza dal lavoro, che ne dici?” le propose, con tono premuroso come era solito usare in sua presenza.

“Ci penserò.. Potrebbe trattarsi semplicemente di anemia, ma vedremo” accennò un sorriso e gli diede un leggerissimo bacio sulla guancia.

“Non farmi preoccupare, stellina, mi raccomando” le disse dolcemente, accarezzandole il viso. Clarice annuì e lo guardò uscire dalla stanza. Successivamente, si spostò di fronte all'armadio. Prese una camicetta di cotone, bianca, e la indossò, allacciando i bottoni con fare distratto mentre lo sguardo era alla ricerca di un paio di pantaloni o una gonna o.. Tatuaggio, aveva detto? Forse optare per un paio di jeans sarebbe stata la scelta migliore. Per coprire le occhiaie ricorse a del fondotinta. Solo un leggerissimo velo di ombretto rosa e un filo di rossetto regalatole da Dorothea. Almeno non sembrava più la brutta copia di uno zombie. Prima di scendere, però, alzò la cornetta del telefono che era sul comodino. Compose il numero del suo medico curante, al quale lasciò un messaggio in segreteria, con la cortese richiesta di prescriverle delle analisi che avrebbe fatto il lunedì. Da bambina soffriva di carenza di ferritina, era fortemente probabile che il problema si fosse ripresentato. Sentendosi più tranquilla, scese le scale e raggiunse il piano terra. Dopo che ella ebbe varcato la porta del soggiorno, Richie si alzò di scatto dal divano.

“Pronta, Luna?”.

“Prontissima. Andiamo”.

 

“Fa un male allucinante! Brucia! E pizzica! E ahh, la vuole smettere di bucarmi la pelle?! Mi ha preso per un muro, forse??”. Clarice, per quanto si sforzasse, non riusciva a rimanere seria. E come biasimarla, povera ragazza?

“Me lo ha chiesto lei di farle il tatuaggio!” replicò il tatuatore, un omone di due metri, ricoperto di tatuaggi dalla testa ai piedi.

“Appunto, un tatuaggio, non un'incisione sottocutanea!”.

“Sottocutanea? Davvero conosci il significato di questa parola, Richie?” domandò la ragazza, ridendo. Era sicura di non aver mai riso così tanto in tutta la sua vita.

“Non lo so, quando sono sotto pressione divento improvvisamente intelligente... Ahia! E la smetta lei!”. Ah, se solo ci fosse stata la possibilità di fare un simpatico filmino da mostrare al resto del gruppo. Non lo avrebbero più preso sul serio, probabilmente, ma ne sarebbe decisamente valsa la pena.

“Ho quasi finito, vuole smettere di lamentarsi? Prima sono venuti qui due ragazzini di sedici anni e sono rimasti zitti e fermi per tutta la durata del tatuaggio!”.

“Senta, innanzitutto questa è l'America ed è un paese libero! E poi il mondo è bello perché è vario. Sa che noia se fossero tutti uguali?”.

“Sarebbe un disastro se fossero tutti come lei!” replicò l'energumeno, scuotendo la testa e rimettendosi al lavoro. Clarice ridacchiò e Richie la incenerì con lo sguardo.

“E tu perché ridi? Amore! Dovresti difenderm aaaaahia!”.

“Ma certo tesoro, io ti difendo e ti supporto.. Solo che è fantastico vederti così”. Solitamente Clarice non era particolarmente sadica. Anzi, non lo era proprio per niente. Le avevano insegnato che bearsi delle disgrazie altrui è scorretto. 'Un giorno potrebbe toccare a te'. Già, ma mai e poi mai si sarebbe fatta fare un tatuaggio. Quindi, in un certo senso, seguendo questo ragionamento, ridere vedendo che un ragazzone come Richie stava piangendo come se non ci fosse un domani era lecito.

Più che lecito.

“Ecco fatto, ho finito” disse il tatuatore, restituendo a Richie il foglio con il disegno. Clarice osservò il braccio. Accidenti, doveva ammettere che era venuto veramente bene.

“Ehi.. Questa storia non deve uscire da questo negozio”.

“Quale storia?”.

“Il fatto che io abbia pianto come un bambino”. Clarice ed il proprietario del negozio si scambiarono uno sguardo d'intesa ed al contempo di compassione.

“Pianto? Bambino? Non sappiamo di cosa parli” gli rispose la ragazza, provocando un sorrisetto soddisfatto sul viso del chitarrista.

“Perfetto. Luna, hai vinto una pizza con un'enorme dose di formaggio. Lei invece.. Quanto le devo?”.

 

Nota dell'autrice:

...Ehilà? C'è nessuno? Dio, quanto sono imperdonabile. Sono sparita per praticamente 4 mesi da EFP. Ispirazione completamente finita. Scuola, problemi di cuore (e quando dico problemi di cuore intendo sentimentalmente. Sono sana come un pesce!... Un pesce destinato a diventare del delizioso sushi, magari) e.. Beh, credo di essere tornata, stavolta definitivamente. Il capitolo è breve, molto molto breve rispetto ai precedenti, ma era una sorta di "Ehi, eccomi qui, non sono morta!". Ringrazio di cuore coloro che hanno recensito, risponderò non appena avrò pubblicato il capitolo. Ringrazio anche i vecchi lettori, che decidano o meno di continuare questa FF. 

 

Un bacione ed un abbraccio fortissimo,

 

Rosie. 

  
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