Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: breosaighead    25/07/2013    7 recensioni
Aristotele li avrebbe definiti “l’uno l’alter ego dell’altro”, - e avrebbe avuto ragione - le stesse parole che aveva usato per descrivere l’unione tra Alessandro il Grande ed Efestione.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





 
Alter Ego
 
"Don't let me go"
 
Quando le mani di qualcuno stringono una maniglia, come sta facendo ora quella affusolata di Harry, può essere un buon segno, oppure no.
Ci sono solo due motivi per cui la mano di qualcuno può stringere una maniglia, e il primo è: quella persona, aldilà dell’uscio, sta arrivando e sta per entrare a far parte di qualcosa oppure sta uscendo, per lasciarsi qualcosa alle spalle.
Harry non appartiene a nessuno dei due casi. Lui spera proprio di non varcare quella porta, non da solo e non questa sera.
Sa che se lo farà non ci saranno opportunità per tornare indietro.
Harry spera che Louis lo fermi, che si alzi da quel – ora – maledetto letto e lo raggiunga. Che posi la mano sulla sua, gliel’accarezzi delicatamente, gliela stringa e che infine la faccia allontanare da lì.
 
“Non lasciarmi andare, Louis. Non lasciarmi andare. Non so se dopo avrò la forza di tornare indietro.”
 
Harry è ancora in piedi davanti a quella piatta tavola di legno talmente scuro mentre la sua mano continua a essere posata sulla maniglia di ferro, che piano piano si sta riscaldando sotto la sua presa.
Il color ebano della porta si confonde con le pareti della stanza, in realtà bianche, tutta buia a causa dell’oscurità che regna.
Se c’è una cosa di cui è felice Harry, ora, è che tutto sia così talmente nero, perché lui ama il nero e tutti i colori dalle tonalità scure. Pensa che il nero oltre a far paura nasconda ciò che uno non vuole mostrare, e lui non vuol far vedere a Louis che sta soffrendo.
Non vuole fargli vedere che le sue spalle si stanno alzando e abbassando, seguendo il ritmo dei suoi singhiozzi silenziosi.
Harry vuole solo che Louis si alzi da quel letto che se avesse il dono della parola lo griderebbe anche lui.
La sua mano sudata dall’ansia che il ragazzo alle sue spalle non lo raggiunga continua a tenere stretta quella maniglia senza avere il coraggio di spingere in basso e aprire la porta che lo separa dal lungo pianerottolo e che, poi, lo separerà anche da Louis.
 
«Harry»
 
Una macchina con la radio a un volume esagerato, che si crede padrona della strada, passa in quel momento e il sussurro di Louis non si sente, ma lui non ha la forza di richiamarlo, di sussurrare una volta ancora il suo nome.
La sua mano, che dovrebbe andare a posarsi sopra quella del riccio davanti a lui, scorre fra i suoi capelli lisci, ed è strano: quelli non sono i ciuffi ribelli di Harry.
Questa volta il percorso delle sue dita non viene interrotto dai nodi, ma prosegue tranquillamente.
Le sue mani ora gli vanno a nascondere il viso, gli coprono gli occhi e scivolano giù con una lentezza innata. Prima di congiungersi a mo’ di preghiera si soffermano sulle sue guance, lisce e senza le due solite fossette che è abituato ad accarezzare e a percorrere con l’indice.
 
“Lou, perché non vieni?”
 
Louis sa che se non si alza, lo perderà.
Sa che se non si alza ora, Harry aprirà quella porta e se ne andrà senza voltarsi indietro. Perché se lo facesse, sa che tornerebbe sui suoi passi e si getterebbe con lui nel letto a una piazza media, comprato da entrambi appositamente per stare più uniti durante le freddi notti d’inverno, quando solo il piumone non basterà più a riscaldarli.
Sa anche di aver sbagliato e ha paura di aver ferito il suo migliore amico a tal punto che questi non riuscirà a perdonarlo. È questo che lo blocca.
Ma no, Harry non è il suo migliore amico. Harry è qualcosa di più. Che cosa rappresenta per Louis non lo so si può nemmeno descrivere.
Aristotele li avrebbe definiti “l’uno l’alter ego dell’altro”, - e avrebbe avuto ragione - le stesse esatte parole che aveva usato per descrivere l’unione tra Alessandro il Grande ed Efestione.
 
“Larry is the biggest load of bullshit I've ever heard”
 
Le sue parole continuano a roteare in un vortice nella sua mente e le vede davanti a sé, bianche nel buio della sua stanza, ma a loro volta nere per la loro cruda indifferenza. Le sente, mentre le scriveva, le aveva pronunciate a bassa voce, ma non abbastanza da impedire che Harry le ascoltasse e si allontanasse da lui come schiaffeggiato, ma uno schiaffo sarebbe stato meno doloroso.
 
Non ce la fa più, Harry è stanco di aspettare.
Non sa nemmeno lui quanto tempo è passato da quando sta lì in piedi fissando il risultato di un pezzo di ebano lavorato. Solleva il volto e le palpebre si chiudono, stringendosi come se accecate da un’improvvisa luce.
È la fine, lo ha capito.
La mano sulla maniglia decide di spingerla in basso, sempre con un gesto lento, come se calcolato.
Ma quella di Harry è una lentezza naturale, perché lui, in fondo, ci spera ancora. Non perde le speranze che prima che riesca a mettere un piede fuori da quella stanza, Louis si alzerà finalmente.
Intanto le sue dita picchiettano sulla sua coscia sinistra, avvolta dai jeans di un nero pece, senza strappi però: quelli non gli piacciono.
E Harry ne ha abbastanza di strappi.
Solo qualche giorno fa ha strappato con rabbia la pagina del giornale che stava sfogliando senza alcun interesse; questo perché la bambina di due anni e mezzo della truccatrice della band non smetteva di piangere – non che la cosa lo turbasse in genere, ma quella proprio non era giornata –.
Lux non sembrava volersi calmare: poche ore prima il peluche, il suo coniglietto bianco preferito, era stato afferrato dal cane e nella battaglia per fargli mollare la presa si era strappato.
Questa sera, al contrario, a essere strappato è stato il suo cuore.
Uno strappo che non può essere ricucito, se non dalla persona che lo ha causato.
Le sue dita si fermano, smettono di picchiettare, e percepiscono cosa c’è all’interno della sua tasca.
Le chiavi.
Le chiavi dell’appartamento di Louis. Quelle che gli ha regalato poco dopo averlo acquistato. Gliele aveva date con un sorriso a cui lui aveva ricambiato felice, al settimo cielo.
E ora, con un sorriso di malinconia, le sta rigirando più volte nel palmo, ricordando la felicità di entrare e uscire da quella casa, da quel nascondiglio.
Non fa in tempo a pensare realmente a ciò che intende fare, che la porta con uno scatto appena udibile è socchiusa davanti a lui.
Il tempo è scaduto e questa volta non può indugiare oltre.
Senza permettersi il tempo di rifletterci bene, inquadra il tavolino in vetro subito accanto allo stipite, e senza guardare decide di lasciare lì le chiavi, sporgendosi appena, e inspirando fa un passo verso l’uscio.
 
Louis lo sente, qualcosa tocca il vetro del suo tavolino all’ingresso e subito dopo lo percepisce: il suo sospiro.
Harry non è ancora uscito.
Alza lo sguardo aprendo di colpo gli occhi. Un cambiamento in quella stanza buia lo ha colpito.
C’è una luce che si apre uno spiraglio attraverso la porta socchiusa.
E lo sente, sente il passo di Harry dirigersi verso il pianerottolo che li separerà.
 
«Non andare, Harry»
 
Questa volta non c’è nessuna macchina che impedisce a quel sussurro di essere udito, come non c’è più niente che impedisce a Louis di alzarsi e correre verso l’entrata.
E quando lo abbraccia si rende conto che Harry ha indugiato così tanto perché lo ha perdonato anche prima che gli chiedesse scusa.








 
Bri
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: breosaighead