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Autore: Dragana    20/07/2013    5 recensioni
Raccolta -parecchio sconclusionata- di storie su Effie, Haymitch, e altre presenze varie ed eventuali.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: questa storia viene dopo questa. E questa. Perché complicarsi la vita è il mio credo.




A Rossella, 
che avrà diciotto anni
anche quando ne avremo ottanta
e giocheremo a bridge in veranda.



CAMBIARE TESTA

Vanity radunò gli attrezzi che le erano rimasti, cercando di capire dove fosse finito il maledetto diffusore a ioni attivi, quello che invece di rovinare i capelli li ristrutturava. L’aveva usato non meno di due giorni prima, e la sua casa non era grande… anche  se magari il problema stava proprio in quello. Era come le borse piccole, non ci si trovava mai niente.
Effie Trinket stava per arrivare. Taglio e colore. Capelli assolutamente disastrosi, non puoi capire cara, qui altro che rivoluzioni, ci vogliono i miracoli. Effie Trinket.
Girava voce che Effie Trinket fosse stata una ribelle. Che fosse stata nelle prigioni di Capitol City. Che fosse gravemente depressa. E invece le aveva telefonato, non meno di due giorni prima, per farsi i capelli.
Ora, Vanity non aveva più un negozio. Al posto del suo negozio c’era una specie di cratere, e ancora nemmeno l’ombra di cantieri. Era stata una delle zone più colpite dall’attacco dei ribelli, che adesso avevano vinto e quindi non erano più ribelli ma nuovo governo, e lei si era trovata senza lavoro e senza che nessuno potesse fare nulla per lei. Aveva girato tutti gli uffici, trovandosi davanti a un caos indescrivibile e a risposte che andavano da un cortese “signora, mi spiace ma non possiamo farci nulla, sa, il governo sta varando un progetto di ridistribuzione dei capitali dal quale i cittadini di Capitol sono esclusi” a un “puttana di Capitol, non hai ancora finito di succhiare il sangue alla gente dei distretti?”.
Vanity non aveva mai succhiato il sangue a nessuno. Si diceva che ci fosse gente che lo facesse, soprattutto quando erano andati così di moda i vampiri, ma lei non era tra questi. Lei era solo una parrucchiera.
Dopo la rivoluzione aveva visto come avevano vissuto realmente per decenni gli abitanti dei distretti, come la propaganda del vecchio governo nascondeva situazioni terribili, e le era dispiaciuto, aveva anche pensato che fosse normale ribellarsi, a un certo punto. Ma lei era solo una parrucchiera. È vero, aveva molto più di una qualunque di quelle povere famiglie, escluse magari quelle dei vincitori degli Hunger Games, ma non aveva nulla a che fare con i politici, gli attori, gli industriali milionari di Capitol. Viveva del suo lavoro, che aveva alti e bassi, ogni tanto si permetteva di levarsi qualche sfizio, a volte faceva qualche sacrificio. Era in quella fascia media troppo ricca per fare la rivoluzione e troppo povera per avere ricchezze nascoste da parte. Era tra quel genere di persone che perdono sempre.
Trovò il maledetto diffusore e lo mise nel carrellino degli attrezzi. Aveva ricavato un minuscolo salone da parrucchiera usando il bagno e lo studio, e cercava di andare avanti come poteva. Una volta da lei andavano le star e le soubrette; si ricordò di quella volta che Veronica Martell e Clara Whyte l’avevano pagata pur di scoprire i torbidi segreti della Trinket. Ora Clara Whyte era una dei ribelli, di Veronica Martell non si sapeva bene che ne era stato, e Effie Trinket…
Suonò il campanello. Le fece anche il solito, vecchio, stupido Diln-dlon! quando entrò. Puntuale al minuto, come al solito.
Vanity rimase stupefatta.
Non sapeva bene cosa aspettarsi; una donna magari sfregiata, o con le occhiaie viola, o scheletrica, o chissà. Invece Effie Trinket era semplicemente un po’stropicciata, come quando togli una camicia dalla lavatrice e basta stirarla per farla tornare perfetta. 
Nella fattispecie, risultò che Effie, alla quale nella supposta prigione potevano aver tolto tante cose ma di sicuro non la voce, voleva sistemare i capelli e schiarirli un po’, -Ma niente di eccessivo, sai, gli eccessi a quanto pare sono passati di moda, solo qualche piccolo colpo di sole, per accendere il viso-.  Vanity pensò che non aveva bisogno di accendere il viso. Effie Trinket aveva quell’espressione che hanno le donne quando gli è successo qualcosa di bello e loro ce l’hanno ancora in mente, come una luce che è dentro i pensieri e illumina il viso da dietro.
La fece accomodare nel suo salone improvvisato, scrutandole le ciocche con aria pensierosa. Nutrire, ravvivare, tagliare almeno di cinque centimetri. Capelli che hanno sofferto. Capelli caduti, e capelli nuovi, più corti, che stavano crescendo, qualcuno troppo chiaro per essere biondo.
Le applicò il colore, ciocca per ciocca. A Vanity piaceva il suo lavoro. Non aveva lavorato per far soffrire gli abitanti dei distretti, non guardava nemmeno troppo volentieri gli Hunger Games, avrebbe pettinato tutti senza distinzione di provenienza. Le piaceva il suo lavoro e ci arrivava a fine mese, tutto qui, e ora sembrava che questo fosse un crimine imperdonabile. Mentre il colore stava in posa andò a fare il caffè e ne offrì una tazza ad Effie, che lo bevve continuando a parlare ininterrottamente.
Alla domanda: –E il tuo negozio? Mi è dispiaciuto tanto, tanto, tanto sapere che non l’hai più…-, Vanity fece quello che non avrebbe mai pensato di fare. Iniziò a raccontare, a briglia sciolta, come non aveva fatto con nessuno se non con Costel, quando proprio non ce la faceva più a stare zitta.
-Una cosa terribile… stavo lavorando, pensa che avevo il salone pieno, e gli allarmi hanno cominciato a suonare. Sono uscita di corsa, mi ricordo che ho preso il cappotto di una cliente perché il mio non c’era più… fuori c’era la povera Talia, hai presente, quella che aveva il negozio di sex toys di fronte al mio, che poverina, aveva i tacchi e non riusciva a correre, e sapessi come ho ringraziato che col mio lavoro devo indossare per forza scarpe comode! Lei le sue se le è dovute togliere, era a piedi nudi sulla neve, e dietro hanno cominciato a lanciare bombe. Allora l’ho presa per mano e me la sono tirata dietro, ma ci è caduta una bomba vicino e sai, io sono stata scagliata via e mi sono incrinata una costola, ma lei… Effie, sapessi, lei si è completamente carbonizzata, mi hanno detto che può succedere e che sono stata fortunatissima perché ero al limite dell’esplosione, ma sapessi quante volte me la sogno di notte, la povera Talia che… Effie, tesoro?
Effie si era irrigidita e guardava nello specchio senza vedersi, gli occhi sgranati, come un gatto paralizzato davanti ai fari di un’automobile. Quando si accorse che nessuno parlava, tentò un sorriso.
-Vanity, tesoro, ma perché dobbiamo parlare di queste cose tanto orribili? Penso che sia molto molto meglio dimenticarle e andare avanti, non credi anche tu?
Vanity fece una risata amara. –La fai facile, tu…
Si pentì immediatamente. Se solo la metà delle voci che giravano su Effie Trinket erano vere, doveva avere anche lei la sua buona dose di incubi, la notte.
-Scusami. Siamo tutti un po’nervosi in questo periodo. Il mio negozio non esiste più e onestamente non so bene neanche come andrò avanti, se continua così.
Effie la scrutò dallo specchio mentre Vanity le faceva appoggiare la testa sul lavandino, per lavarle i capelli. Aveva le sopracciglia leggermente aggrottate in un’espressione risoluta.
-Sai cosa ti dico, Vanity? Che farò di tutto per tornare a lavorare, e avrò bisogno di una brava parrucchiera. E tu sei l’unica che conosce bene i miei capelli, e quindi avrò assolutamente bisogno di te. Per quanto mi riguarda, sai, finalmente sono di nuovo tanto tanto piena di positività: riavrò il mio lavoro, anche a costo di accamparmi a casa di Plutarch Heavensbee! 
Vanity rise. –Plutarch Heavensbee? Se è vero quanto si dice su di lui, dovevo farti ancora più bionda di così!
Effie rise anche lei, una risatina che sembrava un trillo, qualcosa di molto sciocco e prerivoluzionario; quel tipo di risatine di cui Vanity non si sarebbe mai aspettata di sentire la mancanza.
-Non essere così frivola, Vanity! Sai, basta sorridere, essere positivi e guardare avanti, e allora sono le cose che vengono a bussarti alla porta! Sai tenere un segreto?
Lei annuì. Era una parrucchiera; aveva sempre pensato che più riservati di lei ci fossero solo i gigolò, fino a quando Finnick Odair non aveva rilasciato quell’intervista shock, e allora si era sentita in diritto di concedersi il podio senza rimorsi. 
-È passato a trovarmi Haymitch, un paio di sere fa… sai, Haymitch Abernathy, quello del distretto dodici?
Vanity annuì. Siccome non sapeva se commentare “quello ubriacone” o “quello che ho sempre pensato che tra voi ci fosse un’imbarazzante tensione sessuale irrisolta”, decise di stare zitta.
-Ecco. È stato tanto, tanto, tanto caro e mi ha fatto capire una cosa: che anche se tutto ci sembra così diverso, e abbiamo passato momenti terribili, possiamo ancora essere felici… Sai, è che bisogna cambiare testa. Noi prima facevamo delle cose tanto tanto brutte, e non ce ne rendevamo conto, ma ora non le faremo più, nei distretti staranno meglio e noi ci riprenderemo. E sarà un mondo meraviglioso!
Vanity riuscì a rivolgerle solo un sorriso forzato, e ringraziò che il phon non favorisse la ripresa della conversazione. Le asciugò i capelli in una piega impeccabile, dei riccioli sbarazzini finto spettinati che la rendevano assolutamente adorabile.
Stupida Effie. Sciocca ragazza nemmeno più tanto ragazza alla quale bastava una scopata (perché lei e il tizio ubriacone del distretto dodici avevano scopato, Vanity ci avrebbe scommesso anche la casa) per vedere il mondo in rosa. Eppure la sciocca Effie era lì, con i capelli più biondi e il sorriso e tanta voglia di ricominciare, mentre lei si piangeva addosso e per paura di come sarebbe potuta andare a finire non iniziava neanche.
Effie la svampita aveva ragione, bisognava cambiare testa, volenti o nolenti. Bisognava fare i conti con un mondo completamente diverso. Vanity pensò che forse in fondo non era male. Che, in fondo, tutti avrebbero cambiato testa, da Capitol ai distretti, in un modo o nell’altro.
E allora Vanity sorrise. Perché una buona parrucchiera lo sa perfettamente: quando si cambia testa, si ha sempre bisogno di una nuova pettinatura.










Note: Non so bene cosa pensare di questa storia. È la prima che scrivo dopo tanto tempo e mi sento arrugginita e piena di tetano, ma è il compleanno di Jo Lupo, quindi ho oliato gli ingranaggi e ho cercato di mettermi in moto. Penso di aver fatto parecchio gas di scarico, ma che ci volete fare.
Vanity è sua, di Jo Lupo, e compare qui. L’ho usata senza il suo permesso, e spero che le faccia piacere.
Veronica Martell (hehehe sono pessima) e Clara White compaiono qui.
La storia in cui Effie e Haymitch trombano (Vanity aveva visto giusto, è parrucchiera di Capitol e ha l’occhio allenato) è questa.
Capitol City, c’è poco da fare, eccessi a parte mi ricorda il nostro mondo. Insomma, anche noi sappiamo che in Africa muoiono di fame ma andiamo avanti con la nostra vita e il nostro lavoro; mi piace mettermi nei panni di gente comune come Vanity. Effie invece la adoro punto e basta.
Che a Plutarch piacciano le bionde non è scritto da nessuna parte se non nella mia testa; bionde, alte e giovani.
Detto questo, grazie a chiunque abbia letto, si sia divertito, si sia subito la mia ruggine e in generale sia passato da qui.
E auguri Ros! Augurissimi!
   
 
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