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Autore: Alchimista    22/07/2013    6 recensioni
Vorresti impedirgli di parlare, mentre il dolore aumenta, spezza il fiato e ti impedisce di vedere chiaramente. Senti di non poter sopportare oltre quelle sensazioni, di essere arrivato al limite, di voler solo sparire, smettere di sentire. Avere pace.
[Star Trek - Into Darkness]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A    place in the world.

 

 

«Ho paura, Spock», rantola con fiato mozzato «Aiutami a non averne».

Socchiudi gli occhi, quasi volessi proteggerti da quelle parole. Hai giurato a te stesso che non avresti mai più provato sentimenti tanto forti, che mai più avrebbero avuto così tanta influenza sul tuo temperamento, eppure ti ritrovi ancora una volta nella stessa situazione. E stavolta non c’è alcuna fusione mentale che possa giustificarti.

«Come riesci a non provare niente?».

La domanda fa male come un colpo di faser in pieno petto e tu scuoti la testa; il fiato comincia a mancare anche a te e la testa minaccia di scoppiare.

«Non lo so come faccio…». Ti rendi appena conto di avere la sua stessa voce spezzata, le lacrime che minacciano di scendere – che gran Vulcaniano sei al momento. «E ora non ci sto riuscendo». Brevissimo barlume di logica che chiarisce la situazione senza apportare altro beneficio che la sterile consapevolezza.

«Voglio che sappia perché non l’ho lasciata morire. Perché sono tornato per lei...».

No, Jim

Vorresti impedirgli di parlare, mentre il dolore aumenta, spezza il fiato e ti impedisce di vedere chiaramente. Senti di non poter sopportare oltre quelle sensazioni, di essere arrivato al limite, di voler solo sparire, smettere di sentire. Avere pace.

«Perché è mio amico». Come se non conoscessi la risposta. Come se la tua somma logica – e soprattutto la tua conoscenza del sentimentalismo umano – non ti avesse già portato alla giusta conclusione quasi nell’istante stesso in cui il tuo corpo era stato salvato dal vulcano e rimaterializzato nell’Enterprise.

Ma questo non la rende più facile. Libera da qualsiasi implicazione emotiva, meno difficile da controllare.

Una lacrime riesce, infine, a lasciare le ciglia e scorrere velocemente sul tuo viso: la senti scavare un solco incandescente sulla pelle, far male come non avresti mai creduto possibile.

O forse è la visione di un Jim tanto indifeso, così logicamente finito a sconvolgerti tanto?

La tua parte umana minaccia di spezzarti ed ora sai che nessun autocontrollo potrebbe impedirlo. Semplicemente non ne avresti la forza. Né la voglia. Ti piace nasconderti dietro il fatto che non sarebbe logico evitare l’evidenza e lasci da parte qualsiasi morale vulcaniana potrebbe essere citata contro di te.

Intanto, a Kirk non restano che sguardi e sbiaditi rantoli, principi di parole che mai saranno. Tu lo osservi, un senso di impotenza che ti pervade, scorrendo più veloce del liquido verde che riempie le tue vene. Non puoi salvarlo. Non puoi aiutarlo. Quella logica che tanto brandisci e difendi ora ti suggerisce di tornare in plancia: ovunque saresti più utile che lì con lui.

Eppure, ancora una volta, Jim ha qualcosa da dire a riguardo. Qualcosa ovviamente in contrasto con la tua mente. La sua mano, poggiata improvvisamente contro il vetro che vi separa, ti chiede di restare fino alla fine e nonostante dubiti che quello che neanche si può definire contatto possa essere d’aiuto, compi il suo stesso gesto e lo saluti come è rispettoso fare tra la tua gente.

Sono qui…

E lui saluta te. Il suo gesto ha qualcosa di così definitivo che non vorresti guardarlo. In questo momento, odi quel saluto: sai che da ora in poi sarà per sempre associato alla sua morte e non potrai fare a meno di pensarci ogni volta che qualcuno lo riproporrà alla tua vista.

Dura troppo poco, in ogni caso. Qualche istante e la vita abbandona il suo corpo, il braccio inerte scivola contro la superficie liscia e tu resti solo.

Non muoia. Non muoia, la prego, non muoia, non muo-

La logica ti impedisce di ripeterlo oltre e poi scompare. Resta solo dolore insostenibile e rabbia. Rabbia come quando Vulcano era stato distrutto, come quando tua madre è morta. Rabbia tale che non sai come controllarla, né vuoi.

«KHAN!».

Il tuo grido inneggia alla battaglia, alla vendetta. Sentimenti che non credevi avresti potuto provare ancora sconvolgono la tua mente, mentre corri alla plancia, uno sguardo folle negli occhi ed un solo obiettivo: averlo morto tra le tue mani, averlo morto per Jim.

Una parte lontana, rilegata in un angolo del tuo perfetto cervello, si rende conto in quel momento della ragione di tanto controllo da parte di quelli della tua specie: un vulcaniano in preda a furiose emozioni probabilmente è una delle cose più pericolose che esistano nell’universo.

 

*

 

È la quiete dopo la tempesta”.

Non hai mai avuto una grande affinità con i “modi di dire” terrestri, né sei mai riuscito a coglierne il perfetto uso metaforico nei discorsi a cui di tanto in tanto hai prestato attenzione, ma mai come in questo momento, riesci ad afferrare il completo spettro del significato di quella frase.

Senti dentro di te la quiete, dopo la tempesta di emozioni che si sono scatenate nella tua testa. Dall’attimo in cui ha aperto gli occhi, dall’attimo in cui l’hai sentito parlare col dottore, un’illogica calma ti ha pervaso ed ora che ti fai avanti il tuo cuore accelera appena.

«Mi ha salvato la vita».

«Lei l’ha salvata a me, Capitano e a tutti coloro che-». Butti avanti la logica, ora… o forse il sentirsi debitori è anch’esso considerato un’emozione?

«Spock, voglio solo dirle… grazie».

Gratitudine. Non hai mai pensato che avrebbe potuto portare tanto rinnovato benessere quel semplice sentimento. Eppure è così che ti senti. Calmo e… rigenerato. In pace con te stesso. Alle volte una simile condizione non sei riuscito a raggiungerla neanche dopo ore di meditazione.

«Non c’è di che, Jim», sorridi in modo impercettibile. Non c’è bisogno che mostri quello che provi. Il fatto stesso che simili sensazioni esistano è una concessione fin troppo grande alla ferrea logica che ti permea – e che ora sembra inaspettatamente esser tornata al proprio posto.

Ti concedi solo un ultimo pensiero, prima che essa abbia di nuovo il sopravvento. Per sentire ancora una simile pace, per provare ancora una volta la sensazione di aver trovato il tuo posto nel mondo – tu, figlio di due mondi – saresti disposto a rischiare di soffocare nel mare di dolore che hai sperimentato, senza il minimo sostegno di alcun tipo di logica. Ancora e ancora.

 

 

 

 

 

 

________________________

Faccio la mia comparsa in questo fandom da consapevole profana: ho recuperato tutto in tempi recentissimi e mi ero ripromessa che non avrei azzardato nessun tipo di scrittura a rigardo, quantomeno per i primi tempi – o forse mai – ma ieri sera alla visione di “Into Darkness” non sono riuscita a tenere fede alla parola. Questa scena mi ha distrutta dall’interno, per tutto quello che significa, per quello che ha mostrato e i richiami che ha fatto. Non ho trovato altro modo per sfogare tutto se non scrivere e quindi… eccone il risultato.

Spero davvero di non aver fatto scempio di personaggi e situazioni, spero di non essere andata troppo OOC con Spock e di aver dato alla scena quantomeno una parvenza di verosimiglianza. In ogni caso le critiche saranno bene accette.

Un ringraziamento speciale va a Flan che mi ha indirizzato durante la visione di Star Trek e ha sopportato i miei sfoghi di volta in volta.

Detto questo… io mi dileguo. Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui.

 

Live long and prosper.

 

 

   
 
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