Capitolo
20
Sui
camminamenti,
noi attendevamo. Gli elfi di Haldir erano disposti lungo le
mura-fossato e
dentro lo spiazzo terroso retrostante, ridotto a poltiglia dalle
innumerevoli
impronte, silenziosi e freddi come solo gli elfi possono essere; gli
uomini di Rohan
erano sopra la porta del trombatorrione, capitanati da Theoden di
Rohan, pronto
a morire e a trascinare con sé l’intero suo
popolo, pur di non lasciare
prigionieri alla Bianca Mano di Saruman.
Non un
sospiro veniva dal Fosso di Helm, persino le pietre e
l’umidità che da esse
trasudava sembravano attendere l’imminente fine
perché si, quella notte saremmo
morti tutti: lo sapevano gli uomini di Rohan, lo sapevano gli elfi di
Lothlorien, lo sapevano i miei amici e lo sapevo io, in piedi sui
camminamenti,
in prima fila per la battaglia. Se proprio non lo sapevo, almeno lo
intuivo:
come potevo pensare ad altro quando mi oscillava davanti agli occhi una
forza
cento volte superiore alla nostra, un oceano nero, fitto di picche
ondeggianti
e irto d’asce di grezzo ferro? Come potevamo credere di
sopravvivere a
guerrieri creati appositamente per combattere, frutto di incroci
bestiali pur
di ottenere quella particolare ferocia, quella peculiare
crudeltà, quelle
caratteristiche che li rendeva Uruk hai?
Nonostante
la vicinanza dei miei amici, di mia sorella, del mio uomo, non potevo
pensare
ad altro che alla morte imminente e a quanto suonassero vuote le parole
dette
solo qualche ora prima. Sfiorai con la mano il Corno di Gondor, posto
di
traverso sul mio fianco, pensando a come mi ero sentita invincibile
mentre lo
suonavo. E ora? Un lampo invase il
cielo,
illuminando la marmaglia nera e micidiale che si avvicinava a noi,
inevitabile,
inarrestabile. Letale.
Il mondo
intero tratteneva il fiato, e noi con lui.
“ Tremi anche tu,
vero? “ La voce di
Giulia mi riscosse. La
guardai, a qualche passo da me, notando le mani stese lungo i fianchi
chiuse
convulsamente a pugno, le labbra strette di paura.
“
Mi sto chiedendo per quale
motivo non sono rimasta nelle grotte con le altre donne. “
Mi
concessi un sorriso. “ Forse
perché non
sei una semplice donna? “
Giulia
si aggiustò per l’ennesima volta la fibbia
dell’elmo, stretta sotto al mento, e
incrociò i suoi occhi coi miei. “
Ormai è
andata. Se moriremo, almeno lo faremo portando con noi qualche bestia
nemica. “
Annuii, tornando a fissare
la vallata. “ Non ti lasceremo da
sola, Giulia. Jadis e
io ti proteggeremo. “ Un lampo squarciò
il cielo buio, ingombro di nuvole e
gonfio di pioggia, dandoci l’ennesima visione
dell’esercito che ci veniva
incontro, così chiara da far male. Sentii il cuore contrarsi
nel petto e,
involontariamente, cercai la mano di Boromir, in piedi accanto a me,
stringendola forte. Lui non mi guardò, ma
ricambiò la stretta con altrettanta
forza.
<<
Non abbiate alcuna pietà! >> Gridò
la voce di Aragorn, così improvvisa da
farmi trasalire. << Perché loro non ne avranno
di voi. >> Mi chinai
in avanti, cercando il ramingo tra le fila di guerrieri con lo sguardo.
Lo vidi
avvicinarsi, la spada in pugno, e passare in rassegna ogni singolo elfo
pronto
a colpire, per poi
fermarsi accanto a
noi.
<<
Siete pronti? >> Ci chiese, la mascella così
contratta da sembrare roccia
e la spada rigidamente stretta nel pugno destro. Legolas e Gimli
annuirono,
gravi, le mani sulle proprie armi, mentre Boromir gli concesse un
sorriso senza
allegria, sguainando la spada lunga dal fodero e scivolando dalla mia
presa.
<<
Sempre. >> Sussurrò, e lo adocchiai nel
preciso momento in cui una fugace
espressione gli attraversò il volto: era gioia, quella? Gioia? Conoscevo
quell’espressione…Gli occhi scintillanti, la
contrazione
della mascella, quella particolare piega delle labbra…
“
Sei
sempre stata una pessima schermitrice, Anna, ma oggi dai il peggio di
te! “
Le parole che Boromir mi aveva urlato sulle rive dell’Anduin,
reso pazzo e
assassino dall’Anello, mi rimbombarono forti e chiare nella
testa, così forti
da sovrastare il rombo del tuono che diede il via alle prime gocce del
temporale sulle nostre teste. Sentii lo stomaco contrarsi, mentre
ricordavo
come mi ero sentita debole in quel frangete, come la spada era pesante,
come mi
ero sentita inutile e sciocca, proprio sciocca, a volermi mettere
contro un
destino già scritto, proprio come questa volta, questa
notte, questa battaglia.
Capii che il panico mi stava invadendo e che non avevo alcuna arma per
contrastarlo. Serrai gli occhi, cercando di pensare ad altro, ma quella
voce,
quelle parole, quell’espressione non faceva altro che
ripresentarsi, ancora e
ancora, centuplicata, e la folle paura che mi attanagliava le viscere
stava
montando come la marea nel mio cervello. Oh
Valar…
Una scrollata improvvisa mi
ridestò da
quell’incubo, facendomi trasalire. Guardai la mano guantata
che mi stringeva
appena sopra al gomito, risalendola sino a incontrare gli occhi grigio
perla di
Boromir- occhi fermi, occhi decisi, occhi attenti e preoccupati.
<< Non
potrò proteggerti sempre, stasera, e se ti lascio combattere
al mio fianco è
perché confido nelle tue capacità.
>> Mi disse, senza allentare la presa.
<< Sei pronta per questa battaglia, Anna, lo sei dalle
Rive dell’Anduin.
Mi hai tenuto a bada in quell’occasione, saprai tenere a bada
qualche orco.
>> Sorrise amaramente a quelle ultime parole e mi sentii
stranamente sollevata,
quasi senza peso. Boromir si chinò al mio orecchio.
<< Dobbiamo farcela,
Anna, lo dobbiamo a noi, al sentimento che ci lega. >>
Tacque, prima di
parlare, emozionato come un bambino. << Io…io
voglio sposarti, Anna.
Quando questo sarà finito, voglio essere una cosa sola con
te, davanti agli
Uomini e ai Valar, uniti per sempre. >>
Mi
scostai un poco, concedendomi il lusso di spendere tempo a guardarlo.
Ricordai
quando ci eravamo conosciuti, quanto ci odiavamo e quanto ci eravamo
amati.
Pensai a quanto ancora avevamo da vivere, mentre un lamento si alzava
dal mio
profondo per dire che no, non era giusto, non dovevamo finire
così, ammazzati
da un manipolo di orchi, lontani da casa e dagli amici. E
come doveva finire, se non così?
“
Decidiamolo noi, sorella.” Le parole ed
un leggero fruscio
metallico mi fecero voltare verso Giulia, che teneva la spada nella
destra,
perfettamente conscia di ciò a cui andava incontro, eppure
determinata ad
andare fino in fondo. “ Scriviamolo
noi,
questo cazzo di finale. “
Sorrisi
alla solita ruvidezza di mia sorella, tornando a guardare Boromir.
<< Lo
voglio con tutto il cuore. >>
Gli
occhi grigi scintillarono di gioia, mentre il viso si apriva al
più felice dei
sorrisi. << Combatterò per te, stanotte.
>> Sguainai a mia volta la
spada, stringendola saldamente nel palmo nudo, e tornai a fissare la
massa nera
ma non con paura, bensì con sfida. <<
Combattiamo per noi. >>
L’esercito
di Saruman si fermò a qualche metro dalle mura, ondeggiando
picche e stendardi,
mentre ordini venivano sbraitati in versi gutturali. Feci un profondo
respiro,
sentendo ogni pelo del mio corpo rizzarsi per la paura e la tensione.
Mi chiesi
come stesse Jadis, giù con gli altri elfi, nello spiazzo
dietro le mura.
Sbirciai i miei amici, ormai fratelli: Legolas e Gimli erano alla mia
sinistra,
le mani strette così saldamente alle proprie armi da avere
le nocche bianche;
Giulia era al mio fianco, la spada ben dritta in avanti, le spalle
rigide, le
gambe aperte per avere maggiore stabilità; Boromir e Aragorn
erano alla mia
destra, il primo leggermente più alto e massiccio del
secondo, entrambi con la
spada sguainata e lasciata a riposare lungo il fianco. <<
E’ un onore
combattere al tuo fianco. >> Disse Boromir
all’improvviso, così alla
sprovvista da far trasalire Aragorn. Si scambiarono una lunga occhiata
di
intesa, prima che Aragorn facesse un inchino col capo. <<
Il piacere è
tutto mio, fratello. >>
Fu
allora che un leggero mugolio arrivò dal nemico. Osservammo
con più attenzione
quella marmaglia fetida, fissando i loro elmi bitorzoluti e chiusi,
coì chiusi
da non sembrare nemmeno lasciare spazio per il respiro. Un ruggito
venne da
qualche parte sulla destra, un verso di sfida, subito seguito da un
altro verso
più profondo. Le picche iniziarono ad ondeggiare come
flessuose canne, pestando
la terra con così tanta forza da credere di spaccarla,
mentre i grugniti si
trasformavano in urla e si riusciva a percepire un solo, unico nome, un
inno al
padre e signore, così ritmato da essere un canto di guerra: Saruman!Saruman!Saruman!Saruman!
Gli
archi accanto a noi si tesero, gli elfi avevano incoccato la prima
freccia,
l’inizio era più che prossimo. Vidi Legolas
tendere l’arco e lo sentii dire a
Giulia di abbassarsi e di stare ferma, ma non ebbi il coraggio di
voltarmi,
ipnotizzata dal grido di battaglia degli Orchi. Aragorn aveva portato
la spada
al volto, baciandone la lama, e sembrava di pietra mentre fissava il
nemico.
<< Ci siamo. >> Sibilò Boromir e
vidi con la coda dell’occhio
Aragorn alzare la mano per dare l’ordine di tirare. Ma dai
camminamenti sopra
la porta un sibilo giunse alle nostre orecchio. Senza alcun motivo, un
orco si
accasciò a terra grugnendo di dolore, sferragliando nella
rovinosa caduta. Il
piumaggio di una freccia sbucava da sotto il corpo, conficcata
all’altezza
della gola. Aragorn gridò forte di stare fermi e quello fu
l’ultimo rumore
prima del silenzio: gli orchi, infatti, avevano interrotto il loro
canto di
battaglia, gli occhi fissi sul compagno caduto. Poi, il silenzio si
spezzò in
mille versi di sfida, mentre gli
orchi
iniziavano a caricare le mura.
Li
vedemmo partire tutti assieme, in una massa di ferro che sembrava un
oceano.
Sentii Aragorn dare l’ordine di tirare. Lasciai che le frecce
mi sfiorassero,
conscia che nessuno mi avrebbe mai colpita se non un nemico. Con la
coda
dell’occhio vidi Giulia immobile, tesa in mezzo allo stormo
di frecce. “ Tranquilla “,
la rassicurai. “ Non ti
colpirà nessuno. “
“
Non ho mica paura degli elfi,
io… “
Precisò
mia sorella. Qualcosa saettò appena sopra la mia testa,
facendomi restare così
scossa da ammutolirmi. Sentii un liquido caldo colarmi sulla fronte e,
quando
lo toccai con l’indice, capii che era sangue. “
Vedi? “ disse Giulia, gli occhi sgranati dallo
spavento. <<
E’ di quello, che ho paura. >>
Le
raffiche di frecce iniziarono a diminuire, mentre Aragorn alzava la
spada.
<< Le scale! >> Gridò,
muovendosi per i camminamenti. <<
Sguainate le spade! >> Vidi Gimli gongolare come un
ragazzino, passandosi
l’ascia di mano in mano, mentre io sentivo il sapore del
sangue in bocca: era
sempre così, prima di una battaglia. Combattiamo
per noi, mi dissi, cercando un briciolo di coraggio e, quasi
per caso, mi
ricordai del Corno al mio fianco. Afferratolo, ci soffiai dentro con
quanto
fiato avevo in corpo, godendomi le occhiate dei miei compagni e non
solo.
<< Spediamoli all’INFERNO!
>> Gridò Giulia mentre l’eco si
spegneva e il primo orco faceva capolino
dalle mura merlate. Con un urlo, lo colpì nella zona
scoperta del ventre,
squarciandolo. Sangue caldo e nero si riversò a terra,
sporcandole gli stivali,
ma non c’era tempo per badare ai dettagli: dove se ne
uccideva uno, eccone
altri tre.
D.I.F.
Ciao
giovani!
Come andiamo? Qui nel mio altrove, be…le cose sono cambiate.
Parecchio. Diciamo
che… non sono più vergine del mondo. Mi dispiace
per la prolungata attesa, nonché
per il chappi assai loffe e magari impreciso, ma spero di aver superato
bene il
blocco della noia/ansia/nonsochecazzomièpreso! Spero di
ricominciare a scrivere
con regolarità (pfff! Non ci credo nemmeno io!) e di porre
fine a questa storia…
perché merita di essere conclusa. Almeno questa.
Ringrazio
chi ci sarà ancora e chi vorrà nuovamente
recensire le mie sporche parole.
Saluti e benedizioni, un’Anna diversa.