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Autore: LovleySev394    22/07/2013    3 recensioni
Sentivo il bisogno di scrivere questa Mofer per dare l'addio a Cory...
Rest in peace sarai sempre nei nostri cuori
Just one word: MONFER
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Cory Monteith
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Cory 
e a Chris
e a loro due assieme
i mei più grandi amori per sempre

The last Mofer moment




Chris Colfer mise giù il telefono.

Non fece in tempo a voltarsi verso Will che i suoi grandi occhi azzurri iniziarono a riempirsi di lacrime.

Si guardarono a lungo nessuno dei due riusciva a parlare.

Chris si sedette sul letto lasciando completamente uscire la lacrime e Will gli porse un fazzoletto, mentre anche i suoi occhi iniziavano a diventare lucidi.

Chris singhiozzava, singhiozzava forte con il respiro corto, la testa appoggiata sulla spalla di Will.

Avevano avuto la notizia da Lea che aveva chiamato Chris subito, ma il ragazzo non era riuscito a capire quasi nulla: la ragazza singhiozzava disperata riuscendo solo a ripetere:

“Cory… non ci posso credere… non può essere vero… CORY!”.

Lei non era riuscita a dirgli nient’altro e lui le aveva detto che prendeva un aereo e l’avrebbe raggiunta perché da come piangeva aveva capito che doveva essere successo qualcosa di grave.

Credeva che a Cory fosse successo qualcosa di brutto, che fosse finito in ospedale, ma poi per sicurezza aveva chiamato la mamma di Lea che gli aveva raccontato tutto e lo aveva pregato di andare da Lea che aveva bisogno di lui.

“Vuoi andare da lei?”, gli chiese Will carezzandogli la testa.

Chris annuì:

“Ha bisogno di me”, disse tra i singhiozzi, “Io non ci posso credere, io non ci posso…”, un singhiozzo gli strozzò la voce.

“Cosa posso fare per te?”, gli chiese Will premuroso, “Vuoi che chiami tua madre? Vuoi parlare con lei?”.

“No”, sussurrò Chris, “Lasciamo solo”.

Will si alzò dal letto sospirando e uscendo dalla camera:

“Se hai bisogno io sono di sotto”.

Chris annuì e appena fu solo, affondò la testa nel cuscino cominciando a piangere ancora più forte, conficcando le dita nelle le lenzuola e trattenendosi dal mettersi a urlare. A urlare il suo odio per il mondo: a urlare quanto la vita fosse ingiusta e a ripetersi che se ci fosse stato un Dio, avrebbe dovuto dare una spiegazione per tutto quello.

Nella sua testa intanto non facevano che frullare le immagini dei momenti che aveva passato con Cory e l’unica cosa che riusciva ad udire era il suono della sua risata, che era anche più forte dei suoi singhiozzi, le sue mani che gli scompigliavano i cappelli e di come odiava quando lo faceva, perché tutte le volte che lui era irritato per qualcosa, arrivava Cory che gli passava di fianco e da sopra gli scompigliava i capelli esclamando: “Su Chris non essere tanto permaloso! La vita è troppo breve per tenere quel broncio più di dieci secondi”. E in genere lo mandava a quel paese e continuava a essere arrabbiato, ma in quel momento, in quel momento desidererò con tutto se stesso, che Cory arrivasse, gli scompigliasse i capelli e gli dicesse di sorridere e andare avanti… e si chiese perché lui non l’avesse fatto.

Gli sembrava di sentire insieme a suoi i singhiozzi di Lea, il pianto di una persona che aveva perso l’amore della sua vita per sempre, il pianto in cui con ogni lacrima perdeva anche una parte del suo cuore intrinseco di tutto il suo amore.

Cercò di riportare alla memoria il sentimento che aveva provato quando aveva visto Cory per la prima volta.

Aveva da poco avuto la notizia che avrebbe avuto una parte in Glee ed era alla stelle dalla felicità.

Quel giorno tutti gli attori si sarebbero dovuti incontrare per conoscersi e perché avrebbero consegnato a tutti la prima bozza del copione e ne avrebbero discusso assieme.

Lui era stato uno dei primi ad arrivare perché odiava essere in ritardo: nella stanza c’erano solo alcuni degli sceneggiatori, il direttore di casting e il direttore artistico e poi in un angolo un ragazzo seduto su una sedia con il cellulare in mano. Lo vide solo di spalle, ma da come stava chinato capì subito che doveva essere parecchio alto.

“Tu sei Chris Colfer vero?”, gli chiese uno degli sceneggiatori avvicinandosi, “Ciao Chris! Ancora non è arrivato nessuno dei tuoi nuovi colleghi tranne Cory che si è sbagliato con l’orario ed è arrivato qui con un ora di anticipo”.

Chris sorrise, provava già una spiccata simpatia per quel ragazzo.

Intanto lui si era alzato e gli aveva sorriso stringendogli la mano:

“Ciao, sono Cory”.

“E io Chris”, aveva risposto lui un po’ imbarazzato vacillando a causa della virile stretta di mano dell’altro.

Gli occhi scuri del ragazzo lo scrutarono. Erano occhi bellissimi, profondi e sprizzanti di allegria. Si guardarono per un po’ senza dire nulla, entrambi occupati a studiarsi attentamente:

“Tu devi essere quello che fa Puck vero?”, gli chiese Cory per rompere il ghiaccio piegando il labbro in un sorriso un po’storto che Chris trovò fantastico fina da subito.

“No”, rispose scuotendo la testa divertito, “Sono stato preso per la parte di Kurt”.

“Ah si! Be si in effetti forse sei un po’ mingherlino per fare Puck, però hai l’aria simpatica quindi visto che Puck è il migliore amico di Finn, mi sarebbe piaciuto essere il tuo migliore amico! Cavolo che bello che sei arrivato! Sono qua stato ad aspettare un casino da solo. Si lo so non dirmelo: sono un idiota ad arrivare un’ora prima è che…”.

Chris arrossì mentre Cory parlava, era la prima volta che un maschio lo trattava così, come se fossero… uguali. Era la prima volta che qualcuno gli si rivolgeva con così disinvoltura ed era davvero una bella sensazione. Se solo avesse saputo che un giorno, non avrebbe più sentito quella voce e non avrebbe mai più visto il suo sorriso così allegro…Ma non se lo sarebbe mai potuto immaginare: perché quello gli sembrava il ragazzo più spensierato e ottimista del modo… anche se ogni tanto, sono proprio quelle a essere le persone più tristi.

Parlarono per un po’e Chris scoprì che lui e Cory avevano un sacco di interessi in comune e che il ragazzo era un bel po’ più grande di lui e subito si sentì un po’a disagio:

“Nah non ti preoccupare!”, aveva detto lui scompigliandoli i capelli per la prima volta, cosa che nessuno gli aveva mai fatto prima con affetto, “Ti tratterò come il mio fratellino minore!”.

E da quel giorno era stato davvero così.

Chris e Cory avevano legato molto e passavano spesso del tempo assieme sul set, tra una ripresa all’altra. Parlavano del più e del meno, commentando film, nuovi videogiochi, discutendo su quale film di Star Wars fosse il meno riuscito e in quale casata sarebbero stati smistati se fossero stati a Hogwarts.

Cory era sempre di buon umore e spesso faceva battute con Chris sul fatto che lui non fosse ancora nato quando era successo questo o quell’altro e si divertiva sempre a vedere sulla faccia dell’amico dipingersi un piccolo broncio infantile.

Era stata la prima persona di cui Chris si era innamorato.

Era anche difficile da ammettere a se stesso, ma era la prima volta che provava davvero quel sentimento di cui tutti parlavano. Quel sentimento che lo faceva arrossire quanto Cory gli scompigliava i capelli o gli batteva una pacca sulla spalla. E non ostante sapesse che Cory non l’avrebbe mai potuto ricambiare andava bene lo stesso. E quando lui non lo vedeva osservava le sfumature dei suoi capelli o studiava ogni suo movimento e quando parlavano ogni tanto si perdeva dentro i suoi occhi, tanto che era costretta ad abbassare lo sguardo per non sembrare troppo insistente.

Quando seppe che Kurt si perdeva una cotta per Finn, si sentì anche un po’ imbarazzato a recitare: perché finché doveva esprimere sentimenti che non provava veramente era facile, ma quando doveva veramente mettere allo scoperto quello che provava era diverso. Anche se lui amava Cory, in modo assolutamente diverso da come Kurt amava Finn: lui e Cory, a differenza di Finn e Kurt, erano come migliori amici, erano così simili, ma nello stesso tempo diversi. Dal suo punto di vista erano assolutamente perfetti l’uno per l’altro.

 

Chrsi fissò il cielo fuori dalla finestra.

Non era stata di certo l’ultima volta che si era innamorato di qualcuno. Dopo di Cory ce ne erano stati tanti e aveva sempre mantenuto il ricordo di Cory con dolcezza, giurandosi che un giorno glielo avrebbe detto e ci sarebbero fatti qualche risata sopra.

Ma non l’aveva mai fatto. Non sapeva perché. Non aveva mai avuto il coraggio di farlo.

Forse perché ogni tanto, il suo sguardo penetrante lo faceva ancora vacillare. Forse perché ogni tanto si perdeva ancora dentro i suoi occhi e il suo scompigliargli i capelli lo faceva ancora arrossire. E capiva era stato tanto innamorato di lui.

Strinse i denti e si alzò dal letto mentre la testa li girava. Si affacciò alla finestra. Le macchine passavano veloci e i pedoni si muovevano in una sola grande massa. Tutto era così veloce, così costantemente in movimento. Si chiese se qualcuno si fosse mai fermato a riflettere sul perché abbiamo così fretta di andare veloce verso il futuro senza pensare a quello che potremo perdere che abbiamo ora e che non sappiamo goderci.

“Cory io ero innamorato di te”, disse infine con lo sguardo rivolto al vuoto, gli occhi pieni di lacrime, “Ero innamorato di te, sei stata la prima persona che ho amato davvero. Scusa se non ho mai avuto il coraggio di dirtelo”.

E in quel momento un soffio di vento più forte gli passo sopra la testa scompigliandoli i capelli e sorrise perché non aveva bisogno di nient’altro per sapere che lui l’aveva sentito.

  
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