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Autore: Clover by Clover    04/02/2008    1 recensioni
Questa storia narra di un principe della guerra. Infelice e solo nel profondo quanto gli occhi di tutti coloro che aveva ucciso. Questa è la storia di un generale rispettato dagli alleati e temuto dai nemici. Come io sia venuto in possesso di queste informazioni non vi è dato saperlo, cari lettori, poiché questa è anche la mia storia. Di quando lo conobbi. Di quando fece di me uno dei suoi tanti amanti
Genere: Romantico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II
VENTO

Già stavano iniziando a girare, come un’enorme spirale, le voci che presto l’esercito si sarebbe mosso. Le visite dei soldati, infatti, che ogni due o tre giorni facevano brevi incursioni al villaggio per fare scorta di viveri, si erano fatte sempre più rare e brevi. I vecchi dicevano che quella partenza era un bene, un esercito così vicino non avrebbe attirato altro che morte e guerre, i giovani invece se ne dispiacevano, per non aver saputo di più di loro, per non essere riusciti ad avvicinarli come avrebbero voluto.
Ed io, naturalmente, ero tra quest’ultimi. Non volevo assolutamente che se ne andassero, prima di aver fatto una qualche esplorazione. Così, nella stoltezza della mia ancora breve esistenza, uscii una notte che l’inverno riempiva di gelo, accompagnato dal mio migliore amico.
Maledetta quella notte.

-Sicuro di voler andare?- il volto incerto di Liz mi apparve per un attimo nel pallore nel chiaro di luna. Uno strano brivido di freddo ed eccitazione gli scosse le dita intirizzite con la stessa intensità che scuoteva le mie.
-Sì…- il mio sussurro si perse nel vento come un flebile incoraggiamento della tormenta.
Avevamo entrambi paura, lo sapevamo bene, una paura audace e curiosa che lentamente ci spingeva sempre di più nel bianco della neve.
Ci inoltrammo fuori dalle mura del villaggio, giorni prima c’eravamo costruiti un passaggio tra i mattoni. Seguii la schiena di Liz senza permettere che una distanza eccessiva la facesse apparire ai miei occhi sfocata ed indistinta. Se ci fossimo persi di vista, probabilmente sarebbe stata la fine.
Liz era di un anno più giovane di me, ma nonostante ciò mi superava già abbondantemente in altezza, allampanato e sottile come un giunco, con i capelli biondo scuro, gli zigomi magri e gli occhi gradi e leggermente acquosi.
-Ci sei?- domandò fermandosi un secondo e voltandosi indietro. Una sua falcata corrispondeva a tre miei passi e stargli dietro era una vera impresa, soprattutto con quella bufera.
-Certo!- esclamai già un po’ ansimante.
Camminavamo in salita, con gli alberi radi e coperti di neve che ci passavano accanto a rallentatore. La tentazione di fermarmi lì e tornare indietro era a dir poco insopprimibile, ma il desiderio e la curiosità di vedere finalmente l’accampamento del più famoso generale dei Cinque mondi la superava di gran lunga. Continuammo così ad avanzare, con Liz che ogni tanto si bloccava per aspettarmi ed io che lo raggiungevo con sempre più fatica. Forse quella non era stata una delle mie idee migliori.
Ad un tratto la salita finì, luci brillavano nell’oscurità della notte. Eravamo arrivati finalmente.
-Ci siamo! Ci siamo!- sentii le urla di gioia di Liz che esultava al mio fianco, con un’eccitazione che presto contagiò anche me. Quel traguardo che avevamo così faticosamente raggiunto sembrava annullare, come per magia, ogni brivido di freddo, ogni fatica, ogni dolore alle gambe e alle braccia, ormai però insensibili.
Eravamo entrambi così felici che quasi non ci accorgemmo del piccolo gruppo di uomini che si stava muovendo rapidamente nell’oscurità… o magari io qualcosa lo capii, forse dal silenzio irreale che era improvvisamente sceso tutt’intorno, forse dal vento che mi pareva essersi fatto improvvisamente più pungente… non lo so… non me lo ricordo…
Fatto sta che mentre Liz correva sempre più entusiasta verso l’accampamento con la neve che gli arrivava alle caviglie io esitai per un secondo, quel secondo nel quale accadde tutto.
Improvvisamente qualcosa saettò nel buio squarciando la calma della notte, una freccia, ma allora non l’avevo capito, e Liz cadde… Cadde di botto davanti ai miei occhi attoniti. Non sentii minimamente le urla intorno a me, riuscii soltanto ad incespicare goffamente verso di lui, immobile come una statua. Un grido mi trapassò la mente, il mio grido… Tutt’attorno altre grida, neve a spruzzi, nitriti di cavalli imbizzarriti e ancora frecce e frecce che passavano sopra la mia testa, mentre ero disteso nell’oscurità a proteggere con il mio corpo quello ormai inerte del mio amico. Cosa volevo fare con quel gesto? La scelta più logica sarebbe stata scappare, correre via più veloce che potevo. Sapevo che per Liz non c’era più speranza, l’avevo capito quando lo avevo visto cadere, con un movimento così innaturale, lo avevo capito intravedendo nel buio la neve tinta di rosso. Lo avevo capito, eppure rimanevo lì, a fargli scudo con la mia vita, per proteggere la tua, finita nella notte di quel giorno.
Ad un tratto qualcuno mi afferrò per i capelli, tanto forte che pensai che mi stesse per staccare la testa dal collo, ma non lasciai il braccio gelido di Liz. Altre mai mi afferrarono per la vita e per le spalle ed alla fine riuscirono a staccarmi. Continuai a dibattermi, a tirare pugni e calci alla cieca mosso solo dalla forza della disperazione, finché qualcuno non mi diede una botta in testa. L’ultima cosa che vidi fu il volto senza espressione di Liz ed indistintamente sentii una voce di uomo che diceva:
-Atalarico ha detto di non portargli nessun prigioniero vivo-
Dopodichè solo il soffio cupo del vento mi avvolse.

  
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