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Autore: nini superga    17/07/2013    1 recensioni
“Mi faceva male pensare, eppure ricapitolai la situazione: Giulia era stata rapita dagli Uruk- hai di Saruman assieme a Merry e Pipino, i Valar sanno per quale scopo; Frodo e Sam aveva attraversato il Fiume e avevano deciso di andare a Mordor da soli, senza alcun aiuto, contando solo su se stessi, passando per il nord; noi eravamo quanto restava della Compagnia: Gandalf e Jadis ci avevano abbandonato a Moria, concludendo i loro giorni su Arda prima del tempo; Aragorn , Legolas e Gimli erano partiti all’inseguimento degli Uruk-hai, il compito di salvare mia sorella e gli Hobbit era loro, mentre io ero rimasta da sola con Boromir, ancora in stato di incoscienza a causa dello scontro con gli orchi di Saruman. Aveva rischiato la vita per proteggere i suoi compagni, infischiandosene delle frecce che lo trafiggevano e gli dilaniavano le carni, e ora ne pagava le conseguenze. Anche io scontavo le mie scelte: mi ero messa contro Boromir per impedirgli di prendere l’Anello a Frodo. “
si prospetta una storia interessante, che dite? mi raccomando, o lettori: recensite e criticate, qui c'è bisogno di consiglio! mi scuso di già per i vari errori :) vostra, Nini Superga.
Genere: Avventura, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Gioielli di Anna.'
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Capitolo 20

Sui camminamenti, noi attendevamo. Gli elfi di Haldir erano disposti lungo le mura-fossato e dentro lo spiazzo terroso retrostante, ridotto a poltiglia dalle innumerevoli impronte, silenziosi e freddi come solo gli elfi possono essere; gli uomini di Rohan erano sopra la porta del trombatorrione, capitanati da Theoden di Rohan, pronto a morire e a trascinare con sé l’intero suo popolo, pur di non lasciare prigionieri alla Bianca Mano di Saruman.

Non un sospiro veniva dal Fosso di Helm, persino le pietre e l’umidità che da esse trasudava sembravano attendere l’imminente fine perché si, quella notte saremmo morti tutti: lo sapevano gli uomini di Rohan, lo sapevano gli elfi di Lothlorien, lo sapevano i miei amici e lo sapevo io, in piedi sui camminamenti, in prima fila per la battaglia. Se proprio non lo sapevo, almeno lo intuivo: come potevo pensare ad altro quando mi oscillava davanti agli occhi una forza cento volte superiore alla nostra, un oceano nero, fitto di picche ondeggianti e irto d’asce di grezzo ferro? Come potevamo credere di sopravvivere a guerrieri creati appositamente per combattere, frutto di incroci bestiali pur di ottenere quella particolare ferocia, quella peculiare crudeltà, quelle caratteristiche che li rendeva Uruk hai?

Nonostante la vicinanza dei miei amici, di mia sorella, del mio uomo, non potevo pensare ad altro che alla morte imminente e a quanto suonassero vuote le parole dette solo qualche ora prima. Sfiorai con la mano il Corno di Gondor, posto di traverso sul mio fianco, pensando a come mi ero sentita invincibile mentre lo suonavo. E ora? Un lampo invase il cielo, illuminando la marmaglia nera e micidiale che si avvicinava a noi, inevitabile, inarrestabile. Letale.

Il mondo intero tratteneva il fiato, e noi con lui.

 “ Tremi anche tu, vero? “ La voce di Giulia mi riscosse. La guardai, a qualche passo da me, notando le mani stese lungo i fianchi chiuse convulsamente a pugno, le labbra strette di paura.

“ Mi sto chiedendo per quale motivo non sono rimasta nelle grotte con le altre donne. “

Mi concessi un sorriso. “ Forse perché non sei una semplice donna? “

Giulia si aggiustò per l’ennesima volta la fibbia dell’elmo, stretta sotto al mento, e incrociò i suoi occhi coi miei. “ Ormai è andata. Se moriremo, almeno lo faremo portando con noi qualche bestia nemica. “

 Annuii, tornando a fissare la vallata. “ Non ti lasceremo da sola, Giulia. Jadis e io ti proteggeremo. “ Un lampo squarciò il cielo buio, ingombro di nuvole e gonfio di pioggia, dandoci l’ennesima visione dell’esercito che ci veniva incontro, così chiara da far male. Sentii il cuore contrarsi nel petto e, involontariamente, cercai la mano di Boromir, in piedi accanto a me, stringendola forte. Lui non mi guardò, ma ricambiò la stretta con altrettanta forza.

<< Non abbiate alcuna pietà! >> Gridò la voce di Aragorn, così improvvisa da farmi trasalire. << Perché loro non ne avranno di voi. >> Mi chinai in avanti, cercando il ramingo tra le fila di guerrieri con lo sguardo. Lo vidi avvicinarsi, la spada in pugno, e passare in rassegna ogni singolo elfo pronto a colpire, per  poi fermarsi accanto a noi.

<< Siete pronti? >> Ci chiese, la mascella così contratta da sembrare roccia e la spada rigidamente stretta nel pugno destro. Legolas e Gimli annuirono, gravi, le mani sulle proprie armi, mentre Boromir gli concesse un sorriso senza allegria, sguainando la spada lunga dal fodero e scivolando dalla mia presa.

<< Sempre. >> Sussurrò, e lo adocchiai nel preciso momento in cui una fugace espressione gli attraversò il volto: era gioia, quella? Gioia? Conoscevo quell’espressione…Gli occhi scintillanti, la contrazione della mascella, quella particolare piega delle labbra…

 “ Sei sempre stata una pessima schermitrice, Anna, ma oggi dai il peggio di te! “ Le parole che Boromir mi aveva urlato sulle rive dell’Anduin, reso pazzo e assassino dall’Anello, mi rimbombarono forti e chiare nella testa, così forti da sovrastare il rombo del tuono che diede il via alle prime gocce del temporale sulle nostre teste. Sentii lo stomaco contrarsi, mentre ricordavo come mi ero sentita debole in quel frangete, come la spada era pesante, come mi ero sentita inutile e sciocca, proprio sciocca, a volermi mettere contro un destino già scritto, proprio come questa volta, questa notte, questa battaglia. Capii che il panico mi stava invadendo e che non avevo alcuna arma per contrastarlo. Serrai gli occhi, cercando di pensare ad altro, ma quella voce, quelle parole, quell’espressione non faceva altro che ripresentarsi, ancora e ancora, centuplicata, e la folle paura che mi attanagliava le viscere stava montando come la marea nel mio cervello. Oh Valar…

 Una scrollata improvvisa mi ridestò da quell’incubo, facendomi trasalire. Guardai la mano guantata che mi stringeva appena sopra al gomito, risalendola sino a incontrare gli occhi grigio perla di Boromir- occhi fermi, occhi decisi, occhi attenti e preoccupati. << Non potrò proteggerti sempre, stasera, e se ti lascio combattere al mio fianco è perché confido nelle tue capacità. >> Mi disse, senza allentare la presa. << Sei pronta per questa battaglia, Anna, lo sei dalle Rive dell’Anduin. Mi hai tenuto a bada in quell’occasione, saprai tenere a bada qualche orco. >> Sorrise amaramente a quelle ultime parole e mi sentii stranamente sollevata, quasi senza peso. Boromir si chinò al mio orecchio. << Dobbiamo farcela, Anna, lo dobbiamo a noi, al sentimento che ci lega. >> Tacque, prima di parlare, emozionato come un bambino. << Io…io voglio sposarti, Anna. Quando questo sarà finito, voglio essere una cosa sola con te, davanti agli Uomini e ai Valar, uniti per sempre. >>

Mi scostai un poco, concedendomi il lusso di spendere tempo a guardarlo.

Ricordai quando ci eravamo conosciuti, quanto ci odiavamo e quanto ci eravamo amati. Pensai a quanto ancora avevamo da vivere, mentre un lamento si alzava dal mio profondo per dire che no, non era giusto, non dovevamo finire così, ammazzati da un manipolo di orchi, lontani da casa e dagli amici. E come doveva finire, se non così?

“ Decidiamolo noi, sorella.” Le parole ed un leggero fruscio metallico mi fecero voltare verso Giulia, che teneva la spada nella destra, perfettamente conscia di ciò a cui andava incontro, eppure determinata ad andare fino in fondo. “ Scriviamolo noi, questo cazzo di finale. “

 Sorrisi alla solita ruvidezza di mia sorella, tornando a guardare Boromir. << Lo voglio con tutto il cuore. >>

Gli occhi grigi scintillarono di gioia, mentre il viso si apriva al più felice dei sorrisi. << Combatterò per te, stanotte. >> Sguainai a mia volta la spada, stringendola saldamente nel palmo nudo, e tornai a fissare la massa nera ma non con paura, bensì con sfida. << Combattiamo per noi. >>

 

 

L’esercito di Saruman si fermò a qualche metro dalle mura, ondeggiando picche e stendardi, mentre ordini venivano sbraitati in versi gutturali. Feci un profondo respiro, sentendo ogni pelo del mio corpo rizzarsi per la paura e la tensione. Mi chiesi come stesse Jadis, giù con gli altri elfi, nello spiazzo dietro le mura. Sbirciai i miei amici, ormai fratelli: Legolas e Gimli erano alla mia sinistra, le mani strette così saldamente alle proprie armi da avere le nocche bianche; Giulia era al mio fianco, la spada ben dritta in avanti, le spalle rigide, le gambe aperte per avere maggiore stabilità; Boromir e Aragorn erano alla mia destra, il primo leggermente più alto e massiccio del secondo, entrambi con la spada sguainata e lasciata a riposare lungo il fianco. << E’ un onore combattere al tuo fianco. >> Disse Boromir all’improvviso, così alla sprovvista da far trasalire Aragorn. Si scambiarono una lunga occhiata di intesa, prima che Aragorn facesse un inchino col capo. << Il piacere è tutto mio, fratello. >>

Fu allora che un leggero mugolio arrivò dal nemico. Osservammo con più attenzione quella marmaglia fetida, fissando i loro elmi bitorzoluti e chiusi, coì chiusi da non sembrare nemmeno lasciare spazio per il respiro. Un ruggito venne da qualche parte sulla destra, un verso di sfida, subito seguito da un altro verso più profondo. Le picche iniziarono ad ondeggiare come flessuose canne, pestando la terra con così tanta forza da credere di spaccarla, mentre i grugniti si trasformavano in urla e si riusciva a percepire un solo, unico nome, un inno al padre e signore, così ritmato da essere un canto di guerra: Saruman!Saruman!Saruman!Saruman!

Gli archi accanto a noi si tesero, gli elfi avevano incoccato la prima freccia, l’inizio era più che prossimo. Vidi Legolas tendere l’arco e lo sentii dire a Giulia di abbassarsi e di stare ferma, ma non ebbi il coraggio di voltarmi, ipnotizzata dal grido di battaglia degli Orchi. Aragorn aveva portato la spada al volto, baciandone la lama, e sembrava di pietra mentre fissava il nemico. << Ci siamo. >> Sibilò Boromir e vidi con la coda dell’occhio Aragorn alzare la mano per dare l’ordine di tirare. Ma dai camminamenti sopra la porta un sibilo giunse alle nostre orecchio. Senza alcun motivo, un orco si accasciò a terra grugnendo di dolore, sferragliando nella rovinosa caduta. Il piumaggio di una freccia sbucava da sotto il corpo, conficcata all’altezza della gola. Aragorn gridò forte di stare fermi e quello fu l’ultimo rumore prima del silenzio: gli orchi, infatti, avevano interrotto il loro canto di battaglia, gli occhi fissi sul compagno caduto. Poi, il silenzio si spezzò in mille versi di sfida, mentre  gli orchi iniziavano a caricare le mura.

 

Li vedemmo partire tutti assieme, in una massa di ferro che sembrava un oceano. Sentii Aragorn dare l’ordine di tirare. Lasciai che le frecce mi sfiorassero, conscia che nessuno mi avrebbe mai colpita se non un nemico. Con la coda dell’occhio vidi Giulia immobile, tesa in mezzo allo stormo di frecce. “ Tranquilla “, la rassicurai. “ Non ti colpirà nessuno. “

“ Non ho mica paura degli elfi, io… “ Precisò mia sorella. Qualcosa saettò appena sopra la mia testa, facendomi restare così scossa da ammutolirmi. Sentii un liquido caldo colarmi sulla fronte e, quando lo toccai con l’indice, capii che era sangue. “ Vedi? “ disse Giulia, gli occhi sgranati dallo spavento. << E’ di quello, che ho paura. >>

Le raffiche di frecce iniziarono a diminuire, mentre Aragorn alzava la spada. << Le scale! >> Gridò, muovendosi per i camminamenti. << Sguainate le spade! >> Vidi Gimli gongolare come un ragazzino, passandosi l’ascia di mano in mano, mentre io sentivo il sapore del sangue in bocca: era sempre così, prima di una battaglia. Combattiamo per noi, mi dissi, cercando un briciolo di coraggio e, quasi per caso, mi ricordai del Corno al mio fianco. Afferratolo, ci soffiai dentro con quanto fiato avevo in corpo, godendomi le occhiate dei miei compagni e non solo. << Spediamoli all’INFERNO! >> Gridò Giulia mentre l’eco si spegneva e il primo orco faceva capolino dalle mura merlate. Con un urlo, lo colpì nella zona scoperta del ventre, squarciandolo. Sangue caldo e nero si riversò a terra, sporcandole gli stivali, ma non c’era tempo per badare ai dettagli: dove se ne uccideva uno, eccone altri tre.

 

 

 

 

D.I.F.

Ciao giovani! Come andiamo? Qui nel mio altrove, be…le cose sono cambiate. Parecchio. Diciamo che… non sono più vergine del mondo. Mi dispiace per la prolungata attesa, nonché per il chappi assai loffe e magari impreciso, ma spero di aver superato bene il blocco della noia/ansia/nonsochecazzomièpreso! Spero di ricominciare a scrivere con regolarità (pfff! Non ci credo nemmeno io!) e di porre fine a questa storia… perché merita di essere conclusa. Almeno questa.

 

Ringrazio chi ci sarà ancora e chi vorrà nuovamente recensire le mie sporche parole. Saluti e benedizioni, un’Anna diversa.

  
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