Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Made Again    27/07/2013    3 recensioni
***
Tratto dalla recensione lasciata al capitolo 21 "Untitled Track" da Lady Igraine.
"Non riesco a capire esattamente che considerazione abbia di lei ecco. La schernisce, la pretende, la ama, l'abbandona, la odia... è una commistione di sentimenti indistricabili che si rafforzano l'uno con l'altro e distruggono. Li distruggono entrambi. E questo apre molti interrogativi, perchè con una simile tempesta dentro non potranno mai davvero comunicare, potranno sempre e solo prendersi, scacciarsi, odiarsi e amarsi in una lotta senza tregua... "
***
Storia dalla trama complessa, particolare, azzardata.
Storia-tributo alla band inglese "Marillion".
Storia di malsana dipendenza ed ostentata indipendenza.
Storia di una vita irreale eppure specchio di una vita reale.
Storia di due gemelli.
Storia di un fratello ed una sorella.
Una ragazza.
Brave.
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Carissimo lettore che ti appresti a leggere questa storia,
desidero fare una breve premessa/introduzione a Brave, onde evitare colpi di scena. Si tratta di una storia principalmente incentrata sulle vite di due gemelli, accompagnata dalla musica del gruppo britannico Marillion.
Spesso i temi spazieranno e ci saranno momenti che potrebbero urtare la sensibilità di coloro che sono più emotivi o attenti a certe tematiche “delicate”. Tengo dunque a precisare che il rating non è arancione a caso.
Ogni capitolo presenterà una canzone che sarà il leit motiv dello stesso e un estratto dal testo del brano con annessa traduzione. So che è una scelta azzardata, ma spero che, se vorrai proseguire con la lettura, potrai apprezzare questa mia decisione.
Ti lascio ora alla lettura.
Cheers.
Made Again.


 



Canzone del capitolo: Hotel Hobbies
 

 
Erano le otto passate di un freddo giovedì 2 gennaio 1990, molto più freddo del normale. Le festività si erano appena concluse e tutto ciò che aleggiava per le strade erano tristezza e delusione generale. La pioggia ticchettava insistentemente sulle finestre del numero 17 di Tayson street e se non fosse stato per lei, l’unico rumore percepibile sarebbe stato il surreale silenzio che avvolgeva l’intera casa. Tutto lasciava pensare che all’interno non vi fosse nessuno se non che dalla finestra del secondo piano usciva un flebile bagliore. L’abat-jour, appoggiata sulla vecchia scrivania di noce, illuminava debolmente una vecchia e consunta edizione de The Lord of the Rings, uno stropicciato quadernetto giallo zafferano e il volto di una ragazza diciassettenne, visibilmente assorta nella lettura: i biondi capelli le ricadevano dolcemente sulle spalle. Erano riccissimi, una massa compatta di stupendi fili d’oro, così belli da sembrare quelli di una bambolina di porcellana. I suoi occhi, verde intenso, si muovevano rapidi, quasi correndo tra le righe. Brillavano mentre leggeva, parevano due smeraldi incastonati in quel viso dalla carnagione candida, delicata. Ogni tanto, interrompeva la lettura per scribacchiare a matita qualcosa sul vecchio quaderno. Il capo si muoveva leggermente, riflesso del piede che teneva il tempo battendo, silenzioso, sul tappeto bianco candido della stanza, seguendo il ritmo della musica che le cuffiette del vecchio walkman le iniettavano dritta nelle vene. Una canzone, eredità della sua infanzia perduta, fungeva da colonna sonora a quelle parole, vergate molto tempo addietro dall’immenso J.R.R. Tolkien.
 
 
“And the only sign of life is the ticking of the pen
Introducing characters to memories like old friends.”

 
“E l’unico segno di vita è il ticchettio di una penna,
Che presenta personaggi ai ricordi come vecchi amici.”

 
Tutto nella minuta figura della ragazza era armonioso, proporzionato, elegante: sembrava davvero una bambola di porcellana. Ma non era fragile. Come poteva esserlo? Quando vedi i tuoi genitori morire sotto ai tuoi occhi e capisci che da quel momento non ci saranno più e dovrai cavartela da sola, diventi una roccia, nel caso di Rachel un diamante, puro e inscalfibile. Ancora faceva fatica a capacitarsi di quello che era successo quella notte di nove anni fa: i discorsi del padre, le risate della madre, la lancetta dei chilometri di poco sopra il limite e quella subdola lastra di ghiaccio sulla strada. Pochi secondi e la loro bella famigliare blu notte era un ammasso informe di rottami accartocciati contro un platano. Ma più ancora non riusciva a capire come sua madre e suo padre fossero morti, mentre lei ed il fratello fossero sopravvissuti. Si sentiva in colpa, sebbene fosse stata una bambina di appena otto anni che di colpe non ne aveva proprio nessuna.
 
La porta della stanza si spalancò all’improvviso con un boato. Il cuore le si fermò per qualche secondo. Levò le cuffiette e si voltò, lentamente, verso la porta.
-Sempre dietro a quel pezzo da museo, sorellina?- chiese Heyden con tono fastidioso. Stette in silenzio per qualche secondo, fissandola con occhi crudeli e divertiti.
-Problemi? Beh, tienteli per te.- Ribattè lei, sulla difensiva.
-Sai, c’è un nonsocchè di patetico in quello che fai.- continuò subdolo. Mentre parlava, sfiorò il volto della sorella con il dito, percorrendole lentamente la guancia.
-Cosa ci trovi di così patetico? Stavo tentando di leggere prima che tu e la tua fottutissima presenza me lo impedissero.-
Heyden abbandonò la guancia della ragazza per scendere lentamente verso il collo. Lei fu scossa da un lungo brivido che le corse rapido lungo la schiena e d’impulso si alzò.
-Che cazzo vuoi?- l’apostrofò con freddezza. Heyden le metteva paura, l’unica cosa al mondo che ancora la spaventasse: odiava il suo contatto, le metteva ansia. Era sempre stato così, fin da bambini. Eppure erano fratelli. E per giunta gemelli. Anche se di gemello avevano solo il sangue e la data di nascita. 11 gennaio. Nient’altro. Heyden era alto, magro, magrissimo. La carnagione era chiara, bianca, quasi pallida. I folti capelli neri gli coprivano leggermente la fronte fino agli occhi color ghiaccio. Ma in quegli occhi gelidi brillava un fuoco indescrivibile. Il suo sguardo era praticamente insostenibile. Rispecchiava quell’odio che provava verso il mondo. Era subdolo, manesco, violento, vendicativo. Alla morte dei genitori aveva eretto un muro tra lui e chiunque altro, diventando una specie di vampiro: si nutriva della sofferenza altrui e trovava un spietato piacere nel provocarla. Eppure lei lo sapeva, non era sempre stato così.
 
Mentre era distratta, Heyden le prese il quaderno scritto a matita appoggiato alla sua sinistra sulla vecchia scrivania ed iniziò a leggere dandole le spalle.
Lei ebbe un sussulto. Nessuno poteva leggere ciò che scriveva su quel piccolo quadernetto giallo dalle pagine stropicciate. Erano affari suoi. I suoi sfoghi, le sue debolezze, le sue gioie vissute da Kayleigh, una ragazza come lei nata nell’East End londinese degli anni ’50.
Heyden invece pareva piuttosto divertito.
 
KAYLEIGH
Non sai cos’è l’East End se non ci vivi. Ho sentito tanti dire sui giornali, sulle riviste di viaggi “ L’East End non è così terribile come si può pensare. Andrebbe valorizzato e promosso. Una perla nella nostra meravigliosa capitale che meriterebbe spazio e rilancio socioculturale.”  Quante stronzate. Io nell’East End ci sono nata e cresciuta e posso giurare sulla regina, non esiste su tutta la Terra un posto tanto fottutamente dimenticato da Dio. La prima cosa che ti augurano quando nasci qui, è di riuscire ad andartene più presto che puoi. Tutti noi lo speriamo.
Mi chiamo Kayleigh e sono nata e morta qui. Dico così perché nascere in un posto del genere equivale ad augurarsi la morte se non hai le palle per lottare. Mio padre, quel fottuto bastardo ubriacone non so di dove fosse. Forse proprio di qui. Grazie a Dio, qualche fottuto tedesco una notte ha pensato di mandarlo all’inferno. Nessuno pianse quel giorno.
Mia madre è di Manchester. Northern Soul. Un’anima ribelle. Nelle mie vene scorrono insieme sangue mancuniano e Cockney. La mia anima non è ribelle, ma selvaggia ed indomabile. Credo non esista al mondo mix più letale di quello che mi scorre nelle vene. Sono viva.
Mia madre è una brava donna. Una donna forte. Ho tanta stima di lei. Lavora con turni da schiava in un laboratorio tessile e scrive qualche articolo per il giornaletto locale. Superfluo dire che la pagano poco e male, ma ci facciamo bastare quel che c’è. Ho una coperta, un tetto sulla testa e almeno un piatto caldo  al giorno. Quel che tutti più o meno hanno qui.
Nel nostro quartiere siamo una grande famiglia.Tra inglesi ci si conosce un po’ tutti. Ci sono un market, una cassetta rossa dove imbucare le lettere, il baretto dove i vecchi ubriaconi passano le loro giornate sonnacchiose a bere un surrogato del whiskey, la scuola che con gran coraggio viene ancora chiamata così e macerie. Macerie ovunque, regalo vecchio di anni ed anni. Un souvenir della Luftwaffe per ricordarci che non siamo altro che mosche il questo paese che è la grande e potente Inghilterra. Parassiti di una delle città più belle al mondo.
Il nostro quartiere  è inglese. Appena accanto abbiamo quello russo. Due isolati a est invece c’è quello dei neri. L’East End è anche questo. Un fottuto mondo i miniatura a nord del Tamigi…
Credo che sarei morta anch’io, se non avessi incontrato Liam… 
 
La ragazza perse le staffe. Fece per aprire la bocca per dirgli quanto facesse fottutamente schifo. Ma Heyden fu più veloce di lei nel parlare.
-Parli di lui?-
Silenzio.
-Cazzo, rispondi! Parli di lui?!-
Heyden afferrò con forza il braccio della sorella e la alzò dalla sedia. Portò il suo viso a pochi millimetri da quello della ragazza. La fissava con gli occhi sgranati. Era fuori di sé.
Lei fu presa da una morsa allo stomaco, come una tenaglia che non la lasciava respirare, le toglieva il fiato, le parole. Non lo aveva mai vasto così. Mai.
Heyden le stingeva sempre di più il braccio, la terrorizzava. Non capiva.
-Mollami. Subito.- gli sibilò all’orecchio.
Heyden per tutta risposta strinse ancora di più. Era assurdo. Ormai la sua mano era viola.
-Ti ho detto mollami!- urlò con quanto fiato aveva in gola. Il grido rimbombò cupo in tutta la casa. Non aveva mai reagito alla violenza del fratello con tanta decisione. Heyden si bloccò. Sul suo volto si dipinse un espressione anomala, stupita, quasi preoccupata. La fissò con un’espressione nuova, che lei non gli aveva mai visto rivolgerle.
Si sentì un rombo, come di qualcuno che saliva le scale correndo.
Pochi secondi dopo la porta si aprì.



  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Made Again