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Autore: Pi_esse    22/07/2013    0 recensioni
La luna era ormai l'unica fonte di luce nella notte. Quella stanza mi sembrava di giorno in giorno sempre più piccola ed il cibo che mi destinava sempre meno. Per quanto tempo ancora avrei dovuto rivestire il ruolo dell'ostaggio? Ezio sarebbe mai caduto nella trappola dei Borgia? Loro ne erano sicuri, ma io no. Rapire una vecchia fiamma non avrebbe di certo riacceso il suo animo da eroe, ormai estinto.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La luna era ormai l'unica fonte di luce nella notte. Quella stanza mi sembrava di giorno in giorno sempre più piccola ed il cibo che mi destinava sempre meno. Per quanto tempo ancora avrei dovuto rivestire il ruolo dell'ostaggio? Ezio sarebbe mai caduto nella trappola dei Borgia? Loro ne erano sicuri, ma io no. Rapire una vecchia fiamma non avrebbe di certo riacceso il suo animo da eroe, ormai estinto. Ezio ha già 44 anni e non si ricorderà di una ragazzina che è vecchia la metà della sua età, con la quale ha solo condiviso un periodo della sua vita nel fiore degli anni. Mi sedetti sul davanzale della finestra senza sbarre: chi si lancerebbe mai da una simile altezza? Da lì le guardie sembravano tante piccole formiche che sorvegliavano il gigantesco castello. Provai a guardare verso il basso, ma le vertigini presero il sopravvento e mi ritirai immediatamente. Mi diressi quindi verso il tavolo, quando però notai una figura vicino all'entrata della stanza. Era Cesare.
"Buonasera principessa" sorrise, poggiandosi alle pietre della parete ed incrociando le braccia. Come avevo fatto a non sentirlo entrare? Forse il rumore del mazzone di chiavi che dondola e quella giusta che gira nella serratura della porta erano diventati così abituali che non ci facevo più caso. Non risposi al "cortese" saluto del figlio del papa, bensì mi limitai a chinare la testa.
"Che bella luna che splende in cielo non trovi?" cominciò a passeggiare per la camera. Sentii i suoi passi cessare quando fu davanti alla finestra. Ma un attimo dopo era dietro di me, con una mano sul ventre e l'altra sul fianco.
"La mia luna sei tu, Lena" mi sussurrò poi all'orecchio. Una nota di disprezzo mi colse quando mi resi conto di aver provato dei brividi, nonostante fossero le false parole di un bastardo. Lui se ne accorse. La sua mano quindi si spostò dal ventre al petto, fino al viso che accarezzò delicatamente.
"Pensi che sia stata un'idea di Rodrigo, mio padre, quella di rapire proprio te, fra tutte le donne che ha avuto Ezio?" ridacchiò, avvicinandosi: sottolineò il nome con una certa enfasi.
"Prima di lui ho messo IO gli occhi su di te, gioiellino". Fermai la sua mano che stava continuando a vagare fra l'incavo del collo e la spalla destra. A quel punto mi voltai e Cesare mi ingabbiò con entrambe le mani, poggiandole sul tavolo.
"Speri che venga a salvarti per caso? Credi davvero che verrà?" mi chiese poi con maligna.
"Allora perchè mi avete rapita? Solo per i vostri interessi personali?" gli chiesi, scanzandolo con le braccia.
"Vedo che siete una donna perspicace" sorrise maliziosamente lui. Si riavvicinò, bloccò il mio secondo tentativo di oppormi e con le labbra si attaccò al mio collo e cominciò a succhiare: non riuscii a liberarmi, della saliva scendeva lungo il collo fino al petto. Quando si ritenne soddisfatto si staccò.
"Ahi.." mi lamentai, poggiando una mano sul punto interessato del mio collo, dove Cesare aveva stampato una macchia rossa e, a quel punto senza dire niente, se ne andò, facendo piombare la stanza nel silenzio. Mi sedetti di nuovo davanti alla finestra e notai che le guadie sulle mura si erano allontanate. Improvvisamente uno sparo riecheggiò nell'aria.
Cos'era tutta quella agitazione? Forse... No, non era possibile. Cesare -per quanto sgradevole da ammettere- aveva ragione: Ezio non avrebbe mai rischiato la vita per una donna, tanto meno una come me. Di sicuro in quel momento se la stava spassando con Caterina o Cristina. Per lui ero solo un vecchio ricordo, consumatosi con il tempo. Lo stato sentito in precedenza sarà stato causato da qualche bestia che avvicinatasi troppo al castello, aveva insospettito i guardiani. Avrei preferito essere una di loro -ancora viva magari- piuttosto che marcire in una cella di una torre. Mentre continuavo ad ammirare la luna, notai una figura in cima ad una torre dalla parte opposta. Non riuscivo ad intravedere che la sagoma, a causa dell'oscurità della notte. Lo sconosciuto scomparve in un salto nel vuoto con le braccia aperte. Nessun rumore seguì quest'azione: nemmeno un tonfo. Chi era quel pazzo? Una speranza brillava ancora in fondo al mio cuore. Con lo sguardo cercai fra gli edifici minori dentro il castello. Lo vidi allora poco dopo sbucare da un carro di fieno, sul quale probabilmente era atterrato e dopo essersi arrampicato su un tetto, camminò in equilibrio su una corda che lo collegava ad un altro edificio. Una guardia sottostante che stava per dare l'allarme venne messa a tacere.
-Quella velocità...
Due soldati arrivarono in soccorso della guardia ma il loro destino era già segnato: lo sconosciuto, dopo aver lanciato una bomba fumogena per limitare la vista degli avversari, disarmò la guardia più bruta della sua lancia e li fece cadere entrambi con essa. Quando furono a terra fece scattare le due lame celate e le affondò sui loro colli scoperti.
-Quei marchingegni...
 Quando arrivarono altri nemici per dargli del filo da torcere, il misterioso uomo lanciò dei pugnali e sistemò pure quelli. Una volta arrivato ai piedi della torre cominciò ad arrampicarsi. Sentii le guardie dei Borgia dare l'allarme. Mentre l'intruso scalava la torre, i nemici provarono a lanciare dei dardi infuocati, senza però riuscire a fare centro.
-Quell'agilità...
Ormai non potevo più dubitare per quanto combattuta. Era lui! Quando fu appena sotto la finestra mi spostai per farlo entrare. Balzò nella stanza e in quel momento confermai la mia ipotesi.: Ezio Auditore era tornato. Indossava un'armatura nera, un mantello con lo stemma degli Auditore e aveva il viso coperto. Abbassò il cappuccio e mi rivolse il suo sguardo: riconobbi la cicatrice sopra la bocca lasciata da Vieri de Pazzi durante una zuffa giovanile. Era infatti l'unico punto in cui la barba non cresceva più. Nella stanza piombò il silenzio.
"Buonasera Lena" si inchinò.
"Ezio che ci fai qui?" gli domandai "E' una trappola!".
"Come potevo lasciare una damigella come voi nelle mani di uomini crudeli come i Borgia? Adesso andiamo..."
"Dove?" gli chiesi con una punta di sarcasmo nella voce.
"Che domande, fuori da qui!" detto questo, mi prese fra le braccia e, dopo aver sfondato la porta si apprestò a raggiungere la cima della torre. Nonostante il mio peso da portare, non gli costò fatica liberarsi delle guardie che intralciarono il nostro cammino. Quando arrivammo sul tetto, sentii la voce di Cesare ringhiare dietro di noi.
"E adesso?" feci l'ennesima domanda
"Sperimentiamo la macchina di Leonardo. Un congegno che permette all'uomo di volare" mi rispose senza tradire alcuna emozione. Era tipico di Leonardo, speravo solo che avrebbe funzionato.
"Ezio! Ma come, sei appena arrivato e già te ne vai? E con la mia donna per giunta?" Cesare ci colse dietro le spalle "Rimani ancora un po'..."
"Cesare" si voltò Ezio e si inchinò ironicamente "Templari ed assassini dovrebbero sfidarsi senza inganni, ostaggi o trappole!"
"Non sarai più una minaccia per i templari! Consegnami Lena, così da risparmiarla" continuò il Borgia, allungando una mano verso di me.
"Sono sicuro che preferirebbe gettarsi da un'altezza simile nel vuoto, piuttosto che rimanere qui con te. Cos'è tua sorella Lucrezia non ti soddisfa più?" Ezio assunse un sorrisetto. Sul viso di Cesare invece comparve un ghigno.
"Pronta a saltare?" si rivolse poi a me il mio eroe, ma senza darmi il momento per rispondere, mi strinse a sè e ci buttammo. Una volta presa quota, guardai in basso: stavo volando davvero!
"Ti ho già detto che questa macchina non può sostenere più di una persona?" mi disse cercando di nascondere la sua preoccupazione. Non potei far altro che sbuffare. Intanto, Cesare aveva dato ordine di colpirci con frecce infuocate. All'improvviso una frecca si conficcò in un'ala che cominciò a prendere fuoco. Non ce l'avremmo mai fatta. Guardai Ezio con occhi carichi di paura, lui ricambiò ma poi sembrò che un barlume gli fosse acceso negli occhi.
"Il calore permette una maggiore gravià..." pensò ad alta voce, per poi ordinarmi di reggermi forte. Ci dirigemmo in picchiata verso un fuoco appiccato che ci fece prendere di nuovo quota. Eravamo fuori dal castello. Ce l'avevamo fatta.
L'atterraggio non fu dei migliori, ma almeno eravamo ancora vivi. Dovevamo comunque allontanarci e nasconderci: montammo in sella ad un cavallo e corremmo via. Poco dopo ci fermammo in una casa abbandonata che cadeva a pezzi.
"Qui non dovrebbero trovarci" si sedette su una panca vicino a me Ezio.
"Potevamo morire!" sbottai io di colpo
"Invece di sgridarmi, perchè non mi ringrazi? Potevi ancora essere in quella cella in cima alla torre a marcire..." a queste parole, mi sentii un po' in colpa. Non volendo darlo a vedere -a causa del mio orgoglio e della mia testardaggine- mi voltai dall'altra parte, dandogli le spalle.
"Ma cosa..?" Ezio mi scostò i capelli, scoprendomi il collo: probabilmente aveva visto il succhiotto lasciato da Cesare.
"Chi è stato a fartelo? E' stato lui vero? Maledetto!" si alzò di colpo, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.
"Cosa ti importa?" mi alzai pure io
"Mi importa! Mi sei sempre stata a cuore..." sembrò addolcirsi "Il suo pensiero che lui ti abbia toccata mi riempie il cuore d'ira. Mi si avvicinò "Non ti ho mai dimenticata Lena".
"Allora perchè te ne sei andato?"
"Dovevo rivendicare il nome della mia famiglia. Dopo aver ucciso il gonfaloniere Alberti, sono dovuto fuggire in fretta da Firenze. Se fossi tornato da te, mi avrebbero trovato e ti avrei messo in grossi guai" mi spiegò.
"Perchè sei tornato per salvarmi allora? Sei un famigerato!"
"Adesso sono un assassino. Agisco nell'ombra per servire la luce..." si battè una mano in petto "Io non ho mai smesso di pensarti".
"Lo dici a tutte le donne che incontri vero?" gli chiesi cercando di rimanere il più composta possibile, nonostante fosse difficile.
"No" sorrise lui, per niente offeso. Anzi, abbozzò un sorriso sghembo.
Un attimo dopo mi stava baciando, quasi come se non fosse riuscito a controllarsi. Si staccò quasi subito, sembrava pentito. Dov'era finito tutto il coraggio dimostrato prima? Mi guardava come se attendesse qualche mia mossa. Ressi il gioco degli sguardi, facendogli intuire il mio consenso: Ezio nonostante gli anni passati non aveva perso la sua bellezza. Gli presi il viso fra le mani e lo avvicinai al mio facendo ricongiungere le nostre labbra e poi, le nostre lingue. Mi spinse verso la parete per poi baciarmi sul collo con avidità. Se la sua bellezza era sempre la stessa, sperava che lo fosse anche la sua maestria a letto.

Mi risveglai, con la luce che penetrava fra le travi di legno che mi puntava sugli occhi. Mi stiracchiai e mi voltai: Ezio non c'era più, solo un biglietto. Lo lessi.
"Mia dolce Lena, chiedo venia della mia incresciosa e brusca partenza. Cesare è ancora vivo e rimarrà una minaccia fino alla fine dei suoi giorni. Tornerò da te vincitore, lo giuro sul mio nome di Auditore". Mi avvicinai la lettera al petto e guardai in alto: ci credevo davvero.
  
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