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Autore: Birra fredda    23/07/2013    2 recensioni
Ho ancora paura del buio, lo ammetto. E ho ancora paura dei mostri.
Sì, proprio di quei mostri che voi da bambini pensavate stessero rannicchiati sotto il letto o raggomitolati in un cassetto dell’armadio, pronti a portarvi via dall’abbraccio rassicurante delle vostre lenzuola o a mangiarvi non appena i vostri genitori, dopo avervi lasciato il bacio della buonanotte, si sarebbero allontanati dalla vostra stanza.
Sì, proprio di quei mostri ho ancora paura.
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le tre del mattino ed io sono seduta sul marciapiede di fronte casa mia.
Assurdo come mi piaccia uscire a fumare in piena notte e come, allo stesso tempo, abbia paura di muovere più di dieci passi di spalle alla mia casa.
Ho ancora paura del buio, lo ammetto. E ho ancora paura dei mostri.
Sì, proprio di quei mostri che voi da bambini pensavate stessero rannicchiati sotto il letto o raggomitolati in un cassetto dell’armadio, pronti a portarvi via dall’abbraccio rassicurante delle vostre lenzuola o a mangiarvi non appena i vostri genitori, dopo avervi lasciato il bacio della buonanotte, si sarebbero allontanati dalla vostra stanza.
Sì, proprio di quei mostri ho ancora paura.
 
Che ne sapete voi, comunque, dei mostri che sono attorno a me?
 
Aspiro un po’ di fumo dalla mia Marlboro rossa e mi stringo le ginocchia contro il petto.
Mi piace starmene qui in silenzio.
Mi sento un po’ speciale, a sapere che magari sono l’unica persona sveglia nell’arco di km e che se succedesse qualcosa in questo preciso istante sarei l’unica testimone oculare dell’accaduto.
Io non sono mai stata speciale, in fin dei conti.
 
- Devo stare a sentire le tue lamentele ancora per molto?
Neanche sussulto più, al suono della sua voce.
Ricordo che la prima notte scattai in piedi e gli chiesi se fosse un maniaco.
Ora non più.
Mi fido di Horizon.
- Vaffanculo.
Gli dico solo questo, acida come sempre, e lui non si scompone.
 
Si chiama proprio così, il mio amico: Horizon.
Orizzonte.
Lui dice che sua madre gli scelse quel nome per via degli occhi azzurrissimi come l’orizzonte sul mare.
Secondo me si sbaglia.
Secondo me i suoi genitori quando l’hanno visto hanno pensato ch’era infinito, come l’orizzonte.
 
Ma che volete capirne, voi, dei miei pensieri contorti?
 
- Mi offri una sigaretta?
- Solo se domani mi offri una birra.
Ride, squarcia a metà il nero del cielo, soffoca una ad una le stelle, con la sua risata.Il silenzio che tanto amo della notte s’incrina sotto il peso della fragorosa risata di Horizon.
Baratterei miliardi di volte il silenzio notturno, pur di sentire questa risata solo un’altra volta.
 
Potrei ubriacarmi fino a star male, della sua risata, giuro.
 
Gli porgo una sigaretta e lo osservo dal basso mentre se l’accende.
Per lui è tutto semplice, dal misero gesto dell’accendersi la sigaretta fino ad arrivare a un qualcosa di tanto grande quanto la vita.
Horizon è così, sorride e basta.
Se ne frega degli altri, del dolore, delle stelle cadenti e di tutti i desideri che potrebbe averci fatto scivolare dentro, degli abbracci mai dati e dei sorrisi di troppo.
Se ne frega e basta, e vive spensierato.
A differenza mia.
 
- Che hai?
- Ho paura.
Mi siede accanto inspirando il fumo dalla sua sigaretta.
Osservo i lineamenti del suo volto, le labbra morbide e pallide, la linea curva del mento, il naso dritto e sottile, gli zigomi alti.
- Sempre i soliti mostri?
- Sempre loro.
- Hai mai provato ad addormentarti con la musica nelle orecchie?
Alzo un sopracciglio e gli rivolgo il mio sguardo spaesato.
Non capisco.
Cosa c’entra la musica coi mostri?
Se mi avesse proposto un’accetta o un fucile, forse avrei capito. Se mi avesse proposto di stanare i mostri senza paura, di affrontarli con un’arma pericolosa in mano con cui farli a pezzi, avrei capito.
E invece lui mi parla della musica.
Ma che cazzo ha al posto del cervello?
 
Vorrei parlargli di ciò che davvero sono per me quei fottuti mostri.
Sebbene Horizon sia l’unico a sapere della loro esistenza, non sa tutto.
Non sa che il primo mostro è la signora diligenza, motivo per cui ho così pochi amici, ho passato tutti e tre gli anni già trascorsi del liceo seduta da sola nell’ultimo banco della classe a disegnare sul mio quaderno, motivo per cui abbasso sempre la testa quando qualcuno mi guarda e nascondo la bocca dietro una mano quando sorrido.
La signora diligenza è colei che la notte mi tiene sveglia, mi dice che non ho studiato abbastanza, che non ho cucinato abbastanza bene per mio padre che è tornato tardi dall’ufficio per fare lo straordinario, che non mi sono occupata abbastanza della casa e del gatto.
Grazie a lei ho capito che non sono abbastanza.
Horizon non sa che il secondo mostro è il la signorina perfezione che mi assilla camminandomi dinanzi con i suoi tacchi alti e i suoi vestiti firmati, che mi sbatte davanti al viso le sue curve perfette e la sua pelle abbronzata, che mi tortura pettinandosi i capelli biondi e curati mentre io mi asciugo i miei, rovinati dalle troppe tinte, con l’asciugamano di turno.
La signorina perfezione mi fa notare quanto i miei fianchi siano stretti, quanto il mio seno sia piccolo, quanto le dita delle mie mani siano storte, quanto le mie gambe siano corte.
Grazie a lei ho capito che non sono bella.
Horizon poi non ha idea del fatto che il terzo mostro sia il signor affetto che ride vedendomi raggomitolata tra le coperte nel letto in completa solitudine, senza un messaggio del buongiorno che mi aspetta paziente sullo schermo del cellulare né un cornetto caldo ad attendermi tra le mani di qualche amica sotto scuola.
Il signor affetto è colui che mi rende consapevole del fatto che tutte le ragazze della mia età hanno un fidanzato o una migliore amica, mentre io sono sola e nessuno sembra essere interessato a me.
Grazie a lui ho capito il valore della solitudine.
Infine c’è autostima, che non è né una signora né una signorina, ma solo un mostro. Il più terribile dei mostri che mi tormentano ogni fottuto giorno. Autostima mi urla che non solo sono sola, non sono abbastanza e sono brutta, ma non credo neanche il quel poco – di merda, molto probabilmente – che ho dentro.
Autostima è il più terribile dei mostri che temo perché è il più reale, quello di cui intravedo meglio i contorni ed è colei che mi mostra maggiormente la realtà.
 
- Credo di sapere perché temi autostima più di diligenza, affetto e perfezione.
E da quando Horizon legge nel pensiero?
- Illuminami.
Lui mi prende una mano, la tiene forte e salda nelle sue dita ossute.
- Perché è l’unica che dice la verità. Sai benissimo, dentro di te, che non importa essere belle e precise. Non c’è bisogno che sia io a dirtelo.
- E per quanto riguarda il signor affetto?
Aspiro il fumo socchiudendo gli occhi.
- ‘Fanculo, non sei sola, ci sono io.
 
 
 
 
Non vedo Horizon da tre mesi.
Tre mesi senza mostri né insonnia né sigarette alle tre del mattino di fronte casa.
Tre mesi in cui credo in me stessa e tre mesi in cui gli auricolari si attorcigliano attorno al mio collo diafano cullandomi dolcemente e trasportandomi tra le braccia di Morfeo.
La scuola è ricominciata e io mi sono seduta accanto al più spavaldo della classe, Daniele. Un ragazzo dai capelli gonfi di gel e dal fisico asciutto.
Adesso sono la sua compagna di banco e la sua compagna di sogni.
Perché le persone, a scoprirle, se la tolgono la corazza.
Daniele mi ha consegnato la sua corazza da ragazzo figo e duro che fa soffrire le ragazzine del primo anno, la maschera che teneva perennemente sul volto per fingere un bel sorriso e mi ha consegnato anche i suoi cd preferiti.
Mi ha detto che con quelli avrei dormito otto ore ogni notte e così è stato.
E adesso non temo più i mostri, neanche autostima mi fa più paura.
‘Fanculo.

















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Questa roba stranissima è venuta fuori proprio ora ed è stata scritta "di pancia", quindi non l'ho né riletta per bene né modificata. Voglio vedere com'è pubblicare ciò che ho dentro in un determinato momento.

Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate :)
Echelon_Sun

  
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