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Autore: Acinorev    20/07/2013    52 recensioni
«Hai pianto?» mi chiede, distraendomi e mettendomi in imbarazzo: evidentemente è palese quello che ho fatto fino ad un minuto fa.
Per qualche secondo mi limito a fissarlo, facendomi consolare dalla sua espressione preoccupata, ma poi scuoto la testa e mento. «No.»
Mentre abbasso lo sguardo, per impedirgli di scorgere altre verità così semplicemente, il silenzio piomba su di noi: io, nella mia testa, lo sto riempendo di tutte le cose che vorrei dire, di tutti i “mi manchi” che vorrei confessare. Chissà lui con cosa lo sta rimpiazzando, dentro di sé.
Posso provare a chiederglielo, però.
Racimolo un po’ di coraggio e torno a guardarlo. «Zayn…»
«Ho bisogno di te», mi interrompe lui tutto d’un fiato, prima che io possa dire qualcos’altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Epilogue
 

Il sole entra placidamente dalla finestra, in una striscia che riflette le tende leggermente scostate e che si districa sul pavimento, fino ad arrivare al mio viso: raggomitolata su me stessa, continuo a guardare il vetro trasparente che mi divide dalla giornata che mi attende.
Il fatto che sul mio volto regni l’accenno di un sorriso da più o meno cinque minuti, ovvero da quando mi sono svegliata,  è quasi imbarazzante, tanto da farmi coprire il volto con  le lenzuola mentre ripenso al motivo di questa mia espressione. Zayn questa notte ha fatto di tutto per impedirmi di dormire, perseguitandomi nei miei stessi pensieri e una volta anche in un sogno. Nella mia testa, rimbombano ancora le parole che ha pronunciato sul divano di casa sua proprio ieri.
Il trillare improvviso della sveglia è più fastidioso del solito, quasi fosse offesa dal mio avere già gli occhi aperti, dal mio averle rubato il lavoro: sbuffando, spengo quell’aggeggio infernale sporgendomi fuori dal letto e quasi razzolo giù, quando la porta di camera mia si spalanca l’attimo successivo.
Mi giro verso la porta, sgranando gli occhi quando intravedo Emma sulla soglia: mi guarda come se sapesse di aver appena fatto la figura della sorella appostata fuori dalla mia stanza in attesa che mi svegliassi. Per qualche secondo la osservo attentamente, scrutando i suoi occhi tanto scuri quanto eloquenti e i suoi capelli della stessa tonalità, che le incorniciano il volto in modo disordinato.
“Buongiorno” mormora, con ancora la mano sulla maniglia e l’altra a tirarsi verso il basso la maglia del pigiama azzurro. Si morde un labbro, evidentemente nervosa, e io non so come interpretare quello che sento nei suoi confronti.
Le rivolgo un cenno del capo, aspettando che dica qualcosa, ma lei non apre bocca: si volta velocemente per chiudere silenziosamente la porta alle sue spalle, poi sospira a lungo e torna a guardarmi, questa volta con più decisione. Io quasi trattengo il fiato, con il bordo delle lenzuola color pesca stretto nei pugni, come se fosse un antistress.
Emma si avvicina a me lentamente, stringendosi nelle spalle e accarezzandosi energicamente un braccio, come se volesse farsi forza: quella sua espressione, quel suo modo di guardarmi, completamente diverso e nuovo, è un indizio per capire le sue intenzioni. So anche, però, che mia sorella è una fuggitiva: se è in procinto di fare qualcosa, non bisogna mai forzarla o interromperla, soprattutto se è un qualcosa di difficile per lei, perché potrebbe cambiare idea in un batter d’occhio e mandare tutto all’aria. Proprio per questo non le dico niente, mentre si siede titubante sul bordo del letto, con gli occhi che hanno preso a fissare le sue mani.
“Io…” sussurra, richiudendo subito dopo la bocca, probabilmente pentita di quel suono insicuro e tremolante che ha appena lasciato uscire.
Avanti, Emma.
Poi si volta verso di me, inspirando profondamente, e in un istante me la ritrovo stretta al petto, con le braccia intorno al mio collo e il viso sulla mia spalla. Strabuzzo gli occhi, strozzandomi quasi con la mia stessa saliva: mia sorella non mi abbraccia da qualche anno, da quando era ancora una bambina poco più piccola di me, e io mi ero dimenticata di quanto fosse morbida la sua pelle o quanto profumasse di quel bagnoschiuma senza il quale non vive. Abbasso le palpebre e abbozzo un sorriso incredulo, finendo per abbracciare il suo corpo esile a mia volta, mentre la sento sistemarsi meglio per avere un contatto maggiore: so quanto sia difficile per lei aprirsi o dedicarmi qualcosa che non sia la solita frecciatina acida, ma so anche che questo semplice abbraccio sa esprimere molte più cose di quelle che potrebbero essere dette a parole.
Le bacio una spalla, mentre sento il rancore affievolirsi sempre di più, scacciato da un sentimento più forte, più caloroso: “Mi dispiace” sento mormorare, mentre nessuna delle due si muove di un solo millimetro.
Annuisco lentamente, ma le lascio altro tempo: “Ho sbagliato e l’ho sempre saputo – continua infatti, con la voce flebile a causa dell’orgoglio, ma comunque decisa, ferma. – Lo sapevo anche mentre prendevo quei soldi e mentre facevo sì che la colpa ricadesse su Zayn. Mi dispiace” ripete, staccandosi leggermente da me per guardarmi negli occhi.
“Volevo davvero aiutare Harry, e… È che avevi ragione tu – riprende, senza darmi il tempo di ribattere. – Sono convinta che mamma e papà ti vedano con un occhio diverso, rispetto a me: ma non perché sono una bambinetta viziata, è perché… Perché tu sei migliore, Mel”.
Schiudo le labbra, corrugando la fronte, e “No” sussurro, spiazzata dall’idea che Emma ha di me.
“Io ti ho sempre invidiata - aggiunge, ignorando quella mia interruzione. – Ma al posto di cercare di migliorare, mi sono arrabbiata, ho fatto di tutto pur di metterti i bastoni tra le ruote, come se potessi incolpare te per quello che sentivo”.
“Emma, non hai assolutamente niente da invidiarmi – ci tengo a precisare, scuotendo la testa. – Davvero, io non sono… migliore. E tu vai bene così come sei”.
“Non è vero – mi contraddice, abbassando lo sguardo. – Sono un completo disastro”.
“Hey, guardami – le ordino, accarezzandole i capelli. – Smettila, di dire queste cose. Non è affatto così e mi dispiace… Mi dispiace che tutto questo sia stata causa mia, in parte: se avessi saputo che era così, che ti sentivi, avrei fatto…”
“Vedi perché ti invidio tanto?” mi interrompe, accennando un sorriso che si spegne subito dopo. Mi mordo le labbra, dispiaciuta per lo stato d’animo di mia sorella, mentre mi sento colpevole per non aver capito subito cosa le passasse per la testa. Sono la sorella maggiore, quella che dovrebbe conoscerla meglio di tutti, eppure sono stata cieca sin dall’inizio.
“Scusa, davvero” dice poi, deviando il discorso sul tasto più dolente. Non ho ancora superato il suo aver dato la colpa a Zayn senza farsi troppi problemi, ma sto cercando di rielaborare il tutto e, di sicuro, le sue scuse mi aiuteranno molto.
“E chiedi scusa anche a Zayn” aggiunge dopo un paio di secondi, come se se ne fosse appena ricordata. Si morde l’interno delle guance con nervosismo, probabilmente a causa dell’imbarazzo e di quel dannato orgoglio di cui è munita. Almeno ce l’ha, una cosa in comune con Harry.
Annuisco e la guardo osservare il piccolo tappeto di fronte al mio letto, mentre il silenzio si fa spazio tra di noi: “Scuse accettate” dico poi, senza riuscire a trattenere un sorriso. Lei mi imita, continuando a non guardarmi: sicuramente il suo momento di apertura è giunto alla fine, ma io me lo faccio bastare.
“Melanie! Sei sveglia?” urla mia madre dal piano di sotto, nel quotidiano controllo che la sveglia abbia fatto il suo dovere, cosa che succede raramente. Le rispondo affermativamente, riportata alla realtà in modo un po’ brusco, e intanto mia sorella si alza per avvicinarsi a passo lento verso la porta.
Afferra la superficie in legno chiaro con la mano sinistra e si ferma, dandomi le spalle: alzo un sopracciglio, chiedendomi se abbia ancora qualcosa da dire, ma ci pensa lei, a dare una risposta alla mia domanda.
“Harry non è una semplice cotta, come ha detto ieri papà – esordisce, riferendosi alle parole furiose di mio padre di ieri pomeriggio: quando lui e la mamma hanno ascoltato la confessione di Emma, sono sbottati entrambi, rinfacciandole quanto fosse sbagliato quello che aveva fatto. E non hanno riservato parole carine nemmeno ad Harry, che per mio padre è solo un ragazzino per il quale si è presa una stupida sbandata. Evidentemente si sbaglia. – Non ho riportato subito i soldi al loro posto solo perché speravo che lui li accettasse, prima o poi. Sai, Harry… Sì è arrabbiato, quando mi ha visto arrivare con quei soldi – continua, mentre sento la sua voce inclinarsi nell’abbozzo di una risata incredula, mentre Emma scuote leggermente la testa. – Non mi ha parlato per un giorno intero” conclude, prima di uscire dalla mia stanza.
 
Esco dal bagno della scuola quando per i corridoi non c’è più il chiasso degli studenti, segno evidente dell’inizio inoltrato delle lezioni. Mi sposto i capelli legati in una treccia sulla spalla destra e respiro profondamente, lasciandomi scappare un sorriso di impazienza: do un’ultima occhiata in giro, poi percorro in silenzio i pochi metri che mi dividono dalla biblioteca.
Questa mattina, nonostante sia riuscita a svegliarmi addirittura in anticipo, sono arrivata comunque in ritardo a lezione: il professore di filosofia stava spiegando da cinque minuti buoni e il suo sguardo di rimprovero non è stato esattamente un buon inizio di giornata. Proprio per questo Zayn mi ha mandato un messaggio, alla seconda ora, chiedendomi di raggiungerlo qui alla terza, ovvero adesso: inutile dire che ho accettato l’offerta non appena ho letto le sue poche parole.
Mi sistemo velocemente la camicetta azzurro pastello che indosso, abbassando le maniche a tre quarti che avevo tirato su per il caldo eccessivo che regnava in aula: “Zayn?” chiamo, mordendomi un labbro mentre rimango all’entrata della biblioteca ad aspettare una risposta, con la porta che si chiude lentamente alle mie spalle.
“Sono qui” esclama infatti la sua voce, provocando subito una sensazione di sollievo in me. Muovo i primi passi cercando di capire da dove sia arrivata la sua risposta e “Qui dove?” chiedo, sbirciando alla mia sinistra, vicino al bancone dietro il quale dovrebbe stare un bibliotecario e non solo una sedia impolverata.
“Qui” ripete lui, facendomi alzare gli occhi al cielo divertita.
“Grazie tante” mimo con le labbra tra me e me, scuotendo la testa.
Prendo a camminare lungo il metro scarso che divide le due schiere di scaffali pieni zeppi di libri, cercando lui con lo sguardo, e lo trovo dopo una ventina di passi, alla mia destra.
Ancora ferma al centro del piccolo corridoio, i miei occhi, come se non potessero farne a meno, si soffermano sulla sua figura, illuminata dal debole sole che entra dalla finestra: in piedi in quel maglioncino grigio che troppe volte ho stretto tra le mie mani e nel paio di jeans scuri che fanno ormai parte di lui, è appoggiato al muro con il fianco sinistro, mentre il viso è rivolto verso la grande finestra che tappezza la parete di questa vecchia biblioteca. I capelli disordinati tremano impercettibilmente mentre Zayn muove il braccio destro per portarsi la sigaretta alle bocca e aspirarne del fumo: le labbra increspate e gli occhi sottili, con il petto a gonfiarsi un po’ di più per fare spazio a quell’aria insolita e allo stesso tempo tanto familiare.
L’organo al centro del mio petto è forse impazzito, più del solito, e ha preso a dimenarsi nella mia gabbia toracica quasi volesse sfondarla, perché ha riconosciuto ancora prima di me il luogo in cui Zayn si trova: l’esatto punto in cui l’ho visto per la prima volta, quel giorno a scuola.

Un movimento alla mia sinistra mi fa sobbalzare per lo spavento: immediatamente mi porto la mano libera al petto, voltandomi verso il posto da cui è provenuto il rumore. Il cuore rallenta subito nel constatare che non è nessun fantasma o creatura fantastica uscita da qualche libro a farmi compagnia, ma solo un ragazzo.
Anche se, guardandolo meglio, forse può anche essere considerato un personaggio di fantasia, uno di quelli fin troppo irreali per essere davvero in carne ossa: è seduto a terra con la schiena appoggiata al muro e una gamba piegata, leggermente allontanata da quella stesa sul pavimento. La testa è abbandonata sulla parete e tra le dita tiene una sigaretta con fin troppa cenere sul punto di cadere: sono i suoi capelli neri leggermente spettinati e il suo sguardo scuro a farmi avvampare, come al mio solito. Mi guarda con una tale intensità, con una tale insistenza, da mettermi a disagio, non che sia poi tanto difficile. È a pochi metri da me ed è riuscito a far riprendere i battiti accelerati del mio stupido cuore, non oso immaginare cosa potrebbe succedere se lo avessi accanto.

Mi è impossibile trattenere il sorriso che sta lottando con tutte le sue forse per apparire sul mio viso, così lo lascio andare, lo lascio invadermi non solo con la sua presenza ma anche con il suo significato: stringo i pugni e faccio qualche passo in avanti, mentre l’eco della suola delle mie scarpe che batte sul pavimento si insinua tra me e Zayn. Lui, d’altra parte, si accorge della mia presenza e si volta, facendo aderire la schiena al vetro che gli sta dietro e infilando la mano sinistra in tasca: mi guarda come se anche lui sapesse a cosa sto pensando e mi sorride come se io potessi resistere alle sue labbra inclinate o ai suoi zigomi, che, alzandosi  leggermente di conseguenza, stringono gli occhi in due fessure. La sua figura è resa più scura dalla luce che lo colpisce alle spalle, incapace di rischiarargli il viso e obbligata a sorpassarlo senza voltarsi indietro: e a me fa quasi pena, perché tutti dovrebbero avere la possibilità di stare di fronte a Zayn, di rimanere qualche secondo - o giorno - a scrutare ogni suo particolare, di specchiarsi nei suoi occhi tanto indecifrabili quanto rassicuranti.
Mi schiarisco la voce con un piccolo colpo di tosse e “Non puoi fumare qui” dico, mentre lo stomaco si accartoccia su se stesso per mille motivi diversi. E Zayn ride, ride tranquillamente lasciando passare la punta della lingua tra i suoi denti e scuotendo il capo in modo divertito.

“Non-non puoi fumare qui” sussurro, presa dalla mia solita timidezza. Torno per un attimo sul suo viso e lo vedo inclinare la testa da un lato, come se stesse cercando di capire quelle mie parole, eppure non risponde, anzi, continua a fumare indisturbato come se io non gli avessi detto niente. E io non sono Becka, né Aaron: non insisterò nè punterò i piedi per farmi dare ascolto.
Sbatto le palpebre più volte, stupita da quella reazione, e mi volto velocemente tornando a fare quello che devo: non so se i suoi occhi siano davvero su di me o se sia solo la mia stupida soggezione a farmi avere questa sensazione, ma è una sensazione così intensa da farmi pensare che, se avessi il coraggio di voltarmi a di guardare di nuovo quel ragazzo, li incontrerei senza dubbio.

Lo osservo mentre aspira di nuovo del fumo dalla sigaretta, questa volta più intensamente, quasi volesse finirla con un solo tiro mentre la tiene tra l’indice e il pollice: una nuvola semitrasparente si forma davanti alla sua bocca, quando schiude le labbra per lasciarla uscire, e, dopo aver aperto la finestra, butta il mozzicone in cortile.
Si volta di nuovo verso di me, alzando un sopracciglio come se volesse farsi fare i complimenti per l’avermi dato ascolto. Incrocio le braccia al petto, senza staccare gli occhi dai suoi, e lo aspetto, mentre si avvicina lentamente a me: è strano pensare come io sia in grado di non distogliere lo sguardo, di mantenere il contatto visivo nonostante le sue iridi non abbiano ancora abbandonato il progetto di farmi sgretolare proprio davanti a loro, sotto la loro intensità e la loro forza. Forse, però, è proprio questo il punto: io non sono capace di affrontarle, ma ne ho bisogno. Ho l’estremo bisogno di sentirmi in soggezione quando si fermano su di me, di arrossire quando mi guardano in modo un po’ più insistente, di sfidarle quando cercano di vincere contro la mia fragile resistenza. E sì, forse Zayn ha ragione quando dice che sono una masochista, in fondo.

Sogno o non sogno, è fin troppo vicino a me con i suoi centimetri di altezza in più, e le mie guance sono in fiamme. Solo per un attimo riesco a sostenere il suo sguardo, che mi scruta divertito come se stesse cercando di studiarmi: i miei occhi non possono sopportare i suoi, se vogliono impedire che scoppi un vero e proprio incendio sul mio volto, quindi continuano a spostarsi velocemente da un punto all’altro senza prestare davvero attenzione, e forse per questo decidono di limitarsi a seguire i movimenti della sua mano, che, di nuovo, si avvicina a me, sfiorando però i miei capelli bruni, lisci sulle spalle.

Ormai è ad un passo da me e io sono costretta ad alzare lo sguardo sul suo viso, soffermandomi per pochi istanti sulla pelle olivastra della sua mascella, di una sfumatura più chiara del solito perché, stranamente, Zayn si è ricordato di radersi, questa mattina: lo vedo inumidirsi le labbra rosee e sento le sue mani posarsi sulle mie braccia, ancora strette al petto, che si rilassano immediatamente a quel contatto, lasciandosi cadere lungo i miei fianchi. Non posso combattere contro quell’infimo brivido che ha percorso in un solo attimo tutto il mio corpo, ma lo sforzo si riflette nelle mie guance, che si arrossano improvvisamente: la bocca che mi sta davanti, così pericolosamente vicina, si apre in un sorriso, come se avesse aspettato solo questo momento, come se avesse sempre saputo che sarebbe successo, così io distolgo lo sguardo per non dare a Zayn un’ulteriore vittoria.
Le sue mani, intanto, risalgono lentamente le mie spalle, superando il colletto della mia camicetta per fermarsi sul mio collo e accarezzarlo dolcemente: a quel gesto torno a incontrare i suoi occhi, stupendomi nel trovarli più seri di quanto mi aspettassi, e anche la mia espressione divertita e un po’ imbronciata si affievolisce, mentre il suo viso si avvicina al mio, per baciarmi le labbra con tanta delicatezza da farmi arrossire ancora di più, oltre ogni limite umano.
Mi aggrappo al suo maglioncino, circondandogli il busto con le braccia, e mi avvicino ancora un po’, con il disperato bisogno di sentirlo, di percepire di più il suo profumo in modo da oscurare il sapore di fumo che sto sentendo e che è fin troppo familiare.

Contro ogni forma di istinto di sopravvivenza, i miei occhi svettano di nuovo nei suoi come se volessi rivolgere loro le stesse domande che mi ronzano in testa, ma, appena li incontrano, sento un sorriso farsi spazio sul suo volto e in un attimo la distanza tra noi è annullata: le sue labbra sono premute sulle mie, facendomi assaporare il gusto della sigaretta fumata poco prima, e la sua mano fredda è sul mio collo.
I libri che stringevo al  petto fino a pochi secondi fa sono caduti a terra, forse perché il mio cuore ha battuto troppo forte sotto di loro, e i miei occhi sono spalancati mentre mi stupisco nel constatare che quel bacio assolutamente inaspettato, inopportuno e insensato mi stia effettivamente piacendo.

Dopo pochi attimi, però, Zayn si allontana da me, lasciando pochi millimetri a dividerci, a torturarmi nel peggiore dei modi: la sua fronte si appoggia alla mia e posso sentire il suo respiro di sigarette sul mio viso, leggero e caldo.
“La prossima volta fumerò da un’altra parte” sussurra, sorridendo subito dopo con un angolo della bocca che si inclina di più, mentre io mi lascio sfuggire una risata. Gli occhi socchiusi e le sue mani ancora su di me, con il mio corpo a chiedere silenziosamente che non si allontanino più, che rimangano lì per almeno qualche giorno o settimana, fin quando non me ne sarò stancata.

È questione di pochi attimi, però, perché, prima che possa abituarmi a quel contatto, il ragazzo si allontana da me, mantenendo comunque una certa vicinanza: “La prossima volta fumerò da un’altra parte” sussurra con un sorriso beffardo sul volto, prima di spostare la mano dal mio collo e sparire nel corridoio della biblioteca.

“Deja-vù” dico, facendo schioccare la lingua sul palato e provocando l’ilarità di Zayn, che mi invade le orecchie mettendo a tacere per un attimo il mio cuore, che abbandona ogni sua funzione solo per poter sentire chiaramente la risata che tanto ama.
“Non esattamente” precisa lui, tornando sulle mie labbra senza darmi il tempo di rispondere: questa volta il bacio è più insistente, meno gentile, ma comunque irrimediabilmente delicato. La sua mano sinistra mi accarezza la testa, per poi scendere sulla mia schiena e arrivare al fondo, solo per premere su di me e farmi avvicinare al suo corpo, tanto da far scontrare i nostri petti.
“Quella volta non potevo fare questo” sussurra sulla mia bocca, per poi scivolare a baciare l’incavo del mio collo, facendomi il solletico mentre sfiora appena la mia pelle.
“Né questo” continua, con la voce ridotta ad un soffio appena accennato. Le sue mani stringono la presa sui miei fianchi e il suo viso si alza fino ad arrivare di fianco al mio, mentre lascia un bacio proprio sotto il lobo del mio orecchio destro solo per poi morderlo appena.
Chiudo gli occhi e respiro lentamente, provando a conservare un minimo di autocontrollo o comunque di lucidità: “Chi ti dice che-che ora tu possa farlo?” chiedo, prendendolo in giro. Lui si allontana subito da me, fermandosi con il volto a pochi centimetri dal mio, e i suoi occhi si riducono a due fessure, mentre mi scrutano come per decifrare la mia espressione.
“Ah, è così?” domanda poi, inclinando leggermente il capo da un lato. Si lecca il labbro inferiore, incastrandolo delicatamente tra i denti subito dopo.
Io alzo le spalle, incapace di dire qualcosa che possa effettivamente metterlo a tacere, dato che sta palesemente giocando sporco, in questo momento: “Melanie, per fortuna ti hanno tenuta solo dietro le quinte, in quel musical: fai pena a recitare” commenta, mentre io spalanco la bocca per quella sua affermazione, che però non mi fa trattenere una risata.
“Bene, allora porterò le mie scarse capacità teatrali da un’altra parte” dico io, annuendo velocemente come per dare una conferma a quelle parole. Mi libero dalla sua presa e mi volto per dirigermi verso l’uscita, con un sorriso sul volto che non aspetta altro che rivedere quello di Zayn: lui, infatti, non esita a circondarmi il ventre con un braccio, per fermarmi e attirarmi a sé, facendo aderire la mia schiena al suo petto.
“La stessa parte dove io dovrei fumare? – chiede, con le labbra a sfiorarmi il collo e il profumo a farmi girare la testa. – Possiamo andarci insieme” propone, facendo allargare il mio sorriso.
“Preferirei di no, grazie” ribatto, cercando di mantenere la mia posizione, nonostante sia inutile.
Zayn mi volta verso di lui, abbozzando una risata: “Te l’ho detto, recitare non fa per te” dice, allacciando le mani dietro la mia schiena, mentre i suoi occhi tornano a mettermi in soggezione. Quando poi le nostre labbra si incontrano di nuovo, sento il mio cuore spezzarsi e iniziare a raccogliere i mille pezzi in cui si è infranto, pronto a incollarli al loro posto uno alla volta, ancora e ancora, solo perché Zayn possa di nuovo distruggere tutto.
 
Inspiro l’aria fresca del primo pomeriggio, mentre esco dalle porte della scuola, finalmente libera di tornare a casa: Becka è già appoggiata al muretto in pietra chiara che sta alla fine dei pochi gradini, così sorrido e mi avvicino velocemente, impaziente di passare con lei anche solo pochi minuti.
“Stronzetta! - mi saluta, scuotendo i capelli ramati al sole, mentre i suoi occhi mi trasmettono la loro solita allegria. – Tu ed Aaron siete sempre i soliti! Sono qui che aspetto da almeno un quarto d’ora” afferma, incrociando le braccia al petto con divertimento.
“Becka, è suonata da sì e no cinque minuti: credo tu abbia sbagliato qualcosa” ammetto, facendola ridere, prima di ritrovarmi stretta tra le sue braccia. È più o meno la quarta volta che mi abbraccia, oggi, ma io la lascio fare: sembra quasi un modo come un altro per recuperare quello che, in tutti questi giorni di lontananza e tensioni, ci siamo perse. Da ieri sera, infatti, la mia migliore amica è finalmente tornata ad essere tale.

“Hey…” mi saluta Becka, in piedi sulla soglia della porta di casa sua, mentre mi guarda con aria stupita: il viso struccato e il pigiama con gli orsacchiotti che Aaron le ha regalato per scherzo un anno fa, per il suo compleanno.
“Ciao” ricambio, stringendomi nelle spalle mentre l’imbarazzo inizia a farsi sentire: lei non dice altro, ma rimane qualche secondo a guardarmi, prima di farsi da parte per invitarmi silenziosamente ad entrare in casa. Io le sorrido, cercando di mascherare il sollievo e la felicità, soprattutto perché ho notato come il suo sguardo si sia addolcito, dopo l’iniziale sorpresa.
“Sei da sola?” le chiedo, provando a smorzare la tensione, mentre Becka mi fa segno di sedermi sul divano, dove la coperta di lana mi fa presupporre che lei fosse sdraiata lì fino a pochi minuti fa.
“Cenetta romantica, per i miei” spiega lei, alzando un sopracciglio con fare malizioso. Prende posto al mio fianco e io mi tolgo il giubotto di pelle, riordinando le idee nella mia testa in modo da poter parlare liberamente: il nostro rapporto non è teso come lo era fino a pochi giorni fa. Da quando Becka mi ha lasciata sfogare tra le sue braccia, il giorno in cui io e Zayn abbiamo litigato, siamo riuscite ad avvicinarci un po’: nonostante questo, però, abbiamo ancora tante cose di cui parlare, tante cose di cui scusarci.
“Mi dispiace di essere piombata qui così… All’improvviso – inizio, tenendo lo sguardo sui miei pantaloni. – Ma devo assolutamente parlarti” ammetto, mordendomi un labbro. Tutto quello che è successo è impossibile da trattenere dentro di me: è inconcepibile che Becka non ne sappia niente, è tanto assurdo quanto fastidioso.
Lei annuisce, facendo oscillare la coda disordinata che intrappola i suoi capelli: “Tranquilla – mi rassicura, rivolgendomi un mezzo sorriso. – Avevo intenzione di venire io da te, più tardi, quindi…”
Sorrido liberamente, guardandola per un attimo negli occhi, e respiro profondamente, togliendomi le scarpe per poter incrociare le gambe sul divano: dopo qualche secondo, inizio a parlare.
Le racconto tutto quello che non sa, a partire dal mio incontro con Zayn su quella panchina: le descrivo la sua espressione mentre mi rivelava tutti i dettagli della storia di Harry, e la mia, quello che ho assunto mentre lui mi stava urlando contro cose senza senso. Le racconto della mia chiacchierata con Styles, dello stupore che mi ha assalita quando mi ha spiegato le sue motivazioni e della rabbia che ho provato nello scoprire che era stata Emma a rubare quei soldi. Le riporto le frasi di mia sorella, quelle dei miei genitori che urlavano furiosi contro di lei, e finisco per ammettere la mia gelosia nel vedere Zayn e Andrea insieme. Sospiro nel ricordare ad alta voce il piccolo litigio con lui e sospiro di nuovo, questa volta di felicità, quando riporto quel “ti amo” che ancora mi scalda il cuore.
E Becka rimane in silenzio, completamente: le sue uniche reazioni sono le espressioni che si susseguono sul suo volto e che si adattano ad ogni situazione da me descritta, ad ogni suo pensiero non espresso.
Così, quando io non ho più parole da dire e mi sembra di essere ritornata ai vecchi tempi, quelli in cui chiacchierate del genere si svolgevano più o meno ogni giorno, non posso non rimanere per qualche secondo in silenzio, con una voglia straziante di abbracciare la mia amica.
“Wow” commenta lei, riferendosi alla quantità di cose accadute in così pochi giorni.
“Già” confermo, arricciando un po’ il naso. Dentro di me, oltre al piacere di trovarmi qui con lei, c’è qualcos’altro che si agita: fremo dalla voglia di sentire il suo parere, di sapere cosa pensa di Zayn, ora che tutto è stato risolto e che ogni suo dubbio è stato spazzato via.
“Sono felice che ora sia tutto a posto – dice poi, cogliendomi alla sprovvista. – Sembri parecchio felice”
“Lo sono” le assicuro, ripensando a quella sensazione che non mi lascia stare da quando sono uscita da casa di Zayn.
“Anche se credo che in parte sia merito delle prestazioni di Malik, a quanto pare – continua, sospirando e facendomi spalancare gli occhi. – Magari ora capisci anche tu a cosa mi riferivo quando mi lamentavo di quelle di Liam”.
“Becka!” la rimprovero, nascondendo il viso arrossato con uno dei cuscini bordeaux. Mi erano mancate le sue allusioni.
“A parte gli scherzi, mi dispiace essermi comportata in quel modo” riprende, con un tono di voce più serio di quanto mi aspettassi, obbligandomi a poggiare sulle mie gambe il cuscino per tornare a guardarla in faccia.
I suoi occhi sono fissi nei miei e cercano di trasmettere qualcosa accompagnando quelle parole: “No, tu… Non avevi tutti i torti nel dirmi quelle cose. Certo, magari avresti potuto fidarti un po’ di più di me, ma so perché hai agitato così e… Sì, insomma, va bene”.
Becka scuote la testa, con l’ombra di un sorriso sul volto: “Hai fatto bene a non darmi ascolto – precisa, stupendomi. – Se l’avessi fatto, a quest’ora non saresti qui con questo sorriso inquietante sul volto, non saresti così fastidiosamente e irrimediabilmente felice. Quindi scusa: scusa per il mio comportamento da psicopatica con manie di protezione ossessiva: avrei dovuto credere in te – ammette, stringendosi nelle spalle. – È che l’idea di vederti soffrire mi faceva talmente incazzare che…”
Non le do il tempo di finire di parlare, perché mi rifugio tra le sue braccia, in un gesto automatico tra di noi: la stringo a me come avrei voluto fare già da molto tempo, e riassaporo il suo profumo, quello che ha sempre avuto un effetto calmante su di me.

“Lo so” sussurro, intensificando la presa su di lei.
“E io sapevo che saresti diventata una vera stronzetta, prima o poi” ribatte lei, ridendo subito dopo mentre io la imito. Non c’è sensazione migliore nel sentirla ridere di nuovo, nel sentire che le cose stanno tornando finalmente alla normalità, nel percepirla di nuovo al mio fianco, in tutti i sensi.
“Ma ora basta, o finirò per piangere – dice, sciogliendo l’abbraccio e sbattendo più volte le palpebre per via degli occhi lucidi. – Per quanto mi ci voglia ancora un po’ per accettare del tutto Malik, voglio sapere tutto: insomma, ha portato via la tua verginità, dannazione!” esclama, alzando un po’ la voce per l’enfasi con cui ha pronunciato quelle parole. Io arrossisco completamente e torno a nascondermi dietro lo stesso cuscino di prima, che lei prontamente cerca di togliermi dal viso con un divertito “Avanti, non fare la pudica! E guarda, hai anche un succhiotto, proprio qui!”

“Ragazze! - esclama Aaron, sbucando alle mie spalle e abbracciandoci entrambe. – Sapete da quanto aspettavo di vedervi di nuovo insieme?” ammette, ricordandomi di tutte le volte che ha cercato di spronarci a parlare e a chiarire.
Io e Becka ci lanciamo uno sguardo d’intesa, mentre lui ci lascia andare per incamminarsi con noi verso i cancelli dell’uscita: “Io… Devo aspettare Zayn” dico loro, stringendomi nelle spalle, un po’ imbarazzata.
“Oh, no” mormora Aaron, con lo sguardo perso davanti a sé. Corrugo la fronte, spiazzata da quel commento, e “Che c’è?” chiedo, un po’ titubante.
“No, no, no, no” continua lui, sbiancando.
“Ah, perfetto” borbotta Becka al mio fianco, scuotendo la testa. Cos’hanno che non va, questi due?
Quando mi decido a seguire i loro sguardi, mi accorgo con sollievo che le loro parole non sono affatto rivolte a Zayn, ma a qualcun altro, qualcuno che non mi sarei mai aspettata di rivedere tanto presto. Qualcuno che, con le mani nelle tasche dei jeans chiari e con il vistoso tatuaggio sul petto lasciato scoperto dallo scollo di un maglioncino blu, sta venendo verso di noi. Le labbra increspate in un sorriso e la lingua a giocare con il piercing che la decora, mentre il sopracciglio destro si alza per conferire a quel volto divertito un’espressione impaziente.
“Splendore!” quasi urla Louis, attirando l’attenzione di gran parte degli studenti presenti. In pochi secondi me lo ritrovo davanti, anzi, io mi ritrovo tra le sue braccia, che mi stanno stringendo tanto forte da interrompere il contatto dei miei piedi con il terreno. Strabuzzo gli occhi, con le guance che si tingono di porpora senza alcuna pietà, e deglutisco a vuoto quando Louis mi lascia finalmente andare, permettendomi di tornare a respirare.
“Hey…” borbotto, con l’ombra di un sorriso, mentre lui saluta velocemente anche Aaron, che continua ad aggiustarsi la giacca come per darsi una sistemata, e Becka, che non sembra particolarmente felice di vederlo, come sempre.
“Sei tornato” noto, incapace di contenere la sorpresa e forse anche un po’ di piacere: d’altronde, una volta appurata la sua omosessualità e superato l’imbarazzo causato dai suoi continui complimenti, la sua compagnia è più che gradevole.
“Sentivo la mancanza di quel coglione del tuo ragazzo – risponde annuendo, facendomi ritornare in mente la sua pacata finezza e stupendomi nel farmi capire di essere aggiornato sugli ultimi avvenimenti. – E tu sei sempre più bella, eh?” continua. Superare l’imbarazzo dei suoi complimenti? Certo, come no.
“Quanto rimarrai?” si intromette Aaron, guardando la sua cotta stratosferica dritto negli occhi azzurri ghiaccio.
Louis alza le spalle e “Qualche giorno” ammette, per poi spostare lo sguardo alle nostre spalle. Il sorriso che si allarga sul suo volto mi fa capire che deve essere arrivato Zayn, così mi volto e lo cerco tra la folla di studenti.
È più vicino di quanto pensassi: la giacca sbottonata e lo zaino su una spalla. Ed è con Harry.
Alzo entrambe le sopracciglia per la sorpresa e li osservo camminare insieme con molta calma, quasi fossero due semplici amici che escono da scuola come ogni giorno: quando arrivano a pochi passi da noi, si fermano e si salutano dandosi la mano in quello strano modo che si usa tra ragazzi.
Gli occhi verdi di Harry, mentre si allontana da lui, si spostano sui miei amici e poi sul mio viso: il disagio che erano soliti provocare in me si è affievolito, forse per merito della sua espressione quasi serena, così riesco persino ad abbozzare un sorriso mentre lui mi saluta con un cenno del capo che fa ondeggiare i capelli ricci. E non sembrava solo un saluto, sembrava qualcosa di più: una specie di segno di intesa o di ringraziamento, anche se, parlando di Harry Styles, è difficile da dire con certezza.
È Zayn a riscuotermi dai miei pensieri, quando si avvicina a noi e mi distrae con il suo profumo, mentre si fionda a salutare il suo amico: evidentemente nemmeno lui sapeva che sarebbe tornato. Dopo qualche momento di convenevoli, momento che io ho passato a studiare il sorriso sincero di Zayn, Louis diventa improvvisamente più serio: “Amico, dimmi la verità – esordisce, puntando un dito contro il petto di Zayn, al mio fianco. – Il ragazzo di prima, quello con cui sei uscito da scuola… Sì, be’, ti prego: dimmi che gli piace il cazzo” lo prega, provocando in lui un sorriso incredulo e in noi un’espressione a dir poco sconvolta.
Mai sconvolta come quella di pochi secondi dopo, però, ovvero quella che assumiamo nel momento in cui Aaron, con uno scatto improvviso, si fionda su Louis baciandolo con foga e sfacciataggine, con una mano a palpargli a dir poco tranquillamente il sedere: io spalanco gli occhi e sbatto le palpebre più volte, guardando Becka come per dividere lo stupore con lei, altrettanto sbalordita.
Aaron poi si allontana leggermente e, a pochi centimetri dal suo viso, mormora: “No, ad Harry non piace il cazzo”. E Louis ride, facendo schioccare la lingua sul palato con soddisfazione: “Allora non sei così checca” commenta, probabilmente piacevolmente stupito dal comportamento del mio amico, che sorride in modo provocatorio prima di fare un passo indietro per ripristinare uno spazio decente tra di loro.
Tossicchio sommessamente, distogliendo il mio sguardo da loro e cercando quello di Zayn, che li sta scrutando in maniera a dir poco divertita: lui si volta verso di me e mi sorride scuotendo la testa, mentre tira fuori una sigaretta dal suo pacchetto malandato.
“Ho sentito delle voci in giro per la scuola, oggi” gli annuncio, mordendomi le labbra per nascondere una piccola risata di allegria.
Lui alza un sopracciglio, accendendo la sigaretta, e dopo aver fatto uscire il fumo dalla sua bocca “Delle voci?” chiede, probabilmente già a conoscenza di quello che sto per dire.
Io annuisco e mi incammino con tutti gli altri, con la sua figura al suo fianco: “Sì – confermo. – Si dice che a picchiare il signor Dambel sia stato Harry, in realtà” spiego, come se fosse la prima volta che sento parlare di questa storia. In realtà ho ancora ben impressa in testa la mia reazione nell’ascoltare Beth, una mia compagna di corso, che spifferava tutto ad alcuni suoi amici, a pochi passi da me. Non ero riuscita a sopprimere un sorriso, nonostante mi chiedessi come fosse potuto succedere: dopo aver visto Zayn ed Harry insieme, però, penso che quel ragazzo orgoglioso e troppo codardo abbia finalmente iniziato a fare la cosa giusta.
“Ah, sì – risponde Zayn. – Ma chissà, le voci sono sempre poco affidabili” scherza, alzando le spalle in segno di indifferenza. Quella piccola battuta, pronunciata da lui e soprattutto pronunciata dopo tutto quello che è successo, è più divertente di quando non lo sarebbe di solito.
“Sì è scusato, comunque – aggiunge. – A modo suo” precisa, alzando un sopracciglio. Io annuisco, sinceramente sollevata da quella notizia. Era ora che quei due affrontassero la situazione e il fatto che Harry abbia cercato di riparare al danno è già un buon inizio.
Poi, dopo circa un minuto di silenzio, Zayn si piega all’improvviso verso di me, per sussurrare qualcosa al mio orecchio: “Ti amo” dice semplicemente, ritornando lentamente alla sua posizione iniziale con una risata silenziosa a divertirlo mentre aspira dell’altro fumo. E io arrossisco, sento le guance andare a fuoco mentre sprofondo nel mio giubottino di pelle, senza guardare altro se non il cemento sotto i piedi; e odio Zayn, perché lui lo sa: sa qual è la mia reazione a quelle due semplici parole, la conosce fin troppo bene, dato che ieri ha passato gran parte del tempo a prendermi in giro per quanto mi imbarazzavo mentre lo diceva. Si sta divertendo anche ora, mentre mi osserva attentamente con la sigaretta tra le mani, sospesa a pochi centimetri dal suo viso perché sta scuotendo la testa, con ancora un sorriso sul volto.
“Allora, tutti a casa mia?” esordisce al’improvviso Becka, comparendo alla mia destra e riscuotendomi da quell’istante tanto intimo e fuori dal tempo con Zayn.
“T-Tutti?” ripeto io, stupita, guardandomi intorno.
Becka alza gli occhi al cielo, sospirando, poi per un attimo guarda Zayn per tornare a concentrarsi su di me subito dopo: “Sì, tutti – precisa. – Il tuo ragazzo non mi sta ancora molto simpatico, per non parlare del suo amico, che potrebbe inaugurare una delle superfici di casa mia con Aaron, per come si stanno evolvendo le cose… - spiega, lanciando un’occhiata di disgusto a quei due, che stanno parlando chissà di cosa, a pochi passi da noi. – Ma sì, tutti”.
Io annuisco, rivolgendole un sorriso profondamente sincero, e lei ricambia, per poi tirare fuori dalla sua borsa il telefono e chiamare Liam, per avvertirlo della piccola rimpatriata.
Mi fa piacere che si stia sforzando di accettare finalmente la mia storia con Zayn e inizio a temere di non essere più capace a contenere tutte queste emozioni che mi stanno esplodendo nel petto. Tutta questa felicità.
Alzo lo sguardo sul volto di Zayn, alla mia sinistra, e lo trovo a scrutarmi con la sigaretta in bocca: mi rivolge un occhiolino, probabilmente dovuto a quello che Becka ha appena detto, e poi butta fuori del fumo, lasciando che quella nuvola bianca faccia apparire un sorriso rivolto a me, appena si dissolve. Gli occhi nei miei, a parlare più di quanto al loro proprietario piaccia fare, a paralizzarmi più di quanto sia normale, e le labbra umide che fanno male per quanto sono belle mentre formano quella curva così perfetta. Anzi, che fanno bene.
Io ricambio il sorriso, arrendendomi all’intensità dei miei sentimenti, e rabbrividisco immediatamente, senza alcuna via di scampo, quando la mano di Zayn sfiora la mia di proposito. Quando le sue dita giocano per un attimo con le mie e mi fanno il solletico, sfiorandone i polpastrelli. Quando lui si avvicina un po’ di più a me per far entrare in contatto le nostre braccia, mentre continua a torturarmi con quei semplici gesti che sanno di impazienza, di provocazione. Quando, contro ogni previsione, sento le sue dita incastrarsi alle mie: sposto lo sguardo su quell’intreccio di mani e un nodo allo stomaco mi paralizza.
I battiti accelerati del mio cuore rimangono tali, anche mentre Zayn stringe un po’ di più la presa sulla mia mano, anche mentre la lascia delicatamente dopo pochi secondi, ritornando a sfiorarla appena, perché io lo so che è un gesto che non gli piace compiere in pubblico – per quanto semplice -, ma so anche che ci penserà quando saremo soli. So che mi bacerà appena non ci sarà più nessuno, intorno a noi, che lo farà talmente tante volte da farmi chiedere se le mie labbra riusciranno mai a lasciare le sue, dopo essere diventate un’unica cosa con loro. So che mi dirà tutte quelle parole che si ostina a nascondere alla conoscenza degli altri, tutte quelle che al massimo, quando non riesce a trattenersi, lascia sfuggire dalla sua bocca in un sussurro che solo io posso sentire.
So che i suoi occhi, che ora si prendono gioco di me sforzandosi di mettermi a disagio, cambieranno velocemente il loro modo di guardarmi: diventeranno più vicini, più intensi, e si lasceranno decifrare. So che abbandoneranno quello strato di imperscrutabilità e si arrenderanno ai miei, in un privilegio che non avrei mai pensato di poter ottenere.
Quindi io ricambio la carezza di Zayn, sfiorando con il dorso della mano la sua, quella pelle un po’ fredda e in grado di riscaldarmi nonostante tutto: lo guardo sforzandomi di tener testa alle sue iridi, pregustando il momento in cui la distanza invisibile tra di noi verrà abbattuta definitivamente, e gli rivolgo un sorriso con il quale cerco di trasmettergli tutto, ogni parte di me. Con il quale cerco di fargli capire che io sono nelle sue mani e che lui è in me, in ogni centimetro del mio corpo, in ogni fibra, cellula, capillare, vena, arteria, in ogni millilitro di sangue che viene pompato da quel cuore che non sa ancora come controllare l’effetto che Zayn ha su di lui.
Ricambio quella carezza e sposto lo sguardo di fronte a me, sentendomi a mio agio mentre percepisco i suoi passi al mio fianco, che con il loro procedere calmi e regolari vogliono quasi scandire il ritmo della mia intera vita. L’odore di fumo che non mi dà più nemmeno fastidio e il suo respiro che vorrei sentire sulla mia pelle.

Ti amo anche io, comunque.
 


 





ULTIMO SPAZIO AUTRICE aka ORA PIANGO
 
Cioè, datemi due minuti per digerire il fatto che questo sia l’ultimo capitolo, che non scriverò mai più di Melanie e Zayn (i miei Zelanie T.T), che non comparirà mai più il Louis sfacciato e volgare pieno di piercing e tatuaggi, che non scriverò mai più dei litigi tra quei due che tanto amo, e… Oddio, non ce la faccio D:
Penso che lo sappiate già, ma questo capitolo è stato più difficile del previsto, per me: è un casino, è lunghissimo – mi scuso se vi siete annoiate nel leggerlo :( - e non è venuto come avrei voluto! Credo un po’ sia colpa del “blocco” che ho avuto: sembrava quasi che la mia mente stupida si rifiutasse di scrivere l’ultimo capitolo di questa storia lol
In ogni caso, eccolo qui, con tutti i suoi difetti e spero qualche pregio hahah Due paroline a riguardo e poi scappo a studiare D:
Ho cercato di creare un capitolo finale in cui molte cose si chiariscono e vengono a galla (spero di aver soddisfatto tutte, in questo modo c:), infatti è molto lungo, ma non mi andava di spezzarlo in due perché non avrei saputo cosa scrivere in due capitoli e non volevo forzare le cose.
Partiamo da Emma: è orgogliosa come Harry ed è anche molto semplice, in  realtà. È sempre stata invidiosa della sorella, cosa che succede spesso anche nella realtà, quindi la sua forma di ribellione era causata da una specie di frustrazione per il non sentirsi abbastanza: il gesto di incolpare Zayn è dovuto al fatto che ormai era talmente infognata nella missione “odiamo Melanie” che nemmeno si è resa conto di cosa comportasse davvero. Infatti si scusa etc etc :) Le ho fatto dire quelle cose su Harry per rimarcare il fatto che lui non è cattivo, né opportunista: è solo debole, e spero che vi piaccia fjdskafhs (come avete visto lui e Zayn hanno parlato ed Harry si è sforzato di far venire a galla la verità: ovviamente, io non l’ho scritto, ma è stato molto “discreto”. Di sicuro da uno come lui non ci si può aspettare che lo urli a squarciagola in mezzo ai corridoi ahhah È stato più un mettere in giro dell voci, vaghe… :))
Poi, Melanie e Zayn: la parte della biblioteca mi ha fatto sudare freddo ahhah È molto descrittiva, e spero non vi abbia annoiate, ma l’ho fatto apposta: volevo che si notassero i cambiamenti tra di loro, ma che venissero evidenziate anche le cose che non cambieranno mai. Volevo che ci fosse un contrasto tra quello che erano prima, con tutti i segreti, le parole non dette e i comportamenti ambigui, e quello che sono ora! spero di esserci riuscita, se no vado a sotterrarmi ahhaha Ho inserito i flashback perché mi piaceva l’idea di mettere a diretto confronto i sentimenti di Melanie e sinceramente sono stata presa da una morsa di malinconia non indifferente hahaha
Poooi: Becka e Melanie fjsk Chiariscono e non ho molto da dire su di loro lol Come tutte le migliori amiche troppo legate per tenersi il muso, fanno di tutto per mettere da parte i propri sbagli e andarsi incontro :) E anche Becka non aspettava altro che riappacificarsi con la dolce Mel :) D’altronde lei ha solo un modo tutto suo di dimostrare affetto!
Aaaaaaron fjksdlajf Louiiiiiiiiis fjksal Amo quei due, vi avverto ahhaha Spero vi abbiano fatto sorridere, sinceramente :) E mi dispiace di non essere scesa nei dettagli della loro storia, ma sinceramente preferisco così: non volevo farli stare insieme per forza, anche perché sarebbe stata un po’ forzata come cosa, soprattutto perché sappiamo cosa pensa Louis di Aaron! Però li ho lasciati in bilico, con la possibilità di inaugurare casa di Becka hahah
Eeeeeeeeee infine, di nuovo Zelanie :) Anche qui, una parte molto descrittiva che in realtà si commenta da sola! Zayn che dice "ti amo" a Melanie solo per vederla arrossire non poteva mancare lol
Io spero sul serio di non aver scritto una merdata e di non essere caduta nel banale e nel noioso D: Sono incapace di scrivere gli ultimi capitoli perché non mi piace mettere fine ad una mia storia e quindi vado in pappa con il cervello e non capisco più niente! (Mi dispiace non essere riuscita a dare un ruolo importante a Liam, sul serio T.T)
 
Per un’ultima volta, vi ringrazio immensamente fjdaklgjsd Non avete idea della felicità che mi avete procurato con tutte le vostre parole, lasciate qui, su fb, su twitter, su ask, per messaggi e chi più ne ha più ne metta hahah Davvero, non mi aspettavo che questa storia vi sarebbe piaciuta tanto e spero davvero di non avervi deluse!
Grazie a chi ha letto silenziosamente, grazie a chi ha recensito, grazie a chi ha messo questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, grazie per chi ha segnalato la storia per le scelte e grazie a chi mi ha sempre supportata in ogni mio momento di difficoltà!
Seriamente, siete fantastiche e io sto diventando noiosa ahhah
 
Purtroppo devo mettere fine a questo spazio autrice, anche se non voglio D:
Sappiate che mi mancherete parecchio :( :( :(
Mi scuso per non aver risposto a tutte le recensioni del capitolo 28, ma non ho avuto davvero tempo! Risponderò a quelle delle scorso appena riesco, così come quelle che lascerete a questo! Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate, perché ne ho davvero bisogno dfjsalfjds
 
Ciao fanciulle, vi voglio bene <33333

Del tipo: usciamo da scuola come se fossimo ad un servizio fotografico ahahha



E di nuovo i nostri Zelanie: addio T.T

  
 
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