Lechatvert
L'ultima volta, lo giuro. Poi la smetto. Poi passo ad altro. Poi mi
rassegno.
E' colpa di questa canzone. Veramete.
ç_ç
Capitemi.
La prima volta
Non andare
solo per due minuti
o per i prossimi
venti o trent'anni dormi qui
c'è qualcosa di cui vorrei parlarti
solo tu puoi capire
adesso ascoltami
(Annalisa – La prima volta)
« … E la prossima volta non azzardatevi a
chiedermi ancora un favore simile! »
La porta si chiuse sbattendo, mentre i passi veloci del Conte si
allontanavano per i lunghi corridoi di Palazzo Orsini.
Bianca si accucciò contro il muro, massaggiandosi la guancia
in fiamme. Sentiva il sapore del sangue in bocca; un labbro spaccato,
il naso sbattuto contro il pavimento nella caduta, forse.
Piangente, affondò il viso nel vestito di pizzo, coprendosi
la testa con le mani.
Tutto perché quella mattina non era stata abbastanza
attenta, a Messa, ed era riuscita chissà come a mescolarsi
alla folla all’uscita, persa nell’immaginare la sua
prossima lettura. Aveva lasciato il braccio del Conte che in un attimo
era sparito e non era più stato in grado di trovarla.
Poi era arrivato Grunwald a tirarla per un braccio, l’aveva
portata a Palazzo Orsini dove era rimasta sola, chiusa a chiave nello
studio, in attesa che il Conte tornasse dal pranzo con il Santo Padre.
Riario era tornato e l’aveva picchiata, gettandole addosso il
mantello che si era precedentemente offerto di portarle, e
l’aveva insultata e picchiata di nuovo, quasi provasse gusto
nel punire ogni suo piccolo errore.
Bianca era rimasta lì, come ogni volta. Rimaneva sempre in
quello studio, accoccolata tra gli scaffali, incapace di muoversi, di
alzarsi, di pensare. Voleva soltanto piangere e singhiozzare,
estraniandosi da quel mondo fatto di pareti affrescate e scrivanie
sporche d’inchiostro.
Così rimase a terra per un’ora ancora, immobile,
finché non fu lo stesso Riario a tornare sui suoi passi,
probabilmente mosso dall’esigenza di un tomo archiviato nello
studio, più che per compassione.
Tornò nella stanza, superò Bianca con passo
spedito, soffermandosi per un istante dinanzi a uno scaffale. Poi
estrasse un libro, girò sui tacchi e fece per andarsene.
Ma non lo fece.
Restò fermo in piedi, con lo sguardo spento che guardava le
assi del pavimento.
Le piccole mani di Bianca si erano fatte attorno al bavero nella sua
giacca, supplicandolo, in qualche modo, di non lasciare la stanza.
« Bianca … », la chiamo Riario. Aveva un
tono stanco, ben lontano dell’adirato, però.
La ragazza rispose con un sussurro, senza alzare il capo dalle
ginocchia.
« Non andatevene, restate qui. Anche solo per due minuti
».
Lui spostò lo sguardo su di lei, ma non rispose.
« Per favore, non ho nessun altro ».
« Non credo dovremmo parlare di questo. Sono molto occupato
».
Il Conte diede uno strattone al cappotto, ma le dita della ragazza non
si mossero.
Difficile dire se fu per redenzione o soltanto per fastidio; anzi,
probabilmente fu per mera stanchezza, eppure Riario decise di
accucciarsi accanto alla ragazza, emettendo un lungo sospiro di
rassegnazione mentre si sistemava accanto a lei. Lasciò il
tomo sulle ginocchia, incrociandovi sopra le braccia.
Bianca si accoccolò contro la sua spalla, intrecciando le
mani al suo braccio, appoggiando il mento sporco di lacrime alla sua
casacca.
Non gli permise di guardala in viso, nascondendosi nella sua chioma
color del tramonto, ma smise di piangere, sciogliendosi a poco a poco
in un piccolo sorriso.
Perché una spalla a cui appoggiarsi nei momenti di bisogno
serve a tutti, dopotutto, e Bianca non aveva nessun altro, nessun altro
se non il suo stesso aguzzino. Non poteva contare che su Riario, se
voleva sentirsi forte. Era costretta, non le era rimasto altro.
Accanto a lui, sfiorata dal poco calore che quella vicinanza le
infondeva, si sentiva più coraggiosa. Cercava
così tanto quel contatto umano, che per la prima volta le
cose sembravano più luminose. La sua situazione non era
più così spaventosa, l’ombra del Conte
che gravava su di lei non era più così malvagia.
Era un po’ come essere a casa, cullati tra le braccia di un
amico, oppure al caldo davanti a una stufa, quando fuori nevica.
Per i pochi minuti che Riario spese in quella posizione, fermo a
fissare la copertina del libro sul suo grembo, Bianca non disse nulla.
Non ce n’era bisogno.
Per la prima volta, quel silenzio parlava da solo.
anche il silenzio con te è musica
ho già visto molte cose
alcune delle quali chissà
le avrò solo guardate e mai vissute veramente
con te, sarà la prima volta.