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Autore: Cheonefer86    20/07/2013    4 recensioni
Sono passati sette anni dalla fine della guerra e Severus Snape è da sette lunghi anni in coma in un letto d’ospedale senza alcuna intenzione di svegliarsi.
Andavano tutti a trovarlo e intorno a lui tutti erano così uniti nonostante quello che la guerra aveva lasciato dentro di loro.
Qualcuno andava più di altri a trovare il mago, in ogni momento libero tra studio e lavoro si ritrovava in quella stanza a riflettere e a parlargli come se potesse in qualche modo svegliarlo.
Inoltre, Hermione Granger – sì, proprio lei – era innamorata del suo ex insegnante di Pozioni e sapeva di essere destinata ad amare il fantasma di un uomo di cui sarebbe rimasta soltanto l’ombra, ma era proprio così? O qualcosa avrebbe potuto davvero risvegliarlo?
(EDIT: cambiato titolo provvisorio in definitivo)
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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1 – Soltanto un augurio

Dunque, perché ti vai ad impelagare in altro, quando hai mille cose da fare? Bella domanda XD
Quel che è fatto è fatto, l'ho iniziata mesi fa e mi sembrava il caso di non attendere oltre...


Comunque questa non è una vera e propria long-fic, ma non è neppure una raccolta di one-shot, diciamo che è una via di mezzo, dodici storie per dodici mesi dell’anno per riuscire a riportare un po’ di speranza e di amore nel cuore di marmo di Severus Snape.

Siamo tutti con te, Hermione! :D


Spero, buona lettura ;)

E come sempre, per qualsiasi cosa, commenti, pensieri, critiche costruttive e quant’altro vi viene in mente, non esitate a scrivermelo ;)

 

 

1 – Soltanto un augurio

 

9 gennaio 2005

 

Hermione Jean Granger stava curando alcune rose nel giardino fuori l’ospedale, non sapeva perché avesse preso quell’abitudine, quella notte di tanti anni prima qualcosa l’aveva attirata verso quei fiori così delicati e profumati, forse era stata la luna che con la sua luce, come quella che c’era quella sera, gli aveva donato un’aura particolare che l’aveva incantata.

Osservava dei piccoli boccioli bianchi sporcati da alcuni tratti di un rosso così intenso che per un attimo le parve sangue, lacrime porpora che scendevano dal suo viso ormai da parecchio tempo, lacrime che le ricordavano quando, finita la battaglia di Hogwarts, lo avevano trovato ancora vivo ma agonizzante sul pavimento ricoperto di sangue. Sorridente perché finalmente sarebbe tornato a guardare il viso della sua Lily.

Ormai erano passati alcuni anni e il suo corpo giaceva ancora inerme sul candido letto, immutato, come se il tempo in quella stanza non fosse passato, come se la guerra fosse finita da neppure un giorno.

Hermione invece era cresciuta, si era fatta donna, più dura e spigolosa che mai, – Ron le diceva sempre che era la vicinanza con quell’uomo ad averla resa tale, e lei lo guardava male ogni volta – ma riusciva ancora a sorridere, mentre gli parlava nei suoi momenti liberi, sorrideva immaginando le parole che probabilmente le avrebbe rivolto o gli incantesimi che le avrebbe lanciato, se l’avesse vista pulirlo con cura o se l’avesse sentita leggergli dei libri, come se fosse la madre di un bambino da mettere a letto al quale avrebbe raccontato una storia.

Forse la storia di quella guerra finita ormai da anni.

Hermione colse una rosa, bianca, dallo stelo forte, sapeva che erano state incantate affinché un nuovo bocciolo spuntasse al posto di quello reciso.

Ormai quello era diventato un rituale, ogni anno si riprometteva che avrebbe coltivato da sé la sua rosa, e ogni anno puntualmente finiva davanti a quel cespuglio a prenderne una in prestito – “rubare” sarebbe stato più corretto da dire, visto che non avrebbe restituito un bel niente, per questo erano state incantate – col suo lavoro e i suoi studi riusciva a malapena a respirare, e il suo tempo libero lo passava per la maggior parte in quella stanza così bianca da accecare la vista.

Ginny e Luna avevano provato a farla vivere un po’, ma lei era irremovibile, neppure Harry o Ron erano riusciti a strapparla da quella sedia anonima, diceva che era il minimo che potesse fare per lui che aveva fatto così tanto per loro. Fortunatamente aveva il suo lavoro che ogni tanto la distraeva.

«Buongiorno, professore,» disse non appena entrò in quella camera del quarto piano che avevano riservato soltanto per lui, ma, come sempre, non ricevette risposta.

Quella, però, era una notte particolare, ed Hermione non poteva fare a meno di sorridere, nonostante non fosse la situazione ideale per farlo, ma non riusciva a tenere ferme le labbra, soprattutto se iniziava ad immaginarsi ogni possibile singola reazione del mago disteso sulle candide lenzuola che coprivano il suo respiro regolare senza ovattarlo.

Un rintocco non troppo lontano ruppe quel silenzio, ed Hermione si ritrovò nuovamente a sorridere, un sorriso più ampio, luminoso, come se volesse con quello dissipare ogni ombra nell’anima del mago, ma sapeva che non sarebbe bastato.

«Buon compleanno, professore!»

Si avvicinò al letto per guardarlo meglio e non resistette alla tentazione di toccare, di nuovo, la pelle del suo viso, era così delicata e fredda che non riuscì a trattenere una lacrima che cadde sulle sue labbra. La guardò scivolare lenta e fermarsi in una goccia salata che riluceva sotto i bagliori della luna che entravano esigui dalla finestra.

Non sapeva affermare con certezza quale motivo l’avesse spinta ad avvicinare la bocca alla sua e assaporare quella lacrima che in quel frangente conteneva una parte dell’essenza del mago.

Posò la rosa in un piccolo vaso sul comodino vicino al letto, prese la bacchetta e in un sussurro trasformò quei tratti rossi in sfumature nere che nella notte incastonavano il bianco dei petali, reso più lucente da quei pochi raggi splendenti della luna.

«Adesso è più da lei.»

«Sono commosso da un tale slancio d’affetto. Una rosa bianca e nera, per me? Che regalo originale. Sì, sono davvero commosso» e avresti alzato entrambe le sopracciglia per questo. Anche un finto sorriso non sarebbe male, sai?

«Sa, professore, potrebbe dimostrarsi un tantino più gentile, e abbandonare per un attimo acidità e sarcasmo» nuovamente non ci fu alcun movimento e nessuno rispose.

Il Medimago che si occupava di lui, le aveva detto che ormai il veleno era debellato da tempo e la ferita del tutto guarita, il suo corpo perfettamente sano, ma per qualche ragione a lui sconosciuta non si svegliava, era come se non volesse farlo, ed Hermione sapeva esattamente quale fosse il motivo.

Guardando il corpo del mago attaccato a quelle macchine che risuonavano nella stanza al ritmo del suo cuore, si ricordò del lungo processo che gli era stato fatto senza che lui potesse partecipare ad una sola udienza, si ricordò della difesa accorata che aveva fatto con Harry, il più combattivo di tutti, persino Minerva disperata per non avergli mai dato quella fiducia che era primaria per Dumbledore, aveva fatto un’arringa difensiva dietro l’altra, ed era pronta a Schiantare chiunque avesse affermato il contrario.

Dopo mesi e mesi passati a dibattere era stato assolto dalle accuse che gli erano state mosse.

Ancora, però, si ritrova immobile in quel letto con nessuna intenzione di svegliarsi.

«Lo sa che la vengono tutti a trovare? Sono poche le ore che passa in solitudine.» Doveva essere come morto per non essere più solo, che strana ironia aveva a volte la vita.

«Perfetto, adesso sono diventato una reliquia da adorare. Venite a toccare il grosso naso della reliquia, si dice che porti fortuna! In tutti questi anni dovrebbe essersi consumato» dovresti controllare.

Hermione Jean Granger, seduta vicino al letto che ospitava il corpo del mago ormai in coma da anni, iniziò a ridere forte e in maniera poco signorile, non riuscendo a trattenersi.

Severus Snape aveva le braccia inermi distese lungo i fianchi, pallide come se fossero quelle di un morto, il petto si alzava e abbassava regolarmente, c’era vita in lui, ma, nell’immobilità, sembrava non essere intenzionato ad afferrarla.

Quanto poteva dire di conoscere Severus?

Fino a qualche anno fa non avrebbe saputo cosa rispondere con esattezza, invece adesso avrebbe potuto fermarsi a riflettere per articolare una risposta sensata, ormai conosceva la sua storia attraverso i ricordi di Harry, le sue parole e i numerosi fatti emersi durante il processo.

Poteva dire di sapere ogni cosa della vita di Severus, ma quello non le avrebbe permesso di entrare nella sua anima, sperava di riuscirci giorno dopo giorno passato in quella stanza, per provare a riportarlo indietro.

Vedeva il suo viso rilassato, sulle labbra anche l’ombra di un sorriso, sembrava così in quiete che la differenza era del tutto evidente persino a chi, come lei, non si era mai accorta di tutta la sofferenza celata dietro quegli occhi neri adesso nascosti al mondo.

Aveva capito che i suoi sentimenti nei confronti di Snape erano cambiati una sera di tanti anni prima sotto una luna così simile a quella che poteva vedere appena da quella finestra, una sera in cui, nel buio dei corridoi, si erano parlati per un attimo come se non ci fosse alcun confine tra di loro, come se fossero soltanto due persone alla pari.

Era stato un attimo, e a lei era bastato, un attimo che lui non avrebbe mai ricordato, troppo stanco e sofferente quella sera che avrebbe parlato con chiunque, e ora doveva fare i conti con quell’istante rinchiuso nel suo cuore insieme a quei sentimenti che le avrebbero fatto compagnia per il resto dei suoi giorni.

Era destinata ad amare l’ombra di ciò che restava di un uomo.

«Io l’avverto, professore, domani, o meglio oggi, vista l’ora, il Ministero è deciso a festeggiare il suo compleanno per celebrare l’eroe che ha maggiormente contribuito a sconfiggere Voldemort. Non credo che gradirà questa ridicola festa, quindi le consiglio di svegliarsi e nascondersi da qualche parte.»

Severus Snape continuava quel sonno calmo e profondo che durava da anni, e vedendolo così in pace con se stesso nessuno avrebbe avuto il diritto di ridestarlo.

«Meraviglioso! Dopo essere diventato una reliquia, adesso mi aspetta anche la festa del patrono» si approfittano del fatto che non puoi muoverti.

O non vuoi?

«Se potessi, la porterei via di qui, almeno per risparmiarle questa idiozia. Abbiamo provato io, Harry e la professoressa McGonagall a far desistere il Ministero, persino Luna e Neville, la famiglia Weasley compreso Ron che è sempre stato abbastanza riluttante nei suoi confronti. Anche Draco ha espresso tutto il suo odio al Ministero per questa idea piuttosto infelice, ma lui è stato irremovibile, ha detto che è necessario per tutti rendere gloria agli eroi che hanno sacrificato se stessi per la pace.»

Le gocce di un fluido chiaro scendevano lente da una sacca fino ad un piccolo tubo trasparente che arrivava al braccio di Snape: era l’unico nutrimento che lo teneva ancora in forze, per quante ne avesse bisogno un uomo disteso su un letto ormai da anni.

Hermione si rese conto che avrebbe voluto essere il suo nutrimento, della sua vita, della sua anima. Del suo cuore.

Sospirò.

«Io non parteciperò ad una cosa così ridicola. Se me lo chiedesse, però, potrei rimanere qui con lei e non permettere a nessuno di avvicinarsi.»

«Rimani qui con me» non posso credere tu le abbia detto quelle parole con un sorriso sulle labbra, anche se ruvido.

«Taci! Hai sentito male.»

«Lei, però, non me lo chiederà mai.» Sorrise amaramente verso il mago immobile su quel letto.

Quel ticchettio ormai le era familiare, era un amico fidato col quale condividere quelle ore, quell’attesa di un nulla che non si sarebbe mai realizzato, ciò che la spaventava era non sentire più quel rumore perché avrebbe significato la fine di ogni speranza, e lei voleva continuare a rimanere attaccata a quell’unico barlume come lo era Severus alle macchine.

«Mamma, secondo te come nasce l’amore?» aveva chiesto Hermione a sua madre un giorno che le sembrava un’eternità fa, prima di cancellarle dalla memoria l’esistenza di una figlia.

«L’amore nasce per caso, non ti avverte, basta uno sguardo, una parola, un gesto. Basta una piccola scintilla e un po’ di vento, e divampa come un incendio» le aveva risposto guardandola come una figlia per l’ultima volta.

A lei erano bastate poche parole, labbra appena incurvate e una luna che non poteva vedere per far accendere quel fuoco, e dopo tutti quegli anni non era ancora riuscita a spegnerlo e ogni volta che entrava in quella stanza, aumentava la sua convinzione che nulla lo avrebbe fermato.

Avrebbe dovuto convivere per sempre con quel calore che le bruciava in petto.

Hermione avvicinò una mano al viso di Snape per spostargli una ciocca dalla fronte, la sua pelle era così fredda nonostante la stanza fosse adeguatamente riscaldata. Posò le dita sulle sopracciglia che gli aveva visto tante volte alzare, e probabilmente lo avrebbe fatto anche ora se avesse assistito a quel gesto, o forse, più probabilmente, l’avrebbe Schiantata all’istante, pensò Hermione con un sorriso sulle labbra.

Accarezzò entrambe le palpebre che celavano i suoi occhi.

«Darei la mia vita pur di rivedere i suoi occhi» il suo era un flebile sussurro, ma non l’avrebbe sentita neppure se avesse urlato.

«Questo si chiama… al momento mi sfugge come si chiama, ma di sicuro c’è una qualche legge che vieta a qualcuno di toccare qualcun altro senza il suo permesso.»

«Forse mi considererebbe una pazza, e forse lo farebbero tutti se solo sapessero,» ma ormai le era chiaro che tutti erano a conoscenza dei suoi sentimenti, come poteva essere altrimenti, non si va al capezzale di un uomo tutti i giorni per sette anni se non si prova qualcosa per lui, non era soltanto la sua indole da futura Medimaga, ormai lo avevano capito tutti, anche se cercava di tenere nascosto ciò che provava.

Voleva toccargli le labbra, imprimere nella memoria ogni tratto di quella bocca, come se fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista, ma non osava farlo, le sembrava quasi di violarlo in qualche modo, avrebbe voluto farlo mentre erano dischiuse e il suo respiro caldo le avrebbe sfiorato le dita, ma erano immobili e probabilmente non si sarebbero mosse mai più.

Si mise seduta nuovamente e prese la rosa tra le dita, quella rosa che poco prima aveva incantato per poterle ricordare Severus, il suo volto diafano incorniciato dai lunghi capelli neri che adesso erano sparsi sul cuscino, quel bianco sporcato dal nero dei suoi occhi così profondi e tristi.

Quegli occhi che non avrebbe mai più rivisto.

Lei però continuava a sperare che un giorno avrebbe nuovamente rivolto lo sguardo al mondo, anche se era ben consapevole che non l’avrebbe vista come lei avrebbe voluto essere guardata.

Si chiese come fosse avere il suo sguardo innamorato su di sé.

«Come ha fatto Lily a non accorgersi mai dei suoi sentimenti?» il ticchettio di quel liquido denso continuava lento. «Lei però avrebbe anche potuto dichiararsi, magari regalarle delle rose. Perché non l’ha mai fatto?» sapeva che nessuno avrebbe risposto a quella domanda, tantomeno l’uomo disteso da sette anni di cui ricordava una vago sorriso regalato a Dumbledore, a quel padre mai avuto e poi gettato nell’abisso.

«Io mi dichiarerei se solo si svegliasse» Hermione continuava a rigirarsi la rosa tra le dita, una gioia appena celata sulle labbra, la osservava con attenzione, ogni petalo, ogni sfumatura, toccava ogni foglia ruvida e delicata, quel profumo era inebriante.

Il fiore era immobile tra le sue dita, come Severus su quel letto, e desiderava solo stringere il suo corpo. Vivo.

 

   
 
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