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Autore: mikeychan    18/07/2013    2 recensioni
L’ignoto può essere una tragedia? Chibi-Story!
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un vagito echeggiava in una stanza. Un paio di occhi miele fissavano imbronciati il bambino nella culla di legno. Mikey singhiozzava per la mancanza del suo orsacchiotto, rubacchiatogli da Raphael.
-Piangi sempre, tu!- gli ringhiò, andando via dalla camera.
In cucina, Splinter stava pulendo la bocca di Donnie con un panno. Si era sporcato di cioccolato e la sua merendina era completamente spiaccicata in terra.
Leonardo, di anni sei cercava di rendersi utile in più modi. Il suo fratellino di anni quattro, Donnie, non smetteva di giocare con il cucchiaio.
-Papà- chiamò Leo, tirandogli il kimono.
-Sì, figliolo?-.
-Sento piangere- rispose Leo, perplesso.
Splinter aggrottò la fronte e annuì. Poggiò Donnie con i piedini in terra e Leo lo prese per mano.
-Andiamo, figlioli- suggerì il sensei: -Meglio andare a controllare gli altri-.
E lasciarono la cucina.
Proprio in quel momento, Raphael (di anni cinque), notò i passi in avvicinamento della sua famiglia e approfittando di essere accanto al divano del salotto, ebbe un’idea. Gettò il panda peluche sotto il divano ridendo sadicamente.
Fece in tempo a far finta di star giocando con una pallina rossa, seduto sul tatami, dinanzi al televisore.
Il topo e le tartarughine lo notarono ma non dissero nulla e continuarono a raggiungere la camera di Splinter. Lì, difatti, vi era la piccola culla del piccolo Michelangelo, di un solo anno di vita…
 
Splinter accese l’interruttore della luce e comprese che il suono non era che il pianto del piccolino, il quale si muoveva lentamente nel suo lettino.
-Michelangelo, figliolo- gli sussurrò, prendendolo in braccio: -Non piangere, va tutto bene-.
-Papà, sta male?- chiese Leo, preoccupato.
Il topo controllò il piccolino: dal pannolino alla temperatura e negò con il capo.
-No, Leonardo. Probabilmente è affamato-.
-Lui mangiato- disse Donnie, succhiandosi il pollice.
-Donatello, togli le mani dalla bocca- lo rimproverò dolcemente il papà: -Andiamo in cucina-.
Chibi-Raph comparve sulla soglia della porta, guardando con rabbia il sensei che passeggiava con Mikey in braccio. Quest’ultimo si stava aggrappando alla chiusura del kimono, piagnucolando.
-Che succede?- chiese, con un tono un po’ burbero.
-Sta piangendo- sottolineò Leonardo, tenendo per mano ancora Donnie,
-E perché?- riformulò ancora il rosso, con aria innocente.
-Non si sa- rispose Donnie, togliendosi il pollice dalle labbra…
 
-Leonardo, puoi mantenermi Michelangelo, per favore?- chiese il topo, gentilmente.
-Sì, papà, certamente!-.
Il topo annuì orgoglioso e gli porse il singhiozzante Mikey, mentre si cimentò nella bollitura di un po’ di latte prima della cena.
-Non piangere- gli disse Leo, baciandogli la guancia.
Donnie prese la manina di Mikey e sorrise: -Andrà tutto bene!-.
Raph rimase in disparte; lui detestava Michelangelo con tutte le sue forze perché era il più piccolo della famiglia e di conseguenza, riceveva più coccole. Splinter lo guardò con la coda dell’occhio e cominciò ad avere lievi sospetti, ma rimase in silenzio.
Afferrò il biberon dalla credenza e ci versò il latte non troppo bollente; avvitandoci il ciuccio, Splinter volle fare un esperimento.
-Raphael, dai tu il biberon a Michelangelo-.
Raph sbuffò: -Devo, maestro?-.
-Sì, figliolo. Io torno subito-.
Raphael prese a malincuore la bottiglia con delle tartarughine arancioni e Leo si avvicinò con Mikey. Come Splinter uscì dalla cucina, rimase appiattito contro la parete, con le orecchie ritte in ascolto.
-Dai, Raph, dagli la bottiglia- incitò Leonardo.
Il rosso brontolò e si sedette in terra, a gambe incrociate, mentre Leo gli porse il piccolo Mikey. Donnie adocchiò una piccola formica e corse per prenderla; l’azzurro, però, lo fermò prima che potesse battere la testa contro il forno.
-Donnie! Fermati!-.
Ma il viola non l’ascoltava: sembrava una molla impazzita.
Raph ridusse gli occhi a due fessure e non disse nulla. Mikey, in quella sua tutina gialla, sgambettò e infastidito dai lievi colpetti contro il suo stomaco, il rosso gli batté la bottiglia in testa.
Ovviamente, il piccolo Michelangelo stava per piangere per la paura e il lieve dolore. Il rosso, comunque, lo zittì infilandogli selvaggiamente il biberon in bocca.
Lo spinse talmente tanto che quasi Mikey si soffocò.
-Andiamo, mangia- gli ringhiò.
Fece per alzarsi, quando Donnie inciampò in un rialzo delle mattonelle sul pavimento e ruzzolò su Raph, trascinandosi anche Leo. Si formò un groviglio di macchie verdi ma il piccolo Mikey cadde pesantemente in terra, picchiando la testa duramente.
Splinter, sentendo il gridare accorse immediatamente e vide Raphael sporco di latte, con Donnie che piangeva e Leo che si massaggiava il ginocchio sbucciato.
-Che cosa è successo, qui?- irruppe con rabbia.
Notò immediatamente Michelangelo fradicio di latte, che piangeva disperato. Si affrettò a raccoglierlo, notando la piccola macchia rossa sul cranio.
-Andate tutti immediatamente in bagno! Adesso!- rimproverò deluso.
I tre bambini annuirono e Leo li portò per mano, sentendosi in colpa per l’accaduto. Il sensei sospirò, mentre appoggiò Michelangelo sul tavolo della cucina. Gli sfilò la tutina bagnata e cercò di confortarlo.
-Shhh, figliolo. Papà è qui-.
Mikey lo guardò con quegli occhioni azzurri e bagnati, incapace di placare le grida di paura e dolore…
 
Leo, Don e Raph si erano spogliati e sguazzavano nella vasca da bagno, giocherellando con le bolle di sapone.
-Credete che Mikey si sia fatto male?- chiese Leo, con aria spaventata.
-Quello piange anche se non tocchi- sbraitò Raphael, imbronciato.
-Non dire così!- urlò Donnie, riemergendo dall’acqua: -Mikey piccolo!-.
-No, lui è stupido!-.
Leo lo schizzò con l’acqua: -Non dire assurdità, stai zitto!-.
Per fortuna, l’arrivo del maestro Splinter, con in braccio il piccolo Michelangelo, evitò un sonoro “scontro” tra Leo e Raph. I tre bambini nella vasca la smisero immediatamente di combattersi e schizzare dappertutto.
Splinter spostò Mikey in un braccio, mentre con l’altro iniziò a riempire il lavandino bianco. La tartarughina aveva la guancia appoggiata sulla spalla del padre, succhiandosi il pollice.
-Visto?- sibilò sottovoce Raph: -Vuole solo le coccole!-.
Leo gli dette un pizzico ma Splinter li fulminò con un’occhiataccia. La smisero immediatamente.
L’acqua non ci mise molto a riempire il lavandino; non era molto bollente e Mikey prese subito confidenza. Il sensei si arrotolò le maniche del kimono e la sua mano si chiuse a coppa, accarezzando la testolina del piccolo con l’acqua calda.
Mikey ridacchiò e si agitò tutto, schizzando il maestro, il quale ridacchiò.
-Mi aspetto che più tardi riflettiate sul vostro comportamento- disse il topo, con lieve rabbia.
-Sì, maestro- rispose Leo, facendolo per tutti: -Mikey sta bene, però?-.
-Sì, Leonardo. Non è nulla di grave-.
-Bello!- sorrise Donnie, nuovamente con la fissa di fare il sub.
 
Appena dopo il bagnetto, Mikey venne lasciato nel suo box, a giocherellare; per un po’ rimase tranquillo a gironzolare più volte con il suo gattono. Splinter stava preparando la cena, quando udì nuovamente Mikey piangere.
Spense sotto il fuoco e andò a controllare il salotto. Leonardo, Donatello e Raphael erano dinanzi al box, non capendo il motivo di tante lacrime.
-Perché Michelangelo piange?- chiese preoccupato.
-Stava gattonando quando si è fermato e ha iniziato a piangere- spiegò Leo, tristemente.
-No peluche- indicò Donnie, intelligente come al solito: -No peluche!-.
Splinter si affacciò suo box azzurrato e capì: Michelangelo stava piangendo per il suo pupazzetto mancante. Sospirò e cercò di cullarlo, anche se sapeva che senza Orsetto, non si calmava.
-Troviamolo!- ordinò Leo.
-Non serve- disse Donnie, accovacciato accanto al divano: -Orsetto qui-.
Il sensei mise Michelangelo in terra per vedere, ma il bambino gattonò sotto il divano e ritornò con il peluche in bocca.
L’arancione iniziò a ridere soddisfatto, stringendo l’amico bianco e nero che Raph gli aveva fatto sparire.
-Molto bene, adesso, figlioli, restate qui- sorrise Splinter: -La cena sarà pronta fra poco-.
Leo annuì e Mikey tornò nel suo box, addormentandosi pacificamente. Voltando la testa ai suoi fratelli minori, intravide un bagliore di rabbia in Raph. La sua mente gli riportò a galla il discorsetto in bagno e si accigliò.
-Raph, sei stato tu- disse in tono accusatorio: -Hai rubato tu il peluche di Mikey!-.
-Che cosa? Non è vero!- si difese l’altro, mentendo.
-Sì, invece!- ribatté Leo, a voce stesa.
Mikey si svegliò di soprassalto, a causa delle voci e gattonò sino alla griglia del box. Voleva alzarsi in piedi ma era incapace di farlo: guardò Donnie che gli sorrise, lasciando i fratelli maggiori a litigare.
-Vuoi uscire?- chiese il viola, non sapendo come fare.
-Figlioli, la cena è pronta!- annunciò Splinter, mentre i due tartarughini focosi la smisero all’istante.
Splinter raccolse Michelangelo tra le sue braccia e tenne la manina di Donnie, il quale ridacchio. Leo e Raph si scambiarono uno sguardo arrabbiato ma rimasero in silenzio.
 
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Dopo cena, come punizione, Raphael fu costretto a sparecchiare e gettare i rifiuti nel sacco nero. A lui non piacevano le faccende domestiche ma non poteva sottrarsi. Mikey, intanto, gattonava liberamente sotto il tavolo della cucina, stringendo il suo peluche.
Raph distolse lo sguardo e continuò a gettare le bucce delle mele nella spazzatura.
-Quando avrai finito, figliolo, ti leggerò una storia- mormorò Splinter.
Raph s’illuminò di gioia: -Davvero, papà?-.
-Certo- annuì Splinter: -Quella che più ti piace-.
Gli occhi miele del rosso brillarono di felicità e raddoppiò la velocità di pulizia. Era così orgoglioso che afferrò la scopa e iniziò a spazzare il pavimento con foga. Splinter uscì dalla cucina, per andare a controllare Leo e Don.
Il movimento della scopa tirò via il pupazzetto di Mikey, il quale lo inseguì con felicità. Raph non se ne accorse e Orsetto finì in una busta vuota.
-Una storia!- mormorò il rosso: -Quale potrei farmi leggere?-.
Mikey raggiunse il peluche ma entrò nella busta, credendo che fosse un gioco. Raphie raccolse l’ultimo torsolo di mela e lo lanciò nella busta, chiudendoci, purtroppo, anche il fratellino dentro.
-Maestro Splinter!- urlò felicemente Raphael: -Ho finito!-.
Il topo rientrò con un Donnie assonnato in braccio: -Molto bene. Puoi andare a letto-.
Raph annuì e sgattaiolò nella cameretta, pronto per infilarsi nel suo lettino.
-Maestro- fece Leonardo: -Posso portare io a letto Donnie?-.
Splinter annuì e glielo consegnò, abbracciandoli entrambi con amore.
Lasciata la cucina, il topo afferrò i due sacchi della spazzatura e li mise accanto alla porta principale. Tornò indietro verso la stanza dei suoi piccoli e si sedette sul lettino di Raphael, aprendo un libro di fiabe.
-Vi leggerò la fiaba di Cappuccetto Rosso-.
-Sì!- gridò Raph, che amava immaginarsi Cappuccetto come una moderna kunoichi.
Il topo ridacchiò e iniziò la lettura, controllando i suoi bambini che crollavano l’uno dopo l’altro. Il primo fu Donnie, che non riuscì neppure a sentire l’inizio, a causa della stanchezza. Il secondo fu Leo, il quale resistette sino alla scena del cacciatore.
Raph chiuse gli occhi quando la nonna e Cappuccetto Rosso si riabbracciarono.
-E vissero tutti felici e contenti-.
Splinter chiuse il libro, appoggiandolo sul comodino. Si alzò e baciò le fronti dei suoi bambini, guardandoli amorevolmente. Passò per la sua stanza e intravide erroneamente la forma di Mikey nella sua culla.
Se avesse saputo che erano coperte aggrovigliate…
-E ora gettiamo la spazzatura- mormorò il topo, uscendo dalla tana…
 
Dopo cinque minuti fatti di assordanti turbine del sistema della raccolta dell’acqua, Splinter lasciò le fogne e raggiunse la superficie, poggiando i sacchetti della spazzatura accanto a un cassonetto, in un buio vicolo della 39esima.
Osservò la luna e sorrise: sei anni fa era un semplice topo senza casa ma ora era un padre di quattro meravigliosi bambini.
Con il cuore felice, scese nelle fogne, ignaro dei vagiti di Mikey, chiuso nella busta della spazzatura…
 
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Il mattino seguente, il topo si svegliò con una strana sensazione nel cuore. Non sapeva dire se era paura o tristezza. Per prima cosa andò a controllare i suoi energici pupetti, già svegli e in litigio per la supremazia del bagno.
-Buongiorno, figlioli- sorrise Splinter, abbracciandoli uno dopo l’altro.
I piccoli ricambiarono e corsero rapidamente fuori la stanza, causando un ridacchiare al loro papà, che tornò nella sua stanza per Mikey.
Non poté, però, fare a meno di notare un dolore crescente nel petto. Era come una spada che si affondava nel cuore, lacerandolo senza sosta.
Il topo raggiunse finalmente la sua camera e si avvicinò alla culla. Le sue dita sfiorarono la copertina gialla, ma s’affondarono un po’ troppo. Accigliato, la rimosse, inorridendo al cuscino che aveva simulato la forma di Michelangelo.
-Oh, no…!- gemette spaventato.
Lo iniziò a cercare: guardò sotto la culla, nel letto, dietro i mobili. Passò alla camera dei bambini: Michelangelo non era lì. Splinter corse in bagno… e in salotto.
E in cucina.
Nulla. Non c’era, purtroppo.
-Maestro, dov’è Michelangelo?- chiese Leonardo, inclinando la testa di lato.
Il topo sconvolto scosse docilmente la testa e s’inginocchiò in terra, abbracciando i suoi tre figlioletti. Una lacrima gli colò lungo la guancia e gemette in silenzio.
-Lui non è qui- rispose, dopo una lunga pausa.
-E dov’è?- chiese Raph, provando una grande paura.
Splinter fece le spallucce e raggiunse la cucina, sedendosi su una sedia, con la testa nelle mani.
-Non può aver lasciato la tana!- ringhiò Raph, rendendosi conto del bene che voleva a Mikey.
-Magari è qui…- rifletté Leo, ma Splinter disse che aveva già visto dappertutto.
Donnie, intanto, si era avvicinato al cestino dei rifiuti, tenendo lo sguardo fisso sull’ombra che proiettava il suo corpicino, contro la luce. I suoi occhi nocciola, però, notarono qualcosa dietro di esso. Confuso, si avvicinò e la raccolse.
-Papà! Guarda!- urlò, mostrando il bavaglino bianco e arancio di Michelangelo.
-Dove lo hai trovato, figlio mio?- gracchiò il sensei, basito.
Donnie indicò la provenienza e un lampo balenò la sua mente. Il cuore di Splinter accelerò talmente tanto che sembrò esplodere: ma un motivo c’era. Poteva essere che…
-Raphael, ieri sera dov’era Michelangelo?-.
Il bambino rispose sinceramente: -Sotto il tavolo, sensei-.
-E quando hai finito di pulire, dov’era?- riprese il topo, con la paura crescente.
-Non l’ho più visto…-.
Splinter comprese tutto e cadde pesantemente seduto sulla stessa sedia di prima. Annuì frenetico e si strofinò le lacrime dal volto. Sapeva dove poteva essere finito il povero Michelangelo.
-Dobbiamo andare in superficie, figlioli-.
-Davvero?- esclamarono i tre, impauriti ma anche eccitati.
-Ma non sarà una passeggiata. Ricordatevi tutto quello che vi ho detto sugli umani- espose Splinter.
Era l’alba, dopotutto… alle 06:55 del mattino, tutto poteva ancora accadere, specie se era una fredda e buia mattina di novembre…
 
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Un ombra alta e tre più piccole erano nascoste nel buio di un vicolo, lo stesso in cui ieri Splinter aveva depositato i sacchetti della spazzatura. Le quattro paia di occhi colorate scrutavano la calma della Grande Mela, in silenzio.
Splinter indicò un cassonetto all’inizio del vicolo in cui si trovavano grazie al tombino in terra. Si avvicinarono cautamente e cominciarono a guardare attentamente.
Un bagliore dorato catturò l’attenzione di Donnie, il quale osservò i fari brillanti del camion della spazzatura, già più avanti di due incroci.
-Papà- sussurrò, indicandolo.
Splinter, costatato a malincuore che il cassonetto era stato ripulito, osservò l’indice di Donatello e aggrottando la fronte, ebbe un’intuizione. Poteva essere che il piccolo Michelangelo era finito fra quella moltitudine di sacchi neri.
-Andiamo, figli miei!-.
Appoggiandosi Donnie sulle spalle, perché era il più lentino, il topo, Leo e Raphie si ritrovarono a inseguire il camion della spazzatura, che non andava troppo veloce…
 
I piedini di Leo e Raph tenevano faticosamente il passo con loro padre, il quale non poteva decelerare assolutamente. I due bimbi strinsero i denti e notarono felicemente che, il camion si era fermato. Due uomini dalle tute gialle e nere erano scesi per raccogliere la spazzatura dai cassonetti.
Splinter era nascosto dietro a un vicolo ma era così vicino al camion che non si fece sfuggire l’occasione. Raccolse Leo e Raph e saltò abilmente sul mucchio di buste nere, senza neppure farsi notare.
-Da grande voglio essere un ninja abile come te, papà!- espresse Leo, eccitato.
-Lo sarete tutti- sorrise il topo: -Controlliamo i sacchi: dobbiamo trovare vostro fratello-.
-Hai, sensei!- sussurrarono i tre, iniziando la ricerca.
-Ehi, Bill!- chiamò il primo uomo della spazzatura: -E’ la mia impressione o a New York c’è sempre più spazzatura?-.
-Non sbagli, Jimmy!- rispose l’altro, lanciando due pesanti sacchi sul camion.
-Attento!- esclamò Raphael, ricevendo il sacco in faccia, per salvare Leonardo.
-Figliolo!- s’allarmò Splinter, aiutando il piccolo a venir fuori dal sacco pieno di sbarre di metallo.
Raph si palpò la spalla, iniziando a piangere; il dolore era così immenso, ma lui si morse le labbra per non gridare.
-Stai bene?- chiese Leo, in lacrime per aver causato male al fratellino.
Splinter toccò la spalla destra di Raph, notando una sporgenza innaturale sottopelle: una lussazione. S’inginocchiò e mise il rosso sulle ginocchia, chiedendo a Donnie di tappargli letteralmente la bocca.
-Ti farà male, ma è necessario, Raphael-.
Il rosso annuì coraggiosamente e Splinter strattonò il braccio, mentre un gemito forzato rimase bloccato contro la mano di Donnie. La spalla, almeno, era tornata a posto e malgrado il dolore, con il giusto riposo sarebbe guarita.
-Cerchiamo Michelangelo- spronò Splinter, mentre Raph tornò in sesto…
 
I quattro mutanti lavoravano instancabilmente, cercando di pensare in positivo. C’erano molti sacchi della spazzatura e Michelangelo era rimasto così tanto tempo chiuso in una guaina di plastica che, c’era anche la possibilità di… una morte per mancanza d’aria.
Raph iniziò a piangere, prendendo a calci i sacchi della spazzatura.
Splinter cercò di rincuorarlo, ma anche lui stava perdendo le speranze.
Chibi-Leo, però, volle tentare il tutto per tutto e continuò la ricerca, incurante delle lacrime che stavano scorrendo sul suo volto. Anche Donnie aveva iniziato a singhiozzare.
Leo deglutì e furiosamente spezzò in due un sacco della spazzatura… i suoi occhi ramati intravidero qualcosa nel buio. Un lampione fuggente illuminò il musetto familiare di un peluche.
-PAPA’!- gridò Leo, incapace di trattenersi.
Mostrò Orsetto e Splinter si avvicinò per vedere meglio. Raph fu felice ma egli voleva indietro il fratellino che odiava senza motivo. In fondo, Mikey era carino con quegli occhi azzurri… perché lo faceva sempre piangere?
Fu allora che Raph si rese conto dell’amore che nutriva nel suo fratellino.
Le sue dita si allungarono nel sacco e qualcosa di freddo e morbido catturò la sua attenzione. Spaventato, tirò fuori qualcosa. Un lampione evidenziò il piccolo cranio di un Mikey dagli occhi chiusi.
-Sensei! Mikey! Mikey!- allarmò con le lacrime.
Il topo raccolse il suo bimbo e lo strinse al petto. Era così felice ma dovevano tornare immediatamente a casa: il sole stava sorgendo e la tana si stava allontanando sempre più. Splinter si rimise Donnie sulle spalle, infilò Mikey nel suo kimono e raccolti Leo e Raph saltò dal camion, sparendo nelle tenebre di un nuovo giorno…
 
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Una volta a casa, il topo si affrettò a raccogliere una coperta per metterla sul tavolo. Ci appoggiò su Mikey e lo controllò. Il piccolo aveva la pelle gelata ma la cosa peggiore era che non respirava.
-No, figlio mio!- gridò il sensei, guardando Leonardo: -Figliolo, prendimi la mascherina d’ossigeno che abbiamo nel mobile della vostra stanza!-.
Il bambino annuì e Raphie deglutì la paura e il senso d’impotenza. Osservò Splinter premere sul petto del piccolo Mikey, sussurrandogli parole dolci ma intrise di dolore.
Leo tornò con quanto chiesto e Splinter mise la mascherina d’ossigeno sul musetto di Mikey, aprendo la piccola bombola rossa d’ossigeno. Il topo alternava le boccate d’ossigeno con i massaggi cardiaci, ma quegli occhi azzurri non si aprirono.
Splinter sentì il suo cuore affondare dolorosamente e per la seconda volta egli si sentì impotente, incapace di rassegnarsi all’idea di perdere il suo raggio di sole. Raphael strinse Orsetto al petto, iniziando a singhiozzare.
-MIKEY!- urlò a squarciagola: -NO! NO! NO!-.
Il topo non seppe che fare: vide i suoi bambini piangere e non poté che lasciarsi scendere le lacrime. Chiuse la bombola d’ossigeno e la sfilò dal volto del piccolo. Raccolse Mikey e lo strinse al petto, baciandolo e accarezzandolo dolcemente.
Accarezzò quelle piccole guance, baciandogli la fronte: la luce della sua vita era ormai spenta.
-M… maestro…- singhiozzò Raphie: -P… posso t… tenerlo?-.
Il sensei non obiettò nulla e gli porse Michelangelo. Il fratellino con la bandana rossa inspirò profondamente una boccata d’aria ma grugnì e scoppiò nuovamente in lacrime.
-Mi dispiace…- urlò, stringendolo al petto: -Ho sbagliato a trattarmi male! Ero geloso… mi dispiace, mi dispiace! Mikey, torna da noi!-.
Il bimbo era ormai morto.
Non c’era più nulla da fare…
-Mikey, ti prego… avrei voluto insegnarti a camminare, parlare…- continuò, stringendolo maggiormente.
Raph stava ancora piangendo quando Leonardo intravide qualcosa. Si strofinò gli occhi ma guardò ancora… la manina di Mikey si era leggermente contratta.
-Mikey?- sussurrò sottovoce.
Raphael sentì un movimento fra le sue braccia… lui riaprì gli occhi vitrei e il suo orecchio venne bombardato da un forte pianto. Splinter spalancò gli occhi e mosse le orecchie, incredulo.
-Maestro…- gemette Raph prima di urlare: -S… sensei! Mikey sta… sta piangendo! Lui è vivo!-.
Splinter raccolse il piccolino fra le braccia, baciandolo e cullandolo con le lacrime di gioia. Le sue preghiere erano state ascoltate: Michelangelo, la luce della famiglia Hamato, non era spenta, ma solo rafforzata per brillare ancora…
 
9 anni dopo…
 
-Raphie?- chiama una voce dolce e bambinesca.
La tartaruga focosa di anni quattordici sta affrontando i demoni della sua mente con uno sfogo sul sacco da box.
-Raphie!-.
Raph si volta e sorride, strofinandosi il sudore con il dorso della mano. Michelangelo, di anni dieci, viene preso in braccio dal fratello maggiore.
-Ehi, Mikey!- saluta: -Non dovresti essere a nanna, a quest’ora della notte?-.
-Non posso dormire, anche se sono le 02:10!- ammette l’altro, abbracciandolo fortemente: -Ho fatto un sogno-.
Raph lo rimette in terra: -Che sogno, Mikey?-.
-Ero appena morto in un sacco della spazzatura ma tu mi hai riportato in vita, promettendomi di stare sempre insieme-.
Il rosso socchiude leggermente gli occhi, ma sospira: -E’ stato un sogno-.
Mikey, che non conosce la sua “morte” da piccolo, annuisce e si siede in terra, ancora felice di essere con il suo “grande eroe”.
-Posso stare a guardarti?-.
Il rosso, tornato al suo sacco da box, si ferma un attimo: -Certo, ma fa silenzio!-.
-Starò buono, lo prometto!-.
Fuori dal dojo, tre figure assistono felici alla scena. Leonardo, di anni quindici e Donatello, di anni tredici. Il sensei si liscia il ciuffo di peli sotto la barba, sorridendo.
-Quel sogno è solamente il passato- ammette Donnie, con un triste sorriso.
-E’ quasi incredibile che siano trascorsi nove anni da allora- sospira Leo, con le mani sui fianchi.
-E’ vero- annuisce anche il sensei: -Ma… siamo tutti insieme ed è questo ciò che conta veramente-.
Le due tartarughe annuiscono e riguardano dentro il dojo.
-Ehi, Mikey- chiama Raph: -Non credi che sia ora di fare la nanna?-.
Nessuna risposta: il rosso si volta e sorride. Il suo fratellino si è appisolato dolcemente. Raphael ride bonariamente e lo prende in braccio, stringendolo.
-Non ho paura di abbracciarti, adesso… perché so che c’è vita in te-…
 
The End

  
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