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Autore: miss potter    21/07/2013    2 recensioni
“T-tu intendi…”
“Sì” rispose John, con dolcezza.
“Io sono il tuo…” continuò Sherlock “…migliore…”
“Uomo” concluse John.
“Amico?”
John apparì leggermente interdetto, ma… era felice. Sorpreso, sentii un’ondata di calore.
“Certo che lo sei” disse John. “Certo. Tu sei il mio migliore amico.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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                                                          WARNING:

 Hellooouh. Sono incredibilmente spiacente per la mia prolungata assenza ed imperdonabile scostanza nell'aggiornare la mia ultima long ma l'estate lede la mia ispirazione e concentrazione. Concentrazione che poi va letteralmente a farsi benedire quando, gira che ti rigira, ci si imbatte in video come questo http://www.youtube.com/watch?v=VcrbwO351tU  e allora semplicemente non si può mantenere la calma.
Quindi, credo sia mio dovere avvertirvi che tutto ciò che sentirete e leggerete d'ora in poi sarà intriso di SPOILERS e che non mi renderò responsabile di attacchi d'isteria collettiva, infarti, scotennamenti autoinferti, et cetera. Questo è il link ove potete riferirvi. http://moriarty.tumblr.com/post/55846215001/detailed-summary-of-the-special-scene-of-sherlock 
Infine, tengo a precisare che tutti i dialoghi, ma proprio tutti, non appartengono a me ma allo script della terza stagione by BBC e compagnia, insieme alle parti che trovate nel link sopracitato in inglese da me tradotte e leggermente modificate per rendere il tutto più comprensibile. Di mio c'è solamente l'introduzione, costituita dal primo paragrafo.
Le parti in corsivo fanno parte del flashback.
NON LEGGETE se non volete anticipazioni.

Thank you.
























L’ultima volta che a Sherlock era dato ricordare di essersi sentito più a disagio di così probabilmente includeva quell’agghiacciante Natale di parecchi anni prima a casa di sua madre in compagnia della stessa e di suo fratello Mycroft, in aggiunta a una consistente schiera di parenti più o meno conosciuti, molto più che meno detestati, che non avevano discusso di altro se non della sua bizzarra persona e delle sue ancor più bizzarre abitudini che no, non si addicevano affatto alla nobile e posata casata degli Holmes, alla quale avrebbero portato solo che vergogna.
Fatto sta che il consulente detective, una perfetta statua di ghiaccio e imbarazzo con addosso il suo migliore completo elegante, si ritrova adesso imbambolato con un braccio e l’ennesimo bicchiere di Champagne sollevati in onore degli sposi, seduti mano nella mano all’altro capo della tavola riccamente addobbata.
Tutto è stato organizzato alla perfezione. I fiori, bianchi e vaporosi, emanano un soave profumo che, ovviamente, Sherlock non si è attardato a giudicare leggermente stomachevole, mentre una morbida tovaglia gialla damascata, della stessa tonalità dei tendaggi e dei fiocchi alle sedie, ricopre il tavolo intorno al quale sono raccolti amici e parenti più intimi della coppia, tutti col fiato sospeso per il discorso che spetta, da tradizione, al testimone dello sposo.

"John Watson. Il mio amico… John… Watson… John" comincia così, con voce piatta e una particolarissima espressione in volto che desta la perplessità dei presenti. "Quando a suo tempo John mi avanzò la proposta di essere il suo testimone, ero confuso.”

“Cos’era quel rumore dabbasso?” chiese Sherlock maneggiando un bulbo oculare, completamente concentrato in uno dei suoi esperimenti mentre John saliva le scale a grandi balzi.
“Era Mrs. Hudson che rideva” rispose questi, adocchiando con velato disgusto ciò che il collega si stava rigirando tra le mani.
“Pensavo che stesse torturando un gufo.”
“Già, era una risata.”
“Avrebbero potuto essere entrambe le cose.”
Il medico sollevò gli occhi al cielo, sbuffando, per poi riportarli sulla figura longilinea del coinquilino.
“…Impegnato?” avanzò, un leggero fastidio allo stomaco.
“Sto solo cercando di tenermi occupato con qualcosa- oh” gemette Sherlock frustrato, quando il ripugnante oggetto del suo interesse gli scivolò dalle dita finendo con un
plop dentro la sua tazza di caffè.
Era evidente che si stava annoiando a morte.
“Tè?” John si schiarì la voce, prendendo posto sulla sua poltrona.
Era pronto a chiederglielo ma, diamine, era Sherlock Holmes quello davanti a lui.
“Allora…” principiò, prendendo un bel respiro. “La grande domanda! Il testimone.”
Sherlock, dopo avergli rifilato uno sguardo fastidiosamente apatico, esordì borbottando sulla definizione della parola testimone, sfoderando quel suo particolare tono di voce caratteristico delle sue deduzioni, roco che non contempla pause per prendere fiato, che portò John a prendersi la testa tra le mani.
“Per il mio matrimonio!” lo interruppe. “Ho bisogno di un testimone.”
“Oh” rispose Sherlock. “Gavin.”
“Chi?”domandò John, sconvolto.
“Gavin Lestrade. È… un uomo, ed è bravo a farlo” disse Sherlock.
“È Greg” lo corresse il medico, incredulo “e non è il mio uomo migliore.[1]”
“Oh, Mike Stamford. Capisco” fece Sherlock con nonchalance. “Lui è gentile, ma non sono certo che sarebbe in grado di…”
“Sì, lo è!” esclamò John, al limite della sua pazienza. Probabilmente Sherlock era davvero stupido. “Ma non è il mio migliore amico.”
John indirizzò un’occhiata davvero molto esplicita all’amico, ancora molto confuso. Non aveva la più pallida idea di chi avrebbe potuto fare il testimone di nozze di John, nonostante i suggerimenti non mancassero.
Ricambiò lo sguardo, spaesato.
“Il più grande ed importante giorno della mia vita-”
Sherlock fece spallucce e mal celò un “ehh” discorde. Andiamo, matrimoni! A chi importa…
“No, lo è” lo riprese il medico puntandogli contro un dito per poi riprovarci, con dolcezza.
“Ci sono due persone che amo e di cui mi importa più di ogni altra cosa al mondo…”
“Sì.”
“Mary Morstan…” continuò John, guardando Sherlock intensamente.
“Sì.”
Sherlock non aveva ancora la benché minima idea dove il suo blogger volesse arrivare.
“E…” John lo guardò severamente prima di concludere. “Tu.”


“Dapprima non mi resi conto che me lo stesse chiedendo e alla fine capii, e gli dissi che mi sentivo al contempo onorato e… sorpreso” dice rapidamente Sherlock alla tavolata e agli sposi, ammutoliti.

Sherlock era ancora raggelato, incapace di proferire parola, quasi comico. John continuò a guardare, calmo, la sua figura pietrificata.

“…e che non mi sarei mai aspettato tale richiesta e… aveva una faccia un po’ infastidita” si affretta a continuare.

“Sherlock?” lo chiamò John, preoccupato, scuotendolo.
Per la prima volta in tanti anni, Sherlock non seppe cosa dire. Era così scioccato che l’usuale ronzio del suo cervello fu brutalmente ridotto al silenzio.


“So che è una promessa ma farò del mio meglio per portare a termine questo compito che è, per me, tanto impegnativo e difficile come nessun altro che avrei mai potuto contemplare.”
La sua voce da deduzione prende il sopravvento sul detective e sconvolge gli ospiti tanto quanto lo fa con Mary e John che, dentro di sé, sta gemendo.
“Inoltre, lo ringraziai per la fiducia riposta in me e… praticamente ero molto vicino ad esserne… commosso” confessa, calmo. “Poi sperai che non avessi detto nulla di tutto ciò ad alta voce…”

Dopo quasi cinque minuti di totale gelo, Sherlock finalmente parlò.
“T-tu intendi…”
“Sì” rispose John, con dolcezza.
“Io sono il tuo…” continuò Sherlock “…migliore…”
“Uomo” concluse John.
“Amico?”
John apparì leggermente interdetto, ma… era felice. Sorpreso, sentii un’ondata di calore.
“Certo che lo sei” disse John. “Certo. Tu sei il mio migliore amico.”
Sherlock alzò lentamente la sua tazza di caffè per berne un sorso, ancora scosso, gli occhi ancora su quelli di John, e sputò il bulbo oculare.
“Allora, com’è?”
“Sorprendentemente okay” rispose Sherlock, schioccando le labbra.
























Note:
[1] Intraducibile gioco di parole tra la parola best man e la sua traduzione in italiano, testimone (di nozze).
  

  
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