Fanfic su artisti musicali > Green Day
Ricorda la storia  |      
Autore: Rage Ramone    18/07/2013    9 recensioni
"Questo silenzio freddo, che nemmeno i tuoi dolci sussurri o le mie grida eccitate riusciranno mai a colmare, questo sentimento acceso del quale non riconosco il nome.
Che sia amore? Un amore brutale, un amore segreto, che certamente amore non si può chiamare e che va ben oltre il sesso, gli sguardi e tutte le parole del Mondo. Un amore impossibile.
[...]
Ciao sconosciuto, io sono un disastro!"
Evviva l'originalità piuttosto assente in questa fanfiction, motivo di tanta insicurezza nei suoi confronti.
Seconda song-fic ispirata a Tré!, stavolta legata a "Brutal Love".
Molto fluffosa, a dire il vero. E slashosa. Una Bike, esatto. Una semplicissima Bike.
Non ha niente di diverso dalle altre, sinceramente. Ma mi farebbe piacere se la leggeste e cercaste di apprezzarla, anche se so che non è il massimo.
Spinelli e biscotti gratis per chi recensirà! ^_^
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The last one of trilogy. (Tré!)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Desclaimer: song-fic di Brutal Love, Green Day. Ricordo che i personaggi non mi appartengono (per ora…muhahahah!) e non scrivo a scopo lucrativo, come se qualcuno volesse davvero pagare per questa merda.
Detto questo, buona lettura! Ci vediamo di sotto.


Bitters and Soda




 

Mi poggi delicatamente sul letto, le lenzuola pulite profumano da bucato fresco.

Tu sai che a breve si sporcheranno di quel meraviglioso marchio, l’ennesimo indizio che nessuno sospetterà mai degli avvenimenti che stanno per accadere, l’unica cosa che resterà di questa notte, testimone di ciò che ormai va avanti da anni. Un segreto, un’oscura verità.

Per un attimo, le tue mani si staccano dal mio petto e un senso di vuoto mi pervade.

Cristo, quant’è brutale questo sentimento!Ricopri il mio corpo con il tuo, sento che il cuore può ritornare a battere. Le tue mani fanno saltare con esperienza i bottoni della mia camicia, mentre rapisci nuovamente le mie labbra, succhiandone avidamente quello inferiore. Lento, dolce, fatale.

Gemo, permettendo ad una miriade di brividi gelididi attraversarmi la schiena.

Perché questa cosa va, ormai, avanti da anni, ma con questa dolcezza infinita lo rendi lento, doloroso, dannatamente nuovo, come se fosse la prima volta.

Lento, dolce, ti stacchi da me. Gemo nuovamente, stavolta per la tua mancanza, testimone dei miei battiti irregolari.

Questo cuore di plastica, un vecchio giocattolo, che  stai manomettendo a tuo piacimento.

Spegni la luce, il pallore della luna e le luci metropolitane filtrano dalle tapparelle, macchiando il tuo corpo e la scena di questo delitto perfetto. Distinguo la tua sagoma, nel buio, pericolosa, che si avvicina.

Mi cingo a te, in questa danza tra le coperte, una danza che dura da anni e durerà per sempre, sotto le luci della città, che sembrano viaggiare, con noi, sui nostri corpi, a ritmo dei nostri respiri.

Ti afferro per i capelli e piego la tua testa verso l’indietro quel che basta per esporre pericolosamente il collo.

Fremi eccitato, mentre mi getto avidamentesu di esso, succhiandone il pomo d’Adamo e accerchiandolo con la lingua. Pronunci il mio nome, gemendo, e questa cosa mi fa letteralmente impazzire, attaccare di più alla tua  carne succosa. Non ho mai apprezzato il mio nome, ma se lo pronunci tu, in questo modo, con questa voce strozzata dai gemiti, diventa magicamente il suono più bello del Mondo.

Ti mollo e ti riprendo. Credevi seriamente che ti avrei lasciato andare così?

Fai lentamente scivolare la stoffa della mia camicia, ormai sgualcita e aperta, lungo le spalle, la sfili dolcemente dalle braccia.

Sento il lento fruscio dell’indumento toccare il pavimento.

Chiudo gli occhi, cullato dalla tua lingua che traccia cerchi circoncentrici sul mio petto, ridisegna i miei tatuaggi. Succhi la mia pelle, la mangi, e non posso fare a meno di gemere indecentemente, avvolto nelle braccia del Dio che sei per me. Le tue mani mi percorrono, un brivido.

Ti svesti anche tu. Lento, come una lacrime che rotola lungo il viso.

I tuoi occhi azzurri brillano nel buio, mi penetrano, mi tentano e deglutisco, perché mi manca il fiato, il respiro irregolare.

Sei troppo bello, non finirei mai di dirtelo. Anche se, sì, non ti ho mai realmente detto quanto tu conta per me realmente, quanto m’intimidisci anche solo con uno sguardo o di quanto mi senta soddisfatto, tremendamente felice, nel vederti poggiato allo stipite della porta con una tazza di caffè a mezz'aria e lo sguardo che mi divora da dietro, mentre io dovrei essere troppo concentrato sui miei testi per farci caso. Non ti ho mai realmente detto quanto mi senta bene nel momento in cui avverto il suono dei tuoi passi raggiungermi, il tuo mento sulla mia spalla e la mano che corregge le tablature errate.

Ormai ne capisci più tu che me, perché, sì, l’allievo, anche stavolta, ha superato il maestro e tu sei stato un allievo piuttosto ruffiano. Ricordo ancora quando ti sistemavo le mani nel modo giusto sulle corde del basso e di come tu ti lasciassi guidare dai miei gesti, sorridendo.
Ma ora i ruoli si sono invertiti: ora sono le mie movenze dettate dal tuo piacere.

Mi farai impazzire, prima o poi. Anche se non avrò mai il coraggi di dirtelo, finché non sarò completamente pazzo. Sono un codardo.

Perché non te l’ho mai detto, no, che tu sei quel qualcosa che serve alla mia mente disastrata, per ritrovare l’ordine dei pensieri; che per me nessun problema è abbastanza grande se ci sei tu.

Un bacio, una carezza. Tutto così brutalmente lento, soffocante. Dannatamente bello.

I tuoi occhi, sì, sto annegando nella loro profondità, nel mare che risplende azzurro in essi, talmente limpido, cristallino, da non poter resistere alla tentazione di specchiarmici dentro e vederne riflessa una persona migliore di quella che realmente sono, la persona migliore che tu credi di avere come amante, come migliore amico.

Ricordo la prima volta che precipitai dentro quegli abissi blu: eravamo molto piccoli, trenta, forse trentuno anni fa.

Mi eri scivolato addosso durante una partita di calcio, a ricreazione, facendomi finire a terra.

Ho spalancato gli occhi e mi sono ritrovato con te addosso, il tuo sguardo color ghiaccio incollato sul mio.

Mi hai guardato, imbarazzato, rosso in viso, mentre gli altri ridevano beffardamente, chiamandoci “piccioncini” o “gay”, come se avessero visto, nei nostri sguardi, ciò che saremo diventati. Perché, sì, ti ho desiderato inconsapevolmente fin dal primo istante, nella mia innocenza di bambino.

Fin dal primo momento, tu, mi hai colpito, travolto. Sconvolto, fatto affondare e portato alla deriva da quelle magnifiche onde blu, che in contrasto con quelle gote paonazze sembravano volermi dire: “Ciao, sconosciuto! Io sono un disastro.”

La mia rovina, la mia fottuta droga. Il disastro migliore che mi sia mai capitato, ecco cosa sei.

Un segreto, una tentazione. Bramo il tuo corpo, le tue labbra, mi perdo dentro i tuoi occhi da una vita e non credo riuscirò mai ad uscirne, da questa dipendenza, negli anni che verranno. Il mio destino ormai è segnato, ed è solo colpa tua.

Che sensazione sconosciuta è mai questa? Qual è il suo nome? No, non ha un nome, non ne può avere uno. Devo averla scoperta io trent’anni fa, e mi sono ripromesso che semmai avrei inventato o trovato qualcosa, qualsiasi cosa, di nuovo, gli avrei dato il tuo nome. Ma che senso ha scoprire una cosa che posso tenere solo per me?

Caldo, dolce, il sangue che scorre incandescente in queste vene, il respiro affannoso, i brividi.

Il cuore che sembra aver perso dei battiti solo per donarli a te, e io, povero illuso, che per te perderei questo ed anche altro.

Chissà se riuscirò a dirtelo, che per me non sei solo un fratello.

Che non sei solo il mio migliore amico o lo sfogo preferito per la mia bisessualità.

Sei la mia vita, ormai. In questi momenti io dipendo completamente da te. Sento che se tu volessi, in questo istante, potresti uccidermi.

I vestiti a terra, sono tutto un fremito. Le tue labbra percorrono il mio corpo e gemo miseramente, perché non posso fare a meno di desiderarti più di quanto già ti abbia.

Perché so che questo sentimento malato, perverso ed intrigante, non finirà con il solito “e vissero per sempre felici e contenti”, ma con un “e restò il più meraviglioso dei segreti”.

Questo silenzio freddo, che nemmeno i tuoi dolci sussurri o le mie grida eccitate riusciranno mai a colmare, questo sentimento acceso del quale non riconosco il nome.

Che sia amore? Un amore brutale, un amore segreto, che certamente amore non si può chiamare e che va ben oltre il sesso, gli sguardi e tutte le parole del Mondo. Un amore impossibile.

E cosa c’è di impossibile?  Io ti amo, ma non te lo dirò mai, perché so che non è semplice essere ricambiati da un sentimento inesistente, nuovo, che sento di poter conoscere solo io. Un sentimento così grande, ossessionato, malato. Sono stato sfortunato ad essere il solo, qui, a reclamarne i piaceri della sua esistenza, ma non pretendo di cambiare le carte in tavola perché la mia più grande fortuna è averti incontrato, e mi basterà per sempre.

Mi manipoli, mi distruggi. Questo silenzio rotto dalle mie grida e la tua bocca che le inghiottisce.

La tua lingua esplora la mia bocca, come se stesse cercando di trovare tutte le parole che non sono riuscito ad articolare e tirarle fuori, riordinare la mia mente disastrata. Questa danza sensuale, infinita, sotto il pallore delle luci che filtrano dalle tapparelle.

Sento le tue dita umide tastarmi nel buio, violarmi, e gemo per l’ennesima volta, invaso dal piacere. Cogli la mia eccitazione, te lo leggo negli occhi.

Ti sento entrare in me, e urlo di piacere. Ti getto le braccia al collo, in preda al vortice di emozioni che mi sta travolgendo. Ti tengo stretto: ti voglio.

Le danze continuano, i nostri movimenti che si confondono nel buio, la nostra anima infiammata, che ora è tutta in un unico corpo. Nudi, ricoperti solo da un velo di sudore e soffocati da una morbida sciarpa di piacere.

Siamo solo io e te, nessun altro.

Cadi… Spingi… Prendimi! Fai di me ciò che vuoi, l’importante è che tu mi porta con te, ovunque tu vada. Se deciderai di andartene.

Perché per te io sarò solo uno sfogo, ma per me tu sei molto di più, anche se non avrò mai il coraggio di dirtelo in faccia.

Aspetterò di morire, tra queste braccia, e ti lascerò capire tutto quando esalerò l’ultimo respiro e pronuncerò il tuo nome, con quella dolcezza infinita che solo in tua presenza mi viene spontanea. Quando mi ucciderai e io mi scioglierò nel tuo sguardo, lasciando che la mia carne diventi gelida come l’azzurro penetrante del tuo sguardo.

Perché, sì, mi ucciderai, prima o poi, se continui a farti desiderare in questo modo.

Sparisci, ritorni, mi getti nel fuoco e lasci che le fiamme mi divorino, per poi spegnerlo, calpestarlo sotto la suola delle tue scarpe e sparire di nuovo.

Mi fai provare delle sensazioni paradisiache e poi mi getti in un angolo per farmici marcire, ancora la sensazione che sa di sogno addosso, a fior di pelle, a fior di labbra. Basterebbe lambirle leggermente con la lingua per sentirne il tuo sapore.

Un fuoco rovente che può essere spento solo da quei due fiumi in piena che trasperiscono freddi dietro le tue iridi. Mi penetrano, di nuovo, mi chiamano “salvezza” e “unica ragione di vita”, ma so che è tutta un’illusione, una speranza che si spegnerà insieme a questo fuoco interiore, questo ardore, fremente, selvaggio, che ha lo sporco odore di sesso e il nome di piacere.

Sto pendendo completamente dalle tue labbra rosee, sottili, che stanno pronunciando, eccitate, il mio nome. Quel tono che io trovo così seducente, quella voce che mi manderà in pappa il cervello, e tu lo sai.

Vengo prima io nella tua mano e tu subito dopo, riversandoti in me.

Questo piacere mi rigenera, questo profumo di te è inebriante e la sensazione da brivido continua, finché non esci da me definitivamente. Avrei voluto che tu facessi parte di me per sempre.

Ci stendiamo su queste lenzuola, ormai sporche e testimoni di questa orribile realtà. Questa meravigliosamente orribile realtà.

È ingiusto, lo so, e maleodorante di lussuria. Ma fottutamente bello.

Mi sento una puttana, ma per te farei questo e di peggio. Un giullare, un idiota. Mi ridicolizzerei soltanto per te. L’idiota moderno, che non viene preso in giro per la gobba o per il copricapo con i sonagli, ma viene squartato, illuso, consumato. Si ride delle sue emozioni e ci si diverte a manipolarle. 
Usato. Meravigliosamente usato. L’idiozia sta nel essere consapevole dell’essere presi in giro e nel cedere alle illusioni. Acconsentire nell’essere usati, nell’essere brutalmente illusi, perché sa che sarebbe stato comunque troppo bello per essere vero.

Poggio delicatamente la testa sull’incavo del tuo collo, sfiorando con il naso la chioma ossigenata e  inebriarmi del suo profumo, le mani sul tuo petto. Il respiro ancora affannato e irregolare.

Scosti la testa, abbandonandomi sul guanciale, per osservarmi. Il tuo sguardo stanco, tentatore, si scontra con il mio. Due treni in corsa provenienti da due direzioni opposte e che viaggiano sullo stesso binario.

L’oceano più blu mi si scaglia contro. Un’esplosione, un brivido. Per un attimo mi manca il respiro.

Semplicemente amore.

Deglutisco pesantemente, mentre tu mi sfiori la fronte con le labbra.

Avvampo. Sollevi l’angolo della bocca, divertito dal mio imbarazzo. Divertito dalle mie illusioni, le mie emozioni. Già. Ormai io sono soltanto questo: un passatempo, divertimento, il giocattolo più vecchio.

Le tue braccia forti stringono il mio corpo al tuo, accogliendo la testa sul  petto scolpito.

Il rituale dell’illusione continua, anche se per me è già durato troppo.

Vorrei allontanarmi, urlare, piangere e scappare via, lontano da te ma sono come pietrificato, incollato sul tuo petto, col cuore bloccato in gola. I battiti del tuo bussano al mio orecchio.

Non me ne andrei neanche per tutto l’oro del Mondo, tu lo sai.

Alzo lo sguardo e incrocio di nuovo il tuo. Un altro brivido, stavolta gelido.

Vengo nuovamente catapultato nel passato, quando mi scivolasti addosso durante una partita di calcio.

Quegli occhi. Ciao, sconosciuto! Io sono un disastro.

No, Mike. Tu non puoi essere un disastro qualunque, tu devi essere il mio disastro. E lo sei da ormai trenta o trentuno anni che siano.

Ma quanto è duro questo amore brutale? E quant’è dolce quest’illusione? Mi soffoca da dentro, come un verme solitario, mi uccide. Non credo esista un modo più dolce per andarsene.

Ti prego, Mike, dimmelo. Dimmelo almeno tu, non farmi andare avanti così.

Dimmelo, amore mio.

Dimmi che non esiste un universo parallelo per noi illusi, che siamo soltanto tutti sotto lo stesso tetto, che l’illusione dell’essere amati non è la stessa dell’essere usati.

Dimmelo, Mike, cosa nascondono i tuoi occhi indecifrabili. Dimmelo, perché non voglio essere io colui che se ne è andato. Perché non basteranno i soliti bicchieri di bitter per ricordare il tuo viso, una volta che sarai sparito.

Perché, sì, la gente beve per dimenticare, ma io per ricordare. Questa sensazione che da lucido riesci a suscitare in me soltanto tu, anche se lucido non sono: perché sono fottutamente fatto di te.

Dimmelo, Mike. Ti prego, ho bisogno di sapere cosa pensi. Dimmelo.

Ti scruto, ricalco i tuoi lineamenti con lo sguardo, mentre il tuo viene velato dalle palpebre.

Ti osservo, nelle braccia di Morfeo, perso nel Mondo dei Sogni.

Il tuo petto si muove lento sotto la mia guancia, mentre ti fisso nel buio, cercando di tirar fuori la sagoma del tuo viso sotto la lieve luce che proviene dalle tapparelle. Voglio imprimerla, ricordarmela. Fotografarla, svilupparne cinquanta copie e incorniciarle tutte per poi appenderle su tutte le pareti di casa.

Non ho alcuna intenzione di dimenticarti, quando sparirai di nuovo.

Mi avvicino al tuo viso dormiente e ti lascio un bacio a fior di labbra. Mi poggio su un gomito e ti fisso ancora, mordendomi il labbro in un vano tentativo di autocontrollo.

Quanto sei bello, amore mio. Ahimè, quanto ti voglio ora.

-Ti amo, Mike.-  Ti sussurro nel buio, più per confessarlo a me stesso che a te. Per confermarlo, più che altro, perché a confessarlo sono state  tutte le lacrime che ho perso per te, tutte le seghe mentali e i pensieri, tristi o dolci che siano, rivolti a te ogni notte.

La confessione principale sei tu, amore mio.

Mi accoccolo di nuovo sul tuo petto, intenzionato a raggiungerti nel Mondo dei Sogni.

Sento le tue braccia stringermi ancor più a te e sgrano gli occhi, un sussulto. Il tuo cuore batte forte, ora, il tuo cuore così fragile, la causa di così tanti problemi.

-Mai quanto io amo te, Billie.- sussurri dolce, profondo, incredibilmente sincero. Quelle parole, quella voce, arrivano dirette, amplificate di cento volte dal silenzio, il buio e la vicinanza alla tua bocca.

Si, ne sono sicuro: non sono frutto della mia fantasia.

Mi faccio stringere ancora di più alla tua morsa protettiva, mentre sento gli occhi colmarsi di lacrime. Ma non lacrime come le altre: lacrime tristi, lacrime roventi, sofferte, amare… che bruciano.

Queste mi solcano un sorriso, sono lacrime d’emozione. Lacrime nuove. Lacrime di felicità.
Mi stringi come se non volessi più lasciarmi, come se dovessi essere solo ed esclusivamente tuo.

E io voglio essere tuo. Anzi, io sono già tuo. Lo sono da quando, trent'anni fa, mi sei scivolato addosso durante quella stramaledetta/benedetta partita di calcio.

Non riesco a smettere di sorridere, un sorriso idiota, che nel buio tu non riusciresti nemmeno a vedere.

Il cuore immerso nello zucchero, rischia di soffocare.

Ahimè, quant’è bruta, questa verità, amore mio. E ne siamo testimoni solo noi due, ora come ora non sono più l’unico schiavo di questo sentimento brutale. Perché siamo soli, io e te.

Noi due contro il resto del Mondo.

Non so te, ma a me va bene così.

Perché se tu resterai accanto a me, so che potrei ricombattere tutte le guerre perse nei secoli, a mani nude, e vincere.

Perché tanto la battaglia più grande, stasera, l’ho già vinta, o almeno, mi sono meravigliosamente illuso di non averla ancora del tutto persa.
 

***

Angolo dell’autrice:

Se siete arrivati fin qui, beh, significa che avete lo stomaco molto forte. 
Congratulations, guys!  ^_^ *distribuisce biscotti al cioccolato*

Trè! m'ispira troppo, in questo periodo, e così, ascoltando Brutal Love, è nata la mia, meravigliosa (come sto gran cazzo), seconda song-fic ispirata a quest’album.

L’originalità è andata a puttane (yay), anche perché non ho descritto nulla di così esaltante. Il rating è arancione, anche se questa è un’unica grande scopata e forse meritava il rosso. Spero che non arrivino i moralisti eccetera, posso sempre cambiarlo all’ultimo momento il rating, io.
Fatemi felice: recenZite. Ho bisogno di soddisfazioni, e anche una recensione critica mi tirerebbe un po’ su. *^*

Tanti baci.

Rage Ramone



   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Rage Ramone