Anime & Manga > Suzumiya Haruhi no yūutsu
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Autore: AsanoLight    25/07/2013    0 recensioni
«Rispondimi, Kyorosuke. Non te lo chiederò un'altra volta», il tono di voce di Itsuki si faceva sempre più basso, sempre più seducente e mascolino, in terribile contraddizione con quel ridicolo costume da coniglietta che si ritrovava addosso, «Se Suzumiya Haruhi ti chiedesse di frequentarvi e divenire una coppia, tu lo faresti? Ma, soprattutto, per chi lo faresti? Per te stesso, perché saresti in fondo anche te felice di averla come ragazza, o per noi, perché temi che rifiutando possa verificarsi un cataclisma?»
[ Itsuki x Kyon ]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Itsuki Koizumi, Kyon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Suzumiya Haruhi, eh?».
 
Itsuki lo guardava con un’occhiata stranamente interessata che tuttavia tradiva impazienza. Si sedette al tavolo della stanza del Club di Letteratura, che da tempo immemore utilizzavano come sede della Brigata SOS e che, casualmente, quel giorno era completamente vuota. Fuori dalla finestra si poteva ammirare il cortile della scuola, completamente ricoperto dalla neve. Piccoli fiocchi bianchi, come lacrime divine, cadevano dal cielo ed accarezzavano il terreno prima di depositarvisi sopra.
Kyon li guardò per qualche istante, perdendosi in quella magica atmosfera, dimenticandosi perfino del freddo che sentiva, nonostante avesse avuto ancora indosso la sua sciarpa blu a strisce azzurre e quel monocromatico giaccone verde scuro che, a detta di Koizumi, aveva lo stesso colore di un lucertolone.
Si sedette di fronte a lui a braccia conserte, rifilandogli una fredda e distante occhiata: «Lo psicologo di Haruhi sei tu, non io; penso di avertelo ripetuto centinaia di volte oramai. Dunque risparmiami quelle occhiate confuse ogni volta che ti chiedo spiegazioni. Possibile tu non abbia ancora fatto caso all’ambiguità di questa situazione? E’ la terza volta che disdice i nostri usuali incontri qui al Club. Non riesco proprio a capire cosa le stia passando per la testa».
«Oi, l’amore~», ironizzò il compagno gesticolando con le mani in un sorriso di provocazione. Il moro sbuffò alzandogli occhi al soffitto, vinto dall’espressione di Itsuki: «Non ricomincerai con questi discorsoni che non hanno né capo né coda, vero…?».
«Perché no?», ribatté l’altro facendo spallucce, come se la questione non lo riguardasse minimamente, «Dovresti tenerla bene a mente come ipotesi, invece. D’altronde, San Valentino è alle porte. Non ti dovresti meravigliare dell’idea che anche lei abbia improvvisamente deciso di farti un qualche regalo».
 
«Sei irritante».
 
Kyon si grattò la nuca perplesso. Non voleva pensare di piacere ad Haruhi. Se così fosse stato, si sarebbero potuti generare una marea di problemi. Solo l’idea di averla come amante –oltretutto- lo atterriva e non poco. In fondo, la Suzumiya era dispotica, insolente, poco rispettosa e non teneva mai conto delle opinioni di nessuno. Una persona del genere, più che farsi amare si sarebbe fatta detestare sin dal primo istante. Si rialzò dalla seggiola, accese il riscaldamento e gettò la sciarpa ed il cappotto sopra la borsa, che aveva appoggiato a terra non appena aveva fatto il suo ingresso nella stanza. Presto il calore lo avrebbe abbracciato e non si sarebbe più sentito le dita delle mani e dei piedi intorpidite. Odiava quella sensazione. Itsuki era ancora seduto lì, davanti a lui, con i gomiti poggiati sul tavolo e la mano che gli sorreggeva il mento, mentre sfoggiava un pacifico ed arcaico sorriso, lo stesso che avrebbe chi ha trovato la pace interiore. Kyon sbuffò ancora rimettendosi seduto davanti a lui e guardandolo disinteressato.
«E tu, Koizumi?», gli domandò d’un tratto portandosi, annoiato, entrambe le mani dietro la nuca in un poco contenuto sbadiglio, «Tu non hai organizzato nulla per il quattordici?». Il compagno si destò, per un attimo ebbe un cedimento e le sue gote divennero più rosee del solito: «Diciamo che non ho architettato niente di speciale». «Su, non è il caso di stare qui a raccontarci menzogne», lo incitò Kyon in un sospiro passandosi una mano tra i capelli, «Io e te ci conosciamo da più di un anno oramai. Se hai una ragazza, puoi dirmelo tranquillamente senza vergognartene. Con me, sei in una botte di ferro». Itsuki sospirò. Lanciò un’occhiata al suo orologio, che segnava le quattro e qualche minuto del pomeriggio e sorrise, questa volta turbato, senza sapere effettivamente cosa dire. La neve, fuori dalla finestra, continuava a scendere lenta, con un ritmo che pareva tuttavia cadenzato. Si alzò dalla sedia senza proferire parola, restando taciturno e preparò del tè caldo, mansione che, di consuetudine, spettava ad Asahina. Ma Mikuru quel giorno era stata rapita da Haruhi, portata chissà dove assieme a Nagato. Non poteva non abbandonarsi al pensiero che tutte e tre fossero andate a scegliere i cioccolatini che avrebbero dovuto fare come regalo a San Valentino. Da una parte, non poteva nemmeno negare a se stesso di provare una certa invidia nei loro confronti. Servì due tazze bollenti su un vassoio di ceramica e lo poggiò sul tavolo.

«Bevi, Kyon», gli disse dipingendosi una solare espressione in volto, «Così non sentirai freddo». «Non mi hai ancora risposto», lo importunò il compagno con tono stavolta più serio, allungando una mano verso il tè, «Ce l’hai la ragazza te, Koizumi, vero?». Restò in silenzio, pensieroso, indeciso sulla risposta da dare. «Devo pensarci», si limitò a commentare, con lo sguardo puntato verso la finestra, senza scrutare tuttavia i dettagli del cortile della scuola. Il compagno si portò un palmo alla fronte in un sospiro rassegnato: «Come sarebbe a dire che ‘devi pensarci?’. Si tratta di rispondere di sì o di no». «Sto meditando su come mi convenga maggiormente risponderti», ironizzò questo con tono dubbio e perplesso, «Se ti dicessi di sì, saresti invidioso?». «Di cosa dovrei essere invidioso?», chiese Kyon inarcando un sopracciglio, «Sarebbe anche normale, per uno come te. Sei un bel ragazzo, alto ed eccelli in tutte le materie. Ti mostri gentile, cortese e sorridi sempre. Potresti essere il loro idolo». «Potrei essere anche il tuo», aggiunse l’Esper in un’occhiata innocente ma divertita, mentre corrucciava la fronte in una maniera a dir poco adorabile, come un cucciolo quando chiede attenzioni. Ma Kyon non cadde per quello sguardo e lo riprese immediatamente all’udire di quelle parole.

«Sparati», bofonchiò, «Come se tu già non lo sapessi che queste battute da quattro soldi non attaccano con me». «Adesso chi è l’invidioso?», domandò Koizumi in un divertito sorriso, sporgendosi dal banco fino ad invadere quello esattamente di fronte a lui del compagno, «Non mi dirai che invidi la mia popolarità?». «Da quando ti abbassi a fare questi discorsi stupidi? Solitamente stai sempre lì a gesticolare e blaterare di dimensioni spazio-tempo che sono state per l’ennesima volta alternate, viaggi nel tempo, teorie matematiche...», Kyon gli rispondeva con tono piuttosto risentito, «Oggi invece parli come se tu non fossi nemmeno più parte della tua famigerata ‘Organizzazione’. Sembra che abbiano invertito il tuo cervello con quello di un liceale medio qualunque». «Perdonami allora. Cercherò di evitare questo genere di discorsi allora», «Te ne sono grato», «D’altronde a te basta essere speciale solo ai ‘suoi’ occhi. Del resto te ne disinteressi completamente». Il moro aggrottò le sopracciglia e piantò un palmo in fronte a Koizumi rispedendolo indietro nel suo banco non appena vide i suoi spazi venire invasi. «Vuoi smetterla di portare avanti questa sciocca storia di Haruhi?», biascicò con le labbra in un tono piuttosto risentito, «Qui l’unico ad essere convinto che quella ragazzina sia innamorata di me, sei tu. Davvero, se non ti conoscessi così bene, potrei perfino pensare che tu sia geloso di lei».

Sorseggiò un goccio di bollente tè caldo ed alitò nella calda tazza facendo sollevare una nube di bianco vapore. Non sapeva dire come si sentiva ogni qualvolta si trovava da solo con Koizumi. Certe volte provava disagio e gli veniva spontaneo tacere ed ascoltare cosa quest’ultimo avesse da raccontargli a proposito della sua ‘Organizzazione’ o delle sue previsioni sui comportamenti di Haruhi e l’evolversi della situazione talvolta invece gli capitava di divertirsi davvero in sua presenza. Si mettevano seduti l’uno di fronte all’altro e cominciavano a giocare, ora a scacchi, ora a dama, ora a carte. Aveva notato spesso quanto Koizumi rimanesse ambiguo nei suoi comportamenti e, al contempo, si era reso conto malvolentieri che era l’unico a conoscere quel lato dell’amico. Non lo incoraggiava certo. Tirò un profondo sospiro e chiuse gli occhi. Pensare e rimuginare era inutile. Non aveva senso darsi tanta pena per uno come lui. Era una persona estrosa, tutto qui. Un esper con qualche ambiguo complesso esistenziale ed un sacco di frustrazioni nascoste in fondo al cuore che cercava solo un po’ di comprensione ed attenzione.
 
«Kyon».
La sua voce lo richiamò.
 
Probabilmente se ne sarebbe riuscito con qualche altra sciocca teoria su Haruhi o, forse, se era proprio in vena di provocarlo, avrebbe ripreso il discorso che avevano precedentemente lasciato in sospeso. «Cosa c’è Koi-!». «Come mi sta?». Non osava vedere. Non ne aveva il coraggio. Koizumi non si era davvero spogliato dietro la lavagna e non ne era uscito con il costume da coniglietta che indossava solitamente Asahina. Se era successo veramente, doveva per forza di cosa essere accaduto in qualche ambiguo sogno privo di senso e, presto o tardi, si sarebbe dovuto risvegliare nella sua camera tutto sudato dalla paura. Sua sorella sarebbe entrata come al solito al suonare della sua sveglia, gli avrebbe tirato le coperte facendolo rotolare giù dal letto ancora imbacuccato ed avrebbe raccolto Shamisen portandolo poi con sé in cucina all’urlo di “Shami~ Colazione!”. Si diede un colpetto alla guancia. Non era possibile. Era la realtà, lo era indubbiamente. E ciò non lo rincuorava affatto.
 
«K-Koizumi», balbettò arrossendo imbarazzato, «Vorresti cortesemente spiegarmi cosa significa tutto ciò?!». Si sentiva terribilmente d’impaccio. Itsuki non era solamente ridicolo in quel costume uscito da una rivista di 'Playboy' –se lo fosse stato, Kyon si sarebbe potuto abbandonare ad una liberatoria risata e schernirlo- quanto più, per alcuni versi gli pareva perfino carino. Scosse la testa e si portò una mano davanti alla bocca per nascondere il rossore delle guance. Non si stava eccitando per Koizumi. Piuttosto, gli suonava più plausibile ammettere che quell’outfit gli ricordava vagamente Asahina dunque vedere qualcuno con quei vestiti indosso gli suscitava quelle sensazioni. L’altro mantenne il suo solito ed innocente sorriso e gli si avvicinò prendendo tra le mani il vassoio poggiato sul banco. «Desidera altro tè, signore?», chiese cortesemente avvicinando il suo volto a quello del compagno. «L-Levati immediatamente questo costume, Koizumi. Sei imbarazzante». Le parole uscivano a stento dalla bocca di Kyon come se non le avesse intese veramente. Gli pareva davvero una ragazza, in quel bel costumino nero ed attillato. Certo, forse non aveva alcun seno da mettere in mostra e nel luogo in cui vi si sarebbe dovuta essere una piatta pianura spuntava invece un'ambigua protuberanza ma, stranamente, nonostante ciò Koizumi poteva perfino parergli provocante.
Non voleva certo svestirlo con lo sguardo ma, indirettamente, era l’azione che gli venne più spontanea, quella di guardarlo occhi penetranti, rosso come un peperone in faccia, abbandonandosi a fantasie proibite.
San Valentino? Haruhi? La Brigata SOS? Al diavolo tutto. Avere un’erezione per quel dannato Koizumi era disgustoso ed eccitante al contempo.
«Non sembri convinto Kyon», lo schernì il compagno appoggiando il vassoio sopra il tavolo ed avvinghiandoglisi alla nuca, prendendolo di spalle, «Non starai forse meditando su come ti convenga più comportarti, mi auguro. “Colgo l’occasione... o continuo a resistere...?”. E’ questo che sai pensando?». «Tch! Cosa diavolo ti passa per la mente?!», ribatté Kyon ribellandosi a quell'abbraccio, sussultando atterrito. Ebbe un tremito, gli si accapponò per un breve istante la pelle ma al contempo percepì altre parti del corpo divenirgli turgide: «Non so cosa possa averti dato l'impressione che io sia di 'quella' sponda ma qualunque cosa tu ora stia pensando su di me, toglitela immediatamente dalla testa!». Koizumi piegò le labbra compiaciuto ed ignorò le parole del compagno depositando sulla parte nuda del suo collo, ove la camicia non giungeva a coprire, un caldo e repentino bacio. Approfittando poi della sua sorpresa, lasciò scivolare la sua morbida lingua lungo la nuca di quest'ultimo. «K-Koizumi», gli rimproverò Kyon digrignando i denti, scosso da un piacevole brivido di piacere, lo percepì percorrergli ogni vertebra della schiena concentrandosi nei punti che il compagno leccava, «Metti immediatamente le tue sporche manacce giù da questo corpo!». «E' così scarsa l'opinione che hai di te stesso?», chiese triste Itsuki, «Ti consideri solo un corpo? Non credevo che l'essere manipolato come una marionetta da Suzumiya ti portasse a perdere tutta la tua autostima... Ma ti odi davvero tanto, ora come ora, non è forse vero? E' così difficile e faticoso conservare uno sguardo di disapprovazione davanti ad una tale opportunità. Sono tutti fuori, le lezioni sono finite da un po'... Chi potrebbe mai interromperci, se lo facessimo qui?». Kyon arrossì sempre più imbarazzato. Si rialzò improvvisamente dalla sedia e scansò con un non poco delicato schiaffo le mani dello studente, che in quell'istante gli stavano accarezzando la camicia all'altezza del petto. Si sistemò poi la cravatta ed espirò profondamente raccogliendo la borsa da terra e facendosi pronto a tornarsene a casa. «Quanto tipico», disse Itsuki portandosi una mano tra i capelli, sudati e spettinato, raccogliendo dal banco la sciarpa a strisce blu ed il giaccone, «Fuggire e dimenticarti delle cose più importanti. Ma vuoi veramente andartene così? Triste ed insoddisfatto?». Kyon continuò a dargli le spalle, stritolando nella propria mano le bretelle della borsa. Gli parve che l'aria dell'aula della Brigata SOS si fosse improvvisamente fatta più rarefatta e pesante. Gli gravava perfino respirare. Non voleva essere toccato da Koizumi ed in quel preciso istante non gli andava nemmeno di parlargli, quanto ancora perché aveva quell'imbarazzante costume addosso. Non era così disperato da abbassarsi al fare sesso con un uomo, 'lui' a maggior ragione. Certo, forse nemmeno avere una ragazza gli interessava -ammetteva di aver talvolta fantasticato su Asahina, ma rimanevano solo fantasie, non sarebbe mai stato capace di vederla come oggetto vero e proprio di desiderio sessuale- tanto meno osava pensare all'eventualità di divenire il compagno di vita di Haruhi; l'idea lo terrorizzava. Le parole di Koizumi restavano solo una presa in giro, magari un modo per scoprire di chi lui fosse effettivamente innamorato. Chissà che reazione si era aspettato, quando lo aveva messo davanti all'eventualità di diventare il 'Valentine' di Suzumiya...? Forse si immaginava un volto rosso dall'imbarazzo e parole spiccicate a stento accompagnate da un "Ma cosa stai dicendo? Sarebbe impossibile!". Sarebbe stata la soddisfazione più grande che gli avrebbe mai potuto dare. No, grazie. Non ci teneva a far felice Koizumi. Tanto meno aveva intenzione di mentirgli. Non c'era niente nel suo cuore per Haruhi, se non un grande sentimento di amicizia.
 
Itsuki gli strinse una mano bloccandolo e lo tirò contro di sé, approfittando del momento di spaesamento del compagno. La sua bocca semiaperta dallo stupore e dalla rapidità nella quale tutto avvenne si lasciò baciare dalle morbide labbra del ragazzo. Si aprì poi spontaneamente davanti alla sua presuntuosa lingua, che la scavava egoisticamente fino a raggiungerne le più profonde e remote cavità. Si staccò poi in un ansito dal moro, senza trattenere un gemito di piacere, senza pudore, noncurante che il suo costume lasciasse trasparire oramai completamente la sua erezione.
 
«Kyorosuke».
 
La sua voce lo chiamò con tono lagnoso, in un piacevole lamento. Ripudiò quel ridicolo nomignolo con il quale tutti  suoi compagni usavano apostrofarlo e predilesse il suo vero nome, quello che aveva saputo attraverso le varie indagini che aveva fatto su di lui l'anno precedente, in seguito al loro primo incontro.
 
«Kyorosuke».
 
Lo richiamò ancora una volta unendo il proprio respiro a quello del compagno, stringendogli con entrambe la mani la mascella e carezzandogli il retro delle orecchie: «Se Haruhi Suzumiya fosse veramente innamorata di te e ti chiedesse di uscirci insieme, tu cosa le risponderesti? Accetteresti?». «C-Che razza di-». Kyon si lasciò ancora una volta rubare il respiro da Koizumi, tremò in un fervore di eccitazione. «Rispondimi, Kyorosuke. Non te lo chiederò un'altra volta», il tono di voce di Itsuki si faceva sempre più basso, sempre più seducente e mascolino, in terribile contraddizione con quel ridicolo costume da coniglietta che si ritrovava addosso, «Se ti chiedesse di frequentarvi e divenire una coppia, tu lo faresti? Ma, soprattutto, per chi lo faresti? Per te stesso, perché saresti in fondo anche te felice di averla come ragazza, o per noi, perché temi che rifiutando possa verificarsi un cataclisma?».
 
«Lasciami andare!».
 
Kyon si staccò malvolentieri da quella bocca, Respirava ancora irregolarmente e guardava il compagno confuso. Non voleva sentire altro. Ne aveva davvero avuto abbastanza. C'erano stati tempi in cui aveva ripudiato la vita fuori dal comune della Brigata SOS, tempi in cui l'aveva amata, ma quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Per quella giornata aveva visto e sentito troppo. Si accarezzò con mani tremanti il labbro inferiore, ancora frastornato, cercando di recuperare la lucidità. L'aveva davvero baciato. Avrebbe preferito non averlo mai fatto, non essersi mai reso conto di quanto piacevole fosse stato unirsi a quelle labbra. Itsuki tirò un sospiro colmo di risentimento e delusione e sorrise. Non era una delle sue solite smorfie vivaci o pacate. Il Sole che usava illuminare il suo sorriso sembrava improvvisamente eclissato. Kyon sussultò. L'aveva ferito? Si portò una mano alla fronte sudata e si sistemò il cavallo dei pantaloni, sussultando non appena il tessuto strisciò contro la sua eccitazione. Non doveva farne un suo problema. Per i successivi dieci minuti, avrebbe avuto altro a cui pensare. Riprese la sua borsa tra le mani ed abbassò lo sguardo non appena vide il compagno sparire dietro la lavagna per cambiarsi d'abito.
«Ah, ah, sono proprio un idiota, eh?», ironizzò con voce mesta, forzando una risata mentre si riallacciava uno ad uno i bottoni della camicia, «Ti chiedo scusa. Puoi anche darmi un pugno in faccia, se vuoi, dopo quello che ti ho fatto».
Si riallacciò poi la rossa cravatta e se ne uscì imbarazzato con un'espressione impagabile in volto che Kyon mai aveva visto. Voleva tornarsene a casa. Lo voleva davvero. Ma, ancora di più, non vedeva l'ora di prenderlo a pugni come non aveva mai fatto. Poggiò la mano sulla maniglia della porta. Che soddisfazione avrebbe mai potuto ricavare dal menarlo? E poi, lui non era mai stato un tipo violento. Gli avevano insegnato sin da piccolo ad affrontare ogni situazione con diplomazia. Gli avevano detto di contare fino a dieci prima di parlare, di riflettere sulle proprie parole perché esse feriscono più delle spade. Facendogli del male non avrebbe risolto nulla. Quel bacio non sarebbe mai stato cancellato dalla sua memoria. Quello che era successo oramai non sarebbe più potuto cambiare. Non voleva farlo soffrire. Davvero, non lo voleva. «..lo». Itsuki si destò. Inclinò leggermente la testa e tirò un lembo della giacca del compagno spingendolo a voltarsi: «Hai detto qualcosa Ky-».
«Va al diavolo!», urlò più forte il compagno lasciando nuovamente cadere la sua borsa per terra, con gli occhi lucidi dalla collera, «Sono stufo di tutto questo trambusto per Suzumiya! Come se il destino dell'intera umanità dovesse dipendere da me, che sono un liceale qualunque! Sarò costretto a dirle di sì, eh? A mettermi con lei, incatenato a vita per evitare la catastrofe mondiale! Possibile che tu non possa vederlo, Koizumi?! Sono alle strette, ho l'acqua alla gola! Se un giorno volessi allontanarmi da lei, chissà cosa potrebbe mai accadermi...! E' facile per te, che guardi sempre tutto da distante, parlare. Se non fosse per l'Organizzazione', tu non avresti nulla a che fare con lei. Condurresti una vita normale e saresti felice. Ed invece, giorno dopo giorno, indovina chi deve correre dietro ai suoi capricci? I suoi sentimenti sono l'ultima cosa che desidero, dannazione». Itsuki corrucciò preoccupato la fronte e gli si avvicinò stringendolo in un abbraccio, soffocando un simpatico sorriso nella sua spalla, confidenziale e rassicurante. «Ma non sei da solo, giusto?», gli domandò stringendoglisi alle scapole, senza sciogliere quell'enorme contatto che infondeva calore in Kyon, «Siamo tutti sulla stessa barca. Lo so che è snervante, perfino uno come te sarebbe crollato prima o poi. Ma per questo ci sono anch'io. Ci sarò quando tu ne avrai bisogno. Ti ho fatto una promessa, giusto? Ti ho detto che ti avrei protetto. Forse non posso fare lo stesso discorso per Asahina, mi dispiace deluderti ma-».
 
Si interruppe ed asciugò con il pollice una lacrima sul volto del ragazzo: «Se avrai problemi con Suzumiya, quando sentirai il bisogno di fuggire, di andartene... La conosci, la porta alla quale dovrai bussare».
 
Kyon arrossì impacciato abbassando lo sguardo ed evadendo quello del compagno: «Mi domando solo cosa succederebbe se anche Nagato un giorno mi negasse suo aiuto».
«Non esiste solo Nagato», lo redarguì in un serafico rimprovero Koizumi stringendogli le spalle e guardandolo dritto negli occhi, «Sarò anche un esper, non potrò alterare lo spazio-tempo o la materia come lei oppure viaggiare nel tempo come Asahina ma potrò fare qualcosa per nasconderti e portarti via di qui. Oppure potrei cancellare la memoria a Suzumiya o-».
Kyon sorrise rasserenato e riabbracciò Koizumi: «Ridicolo... E pensare che è partito tutto dall'eventualità che Haruhi possa essere innamorata di me». Si lasciarono entrambi cadere a terra, restando in piedi sulle proprie ginocchia, abbracciati e silenziosi, scambiandosi occhiate che non sarebbero mai state spiegabili a parole. Itsuki gli prese la mano e gliene baciò il dorso.
Aveva sempre considerato gli altri esseri umani alla pari di strumenti qualunque. Fuori dall'ambito di lavoro, non aveva mai saputo dare una definizione al concetto di 'importante'. Ma Kyon gli era praticamente caduto dal cielo, come un miracolo, in quella stanza del Club di Letteratura.
E fu nel momento nel quale gli strinse la mano, che per lui 'Kyon' divenne 'importante'.
 
«Sono... cioccolatini questi?», domandò Itsuki perplesso scrutando prima la scatola che era stata donata a Kyon e poi quella che aveva appena ricevuto da Haruhi. La ragazza annuì in un genuino sorriso muovendo enfaticamente la testa su e giù: «Ovviamente! Ma-! Ripeto! Sono solo per celebrare la nostra amicizia, non c'è nient'altro dietro! Quindi non montatevi la testa, specialmente tu, Kyon!».
Questo si portò una mano dietro la nuca imbarazzato. Le sue gote divennero improvvisamente rosee e nel suo volto si dipinse un'espressione serena che denunciava sollievo: «Accipicchia, va a finire che toccherà ricambiare nel giorno del White Day».
«Ovviamente!», esclamò Haruhi in un gigantesco sorriso mentre arraffava da sopra il banco la sciarpa avvolgendosela attorno al collo. Afferrò per il cappuccio Asahina e fece cenno a Nagato di seguirla: «Bene, detto questo, la riunione di oggi della Brigata SOS si conclude! Ci vediamo domani!».
Si richiuse sgraziatamente la porta dietro di sé ed a falcate raggiunse il cortile della scuola. Kyon restò in piedi, senza parole, e continuò a fissare per qualche istante la porta. Guardò poi i cioccolatini che aveva ricevuto. Haruhi non gli aveva chiesto di cominciare ad uscire insieme. Ciò lo sollevava assai.
Itsuki lo richiamò senza parlare. Gli tirò piuttosto il lembo della giacca per far sì che si voltasse ed in quel preciso istante gli rifilò un regalo tutto impacchettato, che poteva essere tenuto su un palmo.
«C-Cos'è?», domandò Kyon mentre le sue guance dal rosa cominciavano a tingersi di rosso vero e proprio.
Ma Koizumi tacque nuovamente.
Sorrise ed avvicinò le sue labbra a quelle dello studente, violando nuovamente i suoi spazi, stringendogli le mani.
 
«Happy Valentine's Day»
   
 
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