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Autore: Winry977    19/07/2013    3 recensioni
-Credo che andrò da Ellis.- continuo, auto incoraggiandomi.
Mia sorella minore azzarda a guardarmi, ma resta in silenzio.
-Tanto ho diciotto anni, posso viaggiare da sola. E ho dei soldi da parte, e ...[...] ..l'unica cosa che mi preoccupa è che dovrò scendere più al Sud prima di poter andare dove desideriamo.
-Layra...
-Sapete, noi desideriamo andare in Inghilterra, ma abbiamo preso in considerazione ancora di più la California.
-Ora basta!- mio padre sbatte le mani callose sul tavolo e si alza in piedi, fissandomi, già paonazzo.
-California baby!
Genere: Fluff, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andy Biersack, Ashley Purdy, Cristian Coma, Jinxx, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so. E' così che tutto comincia. Con una giornata di pieno luglio, davanti un computer vecchio di dodici anni, con musica punk di sottofondo, e un'ansia terribile.

L'ansia di quando qualcuno scompare per un po' di tempo e tu non hai alcun modo di avere sue notizie. E siccome io non ho nemmeno modo di poter raggiungere quella che considero la persona più splendida della terra, nonché Ellis, la mia migliore amica e sorella, e non sono una che riesce a stare calma mentre attende qualcosa, credo che farò una delle mie pazzie che mi cambieranno dal bianco al nero.

Da una parte credo che l'una dipenda dall'altra. Anzi, io ne sono convinta, perché è quasi da due giorni che non ho sue notizie, a parte ieri notte alle 3, mentre sognavo cose assurde riguardanti un bagno punk all'interno della mia scuola.

Ma lasciamo perdere questi dettagli.

 

Ma comunque... Io, più di ogni altra cosa, desidero ardentemente partire e raggiungerla.

C'è solo un piccolo dettaglio che mi impedisce di partire.

 

-Sapete, credo che in questi giorni mi farò un bel viaggio.- dico intrepida a pranzo, ed i miei parenti sono indecisi se alzare lo sguardo dal piatto di spaghetti o se continuare a mangiare come se nulla fosse. -Credo che andrò da Ellis.- continuo, auto incoraggiandomi.

Mia sorella minore azzarda a guardarmi, ma resta in silenzio.

-Tanto ho diciotto anni, posso viaggiare da sola. E ho dei soldi da parte, e ...

-Hai già fatto domanda per quell'università, Lay?- mia madre mi interrompe, con un leggero tremolio nella voce. Stringo le palpebre, ma non mi fermo. So cosa sta facendo, ma ciò non mi fermerà.

-Credo che poi andremo all'estero. Io e lei ci tenevamo tanto e...

-Tua madre ti ha fatto una domanda.- il vocione di mio padre entra in pista. E io decido di ignorare anche lui.

-...l'unica cosa che mi preoccupa è che dovrò scendere più al Sud prima di poter andare dove desideriamo.

-Layra...

-Sapete, noi desideriamo andare in Inghilterra, ma abbiamo preso in considerazione ancora di più la California.

-Ora basta!- mio padre sbatte le mani callose sul tavolo e si alza in piedi, fissandomi, già paonazzo.

-California baby!- getto le braccia al cielo, entusiasta.

-“California baby” un ceppo! Stai blaterando su cose che non stanno né in cielo né in terra! Cristo santo!- si aggiusta gli occhiali rotondi sul naso, mentre gli si arrossa il collo, segno di irritazione. Sta per aprire bocca di nuovo, ma io so già come andrà avanti la ramanzina.

-Ti fermo subito, papà.- gli pongo una mano davanti. -Ho diciotto anni, ho dei progetti, che non, e ripeto: NON voglio fare avverare qui. Ho deciso di togliere le tende, sono maggiorenne, e che voi lo vogliate o no, io me ne vado, baby.

Sparecchio il mio piatto, e sento mia madre che soffoca un singhiozzo. Quando mi giro mio padre è ancora in piedi, le mani appoggiate al tavolo, il collo rosso. O-oh...

Seguita dal mio gattone nero me la filo in camera da letto, e mi ci chiudo, mentre decido cosa portarmi o meno.

Chissà cosa penserà Ellis quando mi vedrà apparire dal nulla. E mi viene da ridere a pensare alla sua reazione: è quello che desideriamo da anni.

Ma ora, la mia priorità è sapere che stia bene.

Nel giro di tre ore, valigia e borsa a tracolla sono più che pronte ed io fremo dalla voglia di partire. Inglobo il trolley nell'ascensore e con la borsa addosso, scendo al piano inferiore. Bene, ci siamo.

Scendo con disinvoltura le scale di marmo, dove basta mettere un piede storto per finire dritti dritti all'ospedale. Mio padre legge una rivista di cinema sulla sua poltrona in pelle bianco panna, mia sorella gioca con l'iPod touch e mia madre cuce alla luce del balcone. Che vita monotona.

Chiamo l'ascensore e quando recupero la mia valigia mi avvio verso l'uscita, seguita dal mio gatto. Lo accarezzo e poi apro la porta. Nessuno emette una sola sillaba. Bah, meglio così. Mi chiudo il portone alle spalle e mi avvio verso il cancello. A pensarci... mi giro a guardarmi indietro, esitando un attimo. Ma si, se non gliene frega nulla di me, che si fottano.

Accendo la macchina e parto.

Destinazione: aeroporto.

  
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