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Autore: LaniePaciock    25/07/2013    7 recensioni
Non vi siete mai chiesti come sia nata la grande famiglia Castle, come ogni personaggio abbia trovato il suo attore perfetto? Non vi siete mai chiesti come tutto è iniziato?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'How it all began'
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Cap.10 My Always

"Amore è rivelazione improvvisa, il bacio è sempre una scoperta"
(Anonimo)


Un anno dopo.
Aprii un occhio. La luce proveniente dalla finestra mi accecò, quindi lo richiusi subito. Mugugnai scocciato e ficcai di nuovo la faccia nel cuscino. Che ore erano? Presto di sicuro. La sveglia non era nemmeno suonata e… Un momento. Mi ero seriamente svegliato prima del penetrante suono della sveglia??
Riaprii l’occhio e iniziai a girarlo alla ricerca del fastidioso apparecchio luminoso segna ora sul comodino. 6.38 am. Ok, mi ero decisamente svegliato prima. Fantastico, pensai con sarcasmo. Avevo dormito poco e mi ero svegliato presto. Che notte del cavolo con mille pensieri e la testa che non ne voleva sapere di spegnersi. Come se non ne avessi saputo il motivo…
Sospirai e infilai di nuovo la faccia nel cuscino. Non era che non volessi alzarmi, tutt’altro, ma avevo sentimenti contrastanti per le riprese di quel giorno. Eravamo ormai arrivati all’ultimo episodio della quarta stagione e Marlowe aveva deciso di chiuderlo col botto. O almeno col botto che tutti i fan aspettavano e non con il letterale botto dell’anno scorso. Castle e Beckett infatti si sarebbero finalmente baciati.
Sospirai e mi voltai sulla schiena, incrociando le braccia dietro la testa. Il lenzuolo mi scivolò sulla pancia, scoprendomi in parte il petto nudo, ma me ne curai poco visto che non faceva freddo. Sorrisi leggermente ripensando ai salti di gioia che aveva fatto Stana appena aveva finito di leggere il copione. Ancora un po’ e avrebbe baciato lei Andrew, talmente era contenta. Dopo tante sofferenze, alla fine anche per quei due era arrivato il momento di stare insieme. Certo, continuavo a essere preoccupato per la quinta stagione (avevo una paura matta della ‘Maledizione di Moonlighting’, ossia la maledizione dei telefilm in cui appena i protagonisti si mettevano insieme, gli ascolti della serie crollavano), ma da quello che avremmo girato e da qualche anticipazione di Andrew per la prossima stagione, forse non sarebbe successo niente. Anzi probabilmente sarebbe andata ancora meglio. Inoltre se c’era una serie che poteva essere a prova di qualsiasi maledizione, quella era proprio Castle.
Tentai di convincermi che era la maledizione mia unica preoccupazione, ma fallii miseramente. Sbuffai piano e mi misi a osservare il soffitto irritato. Chi volevo prendere in giro? Non era davvero la maledizione che mi preoccupava. Era il fatto che Castle e Beckett sarebbero stati insieme, il che significava più contatti, ma soprattutto più baci con Stana. E io come diavolo avrei fatto?? Già mi terrorizzavano le riprese che avremmo avuto nel giro di qualche ora… non osavo immaginare un’intera stagione a dannarmi! Insomma girare ore e ore a contatto con lei senza poterla seriamente avvicinare era già frustrante, ma a così stretto contatto sarei letteralmente impazzito!!
Era da un anno che la tensione tra di noi era al massimo. Dal giorno della litigata con l’ormai ex-ragazzo di Stana, Adam, avevo cercato di fare di tutto per guadagnarmi la sua fiducia. Ma l’unica volta, circa a metà stagione, che ero uscito con una ragazza, che era seriamente solo mia amica e con cui non avevo mire di sorta, avevamo litigato per una cazzata! Giusto per litigare! Perché non potevano essere solo mie paranoie il fatto che mettessi una foto su twitter di me e una ragazza e due ore dopo litigassi con Stana senza un motivo apparente! Era mai possibile?? Un anno a stare vicino a lei, a tentare di convincerla che ero cambiato, che poteva fidarsi e tutto per nulla. Ero stato solo peggio e mi sembrava che invece di fare passi avanti, ne facevamo dieci indietro!
Il divertente era che spesso i miei amici o i miei fan mi chiedevano come facevo a far sembrare così veri, così reali e comprensibili i sentimenti di Castle. Semplice: mi sentivo come lui. Provavo per Stana quello che Rick provava per Kate. Se ero con lei scherzavo e cercavo di fare tutto per guadagnarmi una sua risata o un suo sorriso. Se non eravamo insieme non potevo fare a meno di chiedermi che faceva e se c’era già un altro accanto a lei dove avrei voluto essere io. Lei era il mio pensiero costante. Ma evidentemente io non ero il suo.
Sospirai stancamente e mi passai una mano sulla faccia. Quindi mi venne in mente una cosa. Scostai il lenzuolo e mi alzai. Con solo i boxer addosso mi diressi al cassettone laterale al letto e iniziai a spostare, con sempre maggior irritazione, ogni cosa. Cercai in tutti i cassetti per circa dieci minuti, imprecando silenziosamente perché non riuscivo a trovare quello che volevo e sbattendo ogni cosa fuori, dalle calze, alle mutande, alle magliette. Finalmente le mie ricerche diedero i loro frutti nell’ultimo cassetto. Esultai allegro e tirai fuori quello che cercavo: un album di fotografie. Sì, è vero, per un ultratecnologico come me sembra strano, ma dei miei scatti più cari preferivo sempre avere una copia cartacea, invece che solo quella digitale.
Osservai distrattamente le prime foto che ritraevano più che altro la mia famiglia. Ne vidi una con mio fratello, di cui non ricordavo nemmeno l’esistenza, al mare da bambini, entrambi vestiti con maschera, boccaglio, pinne e salvagente. Ridacchiai divertito da quanto sembravamo idioti nonostante all’epoca fossimo fierissimi dei nostri equipaggiamenti. In un’altra rividi me stesso, di diversi anni più giovane, con in braccio il mio nipotino poco più che neonato che rideva divertito dalle mie facce stupide. Poi trovai le foto con i miei amici. Alcune erano di vacanze passate, altre sul set di qualche film o telefilm. Diverse venivano da Firefly. Finalmente trovai le foto con il neo cast di Castle. La prima era una di me, Jon e Seamus che tentavamo di fare i fighi davanti alla macchina. Ricordavo l’effetto risate-infinite che aveva provocato quella foto non appena Stana e Tamala l’avevano vista. Subito avevano ritenuto doveroso mandarne una copia anche a Juliana, che ci aveva simpaticamente informato poi di essere rimasta venti minuti a ridere davanti all’immagine prima di essere riuscita a ritrovare abbastanza calma da respirare più o meno normalmente. Sorrisi nel rinvenire un’immagine del cast nel nostro primo anno insieme in una foto di gruppo raffigurante Ruben, Susan, Molly, Tamala, Jon, Seamus, Stana e me.
Finalmente ritrovai le foto della nostra prima gita al Malibu Bluffs Park di quattro anni prima. Scorsi un’istantanea di Tamala in cui aveva beccato me, Jon e Seamus con i nostri rispettivi panini in bocca che la guardavamo con gli occhi spalancati. Ne avevo fatta una simile poco prima a solo Jon e Seamus, ma Tam aveva pensato bene che con tutti e tre sarebbe venuta più divertente.
Alla fine vidi le due immagini che mi erano tornate alla mente e che stavo cercando con tanta impazienza. Nella prima era immortalata Stana. Gliela avevo scattata io mentre eravamo in riva al mare nella piccola baia che avevamo trovato. Sorrisi appena. Era bellissima. I suoi capelli, allora ancora corti, erano tutti scompigliati dalla brezza, ma il suo sguardo, sognante e pensieroso sul mare, l’aveva resa una visione indimenticabile. Sospirai piano. Quella donna mi avrebbe fatto impazzire del tutto prima o poi. Impazzire nel modo più dolce e irrimediabile…
Scossi la testa per riprendermi dai miei pensieri e guardai l’altra foto che avevo in mano. L’aveva scattata Tamala e rappresentava me e Stana. Ci stavamo guardando negli occhi. Solo quello. Ma le nostre espressioni dicevano abbastanza. Era come se tutti in quell’attimo fossero spariti, lasciandoci da soli nel nostro mondo. Com’è che lo chiamavano per Castle e Beckett? Eye-sex? Ecco, direi che l’idea era più o meno quella.
Non avevo idea di dove mi fosse venuto fuori il bisogno impellente di rivedere quelle foto dopo quattro anni. Forse per convincermi che c’erano stati dei momenti in cui ancora nessuno dei due misurava ogni gesto e ogni parola che rivolgeva all’altro. O per ricordarmi che una volta non dovevamo nascondere quello che provavamo. Non avrei saputo dirlo. Ma quelle immagini mi fecero sorridere dolcemente, oltre che sospirare con rassegnazione. Non sapevo neanche da quanto tempo le stessi osservando. A un certo punto però alzai lo sguardo e mi accorsi che ero in ritardo.
Infilai di nuovo l’album nel cassetto e velocemente ributtai dentro tutti i vestiti che avevo lanciato fuori nella ricerca delle foto. Quindi corsi subito a lavarmi, mi cambiai in un paio di jeans comodi e maglietta e feci velocemente colazione ingurgitando una tazza di latte e qualche biscotto.
 
Tre quarti d’ora dopo entrai sul set di casa Castle. Mi accorsi che c’era molto meno fermento del solito, ma conoscevo la ragione. Marlowe aveva detto di voler meno gente possibile sul set per le riprese della scena del bacio. Credeva che così io e Stana saremmo riusciti a concentrarci meglio senza il solito trio (Jon, Seamus e Tamala) che ci prendeva in giro. L’eccitazione dei pochi presenti però era palpabile. Non era solo perché era l’ultima scena da registrare, ma anche perché molti erano i fan dei Castle e Beckett che quel giorno avrebbero visto avverarsi le loro aspettative.
Deglutii e mi passai una mano tra i capelli. Più il momento si avvicinava, più io diventavo nervoso. La consapevolezza che nel giro di minuti avrei baciato Stana mi mandò lungo la schiena una scarica di adrenalina e al contempo di terrore. Come avrebbe reagito? E come avrei reagito io?? E se avesse peggiorato la nostra situazione?? E se ancora una volta non ne avessimo parlato e avessimo fatto finta di niente??
Stava già per venirmi una crisi d’ansia quando Kristen, la mia assistente tuttofare, mi vide e mi richiamò alla realtà intimandomi di filare subito nel mio camerino per prepararmi e cambiarmi d’abito. Presi un respiro profondo per calmarmi e feci come mi aveva ordinato.
Una volta nel camerino, guardai i vestiti di Castle sistemati ordinatamente sulla sedia del trucco: pantaloni neri e camicia bordeaux. Semplice, ma elegante. Erano gli stessi abiti che avevo usato per la scena del diploma di Alexis, ma d’altronde doveva sembrare che Rick fosse appena tornato a casa proprio dalla scuola della figlia.
Alzai lo sguardo e incontrai la mia immagine riflessa nello specchio davanti a me. Sembravo più stanco e con un po’ di occhiaie. Sbuffai. Ma perché mi facevo tutti questi problemi?? In fondo era solo Stana! Baciarla avrebbe dovuto essere addirittura facile, visto che ormai avevo appurato che ero innamorato di lei. E allora che cavolo mi succedeva?? Non avevo mai avuto problemi di sorta a baciare una ragazza, mentre con lei sembrava che se solo l’avessi sfiorata sarebbe venuto giù il mondo! Eppure non vedevo l’ora di farlo.
Feci un verso scocciato e buttai con rabbia per terra la prima cosa che mi trovai davanti, il copione, come se quello avesse potuto portare un minimo di chiarezza nelle emozioni mescolate che provavo. Come diavolo era possibile che volessi baciarla e insieme non baciarla?? Andiamo, lavoravo con una delle donne più sexy del pianeta!!
A quel pensiero, un’immagine di Stana con un vestito corto nero che le lasciava per buona parte nude le gambe e una profonda scollatura a V, come l’avevo vista non molto tempo prima in una foto per una serata, mi si materializzò davanti. Un brivido di eccitazione mi passò involontario lungo la schiena fino a finirmi nel davanti dei pantaloni. Scossi la testa cercando di riprendere lucidità. Ecco. Ora mi ricordavo perché non volevo baciarla. Perché se il solo suo pensiero era in grado di farmi questo, non osavo immaginare quando l’avrei davvero tenuta stretta tra le braccia. Sarebbe stato seriamente imbarazzante. Soprattutto con lei. Avrebbe pensato che ero solo un maniaco sessuale che non vedeva l’ora di saltare addosso a un qualsiasi essere femminile, senza dubbio. Proprio l’immagine di me che volevo cancellare.
Un improvviso bussare alla porta mi fece voltare di scatto.
“Nathan, sei pronto??” domandò Kristen con tono scocciato. Ero in ritardo.
“Solo un momento!” replicai subito. Non avevo ancora finito la risposta che già mi stavo togliendo la maglia con una mano e slacciando i pantaloni con l’altra. Tolsi tutto in fretta, buttando i miei vestiti sul divanetto del camerino, e mi infilai quelli di Castle. Poco più di un minuto dopo ero pronto. Mi sistemai il colletto della camicia, slacciandomi al solito un bottone, e mi controllai allo specchio. Nonostante tutto facevo ancora la mia figura, pensai con un mezzo sorriso.
“NATHAN??” mi richiamò di nuovo Kristen sbuffando sonoramente e tamburellando di nuovo sulla porta. Sospirai rassegnato.
“Arrivo, arrivo…” replicai. Avrebbe potuto entrare anche da sola, ma aveva questa fissazione di accedere ai camerini solo se il proprietario gli spalancava la porta. Avevo come l’impressione che in passato avesse beccato qualcuno in atteggiamenti compromettenti, ma quando provavo a chiederglielo evitava sempre la domanda.
Dopo neanche un passo però mi bloccai vedendo il copione aperto a terra dove lo avevo lanciato prima. Per evitare spiacevoli domande, e anche perché Kris odiava il disordine, mi affrettai a raccoglierlo. Lanciai un’occhiata distratta alle battute e mi accorsi che si era aperto alle pagine della litigata di Castle e Beckett a casa della detective. Ricordavo bene quella scena. L’avevamo girata un paio di giorni prima, ma non era per quello che era fresca nella mia memoria. Era per le parole e le emozioni. Ero quasi certo che quella parte fosse arrivata da un piccolo aiuto di Terri a Marlowe. Non perché non mi piacesse quello che scriveva Andrew, tutt’altro, ma alcune scene particolarmente sentite sapevo che venivano dalla scrittura congiunta di marito e moglie.
L’occhio mi cadde su alcune frasi in particolare.
“And how the hell could you do this?”
“Because I love you.”
Non riuscii a trattenere un sorrisetto ironico. Quante cose stupide si fanno per amore, eh? Seguire una detective per quattro anni… indagare di nascosto per salvarle la vita… lavorare fianco a fianco con lei come se niente fosse, aspettando, a volte fin troppo pazientemente, che tutti i muri crollino…
Mi ricordai che durante la registrazione, preso dal momento e dalle emozioni di Rick, mi erano venuti anche gli occhi lucidi per la rabbia e la frustrazione. Marlowe alla fine si era anche complimentato con me per la mia interpretazione sentita. Ma quella non era tutta interpretazione. Per buona parte ero io.
“How am I even supposed to trust anything that you say?”
“How are you s—? Because of everything we’ve been through together! Four years I’ve been right here. Four years just waiting for you to just open your eyes, and see that I’m right here…and that I’m more than a partner. Every morning, I bring you a cup of coffee just so I could see a smile on your face, because I think you are the most...remarkable…maddening…challenging…frustrating person I have ever met. And I love you…”
…Kate. Fosse stato per me avrei usato un altro nome, ma il copione richiedeva quello in quel momento. Avevo capito benissimo quello che provava Castle, tanto da farmi venire le lacrime agli occhi nel dar voce ai suoi pensieri. Mi veniva facile recitarlo. Molto più facile di qualsiasi altro personaggio avessi mai interpretato. Io ero un attore. Copiavo le emozioni, cercavo di farle mie per trasmetterle a chi mi avrebbe visto. Ma non avevo mai trovato un personaggio come Castle. Un personaggio così simile a me, al mio carattere, da non saper più distinguere spesso tra realtà e finzione. Perché con lui io non avevo copiato emozioni. Io gliele avevo letteralmente rubate, quasi senza accorgermene.
Kristen bussò ancora una volta con impazienza alla porta e mi riportò alla realtà. Scossi la testa e poggiai il copione sul tavolo, quindi mi affrettai ad andarle ad aprire.
“Finalmente!” esclamò lei scocciata, passandomi davanti decisa per infilarsi nel mio camerino. “Si può sapere quanto ci hai messo per cambiarti??” continuò appoggiando la sua cartellina con gli appunti dei miei appuntamenti sul tavolo davanti allo specchio. “Stavo già pensando se chiamare una squadra di soccorso!” aggiunse indicando con un dito la sedia davanti a lei in modo che potesse sistemarmi trucco e capelli.
“Esagerata…” borbottai mentre prendevo posto. Lei mi lanciò un’occhiataccia. “E poi potevi entrare!” replicai come scusante, mentre già si metteva all’opera con una spazzola. “La porta era aperta ed ero vestito. Ancora non capisco che problemi hai nell’entrare nei camerini se ti invitano dentro…”
“Il ciuffo lo mettiamo come al solito?” domandò in modalità parrucchiera sistemandomi i capelli ed eludendo come al solito l’argomento ‘entrata nei camerini’.
Alzai gli occhi al cielo e sospirai piano, divertito. Quindi le dissi che il solito ciuffo sarebbe andato benissimo.
 
Venti minuti dopo ero sul set del loft di Castle e di Stana neanche l’ombra. Iniziavo già a chiedermi che fine avesse fatto quando Bowman mi avvertì che avremmo cominciato a girare la scena in cui Rick parla al telefono con Alexis, chiude la chiamata di Kate e cancella i dati del caso di Johanna Beckett. Solo dopo avremmo registrato l’incontro-scontro di Kate e Rick, non appena avessero finito di truccare/bagnare la mia partner. Quando Rob mi disse “la stanno lavando” l’avevo guardato scioccato. Avevo dimenticato che Beckett si sarebbe presentata alla porta di Castle fradicia dalla pioggia.
Proprio mentre lo pensavo, un tecnico provò l’effetto tuono dall’altra parte della stanza. Tutto era pronto e io stavo ricominciando a diventare nervoso mentre il momento del bacio si avvicinava. Per fortuna Bowman mi distrasse dai miei pensieri dicendomi di prendere il telefono e andare a posizionarmi al mio posto nel loft per girare.
 
Tre quarti d’ora dopo avevamo concluso con ogni possibile angolazione le scene pre-incontro fino al bussare alla porta.
“Ok, dieci minuti di pausa e partiamo con la scena del bacio!” annunciò Marlowe visibilmente eccitato. Deglutii e mi passai la mano sulla faccia per tentare di nascondere il mio terrore. Avrei sicuramente fatto qualche cazzata che avrebbe allontanato Stana da me. Eppure allo stesso tempo volevo che il tempo accelerasse fino al momento del bacio. La desideravo come un quindicenne alla prima cotta e non potevo farne a meno.
Presi un respiro profondo tentando di calmarmi, quando Stana fece il suo ingresso nel loft. Rimasi con la bocca semiaperta a osservarla. L’avevano seriamente bagnata completamente, tanto che i suoi vestiti, così come i suoi capelli, erano completamente appiccicati al suo corpo. E dio se era bellissima con quegli abiti che mostravano le sue curve e quei capelli che le incorniciavano il viso…
“Ehi!” mi salutò con un gran sorriso vedendomi.
“Ehi…” replicai io con la bocca secca. Aspetta, dovevo respirare. Com’è che si faceva? Ah sì, aria nei polmoni, aria fuori dai polmoni.
“Allora sei… sei pronto per la scena?” mi domandò poi all’improvviso timida, arrossendo. Dio, quand’è che cominciavamo a girare??
“Io… no…” balbettai con la bocca evidentemente sconnessa dal cervello a causa della visione davanti a me. Lei aggrottò le sopracciglia. “Voglio dire sì!” esclamai subito. “Cioè, io… credo… sì?” Fantastico, non sapevo più articolare un pensiero con un minimo di filo logico. Mi andò bene però perché Stana ridacchiò alla mia confusione. Il suo sorriso… I miei occhi non poterono fare a meno di scendere traditori sulle sue labbra. Quelle labbra che nel giro di poco avrei di nuovo assaggiato.
Stana seguì il mio sguardo e, quando capì dove andava a finire, automaticamente si morse il labbro inferiore cercando di nascondere un mezzo sorriso. Cavolo, così non mi aiutava proprio a non saltarle addosso!!
“Nathan! Stana!” ci chiamò Bowman mentre si sistemava dietro a uno dei cameraman insieme a Marlowe per monitorare la scena. “Ai vostri posti!” Stana si voltò in fretta e uscì dal loft. Io presi prima un respiro profondo, quindi, lentamente, mi avvicinai alla porta da cui era appena scomparsa la mia partner. Presi un altro respiro per calarmi nella parte. Dovevo riprendere i sentimenti di Castle. Alexis si era appena diplomata quindi era felice, ma a questo fatto era da aggiungere la rabbia verso Beckett. La cancellazione del caso di Johanna mostrava bene fino a che punto lo scrittore aveva deciso di farla finita con la detective. Quello che non si sarebbe mai aspettato però era proprio quello che stava per succedere…
“Silenzio!” urlò Bowman a tutti. In un attimo gli ultimi ritardatari raggiunsero i loro posti e tutto divenne quieto. Misi una mano sulla maniglia e attesi. “Azione!” Aspettai tre secondi, quindi spalancai la porta. L’espressione curiosa che avevo in faccia si tramutò subito in indifferenza, anche se la mascella contratta tradì la mia rabbia, non appena vidi davanti a me Beckett, bagnata probabilmente fino all’osso. Sembrava incerta e determinata al tempo stesso. Probabilmente pensava che gli avrei sbattuto la porta in faccia senza neanche farla parlare.
“Beckett, what do you want?”
Non esitò un secondo a rispondermi.
“You.”
Quindi Stana/Kate fece un passo all’interno dell’appartamento. Come lei venne in avanti io automaticamente andai all’indietro. Non appena vide il mio gesto, la detective protese le braccia e mi prese velocemente la faccia tra le mani. La sua pelle fredda mi fece passare un brivido involontario lungo la schiena. Un secondo dopo Stana/Kate si alzò sulle punte e mi baciò, protendendosi verso di me. Appoggiò, o meglio schiacciò, solo le sue labbra sulle mie, niente di più, ma questo bastò a stordirmi. Rimasi senza fiato. Come Rick e come Nathan.
Come previsto dal copione, mi sforzai di tirarmi indietro. Sentivo il cuore pulsarmi forte, tanto da rendere per un momento il mio respiro pensante, quasi ansante.
Stana/Kate non mi lasciò andare. Spostò le mani dal mio volto alle mie spalle e vi si aggrappò, quasi temendo che scappassi via, appoggiando contemporaneamente la sua fronte alla mia. A quella distanza potevo sentire il suo profumo andarmi direttamente alla testa. Cercavo di tenermi rigido e distante davanti a lei per quanto possibile.
“I’m so sorry, Castle.”
Sussurrò piano.
“I’m so sorry.”
Un lieve singhiozzo la sorprese mentre continuava a parlare e per un attimo rimasi stupito da quel suono.
“I’m so sorry.”
Si protese di nuovo verso di me per baciarmi, cogliendomi di sorpresa. Raggiunse la mia bocca, ma, anche se a malincuore, la presi per i polsi e la allontanai da me. Avevo bisogno di guardarla negli occhi. Mi accorsi che li aveva lucidi. Mi guardava come se fosse in attesa di un mio giudizio. Ma sapevo che se era tornata da me, da Castle, in quello stato, qualcosa doveva essere successo.
“What happened?”
Lei sorrise appena, come se si aspettasse la domanda.
“He got away, and I didn’t care.”
Lo dichiarò come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma sapevo che per Kate era un enorme passo in avanti.
“I almost died…”
Rimasi con la bocca semiaperta, scioccato da quelle rivelazioni.
“…and all I could think about was you.”
Lo disse mentre la sua voce si affievoliva, come se avesse paura che io iniziassi a urlarle contro e la respingessi. Poi i suoi occhi volarono alla mia bocca mentre pronunciava le ultime parole.
I just want you.”
Il mio cuore per un momento si fermò. Poi Stan… No, non Stana. Kate. Kate si protese verso di me come per baciarmi di nuovo, la bocca già aperta e pronta per me. Ma io rimasi immobile, come voleva la scena, e Kate si allontanò di nuovo un poco con sguardo rassegnato. Poi però alzò una mano e mi carezzò piano la guancia, arrivando a sfiorare con la punta delle dita le mie labbra.
A quel punto ci fu un lampo e un tuono. Il segnale per me di baciarla. Il momento che attendevo con più impazienza e ansia. Per un attimo entrai nel panico. Il copione diceva solo ‘Bacio passionale’ a quel punto. Così le presi il viso fra le mani e la baciai, purtroppo con più incertezza che passione.
“STOOOP” urlò Marlowe. Lo sapevo. Mi allontanai velocemente da Stana deglutendo. Andrew si avvicinò e si piantò davanti a me con le braccia conserte al petto e un’espressione truce. “Cos’era quello?” domandò irritato.
“Ehm… uhm… io…” balbettai passandomi una mano sul collo nervoso e iniziando a spostare il peso da un piede all’altro.
“Nathan, sul copione c’è scritto ‘Bacio passionale’…” continuò scocciato Marlowe. “Non bacio da adolescente alle prime armi!”
“Mi dispiace…” risposi mortificato.
“Pensavo che sapessi come si bacia una donna!”aggiunse poi lui con un sopracciglio alzato, andando a stuzzicare il mio ego maschile.
“Ho capito, Andrew, scusami…” replicai risentito. Lui sbuffò e tornò dietro la telecamera. Con la coda dell’occhio notai Stana guardarmi perplessa.
“Si riprende dall’inizio!” esclamò Bowman dopo aver scambiato qualche parola con Andrew. Li guardai con gli occhi sgranati. “Andremo avanti a ripetere la scena finché non verrà perfetta da ogni angolo” continuò Rob. Sospirai rassegnato. Fantastico… il mio autocontrollo con Stana era già al limite così. Non osavo immaginare cosa sarebbe successo dopo ore a baciarla.
 
Un’ora e mezza dopo eravamo ancora allo stesso punto di prima. Ogni volta non andava bene come baciavo Stana. Ero troppo davanti alla telecamera, poi davanti alla luce, poi accecato dalla luce… e sempre, immancabilmente, troppo fiacco nel bacio! Ma che potevo farci?? Avevo un massimo di autocontrollo, non potevo lasciarmi andare!! Alla settima volta che rigiravamo la scena però non ce la feci più. Volevano passione? Ebbene, l’avrebbero avuta!
Ripetemmo la scena ancora una volta. Quando arrivarono il lampo e il tuono, Stana/Kate fece appena in tempo ad accarezzarmi le labbra con le dita che io la spinsi contro la porta e la baciai famelico. Per un attimo sentii la mia partner irrigidirsi leggermente contro di me per la sorpresa, poi però rispose pienamente al bacio. Come supponevo, stavolta non ci interruppe nessuno. Allo stesso tempo però, come avevo immaginato e avevo tentato di evitare, io fui irrimediabilmente perso. La scarica di adrenalina, data dalla frustrazione per le riprese, mi aveva tenuto lucido per i primi secondi, poi il mio desiderio aveva preso il sopravvento. Non sentii più niente. Solo il corpo di Stana contro il mio, il suo profumo, le sue curve, il suo calore, le sue labbra, la sua pelle sotto le dita.
La baciai con forza e a lungo, spostandomi sul suo collo quando sentivo che avevamo bisogno di aria. Le morsi piano il labbro inferiore e la sentii aggrapparsi alla mia camicia. Le presi il viso tra le mani per tenerla più stretta a me, quasi avessi paura che si allontanasse, continuando imperterrito a baciarla mentre lei si alzava sulle punte e si sosteneva alle mie spalle. Giocai con la lingua sul suo collo fino al limite della camicia, mordendola appena di tanto in tanto, sentendo contro di me ogni brivido che le passava lungo il corpo grazie alla mia opera. Quando la sentii gemere piano contro il mio collo e capii che le ginocchia le stavano cedendo, la strinsi ancora di più tra me e la porta e la baciai ancora più avidamente. Il suo profumo mi dava alla testa e mi rendeva ancora più vorace. Sentivo la mia eccitazione crescere, anche se per fortuna c’era ancora una qualche parte del mio cervello che la teneva a bada per evitare che si manifestasse troppo nei miei pantaloni. In realtà in quel momento non mi importava che qualcuno mi vedesse in quello stato. La cosa che mi preoccupava era che lei sentisse la mia eccitazione e mi respingesse. Non mi rendevo neanche più conto che in effetti eravamo ancora sul set di Castle. Per me in quel momento non c’era più niente al di fuori di noi. Niente cameraman, tecnici o registi. Solo io e Stana.
“STOOOP!” L’urlo di Bowman mi riportò bruscamente alla realtà. Aprii di scatto gli occhi e alzai la testa. Ansimavo e sentivo decisamente caldo. Stana, davanti a me, mi guardava con la bocca semiaperta, gli occhi sgranati e il respiro altrettanto pesante. Ci misi un paio di secondi prima di capire che la stavo ancora schiacciando contro la porta. Mi spostai velocemente e feci un paio di passi indietro, deglutendo mentre cercavo di tornare a respirare normalmente, lottando per respingere quella parte del mio istinto che voleva solo tornare a baciarla. Alzai gli occhi e per un attimo mi sembrò di notare uno sguardo strano in Stana, come frustrato.
Fu solo in quel momento che mi accorsi che i presenti ci stavano applaudendo. Anzi solo in quel momento mi ricordai che non eravamo soli nella stanza. Mi guardai attorno come perso, mentre osservavo facce sorridenti e ammiccanti verso di me quasi senza riconoscerle.
“Finalmente!” esclamò Andrew allegro. “Questo era il bacio che volevo!” Feci un mezzo sorriso tirato alla sua uscita. Sicuramente quello era il bacio che voleva. Era anche il bacio che volevo io! Solo che non era reale. Non era tra me e Stana. Era tra Rick e Kate. Quel pensiero mi fece scendere il morale sotto i piedi. “Però Nath, alla prossima ripresa ricordati che devi arrivare alla cicatrice di Kate…” A sentire le parole di Marlowe impallidii. Scendere sulla cicatrice di Kate voleva dire slacciarle la camicetta, mettere in bella mostra il suo reggiseno, baciarla tra i seni e poi poggiarci la mano sopra… Come minimo sarei svenuto.
“Credo di aver bisogno di una pausa...” mormorai disperato. Marlowe dovette notare il mio colorito perché ci concesse cinque minuti di riposo. Filai dritto nel mio camerino per riprendermi. Dio, il solo pensiero di quello che avrei dovuto fare mi aveva mandato una scarica di eccitazione dritta nei pantaloni. Mi passai una mano tra i capelli nervoso, mentre lanciavo occhiate preoccupate a me stesso dallo specchio. Non andava bene. Non andava bene per niente.
Cercai di concentrarmi su qualunque cosa pur di non pensare a Stana e, alla fine della pausa, sembrava fossi riuscito a calmare i bollenti spiriti. Uscii dal camerino più rilassato e tornai sul set dove tutti erano di nuovo ai loro posti. Mancavo solo io. Rob mi indicò di andare la porta del loft, vicino alla quale la truccatrice della mia partner le stava ricontrollando il viso per la scena. Capii che ancora una volta avremmo girato tutto dall’inizio.
Quando mi avvicinai a Stana le sorrisi appena, ma lei per tutta risposta mi lanciò un’occhiataccia. Mi bloccai perplesso. Che avevo fatto?? Un dubbio mi colse e mi lanciai una veloce occhiata ai pantaloni per controllare che tutto fosse tranquillo, ma non vidi nulla di anormale. Prima che potessi chiederle spiegazioni, Stana si voltò e uscì dalla porta, sbattendomela poi in faccia. Rimasi a bocca aperta dallo stupore, le sopracciglia aggrottate.
“Pronti?” domandò Bowman già dietro alla telecamera. Mugugnai un ‘sì’ e mi rassegnai ad attendere la fine delle riprese per chiederle cosa fosse successo.
Girammo di nuovo la scena e stavolta ebbi abbastanza lucidità da controllarmi un poco e da ricordarmi alla fine di scendere sul suo petto lasciandole una scia di baci. Mi fermai nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la cicatrice e rimasi lì per un attimo, con le labbra sulla sua pelle calda, beandomi silenziosamente di quel contatto. Sotto di me sentii Stana/Kate trattenere il fiato. A quel punto mi rialzai e, cercando di nascondere il lieve tremito delle mie mani, le slacciai un bottone della camicetta, scoprendole in parte il reggiseno. Dio, ma ne doveva indossare proprio uno semi trasparente?? Un brivido mi passò lungo la schiena e in qualche modo finì dritto sul davanti dei miei pantaloni. E al diavolo l’autocontrollo.
Rimasi qualche secondo imbambolato a fissarle il petto. Per fortuna la cicatrice mi dava un pretesto per guardare proprio in quel punto, anche se in effetti il mio sguardo era indirizzato un poco più giù e a lato. Poi Stana/Kate mi prese la mano e la portò tra i suoi seni, oscurandomi la vista, ma lasciandomi toccare la sua pelle liscia e la ‘cicatrice’. La dimostrazione che la detective aveva superato quel trauma.
Emozionato da quel gesto, mi feci di nuovo avanti per baciarla. Un bacio più casto e dolce stavolta, ma ugualmente sentito. Ehm… probabilmente particolarmente sentito perché mi resi subito conto che la mia eccitazione si stava di nuovo palesando per quei gesti. Il più piano possibile, per non disturbare la scena, allontanai il mio bacino dal suo, in modo da evitare a Stana imbarazzanti… uhm… incontri.
Stana sembrò non accorgersene per fortuna perché proseguì col copione e mi sorrise dolcemente, sfiorando poi il mio naso con il suo. Quindi fece scendere la mia mano dal suo petto (già mi mancava il contatto con la sua pelle) e la intrecciò alla sua. Alzai gli occhi e la guardai, perplesso e incredulo per quello che era appena accaduto tra di noi. O meglio, tra Castle e Beckett. A quel punto Stana/Kate si allontanò appena da me, sempre tenendomi per mano, e mi portò con sé mordendosi appena il labbro inferiore. Deglutii mentre sentivo una nuova ondata di calore percorrermi il corpo a quel suo piccolo gesto con la bocca. Dio, sarei andato ovunque con lei in quel momento…
“STOOOP!” COSA?? Di nuovo?? Quasi mi presi un infarto per l’urlo di Bowman, tanto la mia testa era altrove e aveva dimenticato il luogo in cui eravamo. Se non altro ebbe, per fortuna, la facoltà di raffreddarmi un po’ all’altezza dei pantaloni, almeno il minimo per rendere invisibile o quasi la mia eccitazione.
Scossi il capo per riprendermi. Non era possibile… io cercavo di controllarmi e poi bastava un suo sorriso o un suo sguardo e, BAM, la mia testa partiva per un’altra galassia. Era stato sufficiente distrarmi un secondo, nel vederla mordersi il labbro, che subito avevo perso quel poco di lucidità che ero riuscito più o meno mantenere. Sospirai silenziosamente, disperato. Ero seriamente peggio di un quindicenne alla prima cotta. E solo lei mi rendeva così.
Approfittai di nuovo di quei pochi minuti di pausa tra una ripresa e l’altra per allontanarmi un poco e calmarmi nuovamente. Quando tornai sul set, notai ancora una volta Stana lanciarmi un’occhiataccia un attimo prima di voltarsi senza più degnarmi di uno sguardo. Sbuffai e mi passai una mano tra i capelli, scocciato. Io cercavo di non saltarle addosso e lei mi guardava male per chissà quale motivo!!
Non ebbi di nuovo il tempo di chiederle che diavolo avesse perché, nel vedermi rientrare, Marlowe si congratulò con noi per la scena e ci disse di ripeterla così anche per le volte successive. Deglutii. Le volte successive. Dio, si prospettava davvero una lunga giornata…
 
Girammo la stessa scena per ore, tanto da finire solo alle due del pomeriggio passate. In qualche modo però ne uscimmo senza troppi danni. Mentre baciavo Stana infatti, avevo cercato di controllarmi il più possibile, ma quando sentivo di non potercela più fare, allora mi allontanavo a forza dal suo corpo per scendere a baciarle l’incavo dei seni. Sì, ok, non sembrava una così geniale idea visto che poi mi si prospettava sempre davanti l’immagine del reggiseno di Stana, ma era l’unico modo per continuare la scena senza farle sentire chiaramente cosa tutti quei baci scatenassero in me.
Quando finimmo le riprese, andai a cambiarmi velocemente, bagnandomi anche la faccia con abbondante acqua fredda (anche se forse avrei dovuto usarla da un’altra parte invece che sulla faccia) prima di rivestirmi. Poi uscii di nuovo in cerca della mia partner. Era tardi e non avevo mangiato niente, ma non avevo fame. Probabilmente se avessero sentito quel pensiero Jon o Seamus avrebbero detto che ero malato. Ma l’unica cosa che mi premeva in quel momento era trovare Stana. Dovevo parlarle. Qualcosa di nuovo non andava fra di noi e non riuscivo a comprendere cosa. Ogni pausa io mi allontanavo e quando tornavo Stana mi guardava male o non mi calcolava affatto. Perché ce l’aveva come me? Perché me ne andavo per quei pochi minuti? Non capiva che lo facevo per non mettere in imbarazzo nessuno dei due??
Sbuffai scocciato mentre vagavo alla ricerca di Stana. Da quando avevo compreso di essere innamorato di lei, quasi un anno prima, i miei sentimenti non erano cambiati, ma dovevo ammettere che erano stati messi duramente alla prova dalle nostre continue battaglie. Sembrava che il momento prima andasse tutto bene e invece l’attimo dopo ci stavamo azzuffando per una cosa qualsiasi. Ovviamente poi bastava poco perché tutto tornasse alla normalità, come se nulla fosse, ma io mi ero scocciato. Non volevo più che tutto tornasse ‘normale’ di noi. Non volevo più quel tira e molla. Senza contare che avevo sempre il terrore costante di vederla spuntare un giorno con un nuovo ragazzo al suo fianco. Scossi la testa deciso. Basta, avrei messo un freno a tutto quello una volta per tutte, in un modo o nell’altro. Desideravo qualcosa di certo, magari qualcosa di più tra di noi. Perché non mi sarei accontentato questa volta. Io volevo di più.
 
Cercai Stana per più di mezz’ora ovunque sul set, ma di lei nessuna traccia. Alla fine decisi di tornarmene al mio camerino per recuperare le mie cose e andarmene a casa. Camminavo a testa china, le mani infilate in tasca, il morale a terra e mille pensieri in testa. Evidentemente non era il giorno giusto per dire a Stana quello che provavo. Mi venne in mente che quella sera ci sarebbe stata anche la festa per il finale di stagione. Avevo come l’impressione che non sarei stato di alcun divertimento. L’unica nota positiva sarebbe stata che magari lì avrei incontrato Stana… sempre che non deciso di evitarmi anche lì come la peste! Sbuffai scocciato e tirai un calcio a un povero sassolino lungo la strada. Cavolo, quanto mi faceva dannare quella donna!!
“Nathan, dove ti eri cacciato??” La voce irritata di Kristen mi fece sobbalzare. Mi stava aspettando davanti al mio camerino con le mani sui fianchi e un piede che batteva nervoso a terra.
“Stavo… stavo facendo un giro” mentii, anche se non del tutto, raggiungendola. In fondo un giro l’avevo fatto, anche se a vuoto. Prima che potesse farmi qualsiasi paternale, le passai davanti per aprire il camerino e continuai. “Mi cercavi?”
“Sì” sbottò solo dopo qualche secondo, il tempo evidentemente di valutare se valeva la pena di sgridarmi o no. Doveva aver notato la mia faccia abbattuta e aver deciso di risparmiarmi per stavolta. “Marlowe e Bowman stanno facendo il montaggio della scena del bacio e hanno chiesto se i due protagonisti vogliono unirsi a loro per vedere il risultato finale.”
“Kris, scusa, ma non so se…” Neanche il tempo di finire la frase che mi bloccai, la mano ancora sulla maniglia appena aperta, gli occhi sgranati. Mi voltai di scatto verso di lei. “Ripeti!” Lei mi guardò con un sopracciglio alzato, sorpresa e forse un po’ irritata dal mio tono di comando.
“Marlowe e Bowman stanno facendo il montaggio della scena del bacio…” Scossi la testa infastidito.
“No, no, quello che hai detto dopo!!” esclamai quasi pregandola. Mi osservò confusa.
“Che… beh, che volevano sapere se i due protagonisti, cioè tu e Stana, avevate voglia di raggiungerli e…”
“Quindi Stana è in sala di montaggio??” domandai subito con un’eccitazione repressa a stento, fregandomene della porta aperta del camerino e sporgendomi verso Kristen. Lei indietreggiò di un passo per la mia irruenza e, vista la mia stazza in confronto alla sua (mi arrivava sì e no al petto), potevo anche capirla.
“Uhm… sì?” replicò lei, squadrandomi per tentare di capire le mie intenzioni. Feci un verso di gioia per la scoperta. Ecco perché non riuscivo a trovare Stana!! La sala montaggio era in un altro edificio degli studios!! Stavo già per raggiungerla, quando mi ricordai che non avevo ringraziato Kris. Mi voltai verso di lei, mi abbassai di scatto, le presi il viso tra le mani e le lasciai un sonoro bacio sulla guancia. Mi guardò scioccata.
“Grazie, Kris, ti devo un favore!!” esclamai allegro mentre già stavo partendo di corsa alla volta dell’edificio con la sala che cercavo. Forse sarei riuscito a parlare finalmente!
Quel pensiero mi mise le ali ai piedi e cinque minuti dopo ero davanti alla sala di montaggio con il fiatone. Mi fermai un secondo con una mano appoggiata al muro a riprendere fiato. Non ero più abituato a certe corsette. Alla fine presi un respiro profondo e mi convinsi a entrare, anche se sentivo comunque che il mio cuore non voleva saperne di rallentare i battiti. Mi sistemai un poco i capelli e bussai alla porta. La voce di Bowman mi invitò a entrare e io lo feci.
“Ah, ma allora non ti sei perso!” esclamò Marlowe divertito quando mi vide. “Ancora un po’ e finivamo senza di te!”
“Ho incrociato Kris solo pochi minuti fa” mi difesi facendo una smorfia offesa che fece ridacchiare diversa gente. Mi guardai attorno, cercando di capire chi fosse presente. La stanza era oscurata e l’unica luce presente proveniva dal mega monitor attaccato alla parete su cui passavano le parti di filmato da montare. Davanti allo schermo era posizionata una grande tastiera con tanti tasti colorati e manopole per la composizione delle diverse scene e l’aggiunta delle musiche. Mi sarebbe piaciuto molto andare a esplorare quei tasti, ma Andy, il tecnico del montaggio che notai già all’opera davanti alla tastiera, in quattro anni non mi aveva mai lasciato avvicinare. Chissà perché poi…
Dietro Andy c’erano in piedi Andrew e Rob. Poco più in là, nella penombra, intravidi che erano presenti alcuni tecnici e diversi cameraman, curiosi di vedere se avevano fatto un buon lavoro. Mi sembrò di scorgere anche Robert Duncan, il nostro compositore, appoggiato al muro mente osservava attento la scena per poter poi inserire la musica giusta di sottofondo. Se c’era qualcuno che poteva trovare la colonna sonora adatta a quel bacio, quello era lui.
Cominciavo già a disperare quando finalmente, in un angolo dall’altra parte della stanza, vidi la persona che stavo cercando con tanta impazienza. Stana. La fioca luce del monitor illuminava solo il suo viso e le sue curve e la faceva sembrare quasi una visione. Era bellissima.
Feci un respiro profondo e iniziai ad avvicinarmi lentamente a lei, tenendo però un occhio sullo schermo come se stessi semplicemente cercando la visuale migliore sul monitor. Stavano passando le immagini di me che sbattevo la mia partner contro la porta e iniziavo a baciarla avidamente. Abbassai gli occhi, cercando di togliermi quelle immagini dalla testa. Ero certo che se mi ci fossi soffermato un poco di più, ripensando alle sue morbide labbra, avrei dovuto scappare a nascondermi di nuovo per non saltarle addosso.
Dopo qualche passo nella direzione di Stana però, notai con la coda dell’occhio che mi stava squadrando. Alzai lo sguardo e vidi per un secondo una sua occhiata ostile prima che la mia partner spostasse di nuovo gli occhi sul monitor. Rimasi immobile, confuso, disperato e arrabbiato insieme. Ma perché ce l’aveva tanto con me??
Mi bloccai dov’ero, quasi nel mezzo della stanza, e incrociai le braccia al petto, rimuginando sulle nostre ultime conversazioni e attendendo con impazienza la fine del montaggio in modo da poter finalmente parlare da solo con Stana. Anche perché sapevo che se mi fossi avvicinato in quel momento come minimo mi avrebbe mandato a quel paese o ignorato completamente con la scusa del video. Di tanto in tanto le lanciavo qualche occhiata fugace, ma lei imperterrita teneva gli occhi fissi sullo schermo. Sbuffai scocciato e rialzai gli occhi sullo schermo. Erano ormai arrivati a montare le ultime scene. Rick stava baciando Kate più dolcemente e ora lei aveva intrecciato le loro mani. Di solito mi piaceva osservare come veniva fuori la scena finale, anche se era sempre un po’ strano rivedersi in schermo, ma questa volta solo una piccola parte del mio cervello stava registrando quelle informazioni. La mia attenzione era quasi del tutto focalizzata su ogni più piccolo movimento della mia partner.
A un certo punto il mio sonar interno scattò. Voltai la testa e vidi che Stana si stava protendendo un poco verso lo schermo con occhi socchiusi, le sopracciglia aggrottate, come se cercasse di comprendere qualcosa. Aggrottai a mia volta le sopracciglia, confuso, e guardai il monitor. Stavano montando la scena con Kate che si morde il labbro inferiore seguita da una con visuale sulle loro mani intrecciate mentre i Castle e Beckett si allontanavano. Che aveva di strano? Fu quando rimandarono la scena che capii e impallidii. Dietro le mani intrecciate si intravedevano i miei pantaloni. E a quell’altezza si notava piuttosto chiaramente un rigonfiamento sul davanti. Oh, cazzo.
Stavo già sperando che nessuno se ne accorgesse, e soprattutto che Stana lo prendesse per uno scherzo della sua immaginazione, quando qualcuno nella stanza esclamò sarcastico: “Ehi, mi sembra che qualcuno si sia divertito a fare quella scena!” Non appena capirono il senso della frase, in pratica non appena videro l’immagine dei miei pantaloni sul quale si era fermato Andy, tutti si voltarono verso di me ridacchiando. Con la coda dell’occhio vidi Stana sgranare gli occhi quando capì anche lei che quello che vedeva era proprio quello che immaginava. Sarei voluto sprofondare. Essere inghiottito seduta stante dal pavimento per finire in un universo parallelo, anche se pieno di mostri assetati di sangue. Qualunque cosa. Ma il pavimento non mi prese e io dovetti inventarmi seduta stante qualcosa, nonostante sentissi le guance che mi stavano andando in fiamme per l’imbarazzo.
“Beh, che avete da ridere??” esclamai offeso. “Non sono io, è uno scherzo dei pantaloni!” continuai cercando di essere il più convincente possibile.
“Sì, Nath, sicuro!” replicò uno dei cameraman, Kyle, quasi piegato in due dal ridere. Come se quella fosse la cosa più divertente dell’universo. Beh, non lo era affatto. Era imbarazzante. E umiliante. “Certo non ti si può dar torto, ma almeno ora sappiamo che hai fatto nelle pause delle riprese!” continuò lui sfottendomi. Cazzo, sta zitto! Quanto avrei voluto tappargli la bocca con le mie mani in quel momento! E dire che mi era sempre risultato un ragazzo simpatico.
“Vaffanculo, Kyle” risposi duro senza curarmi del linguaggio. Lanciai un’ultima occhiata a Stana, che ora sembrava guardarmi più confusa e imbarazzata che altro, quindi mi voltai e lasciai la sala senza dire un’altra parola, scocciato e umiliato. Va bene fare la figura del dodicenne alle prime armi, ma un conto era tra noi, un conto era con Stana davanti. Ora sicuramente mi avrebbe preso per un maniaco sessuale.
 
Per la festa di fine stagione, quella sera, mi cambiai con una camicia leggera azzurro chiaro e un paio di semplici jeans scuri. Non ero proprio in vena di festeggiare nulla, ma che altro potevo fare? In fondo ero il protagonista, non potevo non presentarmi.
Per gran parte della serata mi sforzai di tirar fuori una risata o una battuta, ma il massimo che mi uscì fu un sorriso tirato di tanto in tanto. Tenni d’occhio Stana tutto il tempo, ma solo per evitare di incontrare i suoi occhi e per defilarmi da lei ogni volta che arrivavamo a essere troppo vicini. Non volevo che lei si sentisse in imbarazzo a causa mia. Inoltre ero convinto che se solo mi fossi avvicinato mi avrebbe dato dell’immaturo che pensa solo al sesso. Tutti i miei buoni propositi sul parlarle, e magari riuscire una buona volta a dirle cosa provavo, erano andati alla malora nel giro di tre secondi per quella stupida ripresa. Ma con tutti i primi piani con noi a baciarci, proprio le mani con lo sfondo dei miei pantaloni dovevano prendere??
Alla decima volta che mi perdevo nei miei pensieri, invece di prestare ascolto alla mia attuale conversazione con Jon e Seamus, sbuffai e mi passai una mano nei capelli nervoso. Quindi borbottai che avevo bisogno d’aria.
“Nath, va tutto bene?” mi chiese Seam preoccupato.
“Sì, sì, è solo che… fa troppo caldo qui dentro” inventai.
“Ok…” replicò quello poco convinto.
“Se hai bisogno però chiama, amico” aggiunse Jon serio. “Non hai una bella cera e la tua testa è decisamente altrove stasera…” Entrambi avevano capito che qualcosa doveva essermi successo durante il giorno, ma nessuno dei due mi aveva chiesto niente, aspettando che fossi io a parlarne. O forse sapevano, ma volevano comunque che fossi io a cominciare il discorso. In ogni caso mi lasciarono andare, anche se sentii i loro sguardi fissi sulla mia schiena mentre mi allontanavo.
Uscii dal locale e subito sentii una brezza leggera passarmi sulla pelle. Appena chiusa la porta dietro di me, il rumore e la musica forte furono subito attutiti. Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni. L’aria di mare mi riempì subito le narici. Per la festa Marlowe aveva affittato un pub spazioso e molto carino sul lungo mare. Eravamo così vicini che probabilmente, se non ci fosse stato il sottofondo della musica, avrei sentito lo sciabordio delle onde sul bagnasciuga. Feci qualche passo in avanti nel piccolo spazio sul retro. Era una specie di cortiletto in cemento, chiuso ai lati da due muri con mattoni a vista e davanti con un cancello, che veniva usato probabilmente per il carico e scarico merci. Il proprietario ce l’aveva consigliato a inizio serata nel caso avessimo voluto un po’ di tranquillità, visto che l’entrata del locale era assediata da paparazzi, giornalisti e fan. Alzai gli occhi al cielo, ma l’unica cosa visibile, a causa dell’inquinamento luminoso di Los Angeles, era la Luna. Sospirai appena e mi appoggiai con la schiena a uno dei muri, le mani in tasca e gli occhi puntati a quell’unica forma visibile.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando ero lì, ma all’improvviso la musica del locale si fece più forte per qualche secondo, quindi si abbassò di nuovo. Qualcuno doveva aver aperto la porta sul retro. Non abbassai neppure gli occhi per controllare chi fosse. Ero in un punto un po’ nell’ombra, male illuminato, quindi ero poco visibile. Probabilmente era solo qualcuno uscito per fumare o per prendersi una pausa dal frastuono interno.
“Nate…?” Abbassai di scatto la testa. Avevo riconosciuto subito la voce timida di Stana. “Nate, sei qui?” mi chiamò di nuovo facendo qualche passo nel cortiletto. “Nate?” Per qualche secondo rimasi in silenzio, non sapendo se dirle o no dov’ero. Poi la mia curiosità sul perché mi stava cercando prese il sopravvento sull’imbarazzo.
“Sono qui” dissi piano per non spaventarla. Si voltò subito verso il suono della mia voce, ma, non vedendomi bene nel buio, aggrottò le sopracciglia confusa. Approfittai dell’oscurità per osservarla avidamente lungo tutto il corpo senza essere visto. Indossava una maglia blu con dei brillantini argentei, tanto da sembrare il cielo stellato che prima avevo cercato, lunga fino alla cinta e aderente in vita, con lo scollo a barchetta che le lasciava le spalle scoperte. Sotto questa aveva un paio di jeans bianchi che sembravano quasi illuminarsi nel buio e ai piedi portava un paio dei suoi immancabili tacchi neri. Dopo essermi perso per un momento tra le curve dei suoi fianchi, rialzai gli occhi e vidi che aveva i capelli sciolti che le ricadevano lunghi e mossi sulle spalle e attorno al volto. Erano così diversi dal taglio con cui l’avevo conosciuta, corto e sbarazzino. Eppure a me, in ogni sua forma, sembrava sempre la più bella. Oltre che, se potevo ancora una volta rubare le parole a Castle, la più incredibile, esasperante, stimolante e snervante persona che io avessi mai conosciuto. Forse solo Beckett la batteva.
“Nate?” La sua voce mi risvegliò ancora una volta dai miei pensieri. Scossi la testa e mi decisi a uscire dall’ombra. Presi un respiro profondo, quasi come se dovessi andare al patibolo, e mi staccai dal muro, facendo quei pochi passi fino alla luce a testa bassa. “Allora sei qui davvero…” disse lei con un mezzo sorriso quando mi vide. Alzai appena le spalle.
“Già” replicai solo. “Mi cercavi?” domandai poi con tono indifferente. Quelle poche parole sembrarono freddare quel poco di entusiasmo con cui aveva accolto la mia uscita dall’ombra.
“Io…” Sembrò tentennare per un momento, poi però aggrottò le sopracciglia e scosse la testa. “No” disse con un sospiro scocciato. “No, è solo che dentro iniziavano a chiedersi dove fossi e nel cercarti sono finita qui. Ma potevo anche evitare di scomodarmi a quanto pare. Ora posso dirgli che stai bene. Ti lascio in pace e torno dentro” concluse con un tono duro, non suo, che mi colpì come una pugnalata al petto. “Buon proseguimento di serata, Nathan.” Fece per rientrare, ma appena voltate le spalle si girò di nuovo verso di me. “Comunque mi sa che hai sbagliato lato” disse sarcastica. La guardai confuso, non capendo cosa intendesse. “Se volevi rimorchiare qualche donnetta per passare la serata, dovevi uscire dalla porta principale!” Ma che…??
“Stana, aspetta!” la richiamai prima che potesse arrivare alla porta sul retro. Lei si bloccò, ma non si girò. “Non cercavo donnette, come le chiami tu” replicai. “Io volevo… ehm… io…” Quanto era difficile trovare le parole a questo punto? Perché mi si era svuotata la testa?? All’improvviso feci un verso scocciato, tanto che Stana si voltò verso di me sorpresa e preoccupata. Mi passai una mano sulla faccia e dopo qualche secondo mi decisi a mugugnare qualcosa. “Vuoi… vuoi fare una passeggiata con me?” le chiesi piano, quasi timoroso. Lei mi guardò come se fossi impazzito.
“Adesso??” mi domandò infatti. “Nath, sei il protagonista! Ci stanno aspettando dentro e…”
“Ti prego…” mormorai abbassando la mano dalla mia faccia e guardandola negli occhi. “Solo cinque minuti. Non ti chiedo altro. Là dentro fa troppo caldo e c’è troppo casino per parlare. Siamo in riva al mare…” dissi facendo un largo gesto con la mano a indicare il luogo in cui eravamo. “Prendiamoci una pausa. Nessuno si accorgerà che siamo spariti per qualche minuto.”
“Lo dicono anche i nostri sospettati e alla fine li freghiamo sempre per quei pochi minuti” borbottò Stana riferendosi ai nostri personaggi. Feci un mezzo sorriso divertito e scossi la testa. Quindi le allungai una mano, una tacita richiesta a seguirmi. Lei rimase qualche secondo a osservarmi il palmo, indecisa. Quindi sospirò e annuì. Si avvicinò a me, ma non mi prese la mano. Dovevo aspettarmelo alla fin fine, ma già sapere che aveva accettato di fare una passeggiata con me era abbastanza per il momento.
Arrivammo insieme al cancello che chiudeva il cortiletto, lo aprii e le feci un cenno plateale, quasi inchinandomi, a indicarle di passare prima. Lei cercò di far finta di niente, ma non riuscì a nascondermi un piccolo sorrisetto divertito al mio gesto.
Raggiungemmo la strada pedonale sul lungo mare. Tutto era quieto intorno a noi. Durante il giorno la gente al mare e quella sul tratto erboso accanto alla spiaggia creavano un intenso rumore di sottofondo fatto di chiacchierate, grida e risate. Insieme alla musica proveniente dai negozi aperti lungo l’area pedonale, proprio accanto a quella d’erba, tutto diventava caotico e frastornante. Ma a quell’ora della notte, a occhio dovevano essere circa le undici, le uniche persone presenti oltre a noi erano delle coppiette sulle panchine e dei ragazzi che facevano un falò in riva al mare.
In silenzio, iniziammo a percorrere la strada pedonale passando accanto ai negozi chiusi. Eravamo vicini, ma non abbastanza da sfiorarci per sbaglio. Di nuovo non sapevo come iniziare il discorso. Più di una volta avevo aperto la bocca per dire qualcosa, ma non era mai uscito suono. Il silenzio stava diventando pesante e la mia testa sembrava più vuota che mai.
Dopo un po’ alzai gli occhi e mi accorsi di riconoscere il posto. Il lungomare era lungo chilometri e non ci venivo spesso, ma quel pezzo di strada sarebbe rimasto impresso nella mia memoria per sempre.
“Riconosci questo posto?” le domandai all’improvviso con un mezzo sorriso, rompendo il silenzio creatosi. Lei si guardò attorno curiosa, quindi non riuscì a trattenere un sorriso.
“Certo” replicò con una nota che avrei definito dolce. “Qui è dove quel bambino ti è venuto addosso quattro anni fa!” aggiunse dopo un attimo divertita. Io sbuffai e lei scoppiò a ridere. Non potei fare a meno di guardarla ridere e pensare, con un piccolo guizzo del mio cuore, che anche lei si ricordava di una delle nostre prime uscite. “Senza contare il tuo ‘caro’ fan che ti ha rincorso per mezzo lungomare!” continuò divertita, ripensando evidentemente alla scena.
“Non farmici pensare!” esclamai con una smorfia che ebbe l’unico effetto di far ridere ancora di più lei e far battere il cuore a me. Ricordavo ogni singolo istante di quella uscita. Quel giorno le avevo proposto un giro in bicicletta e ci eravamo fermati un po’ in quel tratto per passeggiare. Quindi, mentre lei cercava un regalo per sua sorella, prima un bambino mi era venuto addosso e poi un armadio a quattro ante vestito da motociclista aveva deciso di inseguirci ovunque andassimo. Proprio dalla libreria davanti a cui stavamo passando in quel momento, la nostra fuga aveva avuto inizio. Beh, a dir la verità la mia fuga, visto che pensavo ce l’avesse con me. Che poi, come avrei mai potuto indovinare che era un mio fan?? In ogni caso, avevo scoperto la verità solo quando, fermandoci in una gelateria, lui ci aveva raggiunto e mi aveva chiesto l’autografo. Ma non era per quello che ricordavo così bene quella scampagnata con lei. Era perché, mentre facevamo i fuggiaschi, avevo pensato bene di farci nascondere entrambi in uno sgabuzzino tra due negozi che serviva al custode del parco come piccolo magazzino per tenere gli attrezzi della manutenzione. Era stata la prima volta in cui ero stato seriamente intenzionato a baciarla. All’epoca però non avevo capito ancora cosa mi legasse a lei e questo mi aveva fermato dal farlo davvero. Oltre che l’intervento del custode che aveva aperto all’improvviso lo sgabuzzino. Ricordai divertito quanto avevo odiato in quel momento quel pover’uomo. Anche se, seriamente, avrebbe potuto anche scegliere un momento migliore per rimettere a posto il parco…
“NATHAN FILLION???” Un urlo improvviso proveniente dalle nostre spalle fece balzare me e Stana dalla sorpresa. “OMMIODIO!! E QUELLA NON E’ STANA KATIC??” Ci voltammo immediatamente e rimasi paralizzato. ‘Ommiodio’ avrei dovuto dirlo io! Una mandria di fan proprio adesso?? Dovevano essere almeno una quindicina di donne tra i 16 e i 40 anni che doveva essersi stufata di aspettare che uscissimo dal locale e aveva deciso di farsi un giro nell’attesa.
“Devono essersi staccate dal gruppo fuori dal pub” commentò Stana, dando voce al mio stesso pensiero, con tono rassegnato. Feci un verso sconfortato. Di solito non avevo niente contro i fan, anzi mi piacevano e stavo volentieri con loro, ma, cavolo, proprio ora?? Non solo non ci avrebbero mollato per un po’, ma avrebbero anche fatto delle foto e commentato su Twitter, Facebook e quant’altro che eravamo insieme di sera a passeggiare!! Stana ci sarebbe rimasta malissimo. Anche a lei piaceva intrattenersi con i fan, ma non quando era con qualcuno, soprattutto con me. Teneva tantissimo alla sua privacy e non le piaceva che la sua vita privata finisse spiattellata ovunque.
Un’idea mi balzò all’improvviso in testa. Le fan erano ancora a diversi metri di distanza, anche se ci stavano raggiungendo velocemente. Se correvamo, potevamo farcela.
“Vieni!” esclamai all’improvviso prendendo la mano di Stana e tirandomela dietro.
“Cos…??” Non ebbe il tempo di replicare che stava già procedendo dietro di me. Per fortuna sapevo che non aveva troppe difficoltà a correre sui tacchi, altrimenti forse non avrei tentato un’impresa del genere. “Nath, che stiamo facendo??” mi domandò, quasi urlando, con un tono tra l’arrabbiato e il confuso.
“Scappiamo!!” risposi divertito, anche se con un po’ di fiatone. Sentivo dietro di me le fan urlare a gran voce i nostri nomi e i loro passi farsi veloci per starci dietro.
“NATHAN!” esclamò Stana cercando di frenarmi, ma avevo sentito anche una mezza risata uscirle nella minaccia.
“Un attimo!” replicai in risposta. Finalmente vidi la piccola curva del viale poco più avanti. Svoltai, sempre correndo e tenendo la mano della mia partner, e dopo pochi passi svoltai di nuovo in un vicoletto fino a fermarmi di botto. Sentii Stana sbattermi contro la schiena tanto era stato improvviso il mio arresto.
“Nath, che diav…” Non la feci finire che la zittii con una mano sulla bocca, mentre con l’altra aprivo la piccola porta davanti a noi. Per nostra fortuna a quanto pareva il custode la lasciava sempre aperta. Un attimo dopo mi infilai in quel piccolo spazio tirandomi ancora una volta dietro Stana, che finì contro di me con una mezza piroetta. Chiusi la porta alle nostre spalle proprio nel momento esatto in cui sentii le fan passare davanti al viottolo senza fermarsi, chiamando ancora a gran voce, con un misto di eccitazione e disperazione, i nostri nomi.
Rimanemmo in silenzio per qualche attimo, immobili, mentre cercavamo di regolarizzare i nostri respiri per la corsa. Non avevo neanche realizzato che stavo abbracciando la mia partner da dietro e che la sua schiena era completamente attaccata al mio petto.
“Ho come un senso di déjà vu…” borbottò divertita Stana alla fine voltando a metà la testa verso di me. Notai, grazie alla luce della luna che filtrava da alcuni piccoli anfratti della porta, che sorrideva. Ridacchiai divertito. Non potevo che darle ragione. Infatti eravamo nello stesso sgabuzzino in cui ci eravamo nascosti anni prima per scappare dal motociclista. “Mi spieghi perché ogni volta che veniamo qui finiamo inseguiti dai tuoi fan?” mi domandò poi con un sopracciglio alzato.
“Guarda che non erano solo miei fan…” le sussurrai divertito all’orecchio. “Gridavano anche il tuo nome, nel caso non te ne fossi accorta...” Alle mie parole mormorate la sentii rabbrividire contro il mio corpo. E fu in quel momento che realizzai pienamente che stavo continuando a stringerla contro di me come se fosse un fatto assolutamente normale. Trattenni il respiro, ma l’unico effetto fu che il suo profumo mi salì immediato alle narici. Quasi inconsciamente chiusi gli occhi e lo ispirai più profondamente.
Stana però doveva essersi accorta anche lei della nostra posizione, poiché si mosse a disagio. Essendo ancora attaccati, quel piccolo movimento mi procurò una scarica lungo il corpo, che mi finì nuovamente dritta sul davanti dei pantaloni. Cavolo, ero seriamente peggio di un quindicenne.
Lasciai cadere immediatamente le braccia dal suo corpo e cercai di allontanarmi di un passo, ma una tavola inchiodata alla parete dietro di me me lo impedì. Lanciai una bassa imprecazione quando gli oggetti metallici sul ripiano si mossero fragorosamente. Non potevo permettere che Stana sentisse l’effetto che aveva su di me dopo quello che aveva visto in sala montaggio. Ci mancava solo che mi prendesse di nuovo per un maniaco!
“Scusami, io…” dissi subito imbarazzato, ma lei mi interruppe.
“Non fa nulla” dichiarò piano, girandosi del tutto verso di me e anche lei facendosi appena più indietro. Uno spiraglio di luce le colpì gli occhi e per un attimo notai che sembravano tristi. “Forse dovremmo tornare…” continuò lei abbassando lo sguardo. La sentii, più che vedere, mettere una mano sulla maniglia della porta per aprirla. D’istinto portai subito la mia mano sulla sua per bloccarla.
“No, aspetta!” esclamai allarmato. Lei alzò gli occhi su di me, confusa. Dovetti improvvisare una scusa per non lasciarla uscire. “Non… non vorrai che quelle fan ci assalgano di nuovo, vero? Hai visto quanto erano agguerrite?” domandai per alleggerire l’atmosfera. “Ci avrebbero attaccato e noi saremmo stati senza scampo!” Stana non riuscì a trattenere un mezzo sorriso alla mia uscita.
“Ne parli come se fossero degli animali impazziti scappati da una riserva naturale” commentò scuotendo la testa divertita.
“Beh, non dirmi che non hai avuto anche tu paura quando ci hanno adocchiato!” dichiarai per confermare la mia tesi. “Andiamo, non hai mai visto Madagascar??” Non sapevo da dove mi era uscita quella citazione, ma ormai mi ero buttato, quindi tanto valeva andare avanti, no? “Quando c’è il leone affamato che morde perfino il suo amico?? Ci avrebbero mangiato un solo boccone, te lo dico io! GNAM!!” esclamai facendo il gesto di una bocca che morsica con la mano contro il suo fianco e facendola scoppiare a ridere. Il mio cuore perse un battito. Dio, quanto amavo la sua risata.
“Quindi...” iniziò a dire quando si fu calmata. “Devo dedurre che mi hai salvato di nuovo?” mi chiese piano Stana dopo qualche secondo con gli occhi bassi. Aggrottai le sopracciglia perplesso. Lei si morse il labbro inferiore. “Insomma quel… quel giorno al cimitero… avevi detto che non mi avresti più… più salvato, ecco…” continuò timida. La guardai ancora più confuso per un momento. Poi capii e un flash di un anno prima, del giorno delle riprese al cimitero, mi venne in mente. Insieme alle sue parole contro di me dopo averla salvata dal suo ex, che stava indubbiamente per picchiarla. E alla mia risposta.
“Ah, se sei convinta di essere nel giusto, allora d’accordo, hai ragione tu. Ma ti avverto: visto che non sono gradito, io non ti salvo più.”
Quelle erano state le mie parole.
Sospirai e mi passai una mano tra i capelli.  Quindi mi avvicinai appena e le alzai delicatamente il mento con una mano così che mi guardasse, per quanto possibile vista la scarsa luce.
“Credevi seriamente che l’avrei fatto?” le domandai retorico e dolce. “Ero arrabbiato e parlavo a vanvera, lo sai. Non potrei non salvarti se avessi bisogno di me. E non solo perché sono il tuo partner… ma anche perché sei la mia principessa, ricordi?” le domandai con un mezzo sorriso, ricordandomi del modo in cui scherzavamo anni prima, quando ci eravamo conosciuti. “Quale cavaliere lascerebbe la sua principessa in pericolo?” Lei sorrise imbarazzata e abbassò per un attimo gli occhi. Se non fosse stato per il buio, ero sicuro che l’avrei vista arrossire.
“Era tanto che non mi chiamavi così…” mormorò piano, come persa dal ricordo.
“Era tanto che non avevo più l’occasione di farlo” replicai serio. Rialzò gli occhi su di me. “Ho già rischiato di perderti e più di una volta. Non voglio ripetere lo stesso errore. Non voglio più rischiare di lasciarmi sfuggire qualcosa di così unico come te.” Rimase con la bocca semiaperta. Per un attimo vidi brillare i suoi occhi alla luce della Luna. Erano splendidi. Lei era splendida.
Una voce dentro la mia testa mi urlò di farmi avanti ORA, in quell’esatto momento. Il mio cuore riprese a battere furiosamente. La mia mano, ancora sotto il suo mento, si spostò appena per andare ad accarezzarle una guancia lentamente. Per un secondo vidi i suoi occhi scendere sulla mia bocca, con quel giochetto che lei faceva inconsciamente e che mi aveva sempre mandato fuori di testa. Da quello presi coraggio e mi avvicinai ancora di un passo. Mi ritrovai praticamente a sfiorare il suo corpo col mio, il suo seno contro il mio petto, tanto poco era lo spazio tra di noi. Mi abbassai appena e sentii il suo respiro caldo e veloce sulla pelle. La vidi chiudere gli occhi e avanzai di quell’ultimo centimetro rimasto tra le nostre bocche.
Prima che potessi arrivare a sfiorare le sue labbra però, lei sfilò d’un tratto la mano che aveva ancora sotto la mia e sopra la maniglia e la mise sul mio petto, spingendomi appena all’indietro.
“Posso chiederti una cosa?” mi domandò con le sopracciglia aggrottate e il respiro ancora un po’ pesante, la mano che non si era mossa dal petto. Non dissi nulla e aspettai che continuasse per evitare di cacciare un urlo di frustrazione e dolore. “Perché?” Aggrottai le sopracciglia confuso.
“Perché cosa?” chiesi a mia volta stupito, con una voce più bassa e roca di quanto avrei voluto.
“Perché questo!” esclamò Stana con un misto di frustrazione e imbarazzo, facendo un gesto con la mano a indicare noi due. “Insomma ci baciamo durante le riprese, ma ti allontani come se volessi vomitare!” La guardai come se fosse impazzita. “Poi in sala montaggio scopro che ti sei…” Rimase per un attimo senza parole, troppo imbarazzata forse per dirlo. “Eccitato, ecco, e ora di nuovo questo!!” La vidi quasi ansante per quella semisfuriata. “Nathan, io non ti capisco! Non capisco se mi consideri così male da volerti allontanare da me come schifato o se ti ecciti non appena ti avvicini a una donna qualsiasi o…”
“Da vomitare??” esclamai senza parole. Mi ero bloccato su quelle parole e continuavo a non comprenderle. “Pensi seriamente che… tu… stai scherzando, vero?” le chiesi dopo qualche attimo, ancora troppo stupefatto della cosa. Lei scosse la testa come a negare, ma piano, quasi non ci credesse davvero neppure lei. Feci un sospiro profondo. “Stana, tu sai cosa mi provochi realmente?” le domandai. “Questo!” Senza che ebbe il tempo di dire o fare niente, le passai una mano intorno alla vita e la attirai con forza verso di me. Il suo urletto sorpreso nascose il mio mugugno soffocato di piacere quando il suo bacino colpì il mio.
“Nath, ma che…??” In quel momento dovette accorgersi dell’effetto che aveva su di me, perché abbassò di scatto gli occhi sui nostri corpi attaccati. Doveva aver sentito il mio eccitamento per la sua vicinanza. Per la scarsa illuminazione non riuscivo a vedere, ma ero sicuro che Stana fosse arrossita istantaneamente. Una lama di luce entrante nello sgabuzzino mi permise di vederla tornare a guardare verso di me con gli occhi sgranati.
Questo è quello che mi provochi…” le sussurrai piano all’orecchio con voce bassa, continuando a stringerla a me. La sentii rabbrividire leggermente tra le mie braccia. “Durante le pause delle riprese tra un bacio e l’altro mi assentavo perché ero sicuro che se fossi rimasto accanto a te non sarei riuscito a fermarmi e ti sarei probabilmente saltato addosso. Tu non hai idea della fatica che ho fatto per controllarmi e restare lucido. Ma il video in sala di montaggio ha evidentemente fatto fallire tutti i miei tentativi di non sembrare un maniaco sessuale…”
“Ma se eri… insomma… ti avrei lasciato più tempo e…” balbettò Stana. “Perché non me lo hai detto?” mi chiese alla fine rassegnata. Sorrisi appena.
“Non volevo che pensassi che nella mia testa ci fosse solo quello o che facessi così con ogni donna, come infatti mi hai detto di aver pensato.” Abbassò gli occhi imbarazzata. “Perché non è così. C’è semplicemente una parte di me che non è mai riuscita a smettere di pensare a te. E l’effetto…” dissi stringendola appena di più contro il mio corpo. “Che hai su di me ne è una prova. Con nessuna, nessuna, mi era mai successo solo grazie alla loro vicinanza.” Quando aprì la bocca le uscì un piccolo gemito strozzato che mi mandò il sangue alla testa. Ma attesi. Stana aveva capito cosa le stavo dicendo, ma sembrava ancora avere dei dubbi da come si mordeva nervosa il labbro inferiore. E io volevo eliminare ogni incertezza.
“Non voglio essere una delle tue tante…” mormorò a un certo punto con gli occhi bassi, tanto piano che quasi non la sentii. Sospirai e scossi la testa.
“Stana, guardami” la implorai alzandole di nuovo piano il mento con una mano. I suoi occhi, timorosi e speranzosi insieme, incontrarono i miei. “Tu non potrai mai essere una delle tante. Tu sei… tu sei speciale e unica e…” Ora che mi servivano le parole non riuscivo a trovarle e con lei che mi guardava attentamente non era facile. Sospirai e chiusi per un attimo gli occhi. “Quattro anni fa, quel giorno nel mio appartamento, ti ho chiesto tempo per capire che diavolo provassi per te” dissi seriamente incrociando di nuovo il suo sguardo. “Perché qualcosa c’era già, anche se di ancora indefinito. Finalmente, anche se dopo tanto ritardo, l’ho capito. L’ho capito l’anno scorso, quando ho avuto paura che rimanessi ferita per colpa del tuo ex, quando ho impersonato Castle e ho provato per un momento cosa volesse dire veder quasi morire una persona che si ama tra le proprie braccia…” La sentii per un momento trattenere il respiro a quelle parole. “Perché io provo questo per te Stana: amore. Mi sono innamorato di te in una maniera talmente forte e profonda da pensare che esistesse solo nelle favole. E invece… invece ho scoperto che è reale” dissi con un mezzo sorriso. “E sai quando l’ho capito?” Stana mi guardava con la bocca semiaperta, senza parole, ma negò appena col capo. “Quando ho sentito il cuore iniziare a galoppare forte per un tuo sorriso, per una tua carezza, per una tua risata o per la tua sola vicinanza. E, ammetto, anche per quei vestiti che ti piacciono tanto e che coprono ben poco del tuo corpo, facendomi letteralmente perdere il fiato!” esclamai per alleggerire l’atmosfera. Stana infatti non riuscì a trattenere un sorriso divertito e abbassò per un momento il capo per tentare di nasconderlo con poco successo. Quando mi guardò di nuovo negli occhi, mi feci più serio. Le carezzai appena il volto con la mano libera e lasciai vagare il pollice sulle sue labbra. “Ho provato a fare come mi avevi detto, a cercare un’altra donna per cui valesse la pena provare qualcosa…” sussurrai piano. “Ma alla fine ogni mia scelta riportava a te. Non voglio passare un altro giorno senza poter essere libero di sfiorarti o baciarti. Non voglio passare un altro giorno senza di te…” L’ultima frase quasi gliela soffiai sulle sue labbra, alle quali mi ero pericolosamente avvicinato durante il mio discorso. “Perché? Perché io ti amo, Stana...” Feci appena in tempo a finire di pronunciare il suo nome che mi ritrovai la sua bocca sulla mia. E in un attimo ci stavamo di nuovo baciando come nelle riprese per Castle e Beckett. Ma stavolta era reale. Stavolta nessuno ci avrebbe interrotto. E, in più, stavolta non avevo nessuna intenzione di controllarmi.
Appena lei schiuse la bocca io ci infilai dentro la lingua per approfondire il bacio. Il suo profumo mi diede ancora una volta alla testa e il suo sapore… dio, il suo sapore era qualcosa che non avrei mai dimenticato. Quando lei mi morse il labbro inferiore, strusciandosi nel frattempo contro di me, non riuscii a trattenere un gemito. La baciai con foga e passione e, quando il bisogno di ossigeno divenne impellente, mi spostai sul suo viso iniziando a lasciarle baci sulla guancia e scendendo lentamente lungo il suo collo. Appena lo raggiunsi, baciai e morsi un punto, che ricordavo sensibile, sotto il suo orecchio. Gemette e quasi le cedettero le gambe al mio gesto. Se non l’avessi tenuta stretta tra me e la parete dello sgabuzzino, e se lei non fosse stata così aggrappata alla mia camicia, sarebbe caduta a terra sicuramente.
Mentre la baciavo, ne approfittai per esplorare con le mani ogni centimetro raggiungibile del suo corpo. Se in Castle mi ero in parte trattenuto, in quel momento le lasciai vagare come con vita propria. Le alzai la maglia e ci infilai sotto le mani per passarle sulla sua pelle calda. Quindi continuai a far salire una mano fino a raggiungere il suo seno, mentre l’altra la feci al contrario scendere, passandogliela poi sulla parte alta della coscia e sul suo fondoschiena. Quella doppia sensazione le fece lanciare un gemito più alto del precedente e io aumentai la mia pressione su di lei.
Ci volle diverso tempo prima che il bacio iniziasse a diminuire d’intensità, finché non ci ritrovammo a baciarci in modo lento e dolce. Non che la passione fosse finita, anzi, ma evidentemente una qualche parte del nostro cervello si era ricordata del fatto che eravamo in uno scomodo e piccolo sgabuzzino per gli attrezzi da giardinaggio del parco.
Finalmente ebbi abbastanza facoltà mentali da lasciarle un ultimo bacio sulle labbra, prima di appoggiare la mia fronte alla sua. Entrambi stavamo cercando di tornare a respirare normalmente.
“Wow…” mormorai. Stana ridacchiò e mi lasciò un altro piccolo bacio sulle labbra. Alzai la testa e la guardai negli occhi, mentre con le dita tracciavo disegni invisibili sui suoi fianchi dove le mie mani erano posate. “Allora il mio discorso ha funzionato” commentai fintamente sorpreso. Stana rise e scosse la testa.
“Sì, credo che possa aver avuto un suo peso…” replicò divertita. Ghignai e stavolta le lasciai io un casto bacio, prima di appoggiare di nuovo la fronte alla sua.
“Credo che ora però dovremmo tornare davvero” mormorò Stana alla fine con un lieve tono sconsolato.
“Dobbiamo proprio?” borbottai spostandomi sul suo collo e iniziando a baciarlo piano. La sentii trattenere il respiro quando raggiunsi l’orecchio e non trattenni un sorrisetto furbo. “Potremmo sempre andare a coccolarci a casa…” sussurrai soffiandole appena sul collo. A quelle parole si irrigidì e quando realizzai cosa avevo detto mi spostai di scatto per guardarla. “Scusa, non volevo dire questo!” esclamai subito mentre lei aggrottava le sopracciglia perplessa. “Oh, beh, insomma sì, volevo dirlo, ma non è che voglio portarti solo a letto, è solo che…” Non feci in tempo a finire il mio sproloquio che Stana mi prese i lembi della camicia e mi attirò di nuovo a sé per baciarmi e farmi stare zitto. Un ottimo modo per zittirmi, direi. Avrei anche potuto farci l’abitudine…
“Lo so, tranquillo” dichiarò lei ridacchiando quando mi lasciò andare. “Stavo solo pensando che non possiamo andare subito, ma dobbiamo aspettare almeno la fine della festa.” Mi calmai istantaneamente, riprendendo il sorriso.
“Ripeto: dobbiamo proprio?” mugugnai come un bimbo a cui negano di giocare se prima non ha fatto i compiti. Stana rise divertita.
“Sì!” esclamò. Feci una smorfia contrariata che lei vide solo in parte a causa della scarsa luce, ma che la fece comunque ridacchiare ulteriormente. Quindi Stana mise la mano sulla maniglia della porta con la chiara intenzione di uscire, ma io la bloccai ancora una volta con la mia.
“Aspetta…” La attirai di nuovo a me e la bacia profondamente, con meno foga, ma più dolcemente di prima. “Ti amo” le mormorai sulle labbra quando ci staccammo. Quindi, senza aspettare che replicasse, aprii io la porta dello sgabuzzino e uscii tenendola per mano. Per fortuna non c’era nessuno in giro. Chissà da quanto eravamo là dentro. E chissà dove erano finite le fan. Boh. In ogni caso se le avessi riviste avrei fatto loro tutti gli autografi e le foto che volevano per ringraziarle di averci inseguito.
Ci incamminammo di nuovo in silenzio verso il pub mano nella mano. Stavolta però non era un silenzio teso. Era consapevole e complice. Passammo di nuovo dal retro del locale, ma a pochi passi dalla porta mi fermai e portai Stana davanti a me. Le spostai una ciocca di capelli dal visto e rimasi con la mano ad accarezzarle il viso. L’avevo vista pensierosa durante la strada e la cosa mi aveva in parte preoccupato. Lei fece un piccolo sorriso al mio gesto.
“Un penny per i tuoi pensieri” dissi divertito, anche se con un velo di ansia insieme. Lei scosse la testa alla mi uscita, sempre sorridendomi.
“Scusa” rispose. “Stavo solo pensando agli altri…”
“Altri?” domandai confuso. Fece un piccolo cenno con la testa verso la porta dietro di lei e capii che parlava dei nostri amici e colleghi.
“Come la prenderanno…”
“Conoscendo Tamala farà i salti di gioia” commentai con un mezzo sorriso, un poco sollevato dal fatto che fosse quello il problema e non noi due. “E se parliamo di Jon e Seam, quelli sono peggio di Espo e Ryan! Si metteranno subito a raccogliere scommesse vedrai!” Lei alzò gli occhi al cielo alla mia uscita e io ridacchiai. “Comunque nessuno ci obbliga a dirglielo stasera” continuai poi più serio, abbassandomi appena per far incontrare lievemente il mio naso con il suo. “Possiamo farlo domani o fra una settimana o fra un anno, come preferisci.” Lei mi guardò per un momento negli occhi, come se cercasse là la conferma alle mie parole.
“E tu credi che fra un anno saremo ancora insieme?” domandò piano, con un tono che voleva essere divertito, ma che uscì un po’ preoccupato per la possibile risposta.
“Se lo chiedi a me, non ho dubbi a riguardo…” mormorai con un mezzo sorriso prima di prenderle il viso tra le mani e lasciandole un piccolo bacio sulle labbra. “E se sarò così coglione da lasciarmi scappare una donna come te…” aggiunsi quando ci staccammo. “Allora l’unica spiegazione valida sarà che gli alieni mi avranno mangiato il cervello.” Alla mia uscita Stana scoppiò a ridere.
“Aspetta, mi stai dicendo che non l’hanno già fatto?” mi domandò, decisamente più tranquilla e divertita di prima. Feci una smorfia offesa che la fece solo ridere di più. “Dai, andiamo” mi disse alla fine riprendendo la mia mano e trascinandomi fino alla porta pochi passi dietro di noi. Avevo già la mano sulla maniglia quando Stana mi richiamò.
“Ah, Nate…” Mi voltai verso di lei in attesa. Lei mi prese per il colletto della camicia e mi fece abbassare appena mentre si alzava sulle punte. Pensavo già volesse baciarmi, ma all’ultimo deviò verso il mio orecchio. “Ti amo anch’io” mi sussurrò un attimo prima di staccarsi da me con un sorrisetto in volto e scomparire dietro la porta. Io rimasi immobile, la bocca semiaperta, gli occhi sgranati e il cuore a mille all’ora. Avevo dimenticato anche di dover respirare. Stana Katic aveva appena detto di amarmi. Appena realizzai la cosa, un sorriso enorme e idiota mi spuntò in faccia, ma non potei farne a meno. Stana mi amava!!
Dopo qualche secondo mi decisi a riprendere a respirare e a seguire la mia donna all’interno. La mia donna… molto maschilista e possessivo forse, ma cavolo!! Lo era davvero!! Fosse stato un sogno non avrei voluto svegliarmi mai più.
Un attimo dopo vidi proprio Stana due passi davanti a me. La raggiunsi velocemente, con la testa già a quello che avremmo fatto quando saremmo stati finalmente soli, a come l’avrei baciata e a come l’avrei stretta a me per non lasciarla più andare…
“NATHAN! STANA!” L’urlo di Tamala, Jon e Seamus insieme mi fece prendere un colpo. Ci girammo entrambi verso di loro. “EHI!! Sono tornati!!” esclamò Jon voltandosi all’indietro verso chissà chi. “Ragazzi, che fine avevate fatto??” continuò poi girandosi di nuovo verso di noi con tono scocciato.
“Nessuna!” replicai subito d’istinto. “Perché?”
“Come perché??” esclamò Seam che mi osservava come se fossi impazzito. “E’ più di un’ora che siete spariti! Iniziavamo a preoccuparci seriamente!”
“Più di un’ora??” ripeté Stana stupita, voltandosi a guardarmi. Oh, cavolo. Non avevo realizzato che eravamo stati via per così tanto. “Pochi minuti, eh?” borbottò poi sarcastica Stana sottovoce in modo che la sentissi solo io, rinfacciandomi le mie parole di quando l’avevo portata via dal locale.
Mi passai una mano sul collo imbarazzato.
“Ehm… scusate è colpa mia…” iniziai io. “Ci siamo allontanati per causa mia e non ci siamo accorti del tempo che passava e…” Ma non riuscii a continuare che Tam mi interruppe.
“Aspetta, eravate davvero insieme?” mi chiese stupita. Cavolo la mia lingua. Ma perché non stavo mai zitto?? Di sicuro avevano azzardato mille ipotesi su dove fossimo e una di queste molto probabilmente era andata molto vicina alla realtà…
“Cos… no!” esclamai subito, anche a voce più acuta del normale, cercando di negare quello che la mia boccaccia aveva appena pronunciato. “No, no, noi eravamo… cioè io ero…”
“Insieme a Stana!” concluse per me Tamala che continuava a squadrarci da capo a piedi. Poi all’improvviso si soffermò sul volto della mia partner, sgranò gli occhi e le saltò al collo. “CE L’AVETE FATTA!!” Urlò talmente forte che ebbi paura che spaccasse un timpano a Stana.
“Fatto cosa?” cercò di arginarla la mia partner mentre il rossore sulle sue guance la tradiva palesemente. Sentendola, Tam si tirò indietro e la minacciò puntandole un dito contro.
“Non provare a mentirmi, ragazza! Mr. Fillion qui non riesce a trattenere un sorriso a trentadue denti quando un’ora fa sembrava fosse appena uscito da un funerale, mentre tu sembri fin troppo rilassata rispetto a quando sei sparita!” Io e Stana ci scambiammo uno sguardo rassegnato di chi è stato appena colto sul fatto.
“Aspetta, voi due sul serio…” balbettò Jon a bocca aperta.
“AH!! Lo sapevo! Paga, amico!” esclamò di rimando Seam allungando una mano verso Jon. Quello borbottò qualcosa di poco carino mentre tirava fuori il portafoglio. Stana mi guardò stupita e io alzai le spalle ridacchiando. Che potevo farci se ero un veggente?
“Ok, pausa ricreazione finita!” si mise in mezzo Tam prendendo sotto braccio Stana. “Fillion, te la rubo per un po’, ma stai tranquillo che te la riporto prima della fine della serata!”
“Ci conto!” replicai divertito.
“Tam, aspetta un secondo” la fermò Stana. Si staccò un momento dall’amica e tornò verso di me. “Sai che Marlowe mi ha dato qualche anticipazione sulla nuova stagione?” mi sussurrò con tono malizioso all’orecchio facendomi rabbrividire. Deglutii e negai appena col capo.
“Davvero?” riuscii a dire con voce tesa. “E cosa ti avrebbe detto?” mi azzardai a chiedere. La sentii sorridere contro il mio collo.
“Che Castle e Beckett si risveglieranno dopo una notte estenuante…” mi sussurrò ancora. “E non credo di sapere bene come sia svegliarsi la mattina dopo aver fatto quattro… round.” Calcò particolarmente sull’ultima parola in modo che ne capissi il significato. “Credo che dovrò fare un po’ di prove per calarmi nel personaggio, non trovi? Pensi di volermi aiutare più tardi?” Smisi di respirare. Noi avremmo… avremmo fatto… Dio santo, come avrei passato il resto della serata sapendo cosa mi aspettava una volta a casa??
“Cer… certo…” riuscii a biasciare con voce rauca dopo qualche secondo.
“Grazie” replicò lei lasciandomi un bacetto sulla guancia, pericolosamente vicino alla mia bocca, che bastò a scatenare applausi e fischi da quelli intorno a noi. Quindi, con un sorrisetto malefico sulle labbra, si voltò e riprese a braccetto Tamala. Mentre si allontanavano (Stana muovendo particolarmente i fianchi, cosa che mi fece mordere involontariamente il labbro inferiore nel guardarla), sentii Tam dire subito alla mia partner “Ok, adesso racconta tutto e con i particolari!”
“Allora, bro, vuoi darci qualche informazione di come è accaduto il miracolo?” mi domandò Jon allegro dandomi una pacca sulla spalla.
“Dai, siamo tuoi amici!” gli diede man forte Seam con un sorrisetto angelico. Mi avevano accerchiato. Io sospirai e mi rassegnai a dovergli raccontare almeno qualcosa. Prima di farlo però, guardai un’ultima volta nella direzione di Stana, nell’angolo in cui stava discutendo con Tamala, che sicuramente voleva più dettagli. Per un attimo la mia partner alzò gli occhi e incrociò il mio sguardo. Mi sorrise dolcemente prima di tornare a concentrarsi sull’amica che chiedeva attenzione. Sospirai appena. Stana era bellissima e speciale. Unica. Straordinaria quanto Kate se non di più, visto che era reale. E mi amava. Quanto potevo essere fortunato? Ci avevo messo tre anni a capirlo e uno per dirglielo, ma l’attesa era stata decisamente uno scotto che avrei pagato ancora se quel bacio nello sgabuzzino era davvero solo l’inizio. Perché ormai ne ero certo più che mai. Lei era la mia partner. Lei era la donna che amavo. Lei era il mio always.

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Xiao!!! :D
Ok, lo so sono oscena, ci ho messo ventimila anni a pubblicare, ma proprio non becco mai il periodo giusto per fare long... -.-
Anyway, questo è l'ultimo capitolo di How I Met... e, che dire, spero vi sia piaciuto! :) Spero che abbiate capito e vi siate ricordate i rimandi agli altri capitoli, anche se li ho scritti ere fa... chiedo ancora venia per il ritardo... :)
Ok non so che altro dire... Grazie a chi ha seguito/ricordato/preferito questa storia e a chi ha speso anche solo qualche minuto per dirmi cosa ne pensava... vi adoro tutte!! *___*
Beh, ora che ho finito questa storia direi che posso tornare a dedicarmi a Rick e Kate... mi mancano! XD
Boh penso di aver detto tutto... 
Ah un'ultima cosa... questo capitolo voleva essere una sorpresa per tutti, anche per le mie due consulenti, quindi se non vi piace la colpa è interamente mia e me ne scuso in anticipo...
Boh ho finito davvero!! XD 
(No ancora una cosa... SETTEMBRE ARRIVA PRESTO TI PREGO!!!!!)
Ok via, vado! XD
A presto! :D
Lanie
  
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