Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |      
Autore: Kei_Saiyu    21/07/2013    2 recensioni
I giorni si susseguivano uguali e lenti, con Sora che si lamentava dello studio, Riku che grugniva e Kairi che cercava di convincere sua nonna che Sora era sì un ragazzo – cosa di cui lei stessa aveva preso a dubitare –, ma che non era di certo un pericolo per la sua verginità. Quando però la nonna iniziò a pressare sull’altro tizio, quello bianco e pompato che sembrava uscito da una locandina porno dei suoi tempi, Kairi non ce la fece a dire che a suo avviso Riku giocava per un’altra squadra.
[Lievissima presenza Shonen-ai]
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II, Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa è una fanfiction stupida e leggera, nata perché volevo scrivere qualcosa di tremendamente depressivo, ma rekichan mi ha chiesto di farla tremendamente scema perché voleva leggere qualcosa di leggero e non contento mi ha rifilato pure un prompt assurdo (Latte aperto da una settimana).

Quindi vi beccate questa cosina. Se vi fa schifo la colpa è sua, se vi piace il merito va solo ed esclusivamente a me. Ovviamente.

Note: Ero indecisa se mettere l’avviso shonen ai, in quanto non sono presenti né baci né altro, ma ci sono veramente troppe implicazioni che a chi non piace il genere potrebbe anche dare fastidio!

 

Something wrong

 

#Latte aperto da una settimana

 

Il ritorno a Destiny Island era stato più traumatico del previsto. Certo, c’era la voglia e il bisogno quasi spasmodico di rivedere gli amici, di raccontare loro delle avventure passate in giro per i mondi e tutto ciò che aveva dovuto subire per riportare indietro Riku, ma Sora non aveva fatto i conti con due questioni fondamentali: i suoi genitori e la scuola.

Per la prima, la questione non si era risolta così semplicemente come aveva creduto. Nella sua testa aveva immaginato di tornare a casa dei suoi accolto come un eroe, o quantomeno con un abbraccio caloroso da parte della madre. Non si era invece aspettato il mestolo che gli era arrivato dritto sulla fronte causandogli una quasi commozione celebrale.

«Più scemo di così tanto non puoi diventare!»

Gli aveva inveito contro la donna alla sua esclamazione di dolore e Sora si era dovuto subire per circa cinque ore un interrogatorio ininterrotto. Tutto sommato le cose non erano poi andate così male. Tre settimane di punizione si potevano anche sopportare, tanto sarebbe scappato come suo solito dalla finestra e Riku e Kairi non mancavano mai di andarlo a trovare quando sua madre, più furba di lui, lo afferrava per la collottola costringendolo in camera.

Stranamente all’apparizione dell’amico la donna diventava più calma, pacata e decisamente troppo smielata. Suo padre al contrario diventava scorbutico e intrattabile, biascicando che lei non lo amava più come un tempo, preferendo invece la compagnia di giovani dopati alla sua.

Per la seconda questione, invece, avrebbe preferito di gran lunga trovarsi a combattere contro orde di Heartless, Nobody e psicopatici vari piuttosto di tornare sui libri di scuola. A questa sua affermazione Riku aveva risposto con uno sbuffo, un’alzata di spalle e un alquanto laconica risposta: «A te non serve studiare, sei troppo stupido.»

Kairi si era così dovuta sorbire una rissa finita con Riku seduto tranquillamente sulla schiena di Sora.

«Riku, non fare il cattivo.»

Disse ridacchiando mentre Sora si muoveva come una biscia.

«Rikuuuuu

Esclamò invece Sora nel momento in cui Rikuuuu – divenuto tale per via dello strascicamento sistematico della “u” – prese a solleticarlo su un fianco.

Il ragazzo per tanto sembrava annoiato.

«Riku? Credo che Sora stia soffocando. È blu.»

A seguito della lieve ammonizione di Kairi si alzò dal corpo dell’amico e pacatamente gli si inginocchiò di fronte con un sogghigno. L’amica non aveva specificato di smetterla di stuzzicarlo.

«Rikuuuu!»

Gli fece il verso mentre Sora cercava disperatamente di smettere di ridere e di riprendere, magari, a respirare. Sapeva che avrebbe così scatenato una nuova lotta e Kairi smise di preoccuparsi della salute dell’amico nel momento in cui questi balzò su Riku nel patetico tentativo di sorprenderlo. Non solo non era riuscito nel suo attacco, ma Sora si era trovato schiacciato al suolo sotto l’altro in una posizione alquanto equivoca.

«Ragazzi, vi devo lasciare soli per caso?»

Ridacchiò pacatamente Kairi. Sora non parve capire l’allusione, forse perché troppo concentrato a non rimetterci la pelle per una scazzottata, mentre Riku ampliò il sogghigno.

«Sarebbe un’idea.»

Esclamò tranquillamente e Kairi scoppiò a ridere, nonostante il dubbio che Riku non stesse scherzando si insinuò rapido nella sua mente.

«Piuttosto, cosa facciamo la settimana prossima?»

Chiese nel tentativo di distrarre gli amici dal massacrarsi di pizzicotti. Il primo a rispondere fu Sora, stanco e incapace di resistere alla forza fisica di Riku, tanto che si lasciò docilmente tormentare. Almeno fino a quando non avesse ripreso un briciolo di forza.

«Ah! I miei vanno in vacanza e mi lasciano casa libera! Tutti da me?»

Riku non aveva bisogno di rifletterci: se Sora aveva casa libera lui sarebbe di certo andato. Kairi al contrario parve pensarci sopra.

«Credo vada bene, ma non posso rimanere a dormire.»

Disse dopo qualche secondo e Sora si alzò di scatto con il risultato di aver dato una testata incredibilmente forte all’altro.

«Stupido!»

Lo rimbeccò Riku tenendosi la fronte, mentre Sora iniziava uno sproloquio su quanto l’altro fosse duro e possente anche li.

Kairi si schiaffò una mano in volto per nascondere la risatina isterica che le stava venendo fuori, mentre Riku rimase a fissarlo tra l’incredulo e il depresso. Non riusciva a credere che l’altro fosse veramente così scemo.

«Kairi, perché non puoi fermarti?»

Chiese Sora continuando a massaggiarsi la parte lesa e lanciando occhiatacce alla fronte di Riku.

«Perché è una ragazza, idiota.»

Memore del dolore di prima, questa volta Sora girò la testa lentamente.

«E che c’entra scusa?»

L’esasperazione di Riku aveva oramai raggiunto livelli storici e così Kairi si trovò ad intervenire con il solito sorriso da paciere.

«Sora, non sta bene che una ragazza rimanga con due ragazzi da sola. Sai che mia nonna non me lo permetterebbe.»

Nonostante parlasse con lentezza e con un tono che solo una mamma userebbe con un bambino, Sora pareva comunque confuso.

«Vorrai dire con un ragazzo.»

A quella battuta Kairi non obiettò ma annuì, mentre Sora parve comprenderla solo dopo qualche istante.

«Rikuuuu! Io non sono una ragazza!»

Affettuosamente Kairi avrebbe potuto definire l’amico come una checca isterica, ma era così palese e così maledettamente checca che dirlo ad alta voce non aveva alcun senso.

Iniziava seriamente a dubitare della sessualità di Sora. Prima solo della sua eterosessualità.

«Prima che vi lasci a rantolare nella sabbia come animali feriti, come ci mettiamo d’accordo allora? Sai che è meglio deciderlo adesso piuttosto che a scuola, o rischi di trovarti casa invasa.»

Riku annuì brevemente mentre lasciava credere a Sora di aver avuto, per una volta, la meglio su di lui.

«Per me va bene.»

Disse con Sora sopra che si vantava di averlo messo sotto. Kairi questa volta non si schiaffò nemmeno la mano in volto. Forse era veramente il caso di cercarsi qualche altro ragazzo di cui invaghirsi, pensò osservando il “balletto” che Sora stava facendo sopra l’inguine di Riku.

Quando il “bel tenebroso” decise che ne aveva abbastanza, con una spinta scaraventò Sora a pancia in giù e iniziò a solleticarlo sui fianchi, impedendogli ogni movimento mettendosi seduto sulle sue gambe.

«Sora, per te va bene se vengo ogni mattina e me ne vado la sera?»

Chiese nella speranza che Riku non decidesse di far capire a Sora chi stava sopra e chi sotto con un atto pratico.

«Rikuuuu! Fammi parlare! Non ci riesco se mi tocchi lì!»

Kairi si alzò con quanta più grazia poté, trattenendosi dal tirare un calcio ad uno dei due.

Sora riuscì infine a parlare ammettendo la sconfitta, non dopo aver smosso almeno un quintale di sabbia attorno a loro a furia di muoversi.

«Sì certo! Riku, tu quando vieni?»

«Se continui a muoverti così credo che lui verrà molto presto.»

Biascicò Kairi esasperata, non accorgendosi di averlo detto più forte del previsto.

«Non duro così poco, Kairi

Rispose Riku con una risata e mentre Kairi si allontanava imbarazzata lo sentì aggiungere che sarebbe arrivato direttamente il venerdì dopo scuola.

 

 

I giorni si susseguivano uguali e lenti, con Sora che si lamentava dello studio, Riku che grugniva e Kairi che cercava di convincere sua nonna che Sora era sì un ragazzo – cosa di cui lei stessa aveva preso a dubitare –, ma che non era di certo un pericolo per la sua verginità. Quando però la nonna iniziò a pressare sull’altro tizio, quello bianco e pompato che sembrava uscito da una locandina porno dei suoi tempi, Kairi non ce la fece a dire che a suo avviso Riku giocava per un’altra squadra.

Sua nonna era pur sempre un’anziana seppure arzilla signora e non sapeva quanto piacere le avrebbe fatto sentire che sarebbe andata a dormire a casa di uno con l’identità sessuale confusa, mentre l’altro aveva la nomea di non essere psicologicamente stabile.

Decise quindi di non discutere ulteriormente e di prepararsi una scorta di cibo. Non avrebbe mai e poi mai lasciato che Sora cucinasse, l’ultima volta che lo aveva fatto avevano dieci anni ed erano finiti tutti e tre in ospedale per avvelenamento.

Ridacchiò ricordando la faccia fintamente dura di Riku, mentre Sora e lei non facevano che piangere dal dolore allo stomaco, ma appena l’altro si fu addormentato anche a Riku iniziarono a scendere i lacrimoni.

«Kairi, perché ridi da sola?»

Chiese Sora passandole il succo di frutta. Quel giorno toccava a lui prendere da mangiare per tutti e come al solito aveva abbondato con i panini farciti e si era dimenticato della limonata di Riku. Per fargliela pagare l’altro aveva deciso di rubargli il suo succo alla fragola nonostante gli facesse schifo. Si era trovata così a sorbirsi i piagnistei di Sora che supplicava Riku di dargliene un po’ perché, sue testuali parole: “non ce la faceva più e lo voleva ora”.

«Kairi, stai vedendo troppi doppi sensi dove non ci sono! Calmati, stanno solo giocando. Perché Selphie si è sentita in dovere di avvisarmi che forse – forse –, il mio principe azzurro poteva essere la principessa di Riku

«Rikuuuu! Eddai dammelo! No che non mi basta un pochino, lo voglio tutto!»

«…Come non detto.»

«Allora Kairi, perché ridevi? - Sora, smettila di arrampicarti sui miei pantaloni, tanto sei basso e non ci arrivi!»

Proruppe Riku cercando nel mezzo di scollarsi Sora da una gamba.

«Niente di che, ripensavo alla prima volta che Sora ha cucinato…»

Nel sentirsi chiamare Sora smise di tirare il pantalone all’altro, ma vedendo che non era nulla di importante riprese con tanto di broncio disperato.

«Mi sto disidratando, me lo sento!»

Stanco delle sue insistenze Riku bevette tutto in un sorso il rimanente succo, facendo subito una faccia schifata.

«WHAAA! L’hai bevuto tutto! Sei cattivo Riku

Sora, per una volta colto da furbizia istantanea, afferrò le caviglie dell’amico e con tutta la forza che aveva lo fece caracollare a terra, iniziando a premergli le mani sullo stomaco affinchè rimettesse il succo appena bevuto.

Tra un colpo di tosse e l’altro e nel tentativo di fermare la nausea, Riku riuscì perfino ad obiettare.

«Vorrai dire anche l’ultima volta. Questo qua non cucinerà mai più.»

Kairi prese a ridere nel vedere gli occhi di Sora riempirsi di lacrime nel realizzare che, infine, il suo succo non c’era più. Riku sbuffò sonoramente, ma tirò fuori da una tasca un altro succo e lo mise sulla testa di Sora.

«Tieni e piantala di lagnarti.»

Il volto di Sora, divenuto comunque leggermente più adulto di un tempo, riprese quei lineamenti infantili nel sorride a Riku. Realizzò che quelle fossette ai lati della bocca le piacevano e anche molto, ma nel vedere l’espressione giovale di uno e quella stranamente dolce di Riku comprese anche che era veramente il caso di cercare altrove.

Se anche Sora non era gay era troppo infantile e attaccato a Riku per darle ciò che lei voleva.

«Sembri un cane, posso vedere la coda che scodinzola. O sei un gatto ruffiano?»

In tutta risposta Sora prese a miagolare e senza preavviso morse la mano di Riku che fino a poco prima era sui suoi capelli.

Con uno scatto si mise dietro Kairi per difendersi, riprendendo a miagolare e a strusciarsi sulla sua testa.

Riku si teneva la mano offesa tra le labbra, leccando svogliatamente il punto in cui Sora lo aveva morso.

«Me la paghi questa.»

Affermò con espressione truce e per un istante Sora capì che era veramente nei guai.

La campanella della fine del pranzo li destò e senza voglia ognuno si diresse verso la propria classe.

«Questo pomeriggio devo rimanere per le pulizie della classe, quindi ci vediamo domani. Vi trovo vivi o devo portare la cassetta del pronto soccorso?»

Domandò Kairi ridacchiando e mentre Sora assicurava che sarebbero stati perfettamente integri, Riku le disse di portare pure la cassetta se voleva, ma non poteva promettere che Sora sarebbe rimasto vivo al suo arrivo.

Kairi annuì convinta delle parole di Riku, mentre Sora inscenava una nuova lite dovuta al fattore che lui non era così debole da farsi ammazzare facilmente e che era più probabile che lei arrivasse e li trovasse già morti entrambi.

Li ignorò imbarazzata. L’intero istituto li stava fissando come se fossero degli squilibrati e se già sapevano che Sora tanto normale non era, su di lei serbavano ancora qualche dubbio.

E aveva tutta l’intenzione di mantenerli.

«Kairi, ma sono amici tuoi quelli?»

Le domandò una ragazza di cui non ricordava neanche il nome. Le sorrise dolcemente, mentre Selphie dietro di lei sghignazzava senza pudore.

«Assolutamente no.»

Rispose candidamente ignorando Sora che la salutava sbracciandosi e Riku che lo teneva per la collottola cercando di riportarlo in classe.

«Decisamente no.»

Proseguì mentre il suo sorriso si faceva sempre più isterico. E Selphie cadde dalla sedia tenendosi spasmodicamente la pancia.

 

*

«Kairi, noi andiamo!»

Le disse Sora da dietro il vetro dell’aula e lei sorrise mestamente. Avrebbe voluto passare la serata assieme a loro. Riku le rivolse invece un ghigno poggiando la mano sulla testa di Sora, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

Avrebbe sgozzato Riku un giorno o l’altro.

«Rikuuuu! Che facciamo stasera?»

Chiese Sora mentre si avviavano verso casa.

«Quello che facciamo ogni giorno Sora: tentiamo di salvare il mondo.»

Sora scoppiò a ridere allegro, chiedendogli come mai fosse di così buon umore tanto da dimenticarsi del suo morso. Riku si guardò la mano e lo spintonò facendolo cadere in un covo di ortica.

«WHAAAA! Rikuuuuu! Perché lo hai fatto?»

Domandò Sora grattandosi ovunque e l’amico in tutta risposta rise e gli diede una mano ad alzarsi.

«Perché sei uno scemo. Su, siamo arrivati a casa tua, vieni che ti spalmo l’unguento, ce l’hai ancora vero?»

Grattandosi come un ossesso Sora annuì piagnucolando che certo che ce l’aveva, con tutte le volte che finiva per cascare a causa sua tra le ortiche non poteva certo permettersi di non averlo!

Mentre Sora era intento a cercare, con non poche difficoltà, la cura miracolosa, Riku rovistò nel frigorifero alla ricerca di cibo commestibile.

I genitori di Sora se ne erano andati durante la notte per partire in una specie di luna di miele, lasciando il figlio un po’ toccato da solo. Fosse stato per la madre non lo avrebbe mai abbandonato in casa sua senza adulti a guardarlo, ma il padre non le aveva dato molti modi per ribattere.

Tirando fuori un cartone di latte dal dubbio odore pensò che quell’uomo era geloso di lui.

«Riku, l’ho trovata!»

Sospirando il ragazzo posò sul davanzale il latte e salì per le scale che portavano nella stanza dell’altro.

«Bene, spogliati che ti aiuto a metterla. E non provare a tirarmi i calci come l’ultima volta o l’ortica te la metto in un posto dove non batte il sole.»

Sora lo guardò ingoiando un ettolitro di saliva. Forse, forse, questa volta era veramente meglio non prenderlo a pedate.

Si lasciò massaggiare le spalle e le gambe dall’amico con il medicinale, godendosi il tocco forte ma non doloroso del passaggio delle mani su di sé.

A Sora piacevano molto i massaggi, specie da quando si era lussato una spalla in un combattimento e Riku lo sapeva bene, indugiando sui punti in cui più gli faceva male.

Non sapeva se lo faceva per una sorta di senso di colpa o perché era rilassante stare una volta tanto solo col suo miglior amico, ma anche a Riku piacevano quei momenti. Gradiva un po’ meno quando Sora, convinto di ricambiargli il favore, pretendeva di massaggiarlo a sua volta.

«Dai Riku, ora tocca a me!»

Sospirò certo che Sora sarebbe riuscito a fargli dolore la schiena per un tempo indefinito e si tolse la camicia. Aveva la delicatezza di un elefante, cosa giusta quando si combatte, meno quando si tenta di fare un massaggio a sua detta “iper rilassante”.

Sora si avvicinò furtivo con un leone ritardato alla sua clavicola e poco prima che lo mordesse nuovamente, perché quando non aveva sentito subito le mani su di lui si era immaginato un attacco a sorpresa, gli afferrò la mandibola con una mano e lo guardò con la coda dell’occhio.

«Simba non ti ha insegnato niente vedo. E nemmeno le ortiche.»

Disse con tono tombale. Sora biascicò uno scusa molto poco sentito e riuscì ad allontanarsi da lui quel tanto che bastava per non essere colpito. Si grattò la testa con una mano sorridendogli come se non avesse fatto niente di male.

«Cos’è questa mania di mordere, animale?»

Sora lo guardò stupito per un attimo. Si guardò attorno alla ricerca di una spiegazione e gli diede le spalle. Riku ghignò. Grosso errore. Gli avrebbe dimostrato lui cosa voleva dire fare un attacco a sorpresa.

«Umh, non lo so. Dici che è perché l’ultimo mondo che ho visitato è quello di Jack? Sai, lì sono un vampiro e quindi ho voglia di morder-»

«Sora.»

«WHAAA!»

Sora cadde all’indietro sbattendo la testa su una mensola. Quando alzò lo sguardo vide Riku davanti a sé che rideva tenendosi la pancia tra le mani. Lo si poteva vedere dallo sguardo confuso e dolorante che stava cercando di capire cos’era successo e la spiegazione era sola una: Riku gli era andato di soppiatto alle spalle e mentre lui stava concentrato gli aveva sussurrato in un orecchio il suo nome per spaventarlo.

Prima che potesse dire qualunque cosa Riku lo anticipò:

«”Rikuuuu!” Oh, andiamo Sora, non puoi piagnucolare così il mio nome! Non è affatto virile nemmeno per una fanciulla come te! Ed è in questo modo che si fa un attacco a sorpresa!»

«Stronzo.»

Biascicò in risposta l’altro decidendo di non parlargli più. O almeno questa era la sua intenzione, peccato che Sora fosse un logorroico patentato e la sua capacità di stare zitto equivaleva precisamente a un minuto e tre secondi.

A Riku comunque non disturbava troppo. Lui era fin troppo taciturno e Sora colmava quei silenzi che altrimenti lo avrebbero costretto a riflettere. Sorrise carezzando il bernoccolo che stava spuntando fuori dalla zazzera di capelli arruffati, mentre Sora si preparava a scatenare l’ennesima rissa.

Decisamente gli andava bene così. Passare il tempo con Sora era come dormire: non ti accorgevi del tempo finchè non era mattina, nel loro caso fino a che i loro stomaci non iniziavano a brontolare.

«Panino?»

Propose Riku memore del frigo mezzo vuoto e Sora annuì entusiasta, certo che se anche non avevano nulla di mangiare Riku sarebbe riuscito a sfamarli entrambi.

Anche preparare un semplice panino per loro era un’avventura: le salse volavano in ogni direzione, così come i pezzi di affettato che avevano trovato. Quando Riku si accorse che il già poco cibo stava andando sprecato, iniziarono a volare i coltelli e Sora capì che era il caso di fermarsi. Per il momento.

Avevano tutta la notte per parlare, giocare, fare a botte e proporsi sfide assurde. Non avevano più fretta e questo lo fece sorridere, almeno fino a che non tornarono a casa alle quattro del mattino pieni di lividi e bagnati fradici.

«Sora, ti avevo detto di portare gli asciugamani! Anche se è estate fa freddo la notte!»

Lo rimproverò Riku cercando di scaldarsi le braccia. Le sue labbra erano sul violaceo.

«Oh dai, che sarà mai! Me ne sono scordato! Arrivati a casa ci mettiamo sotto le coperte, tranquillo? Facciamo a chi arriva prima?»

Riku sorrise per quanto le sue condizioni di ipotermia glielo permettessero. Gli fece lo sgambetto facendolo cadere malamente sulla sabbia e prese a correre.

«Con le tue gambette tozze non mi batterai mai!»

Sora alzò il volto livido di rabbia, ma appena prese a correre – non prima di aver gridato uno sdegnato Rikuuuu – iniziò a ridere.

Che vincesse Riku era scontato, ma Sora ci teneva a precisare che era lui ad aver barato perché altrimenti lo avrebbe sconfitto.

«Certo, parla quello che usando il Glide è più lento di una lumaca di terra!»

Sora gli diede una spallata imbronciato e aperta la porta di casa si fiondò in cucina per cercare qualcosa da bere; Riku si diresse in camera, non prima di aver ammonito Sora sul non bere il latte che puzzava.

«Sìsì, quello che dici te. Senti ma ce l’abbiamo della cioccolata?»

Affacciandosi dalla tromba delle scale Riku gli rispose sarcastico:

«Certo, come se questa fosse casa mia. Scemo.»

Borbottando tra sé e sé Sora continuò la sua vana ricerca, ma si arrese qualche minuto dopo. Preso dallo sconforto si finì il latte rimasto fuori e raggiunse l’amico in camera.

«Che fai?»

Gli chiese spogliandosi del costume per mettersi un paio di boxer. Riku alzò il sopracciglio fissando alternativamente lui ed il futon che stava stendendo.

«Mi faccio il letto?»

Domandò perplesso e Sora in tutta risposta si mise nel suo letto scostando le coperte.

«Dai Riku, dormiamo insieme come quando eravamo piccoli!»

Riku si drizzò sulla schiena e lo osservò per un tempo indefinito. Kairi aveva ragione a dubitare dei gusti sessuali di Sora, poi realizzò:

«Hai freddo.»

Sora arrossì.

«Mi hai beccato!»

Scuotendo il capo sconsolato Riku si sistemò sotto le coperte assieme all’altro, venendo subito assalito da Sora che gli si appiccicò addosso.

«Ma sei freddo!»

Esclamò contrito. Come se fosse naturale che Riku doveva essere caldo nonostante si fossero fatti il bagno in piena notte con l’acqua gelida.

«Non sono un termosifone e ora dormi. Se mi tiri i calci ti butto di sotto.»

Precisò il ragazzo e Sora annuì tutto contento. Voleva parlare, chiacchierare fino all’alba, ma aveva sonno anche lui e in pochi secondi si addormentò come un sasso.

Sentendo lo stomaco di Sora brontolare furiosamente, Riku capì che quella pace non sarebbe durata molto a lungo.

*

Kairi entrò in casa senza far rumore. Poggiò le buste con la spesa sul tavolo in cucina, tenendosi stretta al petto la cassetta del pronto soccorso.

La sera prima aveva parlato con Selphie riguardo i suoi dubbi su Sora. Non sapeva quanto stretto fosse il rapporto tra i due e non aveva neanche tutta questa gran voglia di scoprirlo, ma nonostante tutto Selphie l’aveva tranquillizzata. O almeno ci avevo provato.

Per tutta la notte non aveva fatto altro che sognare i due amici che ci davano dentro come animali in calore.

E se Sora era veramente innamorato di Riku? Se avessero fatto sesso tutta la notte, lei come ci sarebbe rimasta?

Non sapeva precisamente come si svolgesse l’atto tra due uomini, tuttavia il suo sogno era stato fin troppo esplicito. La cosa strana era che riusciva a immaginarsi perfettamente il corpo di Riku nudo e nel pieno del suo vigore, mentre quello di Sora le appariva più sfocato e stranamente femmineo.

Nel ripensare alle precedenti chiacchierate con gli amici, le venne in mente quante volte Riku dava della donna a Sora ed un dubbio le se insinuò nella mente.

E se Sora era veramente una donna? Senza seno, ok, e con un corpo mascolino per una ragazza, ma con tutti quei viaggi per i mondi poteva benissimo essere successo un intoppo e da uomo qual era prima poteva essere diventato una specie di ibrido.

Rise di se stessa. La sua era pura fantascienza, ma d’altro canto anche il ritrovarsi trasformati in strane creature a contatto con un mondo non era propriamente reale.

E se Sora era una donna e aveva fatto sesso con Riku… sarebbe potuta rimanere gravida?

Scacciò il pensiero di un bebè con la faccia incazzosa di Riku e la stupidità di Sora con una mano. Non doveva dare retta alle sue strane fantasie, doveva pensare alla realtà: Riku era uno squilibrato con manie di potere e Sora… era Sora.

Salì le scale con il cuore in gola, incerta di cosa avrebbe trovato.

«Certamente si sono solo presi a pugni.»

Avvertì dei rumori insoliti provenire dalla stanza. Poteva credere che Riku fosse già sveglio e forse stava facendo delle flessioni, ma di certo Sora stava ancora dormendo come un sasso.

«Ragazzi?»

Chiese con voce tremolante dal fondo delle scale. Avvertiva un’aura strana aleggiare nella camera da letto e con attenzione si avvicinò.

«Riku? Sora?»

Un grugnito le diede il permesso di entrare. Si affacciò leggermente spaventata, notando subito un Riku coi capelli sfatti, solo con i boxer addosso e le occhiaie enormi. Per non parlare della faccia tremendamente irritata. Ancora una volta scacciò i propri veri pensieri sul perché Riku fosse così arrabbiato e con un sorrisino tirato domandò:

«Tutto bene Riku? Dov’è Sora?»

Con un cenno della testa il ragazzo le indicò la porta del bagno nella stanza, da cui provenivano rumori inequivocabili. Sora stava vomitando. Ed era mattina. E magari la cosa andava avanti da più giorni, per non dire settimane.

Kairi lasciò cadere la cassetta del pronto soccorso, sgranò gli occhi passando lo sguardo dalla porta del bagno a Riku, in un alternarsi eterno ed isterico. Stanco di quel silenzio Riku grugnì qualcosa che lei non capì, ma che servì a risvegliarla.

«Non dirmi che l’hai messo incinta!»

Riku la guardò come se, infine, la sua pazzia avesse raggiunto il culmine e fosse esplosa in una frase senza senso.

«Kairi, che stai dicend-?»

Provò a chiedere prima che anche lui, circondato evidente da gente matta, perdesse la testa. Peccato che Sora aveva deciso di intervenire nella discussione aprendo di scatto la porta e iniziando ad inveire.

«Rikuuuu! È tutta colpa tua, prenditi le tue responsabilità!»

Kairi non aveva più alcun dubbio. Osservò curiosa i boxer a cuoricini di Sora e con un sospiro constatò che lì sotto non c’era proprio niente, almeno a giudicare dal rigonfiamento che invece si intravedeva dall’intimo, molto più neutro e meno imbarazzante, di Riku.

Si sedette sul pavimento con fare melodrammatico, ascoltando solo marginalmente il battibecco tra i due ragazzi. Avrebbe anche continuato a farlo se Riku non si fosse alzato dal letto e avesse dato un sonoro pugno sulla testa di Sora.

Li guardò. L’aura attorno a Riku era decisamente sinistra e famigliare, mentre Sora piagnucolava tenendosi con una mano la testa e con l’altra la pancia dolorante.

«R-Riku? Ricordi che l’oscurità l’hai abbandonata, sì?»

La fulminò con lo sguardo.

«Sì, lo ricordo. Il più grande errore della mia vita. Ma ora passiamo a noi: Kairi, per quanto possa sembrare strano e ridicolo posso assicurarti personalmente che Sora è un maschio e un maschio non può metterne incinta un altro. Il deficiente qui presente», prese l’altro per un orecchio e tra proteste e insulti lo portò davanti alla ragazza «ha pensato bene di scolarsi del latto andato a male, nonostante lo avessi avvertito di NON farlo. Domande?»

Kairi negò velocemente con la testa, mentre Sora riprendeva ad avere le forze di stomaco costringendolo a tornare in bagno. Sospirò sollevata dal chiarimento della situazione e annuì contenta nel vedere le tenebre diradarsi dalla stanza. Era contenta, entusiasta e lieta che nulla di ciò che lei aveva pensato si fosse avverato.

Guardò i capelli sfatti di Riku, la sua faccia imbronciata e quello strano segno sulla clavicola che sembrava tanto un succhiotto.

“Posso assicurarti personalmente che Sora è un maschio.”

Era quello che aveva detto Riku e che ora le stava rimbombando nella testa.

“Posso assicurarti personalmente che Sora è un maschio”

Le parole era quelle, non si era sbagliata.

“…personalmente…”

Vuol dire “di persona” e di persona significa “verificarlo con i propri occhi”.

Lo guardò con gli occhi sgranati e un leggero velo di rossore che le colorava il volto pallido.

Riku la fissò in rimando. Ghignò sfiorandosi con la punta delle dita il segno rosso sulla sua clavicola e nel notare lo sguardo di Kairi fissato su quel punto particolare il suo sguardo si fece attento e vorace.

«Qualcosa non va, Kairi?» Chiese con il tono più dolce che possedeva per poi proseguire, questa volta con un sorriso di trionfo «Hai forse realizzato qualcosa?»

Avrebbe potuto fare una scenata, o alzarsi e cercare invano di pestare a morte Riku, o ancora avrebbe potuto fare finta di niente. Ciò che fece ebbe invece il potere di sconvolgere lo stesso Riku.

«…Sei proprio sicuro che non possa rimanere incinta?»

La natura imponeva che due maschi non potessero procreare, ma la stessa natura aveva creato Sora e lui era tutto fuorchè normale.

Kairi sorrise, per una volta era lei ad aver zittito Riku e notando lo sguardo spaesato e preoccupato dell’amico, dedusse che non ne era così sicuro.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Kei_Saiyu