Fanfic su artisti musicali > Taylor Swift
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Autore: tedsweeran13    24/07/2013    5 recensioni
Finalmente arrivai in prossimità della scala che portava al palco grande. Lì vicino, accanto a me, una ragazza fissava lo schermo su cui stava Taylor, tenendo in mano un cartellone con su scritto 'i love you'. Mi venne un'idea ancora più pazza; tirai giù il cappuccio, mi avvicinai alla ragazza e le chiesi se me lo potesse prestare. [...] Salii con decisione le scalette, proprio mentre la bionda finiva la canzone e la postazione rotante su cui si trovava si bloccava, rivolta verso il palco. Mi guardai un attimo alle spalle, per controllare se tutto stesse andando secondo i piani, e quasi mi spaventai vedendo la mia immagine gigantesca. Ma non potevo tirarmi indietro. Tutta la folla si era voltata verso di me, in piedi in mezzo al palco come un imbecille, e mi guardava incuriosita. Taylor stava a testa china, tentando di riprendersi. Non sentendo altro che il silenzio assoluto, alzò la testa, mi vide, sgranò gli occhi. E in quel momento, alzai il cartellone.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOVE.

- See, I’m true, my songs are where my heart is, I’m like glue, I stick to other artists, I’m not you, now that would be disastrous; let me sing and do my thing and move to greener pastures, see, I’m real, I do it all, it’s all me, I’m not fake, don’t ever call me lazy. I won’t stay put, give me the chance to be free, suffolk sadly seems to sort of suffocate me...‘Cause you need me, man, I don’t need you, you need me, man, I don’t need you, you need me, man, I DON'T NEED YOU AT ALL!!!! - strillò Taylor, torturando la sua povera chitarra come una pazza infervorata, e facendomi scoppiare in una risata assurda. La sua cover di You need me, I don’t need you era veramente qualcosa di esilarante. La suonava con pathos, quasi non avesse aspettato altro per tutta la vita, e cercava anche di imitare qualche mossa da rapper mentre tentava, invano, di non intrigarsi con le parole. La scritta “T-Swizzle il ritorno” lampeggiava nella mia testa dal momento in cui aveva deciso di abbandonare il suo amato telefilm – che tra l’altro era anche la causa della mia presenza in camera sua – per fare qualcosa di più adatto a gente del suo rango, come lo aveva definito lei nel mezzo del suo delirio da sbronza. E ci tengo a precisare che aveva perso il controllo dopo aver bevuto due bottiglie di birra soltanto, e devo dire che in quello stato era la cosa più esilarante del mondo. Andava avanti da un'ora a fare cover delle mie canzoni, imitando - o almeno provandoci - la mia voce. Stavo ridendo come un cretino ma era davvero troppo, troppo buffa. All’inizio mi guardò confusa, come se fossi io l’ubriaco perso che faceva versi idioti, ma dopo appena due secondi cominciò a ridere convulsamente anche lei. Le sue pupille erano dilatate, come se invece di bersi un paio di birre si fosse appena fatta di cocaina. Ed era stramaledettamente bella anche così. Struccata, spettinata ed ubriaca, rimaneva la donna più bella del mondo.
Eddy Eddy Eddy … anche quando è così senti “vibrazioni strane”? C’è un problema amico, mi sa che sei cotto. Ma giusto un po’ eh.” commentò sarcastica Coscienza dentro la mia testa. Strano a dirsi, ma questa volta la sua presenza non mi turbò affatto, tanto che mi sentivo in vena di fare conversazione.
Ma tu dov'eri andata?” le chiesi; era dallo show che non la sentivo. Non è che magari stava progettando di trasferirsi in un’altra testa?
Hey, mica vivo per te, sai?” mi rispose permalosa. E io che credevo di essere il suo passatempo preferito. “Comunque, Taylor così è davvero carina. Sembra un cucciolo, sai quelli che pisciano ovunque quando sono contenti?”
Beh, la metafora non era un granché, però Taylor era davvero carina in questo stato. Mi veniva voglia di abbracciarla fino a soffocarla.
O di ficcarle la lingua in gola fino a soffocarla. Non guardarmi male, io parlo solo in base a quello che tu mi fai vedere. E smettila di evocare certe immagini! È imbarazzante.”
Ho una coscienza che si immagina le cose, grandioso”, fu questo il mio unico pensiero davanti a quel commento assurdo; il sospetto di soffrire di qualche strana forma di disturbo della personalità o robe simili si fece sempre più largo nella mia mente e per questo decisi di troncare di netto quella conversazione solitaria, temendo di scoprire cose non proprio carine se avessi continuato di quel passo. Ignorando quindi quella vocetta nella mia testa, seguii il mio istinto e la abbracciai, chitarra inclusa. Lei rise.
- Sai, non avrei mai pensato che ubriacarsi con te fosse così divertente - le mormorai vicino all’orecchio, mentre lei continuava a sussultare per le risate.
- Ma io sono divertente - esclamò, mettendo il broncio, come una bambina che vuole una nuova bambola che la mamma non vuole comprarle.
- Ma certo che lo sei, – le risposi con il miglior tono da mamma che riuscii a cavare fuori – solo che così lo sei molto di più -. E poi la stritolai maggiormente, dandole un bacio affettuoso sui capelli.
Uh, ma guarda! Eddy Rosso si è svegliato dal letargo. Anche se, tesoro, hai un po' sbagliato mira: la bocca è più in basso” osservò la mia amichetta immaginaria, concludendo la performance con tanto di occhiolino. Forse prima le avevo dato troppo spazio. Era meglio evitare di intavolare una nuova discussione, così continuai ad abbracciare la mia amica che, per tutta risposta, si aggrappò di nuovo alle corde della sua chitarra cimentandosi in un’interessante versione di You Belong With Me.
- IF YOU COULD SEE THAT I'M THE ONE WHO UNDERSTANDS YOU – cantava con talmente tanta foga che temetti svegliasse tutto quanto l’albergo. Le feci cenno di abbassare un po’ la voce ma, tra le mie risate e il suo cervello fuso dall’alcool, non doveva essere sembrata una mossa molto credibile; infatti continuò a sbraiatare - BEEN HERE ALL ALONG SO WHY CAN'T YOU SEEEEEEE?
E qui ci fu addirittura un rimbalzo giù dal letto, con tanto di scivolata sul pavimento - YOU BELONG WITH MEEEE! – cantò con la testa rivolta all’indietro, gli occhi chiusi come a cercare concentrazione. Strimpellò le corde come se si stesse esibendo in un concerto rock.
Ok, era andata, giusto un pochino.
Mi immaginai come sarebbe apparsa una performance del genere sul grande palco in cui si era esibita stasera; sicuramente avrebbe ottenuto un successo enorme. Stavo per chiederle di fare un remake di quello stacchetto al prossimo award show, quando quel pensiero me ne fece balzare subito in mente un altro, ovvero il suo strano scambio di sguardi con Selena, e la conclusione della sua esibizione … quel “I gotta have you”. Sicuramente era un modo per dimostrarmi che a me teneva, e quindi devo averti nel senso che ho bisogno di te, mio caro, carissimo, tenerissimo migliore amico … ma c’era qualcosa che non mi convinceva. Probabilmente mi ero fatto condizionare da quella strana risatina che era fuoriuscita dalla bocca di Selena nel momento stesso in cui la mia migliore amica mi fissava, ma avevo percepito anch’io qualcosa di strano, di nuovo. E così, d’istinto, decisi di chiarirmi un po’ le idee.
Dato che non c’era nessun altro modo per farla stare zitta, scivolai giù dal letto e le tappai la bocca con una mano. Lei fece un urletto – come se già non ne avesse fatti abbastanza - e poi mi morse.
- Ahi! – scattai ridendo – Taylor, ma che fai? – per tutta risposta lei si buttò con la testa sopra le mie ginocchia, visto che stava sempre suonando praticamente sdraiata per terra, e spalancò i suoi occhioni blu dritti nei miei. Per poco non mi prese un colpo, sembrava strafatta. E menomale che le birre in quel frigobar erano solo quattro!
-YOU'RE ON THE PHONE WITH YOUR GIRLFRIEND SHÈS UPSEEET! Daaai, Eddy, canta con me! Dai dai dai! - mi implorò, sbattendo le lunghe ciglia e mettendo il broncio. Non potei fare a meno di ridacchiare sotto i baffi, in queste condizioni non avrebbe potuto mentire su nulla.
- Dopo - le promisi, mettendole l'indice sulle labbra per zittirla, o almeno sperando che potesse farlo - prima rispondi alle mie domande. Ho visto che ti dicevi qualcosa con Selena, stasera. Posso sapere di cosa si tratta? – lei bloccò la sua esibizione di chitarra e sbarrò gli occhi, dopo di che si mise allegramente a ridacchiare sulle mie ginocchia. Non so perché mi interessasse tanto. Forse il fatto era che mi era sembrato... che parlassero di me, ecco. E questa cosa mi piaceva e non mi piaceva allo stesso tempo.
Dopo un po’ si rimise in posizione normale, sedendosi, stranamente senza oscillare, e si mise ad osservare la visuale della città che si aveva dalla finestra del balcone, aperta. Ci fu uno strano silenzio, che durò per pochi secondi, poi rispondendomi riprese a ridere.
-No, no no! Non ci provare Eddy Rosso! – sentenziò muovendo il dito in segno di diniego proprio davanti al mio naso, anche se non so come ci riuscisse visto che mi dava le spalle - Sono cose da ragazze.
La situazione, messa così, cominciava a preoccuparmi, così mi buttai sull’ironia.
- Anche io sono una ragazza, non lo sapevi? – dissi fingendo una voce femminile e ruotandola verso di me; lei aveva ancora gli occhioni spalancati di qualche minuto prima.
- Questo non ti rende necessariamente degna di avere accesso alla risposta, Eduarda. – mi rispose lei trasformandosi per un momento in una perfetta insegnante modalità interrogazione. Io, però, non avevo intenzione di rimanere nel dubbio su tutto il resto, così passai alla seconda domanda.
- E quel tuo strano comportamento durante 22? Quello me lo puoi spiegare? – le domadai; lei a quel punto mi guardò perplessa, poi scoppiò a ridere. Nel giro di poco si ributtò sul letto e cominciò ad agitare le gambe come se le avessi raccontato la barzelletta più divertente del mondo. Arrivò addirittura a mettersi le mani sulla pancia! Ma era davvero una domanda così stupida? Mi voltai, nel tentativo di renderla meno idiota e di darle una spiegazione, quando lei, inaspettatamente, riuscì a formulare una risposta.
- Ma quanto sarai cretino Ed! Davvero non l’hai capito? - sbottò, tra una risata e l'altra. Io decisi di andare sul sincero, ovvero triplicare la mia figura di merda, tanto domani sarebbe stata troppo intontita dalla sbornia per ricordaserlo... giusto?
- Sinceramente? No. Cioè, mi sono fatto un'idea, ma ovviamente sarà sbagliata. - arrancai. Involontariamente mi misi a fissarla in maniera strana, come se volessi a tutti costi che la risposta fosse la stessa che mi ero immaginato, ma che non avevo nemmeno il coraggio di pensare per intero.
Non pensare di sfuggirmi stupidone, tanto io so tutto lo stesso.” cinguettò Coscienza. Interrotto così bruscamente nel mio momento di panico mi venne voglia di strozzare quella vocina, poi mi ricordai che non esisteva.
DORMI.” le intimai. E lei sparì.
La bionda intanto continuava a non rispondere, anzi! Si mise a ridere anche più forte, se possibile, tanto che il letto si mise a cigolare, poi all’improvviso si calmò. E lì mi fece veramente paura.
- Ed – sbottò, facendomi prendere un colpo.
- Taylor - le dissi. Io ero ancora in ginocchio sul pavimento, poco distante dal punto in cui qualche minuto prima era lei. Mi sembrava di essere ancora più imbecille messo lì così, dunque mi alzai e mi sdraiai sul letto vicino a quella povera sciroccata della mia migliore amica. Non so con quale audacia, e molto serio in volto, mi voltai in modo da poterla guardare in faccia e la abbracciai. Lei, per tutta risposta, si fece piccola piccola tra le mie braccia e si appoggiò al mio petto, sorridendo. Rimanemmo così per un po’, quasi che il suo scatto di prima fosse stato un fischio per dire abbracciami, brutto stronzo. La chitarra era ancora appesa al suo collo, quindi praticamente la abbracciavo insieme a quell’ammasso di ossicini che era la sua proprietaria. Era piacevole quella sensazione, mi dava un che di familiare.
La stavo ancora tenendo tra le braccia quando, sottraendosi dalla mia stretta in modo da potermi guardare in faccia, e sfilandosi lo strumento dal collo per posarlo a terra, si mise seduta sul letto e mi invitò a fare lo stesso, strattonandomi. Poi riprese il discorso che aveva lasciato in sospeso in precedenza.
- Sono contenta che tu sia qui con me, stasera - mormorò, sorridendo dolce. I capelli le cadevano in faccia e aveva la frangetta sparata da tutte le parti. Dovetti resistere all'impulso di sistemargliela. Sembrava quasi tornata lucida … quasi, quegli occhioni sornioni infatti tradivano una sbronza nel pieno del suo circolo. Ridacchiai per quell’affettuosità così semplice e chiara.
- Anche io sono contento di essere qui con te - le risposi, sincero. Lei mi guardò come se fossi un completo idiota, e non ne compresi il motivo in quel momento: quello sguardo sembrava scavarmi dentro. Anche in quello stato sapeva mettermi in soggezione peggio di qualsiasi altra cosa. Tanto per ribadire che ero un completo imbecille, mi diede un buffetto sulla spalla. Poi, passandosi una mano tra i capelli che avevano ormai perso la piega, continuò a parlare.
- No, non hai capito – disse - Sono DAVVERO CONTENTA che TU sia qui con me. Che tu ci sia. Che ci sia tu e non qualcun altro. Non so se mi sono spiegata.
Io rimasi di sasso, ma ci pensò Coscienza a farmi riprendere.
Sì che si è spiegata! Deficiente!” urlò “Metti in attivo quei due neuroni che hai, su!”
In tutto il tempo che abitava nella mia testa non l’avevo mai sentita sbraitare così. Ero forse diventato il peggior cretino del mondo in una sera? Non sapendo che strada intraprendere, ancora una volta optai per la sincerità.
- Non molto - borbottai. Poi l’istinto prese il sopravvento e allungai la mano per spostarle qualche ciuffo dietro l'orecchio. Lei sorrise e arrossì.
- È che... - esitò.
La mia mano ancora indugiava tra i suoi capelli. Il mio sguardo serio di prima non era mutato di una virgola. Volevo sapere se avevo ragione.
Ne avevo bisogno.
Dovevo sapere se stavo per rovinare tutto o no. Senza pensarci tanto, la feci scorrere fino al suo collo, accarezzandole lo zigomo con le dita. Lei rabbrividì, e si avvicinò un po' a me.
Lei ti è accanto, se ne sta seduta lì, non sa cosa dire maaaaa i suoi occhi ti parlano, e tu lo sai che vorresti darle un bacio; e allora bacialaaaaaaaaa!” gridò Coscienza, cantando la canzone dalla Sirenetta. Certo che aveva un tempismo perfetto. Ma chissà perchè, riuscii ad ignorarla meglio del solito. Con uno scatto, avvicinai Taylor a me, tanto che la feci sussultare e sospirare. Appoggiai la fronte alla sua e chiusi gli occhi. Sapevo che lei aveva fatto lo stesso. Il pensiero “stai per baciare la tua migliore amica, idiota” lampeggiò nella mia testa, ma anche questa riuscii ad ignorarla benissimo. Allungai anche l'altra mano e le accarezzai una guancia, facendola sussultare di nuovo, e poi feci scivolare anche quella lungo il suo collo. Lei sospirò di nuovo. Sapeva di alcool.
- Ed... - mi chiamò, preoccupata.
- Shh, Tay. Va tutto bene - la tranquillizzai. Va tutto bene. Più che bene.
Dai Ed! Fai diventare realtà quell’immaginetta di prim…”. La zittii senza troppe manovre, rilegandola negli scompartimenti più profondi del mio cervello.
Mi chinai appena e le baciai la guancia, con una delicatezza che non sapevo nemmeno di avere. Ma con Taylor mi veniva naturale, era come una bambola di porcellana. Fragile, e bellissima.
- Ed, io... - provò di nuovo lei, ma io la zittii di nuovo, baciandole l'altra guancia con la stessa tenerezza. Stavo giocando con lei. Mi piaceva sentirla sussultare ad ogni tocco.
-Devi rispondermi, lo sai. – le dissi sussurrando, avevo paura che a dirlo troppo forte si rompesse qualcosa tanta era la fragilità di quell’istante. Adesso non aveva scampo e, in ogni caso, non sembrava voler sfuggire. Si era avvicinata anche lei, instintivamente.
Finalmente, mi avvicinai alle sue labbra, che erano appena dischiuse. Ora che c'ero così vicino, mi rendevo conto di quanto le avessi agognate. Volevo baciarla. Lo volevo davvero, ma davvero tanto...
- UNA STELLA CADENTE! - strillò all'improvviso, facendomi venire un infarto. Mi allontanai da lei con uno scatto, e lei ne approfittò per sfuggire. Mentre io ero ancora disteso sul letto, paonazzo e in preda ad una crisi isterica, lei si era già precipitata fuori, sul balcone della stanza, che dava un'ottima veduta di Las Vegas, ed indicava il cielo saltellando.
- Ed! Ed! Guarda! La vedi? – strillò, rivolgendo gli occhi al cielo.
L'unica cosa che vedevo era la figura di merda che avevo appena fatto, in replay costante nella mia testa. Scesi dal letto con cautela; mi sentivo le gambe molli, e contrassegnai questa come la risposta alla mia domanda. La scritta “IDIOTA” tornò a troneggiare nella mia mente.
Piano piano la raggiunsi e guardai il punto che mi stava indicando. Io non vedevo un bel niente, in realtà, ma questo non la placò.
- Hai espresso un desiderio? Si fa così, con le stelle cadenti! - mi informò tornando in modalità professoressa, come se già non lo sapessi.
- Tay, non vedo un bel niente, giusto per informazione - chiarii. Il mio tono era acidità pura, ma era comprensibile. Il suo modo di interrompere quello che stava succedendo era stato uno dei peggiori che potesse trovare. Però era una chiara e lampante risposta, questo c’era da ammetterlo. Lei mi guardò avvilita, per poi rispondermi a tono con un “Guastafeste”, e si appoggiò alla ringhiera.
La situazione stava diventando imbarazzante, e all’improvviso mi accorsi che praticamente non avevo più niente da dirle. Decisi di tornarmene in camera a smaltire la tremarella che minacciava di incombere al più presto ma non feci però in tempo a dirle che me ne stavo andando che lei si voltò di scatto e mi si buttò al collo, stringendomi forte. La sentivo tremare. C’era sentore di allarme nell’aria, la cosa non mi piaceva affatto.
- Non vuoi sapere che cos’ho desiderato? – mi fece esultante, ma aveva un qualcosa di strano quella voce, e mi ricordava fin troppo bene quella di quando mi era scoppiata a piangere tra le braccia, qualche giorno prima. Decisi di non dirle niente di diretto, questa volta. Mi limitai così ad alleggerire l’atmosfera.
- Se me lo dici non si avvera, lo sai no? – le risposi rispondendo all’abbraccio e cercando di sistemarle i capelli, lisciandoli dolcemente. Poi lei crollò. Così, senza che io le avessi domandato niente, il che mi fece venire in mente che magari lei avebbe voluto sincerità in quel momento, e io non gliel’avevo data. I suoi occhi erano pieni di lacrime e finirono per cedere proprio sulle mie spalle.
Oh, no. Non di nuovo.” Deglutii. Ancora una volta mi sentivo in colpa.
- Taylor...
- No Ed, tranquillo, va tutto bene. - disse. Si stropicciò gli occhi e si allontanò da me, scostandomi non solo in senso fisico. Chiuse nuovamente la sua mente, in modo che non potessi entrarci, e mi scansò per tornare in camera.
- No non va bene, stai piangendo - feci, rientrando subito dopo di lei. Si era fermata nel mezzo della stanza, e si era stretta con le braccia, come se avesse freddo.
- Ed. Ti ho detto che va tutto bene. Ora passa. - sbottò, acida, dandomi le spalle. Non ci avrei creduto nemmeno tra un milione di anni, perciò la afferrai per un braccio e la feci voltare. Le lacrime adesso le avevano inondato le guance, e stava singhiozzando. Tremava ancora. Io la fissai cercando di capirci qualcosa, ma non capii niente. Scostava lo sguardo, non voleva che le leggessi negli occhi la verità. - Cosa c'è che non va? Mi sembravi felice, prima - mormorai, accarezzandole i capelli per poi abbracciarla - Insomma, hai fatto incetta di premi, e adesso stiamo passando una bella serata... – A parte la mia figura di prima sul letto.
- Lo so, lo so - singhiozzò al mio orecchio. - È che... forse ho esagerato, stasera.
La allontanai, in modo che potesse vedere il mio sguardo interrogativo.
- Con tutte quelle provocazioni. La maglietta, il discorso di ringraziamento, come ho sviato la domanda sul Milestone Award... - borbottò. Quest'ultima non la sapevo, quindi le riproposi lo stesso sguardo. Lei scosse la testa. - Niente, mi hanno chiesto cosa ne pensavo del fatto che Justin avesse vinto al posto mio, ed ho chiesto se potevano fare un'altra domanda. Ma non è questo il punto - fece, appoggiando la testa sulla mia spalla - Ho cercato di dimostrare che non mi importa. Che non mi importa dei commenti, dei tweet minacciosi, degli insulti. Ma non è vero, Ed, non è vero. Mi importa cosa pensa la gente di me. E mi fa male, cavolo. Mi fa tanto male.
- Ti hanno minacciata di nuovo? - chiesi, sorpreso. Non potevo crederci, pensavo che la cosa stesse passando, piano piano. Lei non rispose subito, ma abbassò lo sguardo. Sembrava volersi rituffare tra le mie braccia, ma volevo vederla in viso, quindi non glielo permisi.
- Ho trovato dei commenti abbastanza acidi sul mio comportamento di stasera. – Dio, avrei voluto strozzarla adesso. Perché continuava a guardare quelle cose? Nel frattempo, però, aveva smesso di tremare.
- Dovresti lasciar perdere le menzioni di Twitter. – dissi dando voce al mio pensiero.
- Lo so, Ed, lo so – ripeté per l'ennesima volta. - Ma ci sono anche persone che mi amano, là fuori, e non posso semplicemente ignorarle.
- Ma le minacce sorpassano i tweet dei tuoi fans, giusto?
Annuì.
Avevo voglia di scuoterla come un paio di maracas e farla tornare in sé.
- Tu non meriti questo, Taylor! - le dissi, forse con più enfasi di quella che dovevo metterci perché lei mi allontanò con uno scatto … e nel frattempo aveva ripreso a tremare e a singhiozzare.
- E chi lo dice?! - mi gridò addosso, acida - Chi lo dice, eh Ed? Magari hanno ragione. Anzi, hanno ragione, e basta. – poi si voltò e fece per avventarsi contro le bottiglie di birra, vuote, adagiate sulla scrivania; probabilmente le avrebbe lanciate contro il muro o roba del genere, se non l'avessi fermata, bloccandola da dietro e facendola voltare. Questa volta non contrastai l’impulso e la scossi, tenendo le mani ben salde sulle sue spalle.
- Non le pensare nemmeno queste cose! Non farlo! – le sbottai, forse con un tono più rude del dovuto; per tutta risposta lei piantò i suoi pugni sul mio petto, nel tentativo di allontanarmi.
- Stammi lontano, Ed! Tu non puoi capire! – singhiozzò mentre tentava di scansarmi, ma io la tenevo molto, molto stretta. - Tu sei mio amico! E adesso tra noi va tutto bene, no? Tu mi vuoi bene e mi proteggi dagli insulti, ma cosa succederà se un giorno litigheremo, eh, Ed? Ci hai mai pensato? – strillò, ormai furibonda. Si agitava per allonarmi ma io non la lasciavo. La strinsi ancora di più e in quel momento lasciò cadere la sua testa sulla mia spalla; pensai che si stesse calmando, ma non era così - Cosa succederà se scriverò una canzone su di te? – riprese a voce più bassa, ma piena di paura. – Mi odierai anche tu, come già fanno tutti. – e fu in quel momento che mi tornò in mente la scena di quella sera, quando aveva concluso la canzone guardandomi fissa. Aveva detto “I gotta have you”. E allora capii che avevo ragione.
La allontanai da me per piantarle gli occhi addosso, come avevo fatto prima, sul letto, deciso a farle capire che lei mi aveva già. E che non avevo intenzione di andare da nessuna parte.
- Perché dici tutto questo? – le chiesi affranto - Taylor, ti puoi convincere del fatto che non succederà mai? Mi faceva male vedere che lei aveva così tanta paura di perdermi. Eppure mi sembrava di averle dimostrato quanto tenevo a lei. - Io non riuscirei mai ad odiarti, nemmeno tra milioni di anni, nemmeno se scrivessi una canzone su di me. – le dissi, convinto; lei mi guardò, gli occhi azzurri pieni di lacrime che non riusciva a trattenere.
- Non lo puoi sapere, Ed. – sibilò piena di paura , di rabbia e di risentimento. - Non lo puoi semplicemente sapere. Anche con i miei ex era così. Andava tutto bene, poi mi hanno lasciata, o comunque è finita, ho scritto una canzone, e mi odiano. Mi detestano più di ogni altra cosa al mondo. E tu … - non riuscì a finire la frase perché le parlai sopra, sbottando. Come poteva paragonarmi a loro?
- Io non sono un tuo ex, Taylor!esplosi guardandola negli occhi, ma nemmeno quello sembrò calmarla, o convincerla … i suoi occhi, infatti, si piantarono sul pavimento, per niente decisi a guardarmi in faccia.
Preso dalla disperazione, e sperando che almeno questo riuscisse a convincerla, le sollevai il mento con una mano, costringendola a fissarmi. Poi mi allontanai un po', arrotolando la manica del maglione per farle vedere il tatuaggio che mi ero fatto, quello con il nome del suo album. - Ricordi questo? – le dissi - L'ho fatto per farti capire che non ti abbandonerò. – la mia voce adesso aveva una sfumatura strana, quasi di delusione. - Non sono uno dei tuoi fottuti ex, Taylor! Sono il tuo migliore amico. Sono Ed. E non sono come loro, io ti voglio bene veramente!
Lei mi fissò il braccio, gli occhi spenti e rossi di pianto. Le lacrime scorrevano sulle sue guance senza sosta. Non ce l’avevo fatta neanche stavolta. Mi avvicinai di nuovo a lei, con cautela, per paura che mi respingesse di nuovo, cercando almeno di calmarla.
- Scusa - singhiozzò. - Scusa. È che è così difficile. Certi giorni mi sembra che mi cada tutto addosso. Mi sembra che tutto questo non ne sia valso per nulla la pena. È come se tutti volessero giocarsi a dadi la mia vita … mi sento vittima di qualcosa più grande di me. E non riesco a reagire come vorrei Ed … non ci riesco. Sto diventando come in The Lucky One.
Purtroppo, riuscivo a capirla. Era facile vedere il mondo dello spettacolo come un paradiso quando non ne facevi parte. E lei era nel business da più tempo di me, e aveva dovuto sopportare più batoste di me. E spesso le persone si dimenticavano che era umana. Una superstar, sì, ma pur sempre umana.
La conoscevo da un anno e nel giro di pochi mesi l'avevo vista piangere tre volte. Sempre perché il suo stesso mondo, che prima l'aveva portata all'apice, le pesava addosso come un macigno. Ma doveva convincersi del fatto che non era tutto così nero. E io dovevo riuscire a farglielo capire, feci così un ultimo tentativo. La parte finale della sua esibizione continuava a ripetersi nella mia testa all’infinito, come un cortometraggio in replay.
I gotta have you.
Mi aveva fatto capire che aveva bisogno di me, ed io ero l'unico che poteva dimostrarle che si stava sbagliando.
- Taylor ti prego, guardami negli occhi, e convinciti delle mie parole. Per davvero, questa volta – le mormorai, prendendola per le spalle; non sarebbe scappata, non questa volta.
Lei puntò i suoi occhi blu nei miei, mentre altre lacrime le scivolavano giù. - Tu. Tu sei una persona stupenda. Sei talentuosa, sei dolce, sei gentile, fin troppo a volte. Sei divertente, sei svampita, sei determinata. Io ti conosco Tay, so chi sei veramente. E sei tutte queste cose, e molto di più. Non lasciare che persone che non sanno chi sei ti buttino giù, perché quelle che ti amano, ti conoscono. Sei vittima del tuo stesso mondo, è vero, lo siamo tutti. Ma ti prego, non dire più quelle cose. Non meriti questo. E sei bella, Taylor. Sei bellissima, sei radiosa, sei semplicemente … la donna più bella che io abbia mai visto.
Detto questo, una coltre di silenzio riempì la stanza, ci ricoprì completamente e ci lasciò senza fiato. Gliel'avevo detto, le avevo detto quello che pensavo di lei. E adesso mi sentivo schiacciare dalle mie stesse parole, come se avessi dovuto rimangiarmele, mentre lei mi fissava spalancando gli occhi. Tra l'effetto dell'alcool e il pianto, erano diventati enormi, e mi sentivo sovrastare da quello sguardo blu, blu come il cielo fuori. Ma il fatto era che non avrei voluto rimangiarmi niente di quello che avevo detto, volevo farlo da tanto, tantissimo tempo.
Lei mi fissava, cercando di assimilare il tutto. Ma io non mi mossi di lì. Allungai una mano per asciugarle le lacrime, che avevano filamente smesso di scendere e poi azzardai una carezza al suo zigomo. Di nuovo, lei si fece tesa e sembrò pietrificarsi davanti al mio sguardo.
Ma questa volta non sarebbe scappata.
Nessuna stella cadente, crisi di pianto o stupida voce nella mia testa me lo avrebbe impedito.
Perciò, non esitai. Feci scivolare il mio braccio intorno al suo fianco, accarezzando la stoffa della sua maglietta, e poi la strinsi, in modo da avvicinarla con uno scatto deciso. Lei sembrò irrigidirsi ancora di più, ma non si spostò, e questo mi incoraggiò ad andare avanti. Appoggiai la mano sul suo collo e avvicinai di nuovo la sua fronte alla mia, come avevo fatto prima.
Eravamo esattamente allo stesso punto in cui lei era sguisciata via, prima, attratta da una fantomatica stella cadente.
I miei occhi la inchiodavano, così come le mie braccia. E non sarebbe fuggita via stavolta.
Stava per dirmi qualcosa per fermarmi, ma io fui più rapido e la baciai. Non esitai, non feci giochetti; l'avrei resa solo più nervosa e sarebbe scappata di nuovo. Così, d’impeto e d’impulso. Senza lasciare spazio a inutili ragionamenti. Posai le labbra sulle sue e la baciai come se fosse l'ultima cosa che facevo su quella terra.
Le sue labbra erano proprio come le avevo sempre immaginate - tra cui anche quella volta a Disney World, quando lei aveva cominciato a scrivere la mia nuova canzone -, morbide e carnose. E, strano a dirsi, sapevano di pesche. Già, anche loro. Mi resi conto di volerlo fare da tanto, troppo tempo, e mi pentii di aver esitato così a lungo perché, ne stava valendo veramente la pena.
Non mi ero nemmeno accorto della resistenza che stava facendo per cercare di staccarsi, seppur debolmente, come se non ci credesse nemmeno lei. Aveva le mani sulle mie braccia, strette intorno ai suoi fianchi, e sembrava che volesse separarsi dal mio abbraccio. Allora cominciai a temere di aver fatto la cosa sbagliata. Forse non era questo che voleva. Stavo quasi per allontanarmi, pronto a morire nella mia vergogna, quando mi accorsi di aver scambiato per resistenza quella che resistenza non era. Contro ogni mio pensiero, Taylor cercò di avvicinarsi ancora di più a me, invitandomi a stringerla maggiormente. Quando lo feci, la sentii sorridere contro le mie labbra e le sue braccia stringersi intorno al mio collo, come avevano fatto tante volte prima d'ora, eppure in modo diverso, con dolcezza e con un po' di esitazione. E questa fu la risposta definitiva alla mia domanda.

Sì, lo voleva anche lei.
Non ero mai stato così felice.
Ci separammo dopo qualche istante, continuando a tenerci stretti e senza alcuna intenzione di mollarci. Ci guardammo negli occhi e per me fu come se la vedessi per la prima volta. Mi sembrò una specie di angelo. E, cavolo. L'avevo baciata. Avevo baciato la mia migliore amica. Ed era stato incredibile.
In quel momento, lei scoppiò a ridere, e io la seguii.
Tutta l'ansia, tutta la tensione che si era creata tra noi negli ultimi mesi, sembrava così ridicola adesso. Era stato così semplice, alla fine.
- Non ci posso credere che mi hai baciata. Finalmente. - mormorò, appoggiando la testa sulla mia spalla. L'aveva già fatto tante volte, ma adesso sembrava diverso. Più nostro.
- Hey, guarda, che anche tu possiedi il libero arbitrio – scherzai, per poi intonare un semplice semplice “I gotta have youuu”. Non avevo la potenza per farlo tutto pieno di fronzoli come lei, ma il messaggio arrivò chiaro e tondo lo stesso. Sobbalzò davanti a quell’atto di audacia, probabilmente non se lo aspettava, ma non si lasciò turbare. Alzò di scatto la testa e mi baciò di nuovo.
In quel momento fu come se non ci fossero mai state bottiglie di birra o crisi di pianto.
Sembrava lucidissima.
E, Dio, era fantastica.
Mi diede un bacio a stampo.
Poi un altro.
Poi un altro ancora.
Finché non mi intontì con quei baci.
Sentirla così vicina, così mia, mi fece venire i brividi lungo la schiena. Sapevo come sarebbe finita, la tensione stava montando, più forte di prima, e diversa.
Dovevo smettere di ragionare di testa, non mi serviva a niente. E lei … lei lo stava praticamente urlando. Stava rispondendo anche questa volta. Ed era come se fossimo tornati i soliti Ed e Taylor; ci capivamo senza bisogno di parole.
D'istinto le sollevai la maglietta. Lei sorrise di nuovo, senza smettere di baciarmi, ed alzò le braccia, in modo che la potessi sfilare.
Mi staccai un secondo per guardarla. Era così dannatamente bella che mi toglieva il fiato.
Lei non disse niente, piantò solo i suoi occhi nei miei. Lo voleva anche lei, forse anche più di me. Così mi avvicinai di nuovo alle sue labbra e la baciai con trasporto, come se non aspettassi altro da una vita intera … che poi effettivamente era vero. Dio se era vero.
Lei, tremando leggermente, pose le sue mani sul mio maglione per togliermelo, e io l’aiutai.
Buttai l'indumento in un angolo.
Poi mi piegai e la presi in braccio e indugiai per un solo, flebile secondo.
Fu la voce di Coscienza a togliermi ogni remora: “Ed, buttati.” diceva amichevole. Ed io mi buttai.
La adagiai sul letto con delicatezza, strisciai sopra di lei e ricominciai a baciarla, e fu come se non lo avessi mai fatto prima. Tutto con lei sapeva di prima volta, anche se non lo era affatto.
Avevo baciato prima di lei.
Avevo fatto l’amore prima di lei.
Ma non c’era niente che si fosse potuto paragonare a questo.
E io non volevo altro se non lei, il suo corpo, e tutto quello che stava succedendo in quel momento.

Angolo Autrici
Buongiorno cari lettori! Sì, lo sappiamo che ci siete, anche se non recensite (sfaticati!). Per questo eccovi il nono capitolo (NOOOONOOOO) che sarà sicuramente uno dei miei preferiti di sempre.
La cosa che mi piace, oltre al fatto CHE CAUSA UN'ESPLOSIONE DI FEELINGS DI PROPRORZIONI IMMANI, è che è un perfetto mix di me e Arianna. C'è un po' di suo e un po' di mio, e vi giuro che non sarebbe stato lo stesso se non fosse stato così. E' bello scrivere insieme a lei, perchè siamo una bella squadra. Quando io non ho idee ne ha lei e viceversa, ed ognuna migliora i difetti dell'altra. Sono fortunata ad averla nella mia vita.
Ma non voglio tediarvi oltre con tante smancerie. Spero che il capitolo vi sia piaciuto - SE NON E' COSI' VI UCCIDO PERCHE', OMG, SWEERAN FEELINGS.
Al prossimo capitolo!
L.
P.S. L'immagine in cima l'ho fatta io, vi piace? La canzone è Arms, di Christina Perri, una canzone stupenda a mio parere <3 BUON FANGIRLING :3



  
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