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Autore: Subutai Khan    19/07/2013    1 recensioni
Sono passati undici anni dall'ultimo capitolo di Bokurano 1/2. Un ritorno inaspettato rompe la routine di Shinichi Ono, il primo figlio di Kasumi e del dottor Tofu. E qualcun altro gli rompe i gioielli di famiglia a calci.
Genere: Comico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genma Saotome, Kasumi Tendo, Nuovo personaggio, Tofu Ono
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Bokurano 1/2'
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7 ottobre 2007.
Cammino tranquillo verso casa. La scuola è finita e io ho fame. Non vedo l’ora di togliermi questa stupidissima divisa, che mi stringe il pacco e mi irrita la pelle.
“Shinichi-kun! Shinichi-kun!”.
Riconosco questa voce da animale isterico. È Haruka.
Lascio che, come suo solito, questa violenta della mia migliore amica mi salti in groppa da dietro. No, ma fai pure. Non ti ho mai detto che non sopporto venire montato come se fossi un cavallo. Mi hai pure fatto cadere la cartella.
“Cazzo Haruka, sei ingrassata”.
“Fottiti, scemo di guerra in tempo di pace”. E mi assesta un pugno sul retro della testa.
Ahio. A te le buone maniere le ha insegnate Genghis Khan.
“Si può sapere che cacchio vuoi da me adesso, Nakano-san?”. Sì, lo so che ti manda in bestia quando ti si chiama così. L’ho fatto apposta perché sono uno stronzo.
“Grrrrrrrrr. Shinichi no baka!”.
E stavolta mi guadagno una ginocchiata nella schiena. Anche se la conosco a sufficienza da sapere che sta ridendo, fra un grugnito e l’altro.
Per intercessione di qualche divinità decide di essere clemente con me e scende dalla mia groppa, continuando a sussurrare versi poco decifrabili. Devo averla fatta arrabbiare parecchio, stavolta.
“Sei proprio un cretino, Shinichi. Volevo solo chiederti se ti andava di venire al fiume con me e gli altri. Sai, per festeggiare l’ennesimo piano fallito di quel coglione del preside Kuno”.
Mi volto piano, ancora dolorante. Come sospettavo sorride tipo iena.
“A far cosa, ad affogare? Se per caso te ne fossi dimenticata, tontolina, io non so nuotare. E non credo serva ricordare il mio rapporto conflittuale con la tintarella”.
“No, non mi dire. Come se non sapessi che il sole brucia la tua pelle delicata come seta e ti fa venire un mal di testa gigantesco, rendendoti quindi ancora più affabile e divertente del normale”.
“Ma sentitela. Adesso fa l’offesina di ‘stocazzo. La prossima volta non farmi offerte che sai benissimo rifiuterò”.
“Bleeeeeeeh!”. La lingua. Quanti anni hai, bamboccia?
“E poi” riprendo “non è che abbia tutta questa voglia di vedere te e Rin che vi sbaciucchiate...”.
“Sei geloso perché me la faccio con una ragazza invece che con te, Shinichi-kun?”.
“Non prendermi per il culo. Abbiamo affrontato questo discorso più di una volta e ti ho fatto ben presente che non nutro nessun interesse per te in quel senso. Sei libera di zoccoleggiare con chi ti pare”.
“Mondo, ti presento Shinichi Ono. Il quattordicenne sessualmente più represso che ospiti”.
“Mondo, ti presento Haruka Nakano. La quattordicenne che vive in perenne stato di sindrome premestruale”.
“Vaffanculo”.
“Prima le signore”.
Ci osserviamo fissi nelle palle degli occhi per qualche secondo, poi scoppiamo a ridere.
Capisco che a un occhio esterno la nostra potrebbe non sembrare la migliore delle amicizie, ma assicuro chi di dovere che io e Haruka abbiamo sempre interagito in questo modo con estrema gioia per entrambi. Non siamo i classici migliori amici da manga, con uno dei due segretamente innamorato dell’altro. E meno male, mi sarebbe salito uno scazzo non indifferente.
Poi lei ha recentemente scoperto che l’attrezzo maschile non fa al caso suo e ha virato l’obiettivo in altra direzione. A me sta bene, non mentivo dicendo che davvero non ho nessuna attrazione nei suoi confronti. Stiamo bene così.
“Va bene, fesso. Vorrà dire che rivedrò il tuo brutto muso domani a scuola”.
“Perfetto, scimmietta. E di’ alla tua attuale fiamma di non lasciarti il rossetto sul collo. Più che altro perché non è lei a sorbirsi le tue menate al telefono quando i tuoi genitori ti cazzieranno in lungo e in largo perché, secondo i loro cervellini fermi a tre secoli fa, sei anormale”.
“Per favore, cerca di essere un minimo sensibile per una volta nella tua vita da troglodita. È un argomento delicato e non mi va che tu ci faccia del sarcasmo sopra”.
“Scusa, ho esagerato. Però davvero, facci attenzione. Per quanto non neghi che non ho tutto questo piacere a sentirti per ore e ore mentre ti sfoghi piangendo... non è solo perché voglio evitarmi lo scoglionamento. Lo dico per te, mi dispiace sentirti in preda a una crisi”.
“Serio serio?”.
“Serio serio”.
“Awwww. Quando dimostri un grammo di dolcezza diventi così puccioso da farmi quasi cambiare idea su voi maschi”.
“Ora non allargarti, su. E poi non voglio privare Rin dei tuoi deliziosi occhi verdi. State bene assieme”.
“Oh, piantala. Mi farai morire di imbarazzo”.
“Tu? Imbarazzo? Pensavo abitaste su due piani di esistenza separati”.
SDONG.
Kami. Del. Cielo.
Mi accascio per terra in posizione fetale, le mani sulle palle. Mi rimarrà il segno della tua scarpa a vita, bastarda che non sei altro.
“E con questo ci salutiamo, Shinichi-kun. A domani”.
“V-v-v-ai a... m-m-morire... a-a-ammazzata...”.
Dolore. Dolore immenso. Dolore senza freni. Implodo.
“Solo dopo essermi assicurata che la tua stirpe di idioti si sarà estinta con te” commenta ilare mentre si accuccia su di me e mi dà un bacino sulla guancia.
Sei... proprio... un’adorabile... stronza...
Passo i successivi quindici minuti a cercare di spegnere il fuoco che mi arde fra le gambe. Missione più facile a dirsi che a farsi, visto che quel soggettone di Haruka ha completamente dimenticato il significato della parola freni e ci è andata giù davvero pesante.
Per fortuna, dopo una lunga tortura, recupero a sufficienza per potermi rimettere in piedi. Non che tenessi a passare il resto della mia giornata sdraiato in mezzo alla strada ad ululare, in effetti.
Questa te la faccio pagare, Nakano. Non so ancora come, ma stai pur sicura che te la faccio pagare. Magari ti strizzo le tette di fronte a tutta la classe. O ti alzo la gonna sperando che sia uno dei giorni in cui ti senti trasgressiva e non porti le mutandine.
Off. E anche questa è fatta.
Controllo un’ultima volta che sia tutto in ordine e a quanto pare lo è. Mi batto un pugno sul petto, in un immotivato atto di machismo, e riprendo da dove ero stato interrotto.
Casa. Doccia. Pomata sulle zone infrante da quel maschiaccio.
Ci metto un pochino più del previsto. Sapete, camminare storto non aiuta. Ma canticchiare Headless Cross sì. Oh Tony, perché sei diventato un orrendo pelato senza voce? Eri un tale mastino, ai tempi. Anzi, sai cosa? Dopo vado sul Tubo a rivedermi il video, è così gotico e spaventoso.
Listen for the feet as they pound the earth to a tune of thunder, watch as the legions ride again to a fate of death or torture, at the Headless Cross...
Ok, finalmente a casa. E il male è un po’ diminuito.
“Tadaima, gente” urlo distratto. A me basta che si accorgano sono tornato, poi facciano quel che vogliono.
Senza neanche girarmi sbatto la porta. Che non sbatte.
Eh? Si è rotta?
Quando ispeziono per vedere se c’è qualche problema... ecco perché. C’è un piede che la ferma.
Occazzo. Intruso. Potrebbe essere uno di quegli stronzi che va in giro a vandalizzare le case del circondario.
“Chi va là?” abbaio mettendomi in posizione di difesa. Mai come ora spero che le lezioni di zia Shan-Pu si rivelino all’altezza della situazione.
La porta si apre.
Davanti a me c’è un vecchio che, ad occhio, andrà verso i sessanta abbondanti. Indossa un gi grigio, una bandana e porta degli enormi occhiali rotondi, fin troppo grossi. Non ha l’aria di un malintenzionato, e anzi la mano sulla nuca dà tutt’altra impressione.
“Scusa ragazzo, non volevo spaventarti. Questa è casa Ono, per caso?”.
“Lei chi è? E cosa vuole dagli Ono?”. Meglio non esagerare le informazioni verso chi non conosco.
“Che succede?”. È la concitata voce di mamma alle mie spalle. Deve avermi sentito sbraitare.
CRASH.
Rumore di roba rotta.
Butto un occhio all’indietro. Ha fatto cadere i piatti che immagino stesse lavando.
“Signor... signor Genma?”.
“Kasumi. Ne è passato di tempo”.
Qualcuno vuole dirmi cosa sta succedendo, per cortesia?
 
Macché. Lasciamo il nano di casa all’oscuro mentre sua madre e quel tizio si sono chiusi in salotto a parlare sa la minchia di cosa.
Allora Shinichi, fai funzionare quelle poche rotelle che hai nel cervello.
Appare evidente che si conoscono. Si sono chiamati per nome e lei ha fatto il danno che io ho dovuto pulire perché sorpresa, forse sconvolta nel rivederlo. Lui ha anche accennato a tanto tempo. Quindi sì, dev’essere così.
La domanda ora è: perché si conoscono? Non ho mai visto quella persona in vita mia prima d’ora, quindi la cosa deve risalire a prima della mia nascita. E si parla di una quindicina d’anni fa se non di più, suppergiù. Quel che non mi spiego è il motivo. Era troppo anziano per poter essere una vecchia fiamma o cose del genere, e poi Kasumi Ono non tradisce suo marito.
Un collega o ex-collega di lavoro? Impossibile, mamma ha sempre fatto la casalinga. E comunque non giustifica la reazione esagerata.
No, niente. Non mi viene in mente una sola spiegazione plausibile. Si deve trattare di qualcosa di cui non so nulla di nulla.
Spero che questo non provochi casini. La tranquillità di questa famiglia è ormai assurta a leggenda a Nerima e mi spiacerebbe veder sfumare quell’alone di santità.
“Tesoro, io e Rei siamo tornati!”.
Toh, c’è papà. Insieme a quell’insopportabile scassacazzo di mia sorella.
“Fratellone!” strepita correndo verso di me e abbracciandomi con forza. Ecco, io che parlo a fare?
“Dai piccola Rei, non serve essere così espansiva. Ci vediamo tutti i giorni”.
“Sì, ma mi mancavi! È sempre così bello rivederti!”.
Dio santo. Quand’è che comincerai a manifestare l’adolescenza e a prendere i tuoi familiari a parolacce? Molto meglio di questo.
Non che non voglia bene a ‘sto rospetto. È che io sto attraversando la suddetta fase adolescenziale e mi sale il malumore automatico.
“Shinichi, tua madre?” mi chiede papà mentre si toglie il soprabito.
“È in salotto con un tizio”.
“Tizio? Che tizio?”.
“Non ne ho idea. Ha detto di chiamarsi... Genma, mi pare”.
“Genma... Genma Saotome?”.
“Non lo so, il cognome non l’ha specificato. Neanche il nome a dire il vero, ci ha dovuto pensare mamma. Ho avuto paura fosse un ladro”.
“Scusami un attimo. Bada tu a tua sorella, per favore”. E così dicendo entra dove io non posso entrare.
No, ma va bene. Qua tutti sanno tutto di tutti tranne Shinichi il fesso. Domani dirò ad Haruka che il suo soprannome per me è appropriato.
Va bene sacchi di merda, sono stufo di essere tenuto all’ombra. Mi avete decisamente rotto il cazzo con questo atteggiamento da sapientini.
Mando via Rei dicendole di uscire e andare a giocare con i suoi amichetti, che la responsabilità davanti ai nostri genitori me la prenderò io. Protesta un po’ ma non è difficile convincerla, adora sfasciarsi le gambe sugli scivoli e sulle altalene. Alla sua età piaceva anche a me.
E adesso a noi due, grassone del mistero.
Appoggio l’orecchio alla porta del salotto.
“Signor Saotome. Non la si vedeva da queste parti da un sacco di anni”.
“Dottor Tofu. La trovo in splendida forma. Non sa quanto piacere mi ha fatto venire a sapere che si era sposato con Kasumi. E ha un magnifico figlio”.
Bravo, tu sì che sai distinguere la merce di qualità. E quindi anche lui lo conosce. La matassa si infittisce.
“Sono due, a dire il vero. Lei non ha visto Rei, l’ho portata a casa poco fa. Ma la prego, diamoci del tu. Ho perso il vizio della formalità a tutti i costi da parecchio”.
“Come preferisce... preferisci. E adesso mi hai messo curiosità”.
“Non mancherò di fartela vedere il prima possibile, promesso”.
“Bene. Io e tua moglie stavamo parlando... dei vecchi tempi”.
“Oh”.
“Non fare quella faccia, suvvia. Niente di quello che potresti immaginarti. Sai a cosa mi riferisco, vero?”.
“Certo che sì. Ogni anno Kasumi mi faceva un dettagliato resoconto di quanto accadeva al Nekohanten quando lei, Nabiki e Shan-Pu si trovavano per... quella cosa”.
Ci sono dentro anche mia zia di sangue e mia zia acquisita, quindi? Cos’è, hanno un traffico internazionale di droga e non me l’hanno mai detto? Vedendo Nabiki non mi meraviglierebbe poi così tanto.
“Piuttosto, come sta la signora Nodoka?”.
“Non ne ho idea. Abbiamo divorziato da circa quindici anni”.
“Come? Divorziato?”.
“Eh. Il nostro legame è andato via via deteriorandosi dopo il fattaccio. Non saprei individuare una causa precisa, ma la mancanza di nostro figlio ha creato una crepa fra di noi. Insanabile. A quanto ho saputo si è risposata ed è felice con un altro uomo, sicuramente migliore di me. Sigh”.
“Non faccia così, signor Saotome” interviene mamma “Sono convinta che lei non ha fatto nulla di cui rammaricarsi”.
“Perdona se te lo dico, ma in tutto questo tempo la tua ingenuità è sempre rimasta la stessa. È chiaro che io ho mancato molto nei confronti di quella donna, e non solo nei suoi. Anche verso di te, verso Soun e verso le tue sorelle”.
Sorelle? Plurale? A quel che sapevo le Tendo sono due, non tre. Perlomeno il nome di mio nonno non mi è estraneo.
“Solo il fuggire come un mascalzone, quando ho saputo di quella cosa, non fa di me un padre modello. Ranma mi avrà maledetto fino al suo ultimo respiro”.
E adesso chi cazzo è questo Ranma? Non ci sto capendo più una sega.
“E comunque Kasumi, per favore. Segui l’esempio di tuo marito e dammi del tu. Mi fai sentire più a mio agio”.
“Va... va bene. Anche se avrò sempre la sensazione di mancarle... mancarti di rispetto”.
“Non ne vedo il perché. Solo perché ho quasi quarant’anni più di te”.
“Allora, Genma? A cosa dobbiamo la piacevole visita?”.
“Niente di che, davvero. Dopo aver vagato per il continente come uno a cui si era rotta la bussola, sono ricapitato abbastanza per caso qui a Tokyo e ho pensato di venire a trovarvi per vedere come stavate. Quel che ho visto mi rende molto più tranquillo”.
“Grazie. È vero, stiamo bene io e lei coi nostri figli. Siamo felici”.
“Akane ne sarebbe entusiasta”.
“Sono sicura che lo sia, ovunque si trovi”.
Questa Akane... sarà mica la fantomatica terza sorella? E se ne parlano al passato vuol dire che... è morta? Perché io non ne so niente? Non sono più un moccioso, ormai.
Rumore di una risatina sommessa. La riconosco, è quella di mamma.
“Kasumi, perché ridi?”. Come volevasi dimostrare.
“Scusa, scusa. È che il sentirti parlare in quel modo mi ha fatto tornare in mente Ryoga e tutte le volte che irrompeva nel dojo dopo aver attraversato l’intero Giappone a piedi”.
Altro nome che non mi dice niente. Che bello sentirsi sperduti in mezzo all’oceano in tempesta.
“Ora che mi ci fai pensare sì, posso dire di assomigliarci. Da quando Nodoka mi ha lasciato ho preso a viaggiare come un disperato. Per dimenticare forse, o per occupare il cervello in qualcos’altro. Non lo so bene. Fatto sta che per dei periodi ho vissuto in Thailandia, in Cina, in Corea e persino in Russia”.
“Accidenti. Qualcuno avrebbe potuto essere invidioso di tanta perizia”.
“Diciamo che il fermarmi avrebbe permesso a certi brutti pensieri di attecchire e non lo volevo”.
“Capiamo, sì”.
“Ma ditemi di voi. Matrimonio e prole a parte, come va la vita? Nabiki è amministratore delegato di quante aziende? O ha deciso di dare vita ai peggiori timori di Soun diventando un boss della yakuza?”.
“Genma, che scortesia. Mia sorella conduce una vita dignitosa e ricca di soddisfazioni, almeno secondo i suoi personali standard che disapprovo. Ed è sempre sola come un cane. Non lo ammetterà mai, ma io ho il sospetto che potesse... intendersela con Kuno”.
Il preside? Io pensavo avesse buongusto.
“Uno dei sette. Siano sempre ringraziati, quei martiri”.
“Sempre”.
“Nei secoli dei secoli”.
Martiri? Ma sul serio, di che stracazzo stanno parlando quei tre?
Poi succede qualcosa che mi fa realmente gelare il sangue nelle vene: “Shinichi, so che ci stai ascoltando”.
Mamma, come minchia mi hai beccato? Hai l’udito ultrasonico?
“Vieni pure, ragazzo”.
A ‘sto punto tanto vale entrare.
I loro sguardi sono fissi su di me. Devo star arrossendo come un peperone.
“Ma... ma... come hai fatto a...”.
“Esperienza. Io, tua zia, tuo nonno e questo signore lo facevamo spesso con Ranma ed Akane. Poveretti”.
“Io non capisco di cosa stavate parlando. E volevo...”.
“Vuoi sapere, eh?”.
Faccio un vigoroso cenno con la testa. Ci puoi giurare che voglio sapere. Mi avete incuriosito da morire con quei nomi sconosciuti e la storia dei martiri.
“Siediti, figliolo. Ho da spiegarti un po’ di cose”.
Fico. Forse smetterò di essere l’ultima ruota del carro.
“Assomiglia ad Akane” fa il vecchio mentre mi accomodo.
“Dici? A me non sembra. E poi c’è Rei che è davvero la sua fotocopia. Lo vedrai da te alla prima occasione utile. Anzi, dov’è tua sorella?”.
“L’ho mandata a giocare con le sue amichette. Non la volevo fra le balle mentre origliavo”.
Papà mi guarda accigliato: “Quante volte ti abbiamo detto che non devi prendere simili decisioni senza consultarci?”.
Sbuffo.
“Tofu, ne parliamo dopo. Ormai la frittata è fatta e nostro figlio ha sentito cose compromettenti su quanto è avvenuto. Contavo di fargli questo discorso prima o poi, ma non così presto”.
E per la prima volta percepisco maretta fra i miei perché lui le lancia un’espressione non proprio piacevole. Lei pare non accorgersene, ma è più probabile che abbia scelto volontariamente di ignorarla. Mia madre potrà sembrare una sempliciotta ma non è affatto stupida.
“Mi potevi almeno interpellare su questa tua intenzione, Kasumi” butta lì con apparente leggerezza, lasciando sottintendere che il discorso è solo sospeso.
“Dopo, Tofu” risponde lei con voce inusualmente dura.
“Mamma, mi scuso per aver spiato. Non dovevo, lo so. Ma ora non potete...”.
“Già, non possiamo. Tranquillizzati, ho detto che te ne parlerò e lo farò. Cerca di sederti comodo, è un discorso lungo. E a cui farai una fatica bestiale a credere”.
Devo spaventarmi? Raramente l’ho sentita così seria.
Un attimo di silenzio. Poi comincia.
“Shinichi, come avrai intuito ci sono molte cose che non sai della nostra famiglia. Chi è questo signore, ad esempio. Si chiama Genma Saotome ed è il padre di Ranma. Chi è Ranma? Ranma era il promesso sposo di Akane, la minore delle Tendo. Tua zia”.
Faccio per alzare una mano, già pieno di domande. Mi trapassa con un’occhiata assassina, facendomi capire che non devo interromperla.
Signorsì signora. Non sbaglierò più, signora. Le chiedo scusa, signora.
“Ti starai chiedendo perché fino ad oggi non sapevi dell’esistenza di questa seconda zia. Non è di certo per nasconderti cose come la morte, ormai sei abbastanza grande da capire. E poi non l’abbiamo fatto per tuo nonno Soun, per quale motivo farlo per lei? Molto semplice: le condizioni. Akane è morta... oh diavolo, è ancora così difficile a distanza di tutti questi anni”.
“Kasumi, tutto bene? Ce la fai?” le chiede questo Genma, visibilmente preoccupato.
“Sì sì, a posto. Vi prego di scusarmi, ma come immaginerete è difficile per me”.
“Lo sarebbe per chiunque. Vuoi un bicchiere d’acqua, cara?”.
Annuisce e osserva la schiena del marito mentre si dirige in cucina.
Ok, ora comincio a capirci vagamente qualcosa. Non molto, lo ammetto, ma ad esempio mi è stato spiegato chi erano questi Ranma e Akane.
Ho... avevo un’altra zia. Ammetto di essere scioccato. E, chissà perché, mi sa che abbiamo appena cominciato a grattare la superficie.
La pratica viene risolta in fretta e mamma si appresta a riprendere.
“Comincerò dall’inizio. Il qui presente Genma Saotome e tuo nonno Soun si sono conosciuti da giovani, quando erano allievi del maestro Happosai”.
“Chi, il maiale centenario?”.
“Lui” è il terzetto di voci catacombali che mi risponde. Non li invidio neanche un po’.
“Si sono fatti una promessa: i loro figli si sarebbero sposati e avrebbero portato avanti la palestra della Scuola di Lotta Indiscriminata. Parecchi anni dopo la promessa si è concretizzata e a casa nostra hanno bussato una ragazzina dai capelli rossi e un panda. Storia divertente ma che non c’entra nulla, ti basti sapere che erano rispettivamente Ranma e suo padre. Sì, Ranma era un maschio nonostante le apparenze”.
“Ma... ma...”.
“Ti ho detto di non chiedere, su. Ho già abbastanza da dirti così. Mio padre ha deciso che si sarebbe fidanzato con Akane, nonostante l’iniziale opposizione di entrambi, ma neanche questo è importante. Quel che conta è che quel ragazzo si portava dietro una quantità impressionante di guai e gente strana. Così nella nostra vita sono entrati i vari Ryoga, Shan-Pu, Ukyo e tutti gli altri. Kuno, che non è il tuo preside ma suo figlio, era già presente prima del suo arrivo. Ciò per introdurti alla ragnatela di rapporti e casini che c’erano fra tutti loro. Ad esempio Ranma era più o meno ufficialmente fidanzato anche con Ukyo e Shan-Pu, per via di cose che non ti serve sapere, e Ryoga era innamorato perso di Akane. Quanto ti ho appena detto è il preambolo”.
Come? Tutto ‘sto bordello per il preambolo? Andiamo bene.
“Poi è successo il patatrac. Un giorno erano davanti al Nekohanten, ed evito di entrare nei dettagli perché già sai, a pestarsi come loro solito. Tutti. Ad un certo punto appare un tizio, di cui non sono in grado di dirti nulla perché non l’ho mai visto, che fa una terribile offerta: erano ufficialmente invitati ad un torneo di arti marziali, che ognuno di loro praticava con diversi gradi di abilità, per... oh, non crederai mai a quanto sto per dire”.
“Provaci”.
“Devo premettere che, da quando abbiamo conosciuto Ranma, a lui e a tutta la gente che gli ruotava attorno sono successe le cose più impensabili: funghi che ti fanno regredire d’età, disegni ridicoli sulla pancia che ti rendono imbattibile, tute d’addestramento dotate di volontà propria, specchi che sdoppiano le persone, spiriti gatto, talismani capaci di invertire la personalità di chi li indossa. Cose simili. Solo per farti capire bene con cosa avevamo a che fare su base praticamente giornaliera. Bene, questo surclassava tutto il resto. Il torneo aveva lo scopo di salvare il mondo dalla distruzione. E non solo, perché sarebbe stato troppo facile: chi partecipava a questo torneo, dove si affrontavano avversari provenienti da altri mondi, moriva. Senza eccezione”.
...
Mi sta prendendo per il culo. Ma per sicurezza chiediamo conferma.
“Mi prendi per il culo, mamma?”.
Si incupisce prima di rispondermi: “Modera le parole, giovanotto. E no, non ti sto prendendo in giro. I kami sanno quanto vorrei, ma non è così. L’assenza di tua zia e del suo fidanzato ne sono la riprova”.
“Quindi, fammi capire bene... mi stai dicendo che Akane e Ranma... hanno fatto questa cosa?”.
“Sì. E non solo loro. Anche Ryoga, Ukyo, Kuno, Mousse e la vecchia Obaba. Dovevano essere in sette. Regole del torneo, mi ha detto una volta Akane”.
“Allora stiamo parlando... di una specie di Mortal Kombat peggiore?”.
“Un che?”.
“Un videogioco, uno di quelli che non vuoi che usi perché sono terribilmente violenti e diseducativi. Si basa sull’idea di un torneo di arti marziali contro un altro mondo chiamato Outworld. Mi sembra di capire che siano simili”.
“Sì, più o meno ci siamo. Comprendo la tua faccia sconvolta, figliolo. Non hai idea di quanta fatica io e tua zia abbiamo fatto per solo concepire questa... cosa. Anzi, all’inizio neanche ci credevamo sul serio. Poi Akane è tornata a casa con il corpo di Ranma in braccio, visto che lui è stato il primo. Da lì ti assicuro che ci abbiamo creduto eccome”.
Santo... dio...
“Non tutti ce l’hanno fatta. Il signor Genma, ad esempio, è evaporato come neve al sole. Ma ti prego di non prenderlo come un insulto, Genma. Capisco perché l’hai fatto e non ti rimprovero nulla”.
“No, tranquilla. Al solito sono stato codardo e senza spina dorsale. Un classico per me”.
“Non essere troppo severo con te stesso. Era un carico quasi impossibile da sopportare”.
“Tu e Nabiki ce l’avete fatta”.
“Non è del tutto esatto. Più che sopportarlo l’abbiamo cancellato dalle nostre teste. Salvo quelle occasioni particolari con Shan-Pu l’argomento era tabù”.
Oh, giusto. Cacchio c’entra zia Shan-Pu in tutto questo? Se è ancora qui vuol dire che non ha preso parte a questa follia.
Esprimo i miei dubbi ad alta voce, evitando di usare la parola follia perché ho la sensazione che metterei il piede su un campo minato.
“Vedi, Shan-Pu era presente quando il tizio ha fatto la sua proposta. E forse avrebbe accettato, chi lo sa. Ma sua nonna, la vecchia Obaba, ha agito prima di lei e l’ha fatta svenire per impedirglielo. Quando si è svegliata, stando sempre a quanto ci ha raccontato Akane, i giochi erano già conclusi e non poteva farci più niente. Allora, in quella che non esiterei a definire volontà autodistruttiva, ha chiesto e ottenuto di poter assistere come spettatrice fino alla fine di quella carneficina”.
...
“Io e tua zia Nabiki avevamo i titoli per poterlo fare, così come li avevano il signor Genma e mio padre e chiunque fosse imparentato in qualche maniera con uno di loro sette, ma non ce la siamo proprio sentita. È stato abbastanza duro anche così, non avevamo bisogno pure della diretta. Sarebbe venuto un infarto a tutte e due”.
...
“Qualche mese dopo il turno di Akane, che è stata l’ultima, io e Nabiki siamo andate al Nekohanten a porgerle le nostre condoglianze per le perdite che aveva subito. Lei, visto che i rapporti con noi non erano proprio idilliaci, inizialmente voleva cacciarci ma poi, per fortuna, ha ceduto e ci ha invitate a sederci. Da quel piccolo incontro quasi fortuito è nata quella che, come ben sai, ora è una stupenda amicizia con una persona che aveva solo bisogno di qualcuno davvero interessato al suo benessere. Sua nonna era quella persona prima di noi, ma venuta a mancare lei... beh, non so che fine avrebbe fatto ora se non ci fossimo fatte venire quell’idea un po’ matta. E poi ci siamo fatte raccontare per filo e per segno i loro ultimi momenti dopo i rispettivi scontri”.
...
“Shinichi, stai bene? Sei pallido”.
Mamma, che domanda del cazzo è? Come posso stare bene dopo un simile macigno sulla faccia?
Non... non so cosa pensare di tutto ciò. È troppo per me.
Vaffanculo alla mia fottuta curiosità.
Ecco, la citi e la puttana si fa viva.
“Mamma... raccontami di loro”.
“Eh?”.
“Voglio conoscerli. Sapere chi erano, cosa facevano, chi amavano e chi odiavano”.
“Shinichi...”.
“Per favore. Mi hai reso parte di un segreto tanto grande e tanto importante, non smettere a metà dell’opera. Permettimi di sapere chi devo ringraziare per essere qui ora, con i testicoli ancora doloranti per il calcio di Haruka e un linguaggio troppo colorito per i tuoi gusti”.
Vedo papà che si agita e comincia a gesticolare muovendo il dito fra gli altri tre presenti. Strano, non gli capita spesso: “Figliolo, ma... ma davvero credi a tutto quello che ti ha raccontato tua madre? È la verità, non sto negando nulla. Dico solo che al posto tuo io sarei scappato urlando, convinto di aver appena sentito una montagna di fandonie”.
Deglutisco, più teso di quanto vorrei: “Non è facile da credere, no. Però so per certo che mamma non sarebbe mai capace di mentirmi su un fatto simile. E poi glielo si leggeva in faccia, era troppo concitata e con gli occhi troppo lucidi. Altrimenti abbiamo in casa un’attrice degna dell’Oscar”.
“Tua madre ha tante qualità ma non sa recitare”.
“Lo sospettavo, papino. Lo sospettavo”.
Ancora silenzio. Si respira un’atmosfera piuttosto tetra e la cosa non mi piace. Personalmente sono ancora scombussolato fin nelle fondamenta dalla portata di quanto ho appena appreso. Vorrei vedere voialtri imbecilli come reagireste di fronte a una notizia così.
“Bene. In tutto questo io tolgo il disturbo” fa il vecchio alzandosi dalla poltrona.
“Di già, Genma? Ti prego, resta ancora un po’. Ci fa piacere averti qui” tenta di blandirlo mamma, ma lui appare convinto delle sue parole e scuote la testa in segno di diniego: “Ti ringrazio dell’offerta Kasumi, sei gentile. Però credo che voi e vostro figlio abbiate un importante discorso da affrontare e io mi sentirei di troppo”.
“In effetti sì...” mi lascio sfuggire sovrappensiero, guadagnandomi un’occhiataccia da entrambi i miei genitori verso cui scrollo le spalle. Sono stato scortese, d’accordo, ma resta comunque vero.
“Vedete? Non sono l’unico a pensarla in questo modo. Dai, ora vi lascio ai vostri fatti privati, signori Ono”.
Si rassegnano e papà lo accompagna alla porta. Mamma, alzatasi pure lei, dice che prima di cominciare vuole recuperare una cosa dalla sua camera da letto.
Fai pure, non ho fretta. Solo un sacco di voglia di sentire.
L’attesa è breve. Torna reggendo un libro.
“Lezione di storia? Davvero?” chiedo in tono sarcastico, conscio di star dicendo una cazzata per il puro gusto di farlo.
“Stupido” mi sorride di rimando “Questo è l’album delle foto delle tre sorelle Tendo, da quando siamo nate ai sedici anni di Akane. Dopo il fattaccio io e Nabiki non abbiamo più avuto la forza di tenerlo aggiornato, capirai il perché”.
Certo che lo capisco. Sarò rozzo e volgare, ma in questo ti assomiglio.
“Allora partiamo... da zia Akane?”.
“Mi sembrava evidente. Vieni a sederti vicino a me”.
Ubbidisco. E, insieme a quel raccoglitore, si apre per me un portale che mi conduce indietro nel tempo. A quando non ero ancora nato. A quando Kasumi Ono e sua sorella Nabiki Tendo non portavano sulle spalle un simile peso.
   
 
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