Non
sta più nella pelle. L’aereo è
atterrato da nemmeno trenta
secondi e lui si è già slacciato la cintura di
sicurezza, nonostante il segnale
sia ancora acceso e il velivolo stia ancora rullando sulla pista del
Washington
Dulles. Oggi finalmente la incontrerà dopo tanto tempo.
Stasera riuscirà a
tenerla di nuovo fra le sue braccia. Dio, quando le è
mancata!
Aspettando
che gli altri passeggeri finiscano di
raccogliere i propri effetti personali dalle cappelliere e si
incamminino verso
l’uscita e imprecando fra sé per la loro
inspiegabile lentezza (ma nessuno di
loro ha un posto dove andare? Nessuno che li aspetti e verso cui
affrettarsi?),
si mette a pensare a quanto la sua vita sia cambiata nelle ultime
settimane.
Adesso
è un uomo fidanzato, sissignore. D’accordo, si
è
già sposato due volte, quindi in teoria non è una
condizione nuova per lui. Ma
questa volta è speciale. Third
time is a
charm, gli ha detto proprio lei in occasione del matrimonio
di Kevin e
Jenny. E infatti lo è. Richard Alexander Rodgers non
è fidanzato con una
qualunque, bensì con lei, la sua musa, la sua ragione di
vita. Kate. E’ entrata
prepotentemente nella sua vita qualche anno fa e gliela ha
rivoluzionata. Lo ha
trasformato in un uomo diverso, migliore. Oh, all’inizio si
è dovuto scontrare
con un muro solido e invalicabile, ma piano piano, mattone dopo
mattone, quel
muro è crollato e la loro profonda amicizia, dietro la quale
si sono nascosti
per anni, è finalmente sbocciata in una storia
d’amore.
Le
ha chiesto di sposarlo alle altalene, in un luogo che
per loro ha sempre significato un nuovo inizio.
Proprio
alle altalene hanno fatto pace dopo che Kate era
sparita per mesi in seguito al suo ferimento al funerale di Montgomery.
Proprio
alle altalene Kate ha deciso di dare una svolta
alla loro relazione, glielo ha confessato fra un round e
l’altro durante la
loro prima notte insieme.
E
proprio alle altalene ha accolto con gioia la
prospettiva di diventare sua moglie.
Certo,
le cose per loro non saranno semplici, ma quando
mai lo sono state? Giusto poco prima della proposta di matrimonio Kate
ha ricevuto
un’offerta di lavoro dall’FBI e l’ha
accettata. Del resto, i Signori del Governo
non potevano certo farsi scappare una persona con le sue straordinarie
capacità
investigative ed empatiche. E Rick è orgoglioso di lei.
Quindi, si è trasferita
a Washington. Ci sono andati insieme, hanno scelto insieme un
appartamento e hanno
deciso che Castle farà avanti e indietro da New York, per
quanto i suoi impegni
con la casa editrice glielo permettano. E anche Kate
cercherà di ritagliarsi
qualche fine settimana durante il quale tornare nella Grande Mela e
incontrare
suo padre e i suoi amici del Dodicesimo, che per tanti anni sono stati
la sua
famiglia elettiva e a cui non ha nessuna intenzione di rinunciare. Per
ora faranno
i pendolari e appena le cose si calmeranno, penseranno a organizzare il
loro
matrimonio.
Tutto
questo in teoria.
In
realtà, sono quasi tre settimane che non si vedono.
Dapprima Castle è stato occupato con Alexis, che stava per
partire per un lungo
viaggio in Costarica. Entrambi avevano bisogno di un po’ di
tempo padre-figlia,
dedicato solo ed esclusivamente a loro due. Kate è stata
felice di lasciare che
Rick facesse il papà, del resto lo straordinario rapporto
che ha con la sua pumpkin
è una delle cose che l’hanno
fatta innamorare di lui. Poi Kate è stata coinvolta in un
addestramento
piuttosto faticoso che l’ha tenuta occupata per diversi
giorni. Infine c’è
stato un impegno con la casa editrice cui Castle non ha proprio potuto
dire di
no, pena l’ira funesta al quadrato di Gina e Paula, due
tornado ai quali
difficilmente sarebbe sopravvissuto.
Ma
adesso niente lo potrà separare da lei. Le ha detto
che sarebbe arrivato con il volo del primo pomeriggio e
l’avrebbe aspettata a
casa, ma poi gli è venuto in mente di andarla a prendere al
lavoro. Pensa che
sia una trovata davvero romantica. Certo, sa che tutte le sue amicizie
potenti
di New York non hanno giurisdizione a DC e non gli possono aprire
alcuna porta,
ma niente gli vieta di farsi trovare fuori dall’edificio al
601 4th Street NW,
magari con un mazzo di fiori. No, un momento, è pur sempre
uno scrittore
famoso, meglio passare un po’ più inosservato,
mantenere un profilo un po’ più
basso, tanto più che Kate non è ancora a suo agio
con il suo lato pubblico. I
fiori glieli regalerà in un’altra occasione.
Si
è fatto accompagnare dal taxi proprio davanti
all’edificio dell’FBI, ha pagato la corsa e ora se
ne sta lì, in piedi sul
marciapiede, incerto sul da farsi. Un’occhiata
all’orologio gli fa capire che deve
aspettare ancora un po’ prima che Kate possa uscire. Si
guarda intorno e scorge
un bar non lontano. Bene, si rifugerà lì in
attesa della sua fidanzata. Al solo
pensiero di poter definire così Kate, un sorriso si apre
spontaneamente sul suo
volto.
In
quel momento, all’interno dell’edificio,
l’agente
Beckett è impegnata a compilare un rapporto relativo al caso
che ha concluso
poche ore prima. Non lo sta facendo con carta e penna come sarebbe
successo al
Dodicesimo. Qui è all’FBI e ha a disposizione una
serie infinita di aggeggi
elettronici che farebbero la gioia di Rick. Del suo fidanzato. Al solo
pensiero
di poterlo definire in quel modo, un sorriso si apre spontaneamente sul
suo
volto e lo sguardo le vola al suo anulare sinistro. Quando lavora non
porta
l’anello che lui le ha regalato ma, nel suo cuore, quel
bellissimo solitario è sempre
lì, a brillare al suo dito e a ricordarle quanto sia
fortunata ad essere amata
da un uomo del genere.
Una
voce di donna interrompe le sue fantasie romantiche:
“Agente Beckett, vedo che ha accettato di essere dei
nostri.”
Riconosce
immediatamente la voce e ne ha conferma
sollevando lo sguardo: “Agente Shaw, che piacere
rivederla!”
Le
donne si stringono cordialmente la mano. Da
quell’episodio con Scott Dunn, avvenuto diversi anni prima,
le due hanno
sviluppato una forte stima reciproca, riconoscendo l’una
nell’altra grandi
capacità professionali.
“Allora,
Kate, che ne dici di darci del tu adesso che
siamo colleghe?” propone Jordan.
“Ben
volentieri!” replica Kate, felice di avere una scusa
per sollevare il naso da quel rapporto.
“Come
ti trovi? Ho sentito che sei entrata subito nel
vivo di un’operazione e che ti sei fatta valere.”
L’agente Shaw va dritta al
punto come sempre.
“Beh,
sì, diciamo che ero al posto giusto al momento
giusto… Sono stata fortunata.”
“Non
esiste la fortuna in questi casi, Kate. Sei stata
brava e ti meriti di festeggiare. Anzi, perché non scendiamo
a prenderci un
caffè al bar qui di sotto?” Le suggerisce Jordan.
Beckett
getta una veloce occhiata all’orologio di suo
padre dal quale non si separa mai. A quest’ora Castle la sta
probabilmente già aspettando
nel loro appartamento e Dio solo sa quanto preferirebbe fiondarsi da
lui
piuttosto che prendere un caffè con una collega. Ma si rende
conto che,
politicamente, non può sottrarsi all’invito
dell’agente Shaw di scendere al
bar, tanto più che non saprebbe come giustificare un
rifiuto. Non potrebbe
certo dirle “Scusa Jordan, ma il mio fidanzato mi aspetta a
casa, non ci
vediamo da tre settimane, e al momento l’unico mio pensiero
è se strapazzarlo
direttamente sul tavolo di cucina o se arrivare fino in camera da
letto.” No,
decisamente non sarebbe un bel modo per riallacciare i rapporti con
l’agente
speciale Shaw.
“Mi
sembra un’ottima idea, un buon caffè è
proprio quello
che mi ci vuole.” Sono invece le parole che escono dalla
bocca di Kate.
Le
due donne si avviano verso l’ascensore, continuando a
chiacchierare dell’operazione appena conclusa con successo da
Beckett.
Nel
frattempo, Rick se ne sta seduto a un tavolo del bar.
Si è messo a lavorare con il suo portatile e si sente molto
JK Rowling. Ha
promesso – giurin giurello – alle due arpie,
pardon, a Gina e a Paula di
continuare a scrivere anche durante la sua temporanea trasferta a
Washington e
così ha deciso di approfittare dell’attesa per
rileggere la bozza dell’ultimo
capitolo e apporre qualche correzione qua e là.
Completamente concentrato su
quello che sta facendo, non presta attenzione all’apertura
della porta del bar
né tantomeno all’ingresso delle due donne.
Kate
invece lo vede subito. Le parole le muoiono in gola
e sbatte gli occhi un paio di volte, pensando di avere le visioni.
Accidenti,
quell’uomo le manca così tanto che il suo
subconscio ne proietta l’immagine
ovunque. No, un momento, è davvero lui!
All’agente
Shaw, da ottima osservatrice quale è, non
sfugge l’improvviso silenzio di Beckett e i movimenti dei
suoi occhi. Ne segue
lo sguardo e individua il responsabile di quella reazione.
“Signor Castle?”
Rick
a sua volta solleva gli occhi e se le trova davanti.
Si alza e va loro incontro.
“Agente
Shaw?! Kate?! Cosa… come…
perché…” Addio, la sua
carriera di scrittore può dirsi conclusa se non è
nemmeno in grado di
articolare una domanda. Ma la felicità di ritrovarsi davanti
alla sua Kate gli ha
mandato completamente in corto circuito il sistema cerebrale. Kate non
è certo messa
meglio: una parte di sé vorrebbe sbaciucchiarsi Rick
stendendolo direttamente sul
tavolino del bar, mentre il suo raziocinio le dice di tenere a bada i
bollenti
spiriti, ricordandole che
1)
non
sono
da soli
2)
non
sono
nell’intimità della propria casa
3)
il
bar è pieno di agenti dell’FBI.
Visto
il totale imbambolamento degli altri due, Jordan
prende in mano la situazione e chiede – alquanto
retoricamente:
“Signor
Castle, cosa la porta a Washington?”
“Sono
venuto a trovare la mia fida…ta musa” –
uno sguardo
inceneritore di Beckett lo ferma giusto in tempo. “Sa, sto
scrivendo un nuovo
libro su Nikki Heat, questa volta il titolo sarà Federal
Heat e si svolgerà
nell’ambiente dell’FBI.”
Pfffffiiiiiiiiiiuuuuuuuuu salvato in extremis.
Il
viso di Kate è diventato una specie di cartina di
tornasole, variando dal bianco pallido al rosso porpora acceso. Soffre
all’idea
di avere Rick tanto vicino e di non poterlo sfiorare, abbracciare
né tantomeno
baciare. Il suo sguardo vaga dai suoi bellissimi occhi azzurri alle sue
labbra,
che tanto le sono mancate in quelle settimane di lontananza.
All’agente
Shaw la situazione diventa ancora più chiara. “So how long
have you two been sleeping together? Meno
di quattro anni,
deduco… l’ultima volta che ci siamo visti avevate
negato e penso che allora
potesse anche essere vero. Ma adesso?”
“Ecco…
no… vede…” comincia Castle.
“Beh…
noi… insomma…Jordan…”
interviene Beckett.
L’agente
Shaw solleva la mano sinistra per fermare il
loro balbettare. “I’ve
been profiling
people for a long time. I’m hardly ever wrong. Posso
aver sbagliato qualche anno fa, ma
come vedete era solo una questione di tempo. Allora?”
“Da
un anno” rispondono all’unisono, guardandosi e
scoppiando a ridere. La loro proverbiale sintonia è ancora
lì, intatta,
nonostante non lavorino più fianco a fianco tutti i giorni,
nonostante non si siano
visti per quasi tre settimane.
“Jordan”
riprende Beckett, che, riservata come è, si
sente sempre a disagio quando qualcuno fa qualche riferimento alla sua
vita
personale. “Potresti tenere questa informazione solo per te?
Sai, sono appena
arrivata e non mi va di essere etichettata come l’ultima
conquista dello
scrittore famoso o di finire su qualche rivista di
gossip…”
“Certo,
Kate, nessun problema. Piuttosto, devo rientrare
in ufficio per verificare alcuni documenti. Signor Castle, è
stato un piacere
rivederla.”
“Grazie,
agente Shaw, anche io sono stato felice di
incontrarla di nuovo.” Si congeda Rick, stringendole
affettuosamente la mano.
“Jordan,
aspetta, rientro con te.” Dice Beckett, poi,
rivolgendosi a Rick con uno sguardo che è tutto un
programma, gli sussurra:
“Aspettami a casa, arrivo il prima possibile!”
Le
due donne ritornano nel grande edificio e, appena
entrate in ascensore, Jordan esclama: “Beh, era ora. Era
così palese già
quattro anni fa, ce ne avete messo di tempo!”
“Già,
beh, vedi, la situazione è ancora…”
“No,
Kate, ti prego. Non usare di nuovo quell’aggettivo.
Non ripetere che è complicato. Se sono riuscita io a gestire
un marito e una
figlia, sono sicura che anche tu sarai in grado di farlo. Basta
volerlo. Sei
una donna in gamba, Kate. Ed è chiaro che tu e Castle vi
amate molto. Santo
cielo, era chiaro già quando ci siamo incontrati a New York,
ricordi? A quel
tempo probabilmente non eri pronta ad accettare quanto in effetti
Castle
tenesse a te, ho ragione?”
“Sei
proprio brava, sai?” riconosce Kate con un sorriso.
Un
paio d’ore dopo, Rick sta preparando la cena nel loro
appartamento. Si è fatto una doccia e ha disfatto la
valigia, sistemando le sue
cose nell’armadio accanto a quelle di Kate. Ha messo su un CD
di musica jazz ed
è intento a tagliuzzare la verdura che ha trovato nel
frigorifero della sua
fidanzata. Finalmente è riuscito a farla passare dallo
stadio cavernicolo del
take-away a quello più evoluto della frutta e verdura
fresche. Appena sente il
rumore della chiave infilata nella serratura, si lava le mani e si
prepara ad
accogliere degnamente Beckett.
Non
fa in tempo ad entrare in casa che Rick la prende fra
le braccia e la bacia con un trasporto emotivo quasi violento. Si
staccano solo
per la mancanza di ossigeno e Kate riesce a dire: “Tesoro,
non sai quanto avrei
voluto baciarti così quando ci siamo visti oggi pomeriggio!
Solo il cielo sa
come sia riuscita a trattenermi. Mi sei mancato da
morire…”
“Shh,
non parlare. Non ho voglia di chiacchiere adesso…”
La interrompe Rick, con un tono di voce carico di desiderio.
“Ah no? What
do you want?” Gli
sussurra
Beckett, ben sapendo di porgli una domanda retorica visto
l’effetto che la sua
vicinanza ha provocato nel corpo di lui.
“You.”
Nota
dell’autrice.
Dopo
aver rivisto la puntata con l’agente Shaw ho pensato che
sarebbe stato bello
farli rincontrare tutti e tre a Washington, così
è nata questa FF. La pubblico
con il mio account ma è stata praticamente scritta a quattro
mani con Monica,
il cui supporto mi è ormai irrinunciabile e a cui va tutta
la mia gratitudine.
Grazie
per aver letto la storia e per avermi regalato un po’ del
vostro tempo
arrivando fino qui.
Baci,
Germangirl