Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
Segui la storia  |       
Autore: nevertrustaduck    18/07/2013    5 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

TELLER’S POV

Il sole si stagliava alto nel cielo, preannunciando l’ennesima estate bollente. I raggi si insinuavano in ogni fibra e in ogni fessura, intrecciandosi e andando a formare disegni complicati sulle pareti delle case che lasciavano le imposte aperte. Rincorrevano quella piccola afa che stava cominciando a calare nei vicoli della città come un coperchio su una pentola che bolle, divertendosi a scommettere su chi avrebbe raggiunto per primo l’esasperazione  degli uomini.

Era difficile correre sotto quel sole, soprattutto se non lo si aveva fatto per mesi, e quell’afa dispettosa che si divertiva a schiaffeggiarti il collo con il suo fiato umido non rendeva di certo le cose più facili. Ma lui doveva farlo, doveva allontanarsi da quel posto il più in fretta possibile, prima che riuscissero a trovarlo. Cosa che non sarebbe successa poi così tardi se continuava a correre come avrebbe potuto fare un orso costretto su due zampe. Si maledisse mentalmente e continuò ad arrancare tra le stradine secondarie, cercando un po’ di riparo nell’ombra creata da qualche angolo di tanto in tanto. Si passò una mano sulla fronte, portandosela poi alla bocca mentre si appoggiava al fianco di un edificio per riprendere fiato. La vecchia camicia di flanella era arrotolata sopra gli avambracci, e si attaccava alla schiena laddove correvano a ritmo frenetico delle gocce di sudore.

Estrasse un foglio stropicciato dalla tasca dei jeans, si guardò un attimo intorno e poi rimise il foglio al suo posto, ripartendo a passo di carica.
L’aveva stampato la scorsa notte, in un web-café semideserto dove era riuscito a passare inosservato. E adesso ecco che la sua ricerca ricominciava alla luce del sole. Tagliò per una strada laterale sulla destra, che lo immise finalmente dove si riusciva a trovare qualche Boulevard.

Voleva solo trovare l’istituto, vederla da lontano, appurarsi che stava bene. Dopo tutto questo tempo… avrebbe pensato le cose peggiori nei suoi riguardi e lui di certo non poteva biasimarla. Se solo un giorno avesse potuto parlarle di nuovo, raccontarle la sua storia… Nei suoi ricordi Jessica era ancora una bambina con due codini che le spazzolavano le spalle e le stringhe delle scarpe che si intrecciavano tra i piedi, rischiando di farla cadere perché non sapeva ancora annodarle per bene. Sorrise, ripensando a come saltava giù dalla sedia e gli correva incontro quando rincasava dal lavoro. Si attaccava alle sue gambe con quelle braccine esili ma dalla stretta d’acciaio, e vi rimaneva attaccata come una patella allo scoglio fino a quando lui non si decideva a darle la solita, affettuosa arruffata ai capelli.
Il suo sorriso si fece triste, ripensando a quante cose aveva perso che non gli sarebbero mai state restituite.

Controllò l’indirizzo sul foglio che aveva in tasca e voltò l’angolo, ritrovandosi di fronte a un edificio marroncino protetto da un cancellata di ferro battuto. Una targa dorata riportava a chiare lettere Universal Rainbow – orfanotrofio.
È questo il posto
, disse tra sé spingendo il cancello, che lo accompagnò nel cortiletto di ghiaia con un cigolio metallico. I sassolini emisero il loro solito scrocchio di benvenuto, al quale davano il via non appena incontravano i piedi di qualcuno. Il signor Switcherson si ritrovò in poco tempo a premere la mano sul pesante portone in legno, ornato soltanto da una maniglia dorata. Non si fermò a ristorarsi nell’ombra dell’ingresso e nella corrente fresca che provocò aprendo la porta. Come mosso da una scarica di energia si proiettò all’interno dell’istituto, e attraversò il giallo salone dei ricevimenti, senza notare minimamente la sua tonalità sfavillante che tanto infastidiva i suoi inquilini.

Il cuore gli martellava nelle orecchie, facendo scendere l’istituto nel silenzio più ovattato. Si diresse con sicurezza verso il bancone dell’accoglienza, asciugandosi le mani sudate sui pantaloni, e si rimise alla disponibilità della hostess che lo guardava con un misto di compassione e rimprovero da dietro gli occhialetti squadrati bordati di rosso.

«Come ha detto che si chiama la ragazza?» chiese la signorina dopo alcune domande di routine.
«Jessica» disse l’uomo mentre lei picchiettava con le unghie laccate sulla tastiera. «Jessica Switcherson» ripeté serrando le mani attorno al bordo del bancone, cercando di fermare il tremito che le scuoteva. Sentì il cuore pulsare nelle tempie ad un ritmo così veloce da sembrare quasi inumano. I polmoni gli bruciavano, come se stesse sostenendo quella piccola conversazione in apnea, addirittura in una stanza sottovuoto, e una grossa mano invisibile gli si chiudeva attorno alla gola, stringendo la presa minuto dopo minuto.
Cercò di prendere un respiro profondo, tornando ad asciugarsi le mani sui pantaloni.

«Signor Switcherson?» disse la hostess, richiamandolo alla realtà.
Lui alzò di scatto la testa, che fino a qual momento aveva tenuta chinata per tenere lo sguardo fisso sulle mani ancorate al bancone.
«Sua figlia è stata adottata».

***

Il sole era calato, ora tingeva di un arancione dorato ogni cosa che finisse sotto il proprio sguardo. L’afa aveva rallentato la sua discesa frenetica, e dell’aria calda della mattina non era rimasto che qualche tiepido refolino. Ma l’afa o l’estate imminente non erano certo i discorsi che aleggiavano da un po’ di tempo in uno stabile appena fuori città. Numerose finestre si affacciavano su quel tramonto che si stava consumando senza ricevere la minima attenzione. E così il sole, pian piano, fece scivolare i suoi raggi sui vetri in un silenzioso pianto dorato, buttandosi aldilà dell’orizzonte, lasciando che l’oscurità ingoiasse anche il suo più piccolo, ultimo bagliore.

Sembrava che l’edificio fosse costantemente avvolto dall’assenza di rumore, dove gli unici suoni che spiccavano di tanto in tanto erano il ticchettio di una tastiera o dei passi affrettati. Le stanze, ora semideserte, sembravano così ampie da rendere superflui tutti quei condizionatori disposti in fila lungo le pareti, dalle ventole che gracchiavano ogni volta che si chiedeva loro di uscire dal letargo. “Nuovo” non era di certo l’aggettivo ideale per descrivere quel posto, eppure un piccolo rettangolo all’ultimo piano era riuscito ad ottenere la sua buona porzione di modernità.

Le tende color cremisi erano tirate sull’immensa vetrata che si stagliava alle spalle di una sofisticata scrivania in legno dove giaceva una cartellina gialla appena tirata fuori dal doppiofondo di un cassetto. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta di quella stanza. Due piccoli colpi secchi, decisi, che preannunciarono l’arrivo di un uomo dai capelli biondi che indossava ancora il maglione a rombi verdi del giorno precedente. In mano aveva un CD, stretto gelosamente tra le dita massicce e sul viso si era allargato un compiaciuto sorriso soddisfatto. Avanzò a grandi passi verso la scrivania e porse il CD al suo capo, che lo guardò di rimando alzando un folto sopracciglio bruno.

«Sono le registrazioni delle telecamere di sicurezza di quell’istituto dov’è stata la Switcherson negli ultimi anni, e a quanto pare questa mattina hanno ricevuto una visita d’eccezione» disse l’uomo.
Alejandro De La Rosa inserì pigramente il CD nel computer a schermo piatto che troneggiava sulla scrivania e avviò uno dei filmati che conteneva.

«Guarda chi si rivede» disse ad un certo punto, condividendo finalmente il sorriso soddisfatto del suo dipendente. «Il suo sentimentalismo renderà tutto più semplice, Roland» disse in tutta sicurezza all’uomo, massaggiandosi leggermente il mento. «Ci sono altre novità?» chiese poi, lasciando perdere lo schermo del computer.

«Hanno dimesso l’altra ragazza dall’ospedale, penso che rimarrà per qualche tempo con quella famiglia, i Jonas. E la Switcherson dovrà partecipare ad una rappresentazione entro pochi giorni, l’evento sarà aperto al pubblico» riferì l’uomo biondo portando le braccia dietro la schiena.
«Fantastico» disse De La Rosa prima di voltarsi verso l’ampia finestra oscurata dalla cortina di tende, congiungendo le dita affusolate. «Amo le rimpatriate, mi rattristava l’idea di non celebrarne presto una» aggiunse con una punta di malinconia nella voce. Si lasciò scappare una risata poco dopo.

Fece girare la poltrona su se stessa per ritrovarsi di nuovo faccia a faccia con il suo tirapiedi. «Con il trasferimento come siamo messi?» gli chiese tornando serio. «Siamo a buon punto, signore» rispose Roland accennando un sorriso che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque. A tutti, fatta eccezione per De La Rosa ovviamente, il quale ricambiò il sorriso come con il cuore scaldato da quel gesto. «Preparati Roland» disse alzandosi. L’altro, quasi intuendo le sue intenzioni volò all’attaccapanni e tolse dalla gruccia il trench color avorio che il suo capo amava indossare. Poi glielo porse con un gesto rispettoso, aiutandolo a scivolare sulle spalle larghe dell’uomo. «Andiamo a teatro» concluse De La Rosa con un’espressione soddisfatta dipinta sul volto. Roland assentì in silenzio andando ad aprire la porta, facendo strada all’uomo.

Quando i due furono usciti, un refolo di vento si azzardò ad entrare da una finestra della grande vetrata dimenticata aperta. Accarezzò l’attaccapanni dove, fino a poco prima, riposava l’elegante impermeabile del signor De La Rosa, si posò cauto sulla scrivania possente e finì con l’accarezzare la cartellina gialla, dimenticata incustodita sul tavolo. Ne sollevò curioso la copertina, lasciando scoperto il primo foglio, dove spiccava una foto cerchiata da un pennarello rosso. Voluminosi, ramati capelli ricci contornavano un ovale dalla carnagione perfetta e luminescente. Ne seguivano fitte e dettagliate righe che raccontavano la sua storia, descrivevano la sua personalità ed evidenziavano le sue debolezze. L’unica presente sulla scheda sembrava la stessa inclusa tra quelle di un’altra ragazza, in una scheda successiva. Capelli scuri, occhi verdi, labbra rosate. Jessica Switcherson, così diceva il nome scritto in stampatello sulla testata del foglio.

La cosa, o meglio, la persona che accomunava le due ragazze si chiamava Nicholas Jonas, e qualcuno sapeva come usarla contro di loro.



ANGOLO AUTRICE:
Salve bellissime, come andiamo?
Avete visto quello spettacolo di video che è FIRST TIME? **
Razza di domande che faccio, l'avrete visto di sicuro! E di sicuro avrete pensato che sia fantastico, come ho fatto io.
Come ho fatto io dopo aver urlato come una pazza da manicomio, aver pianto come una fontana, essere morta, sepolta e aver continuato a urlare fangirlando nella tomba. *okay, ha del macabro tutto ciò*
Per quanto riguarda il capitolo, se siete arrivate fin qui avrete capito che era uno di raccordo, per dare un disegno delle trame che altrimenti non spiegate farebbero diventare la storia piena di personaggi ignoti che compiono azioni che non vi sapete spiegare.
Dispiace anche a me non averci messo i nostri amati carciofi principali, ma c'est la vie c:
Tornando a noi, domani parto e sto via una settimanella (mini tour dell'Andalusia) peeerò ho già pronto il prossimo capitolo che pubblicherò quando torno. E in viaggio scriverò, già lo so.
Va bene, adesso vado c:
Ultima, ma non ultima cosa vorrei ringraziare tutte le new entries tra preferiti/seguiti e tra i lettori (che questa settimana sono un bel numerello c':)
Adios <3
Miki

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers / Vai alla pagina dell'autore: nevertrustaduck