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Autore: kleines licht    19/07/2013    0 recensioni
Storia ispirata a Lost ma con protagonisti completamente diversi. In comune hanno solo il dolore, la perdita...e la paura di essere in un isola completamente diversa.
Perchè si vive tutti assieme, più o meno amalgamati e stretti...ma alla fine si muore sempre e solo da soli. Si può anche essere in due, o anche mille, ma la morte finale la viviamo solo con noi stessi. Noi e tutto quel che ci portiamo dietro. E come può cambiare la vita di una persona se è stata costretta ad abbandonare il suo mondo?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il vento non si poneva limiti, non aveva alcun problema.
Si insinuava tra le macerie, sollecitava il fuoco a farsi più vivo e forte, scompigliava i capelli, portava i granelli di sabbia ad infilarsi tra le ferite, aumtenava il ritmo di quelle onde già abbastanza alte e pericolose.
Non gli importava di fare del male a qualcuno, di ferire qualcosa in più di quel che la tecnologia umana aveva già distrutto a sufficienza.
Sembrava tutto perfetto, tutto impeccabile ma qualcosa evidentemente era andato storto se ora quel che rimaneva di quell'aereo progettato per le grandi distanze erano solo macerie in fiamme, pezzi di ferro e lamiera che sembravano assumere le forme più spaventose.
Era quasi sicura che in quel caos, fatto di voci e rumori di passi, avrebbe dovuto capirci qualcosa. Era quasi sicura che quella scena avrebbe dovuto allarmarla eppure non riusciva a muovere nemmeno un dito, non riusciva neanche ad aprire davvero gli ochci e capire dove fosse. O forse gli aveva già aperti e non riusciva lo stesso a vedere nulla.
No, dannazione, non posso essere diventata cieca! NON POSSO!  pensò, in uno sprazzo di panico che la sconvolse. La testa pulsava e anche qualcos'altro anche se non riusciva a capire che cosa. Aveva una percezione del suo corpo tremendamente dilatata, non riusciva nemmeno a capire se aveva ancora un corpo.
Se c'era le faceva male, stava urlando per il dolore. E aveva solo due orecchie per ascoltare tutte quelle urla, sua e di tutti quelli che sembravano circondarla.
Impiegò parecchio a rendersi conto che aveva già aperto gli occhi, ma qualcosa davanti a lei -la stessa cosa che la bloccava a terra- le impediva di vedere qualcosa che non fosse semplicemente nero. E sapeva bene cosa succedeva quando si era sommersi dal buio: che se tu non potevi vedere gli altri probabilmente nemmeno loro potevano vedere te.
Il suo viso era a contatto con la sabbia, la sentiva sulla pelle, sulla lingua, quasi nelle pupille. Avrebbe potuto rimanere lì per sempre, fino a che l'ossigeno non si fosse esaurito. Normalmente il so istinto medico le avrebbe detto che non era possibile, che da qualche parte l'aria sarebbe entrata visto che non era in una cassa, ma in quel momento non le importava, voleva semplicemente uscire di lì.
Cominciò a urlare, con tutto il fiato che aveva in gola, fino a che anche le corde vocali non cominciarono a supplicare una pausa. Urlò talmente tanto da trapanarsi le orecchie da sola e smise solamente quando uno spiraglio di luce illuminò il suo nascondiglio. Qualcuno stava alzando ciò che la intrappolava.
Lacrime di gioia le sfiorarono le guancie, mentre si apriva in un sorriso riconoscente verso chiunque la stesse aiutando. Sentiva già l'aria del mare sferzarle il viso, la luce accecarle le iridi, voci vicine mettersi d'accordo su quando applicare tutti assieme la giusta forza.
Si divincolò, con quel poco controllo su se stessa che aveva dimenticato di avere e uscì con fare liberatorio da quello che scoprì essere un pezzo di lamiera. Era felice perchè aveva riacquistato la sua libertà di movimento, ma la sua felicità svanì all'istante quando capì dove si trovava.
Più che una spiaggia, il paesaggio che si trovò davanti era una distesa di resti informi dell'aereo dove era salita solo poche ore prima. Le fiamme stavano divorando la maggior parte dei bagagli e dello stesso veiovolo, mentre qualche temerario si avventurava alla ricerca di qualcosa per spegnerle. La maggior parte dei passeggeri urlava, in preda al panico, molti erano feriti e tanti altri provavano lo stesso ad aiutarsi a vicenda.
In giro, ovunque, in ogni angolo c'era aria di shock. Per quanto ognuno cercasse di essere utile nessuno riusciva a fuggire da quello stato di confusione che si replicava su ogni volto.
Era una psicologa, avrebbe dovuto sapere cosa fare. Avrebbe dovuto alzarsi e trovare una soluzione. E invece riusciva solamente a fissare il nulla davanti a sè, il sorriso di poco prima scomparso per sempre, mentre un unica frase le si ripeteneva in testa. UNa canzone, inutile in quel momento.
So please, tell me now....
Tell me how that I'm supposed to live without you!


ANGOLO DELL'AUTRICE.
Sì lo so sono imperdonabile. Ho fatto un'assenza lunghissima ma la mancanza di seguaci e anche la mancanza di ispirazione mi hanno portata a non scrivere per un po'.
Avevo bisogno di una pausa ma per fortuna le idee che avevo sono rimaste ferme in una cartella ordinata del mio pc, così che mi è bastato riaprirla per avere chiaro che cosa scrivere.
Più o meno.
Spero possa piacervi, presto posterò un altro capitolo e VI PROMETTO che sarà avvicente, travolgente... e ci farà scoprire qualcosa di un altro personaggio moolto interessante :D
Stay tuned!
J <3

   
 
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