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Autore: Fabio93    20/07/2013    8 recensioni
Il buio è la tela perfetta su cui dipingere le nostre paure. Lo sa bene Luca, che, disteso sul suo letto, non riesce a prendere sonno. La casa nuova gli si chiude attorno come un sarcofago e i rumori della notte gli strisciano addosso come insetti viscidi. Uno in particolare, come un lamento, sembra avvicinarsi. Sembra cercarlo.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA VOCE della NOTTE

 

 

 

Quando la luce si spense, il buio nascose la stanza, smussandone le forme e sbiadendone i colori.

Luca tenne stretto in mano l'interruttore della lampada sul suo comodino ancora per qualche secondo, come una specie di talismano, e, quando lo lasciò andare, gli parve di averlo perduto come un sasso nell'oceano.

Alzò lo sguardo al soffitto, dove la poca luce che entrava dalle persiane chiuse disegnava un rettangolo di chiarore inconsistente.

Il ticchettio monotono dell'orologio nel salone rimbombava nella casa vuota e silenziosa; Luca, ancora immobile nel letto, ascoltava le automobili passare fuori dalla finestra, sulla strada, e gli pareva che quei rumori venissero da un mondo distante dal suo, irraggiungibile. Aveva un pensiero sciocco in testa: se avesse urlato, nessuno lo avrebbe sentito.

Quella era la sua prima notte nella casa nuova; l'affitto era davvero buono, vista la zona, e l'appartamento era spazioso e ben tenuto. Aveva fatto un affare a trasferircisi, ma adesso si sentiva irrequieto e solo. Quei muri nei quali avrebbe racchiuso la sua vita non gli erano ancora familiari, ma, anzi, sembravano indifferenti, se non ostili.

Aveva solo bisogno di un po' di tempo per abituarsi al cambiamento, certo, ma intanto era troppo inquieto per chiudere occhio. Fissava il rettangolo di luce galleggiare nel buio e pregava perché quella notte non succedesse nulla.

Sapeva che quella sarebbe stata esattamente come tutte le altre notti della sua vita, che non aveva nulla di speciale o di pericoloso, ma questo non bastava a convincerlo. E così sarebbe rimasto sveglio fino a tardi, tenuto per mano dai suoi timori infantili, e il giorno dopo sarebbe stato uno zombie ambulante.

Non aveva mai retto bene la mancanza di sonno.

Un suono, come di un lamento lontano, s'insinuò appena udibile nella stanza, strisciando sul pavimento come acqua piovana. Era una nota acuta e vibrante, che saliva e scendeva di tono con regolarità. Luca chiuse gli occhi e cercò di non pensarci; poteva essere il motore di una moto su di giri, eppure nella sua testa era già l'urlo d'angoscia di una donna. Più cercava di escluderlo dalla sua mente, più quello vi si faceva strada come un tarlo nel legno.

Quel dannato motociclista non poteva scegliere un momento peggiore per i suoi virtuosismi del cazzo.

La sirena di un ambulanza squarciò il silenzio col suo richiamo stridulo, gli altri rumori sparirono come ragni disturbati dalla luce; l'ambulanza si avvicinò, raggiunse casa sua e passò oltre, portandosi via con sé il suo richiamo. I sussurri del crepuscolo strisciarono fuori dai loro nascondigli e ripresero a tessere la loro tela incorporea attorno al ragazzo ancora sveglio.

Fra di loro, fra quegli invisibili ospiti che occupavano la sua stanza, c'era quel lamento malinconico, ora più forte.

Più vicino.

Luca si rigirò nel letto, cercando di pensare ad altro, di concentrarsi sul ticchettio monotono ma rassicurante dell'orologio o su qualunque altra cosa lo potesse distrarre. Eppure non c'era modo di ignorarlo. Cominciava anche a prendere forma: riusciva ora a vedere la sagoma curva e zoppicante di una donna, che si faceva strada fra le ombre della notte, lenta, inesorabile. I passanti non l'avrebbero vista, la sua presenza sarebbe scivolata loro addosso come un brivido sulla schiena: il suo pianto funebre era solo per lui e cresceva, cresceva.

La donna continuava ad avanzare, arricchendosi ad ogni passo di dettagli raccapriccianti, fino a fermarsi davanti ad una casa. Quella di Luca, naturalmente. Si sarebbe appostata fuori dalla finestra, a spiarlo, continuando a gridare il suo dolore fino a farlo impazzire.

Le persiane di legno della finestra scricchiolarono come vecchie ossa malandate.

È il vento” pensò la sua parte razionale.

È arrivata” rispose invece la parte di lui che credeva ancora nel mostro sotto al letto.

Luca aprì gli occhi e strinse il cuscino. Non voleva ammetterlo, ma era terrorizzato. Alzò lo sguardo verso il suo rettangolo di luce protettore e non ci trovò nessuna sagoma minacciosa.

Il cuore rallentò un po' la sua corsa, ma non bastava.

Il non vederla non voleva dire che non ci fosse. Poteva comunque esser lì fuori, ad osservarlo: non vista, ma presente.

Luca capì che se voleva addormentarsi aveva bisogno della prova definitiva che fuori dalla sua finestra non ci fosse nessun mostro in agguato: doveva alzarsi e guardare fuori.

Semplice, limpido.

Era sufficiente dare una sbirciata fuori dalle persiane, non c'era nemmeno bisogno di aprirle. Ecco cosa avrebbe fatto, per poi tornarsene a letto tranquillo.

Scostò le coperte e si mise seduto.

Si rendeva conto che il cedere alla paranoia era di per sé una sconfitta, che ancora una volta si era lasciato influenzare dalle sue assurde paure, ma era disposto a tutto pur di far finire quel delirio insensato.

La finestra, un ritaglio evanescente nell'oscurità, lo aspettava; sembrava non avere nulla da nascondere. La notte pianse ancora una volta, una nota acuta e straziante, poi scese il silenzio. Anche le macchine parevano essersi tutte fermate.

Il mondo intero sembrava essersi congelato, sfidandolo a guardare in faccia l'ignoto.

Il freddo, fuori dalle coperte, gli pizzicò la pelle.

Luca deglutì a fatica. Si alzò in piedi. Si avvicinò al vetro.

-Finiamola- sussurrò alle ombre.

Scostò la tenda sottile, si abbassò un poco e sbirciò fuori.

Un paio di occhi rossi come il fuoco, rossi come il sangue, gli restituirono lo sguardo.

 

 

 

E siamo alla fine di questo racconto senza pretese. L'ho scritto per svagarmi un po', poi, pensando avesse raggiunto una certa decenza, ho deciso di pubblicarlo. Spero di averti regalato una piacevole lettura. Volevo catturare, per quanto mi fosse possibile, quella paura insensata che si ha, certe notti, di avere qualcosa di estraneo ad osservarci. Non lo vediamo, ma è proprio lì e, se ci facciamo attenzione, forse possiamo intuirne la sagoma nell'angolo più lontano della stanza. Se sono riuscito almeno a farti rabbrividire, sono soddisfatto. Spero vorrai lasciare una recensione e qualche consiglio su come migliorarmi, altrimenti grazie per essere arrivato alla fine: alla prossima storia!

   
 
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