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Autore: malpensandoti    28/07/2013    19 recensioni
Il primo “Ti amo” me l'hai detto per telefono, forse eri anche un po' ubriaco. Ci hai girato intorno come eri solito fare, hai sempre parlato troppo e detto l'essenziale, io ho chiuso gli occhi e ho aspettato. Era un martedì perché mia madre aveva il turno di notte e tu avevi avuto gli allentamenti.
Hai sospirato, “Tanto lo sai”
Dentro di me l'avevo sempre sperato, le cose importanti non sono mai state il nostro forte, ti ho chiesto di dirmelo lo stesso.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cambia qualcosa se mi pensi adesso, ora?
Per come sto messo adesso il tempo è freddo ancora.







 




Le tue guance prendevano una sfumatura più scura quando fuori faceva freddo e quando aspiravi una Pall Mall, le accarezzavo con lentezza mentre sorridevi. Lo facevo anche io, “Smettila”
Hai sempre avuto la convinzione di poterti reincarnare in un lupo, quando ne parlavi con Zayn e lui ti prendeva in giro, avevi sempre il luccichio negli occhi di chi non sta ancora perdendo. Ti passavi una mano tra i capelli scuri e crespi che “Guai a tagliarli!” ridevi, con la tua voce sempre bassa per il fumo e i baci.
A scuola eri sempre l'ultimo ad arrivare e il primo ad uscire, mi aspettavi sul ciglio della strada, mi davi un bacio come se non ci fossimo visti durante il giorno e io non ti avessi osservato tutto il tempo nell'ora di spagnolo. Tu lo sapevi, i tuoi occhi erano veloci ma io ti conoscevo abbastanza bene da capirti. L'ho sempre fatto.
Non hai mai avuto gusti precisi nella musica, “Ascolto quello che mi piace” spiegavi sempre, ma consideravi impossibile che qualcuno non conoscesse i Radiohead.
Al mio compleanno mi hai preso due biglietti per Ed Sheeran, tra la folla ti ho visto perfino commuoverti. Non te l'ho mai detto, ti ho solo baciato, ma tu hai capito ugualmente, “Grazie”
Ho imparato così tante cose di te che a volte mi stupisco ancora di collegarti a qualcun altro. Persone che non bevono il caffè se non è macchiato esattamente come te, che portano i maglioni larghi e i pantaloni stretti, persone che si mordono le labbra per l'emozione, che hanno sempre gli occhi lucidi, occhi chiari come i tuoi, le stesse mani lunghe, le gambe storte, le fossette che tu adori e io odiavo, la pelle pallida, le spalle curve.
Il primo “Ti amo” me l'hai detto per telefono, forse eri anche un po' ubriaco. Ci hai girato intorno come eri solito fare, hai sempre parlato troppo e detto l'essenziale, io ho chiuso gli occhi e ho aspettato. Era un martedì perché mia madre aveva il turno di notte e tu avevi avuto gli allentamenti.
Hai sospirato, “Tanto lo sai”
Dentro di me l'avevo sempre sperato, le cose importanti non sono mai state il nostro forte, ti ho chiesto di dirmelo lo stesso.
“Che senso ha dirti qualcosa che sai già?”
“Lo so?”
“Te lo dico ogni giorno, ogni cazzo di giorno. Non uso propriamente quelle parole, ma cazzo. Lo sai, lo so io e lo sai tu.”
“Lo sai?”
“Certo che so di amarti! Porca troia! Ti amo che...vaffanculo”
Ho sorriso, lo sapevo. Lo speravo.
Durante matematica abbiamo progettato la nostra casa dopo il matrimonio, tu la volevi tutta nera, “è originale”. Le finestre bianche, come il pelo del Labrador che ti sarebbe saltato addosso quando saresti tornato dal lavoro. Volevi tre figli, due maschi e una femmina, Anne come tua madre, “le farebbe piacere”
Abbiamo litigato per la scelta dei nomi di bambini che ancora non avevamo, la moquette in sala e il parquet in cucina? Volevi un quadro di Van Gogh e a mala pena sapevi il suo vero nome, ma conoscevi già i posti dove avresti nascosto i film porno e dove l'erba, “l'ho visto in un film”
Abbiamo giocato a fare i grandi, una volta ti sei pure messo una cravatta che poi è finita sul pavimento della tua stanza assieme a tutto il resto.
Quando passavamo per il parco in cui Louis ci ha presentati, sorridevi sempre, “Quel giorno non avevo nemmeno voglia di uscire” mormoravi. Io facevo finta di arrabbiarmi e tu mi baciavi, ridevi.
“E invece sono qui”
“E ci sono anche io”
“Ci sei?”
Le tue domande sempre con lo scopo di capire. Volevi sicurezze che non hai mai chiesto. C'ero, c'eri, c'eravamo come una volta e una fiaba letta alla sera. Diventavi serio in un battito d'aria, avevamo il momento per ridere e quello per il silenzio. Le tue mani sulle mie scapole bruciavano mentre mi guardavi.
“Mi sembra di impazzire”
Con te è stata la prima volta di tutto, ti sei dato la forma delle mie stesse paure per stringermi e farmi male al tempo stesso.
“Resta stanotte”
“Sì”
Avevi ragione, era come impazzire. Dipendere da qualcosa che non comprende il fumo, l'alcool, le droghe, il sesso. Tu eri tutto questo ed eri molto di più. Ti ho amato per quanto le mie mani piccole permettessero, ti ho amato perché non eri forte, non hai mai nascosto le tue lacrime, perché sorridevi, per le fossette, le i capelli che ancora so non hai tagliato, per la cicatrice che hai sul fianco, ti ho amato perché non siamo mai stati bravi a fare altro.
“Che senso ha riuscire a stare insieme, se poi tutte queste cazzo di tempeste te le crei da sola?”
Un giorno tornerai a casa, quella tutta nera che hai sempre desiderato, dai tuoi figli che avranno le tue labbra ma non i miei occhi, la bacerai sulla fronte, la chiamerai per nome perché i nomignoli non ti piacciono. Lei ti sorriderà come chi può permetterselo, come chi ti ha sudato, ha lottato per te.
Cosa si dice, in queste circostanze? Torna? Vieni qui? Ti amo ancora?
Cosa potrei dirti, io, che ho calpestato tutto e non ho concluso nulla? Come posso pregarti di tornare quando sono stata io la prima ad essere andata via?
Non mi hai seguita, forse non ne è mai valsa la pena davvero.
Al “ti aspetto” non abbiamo mai creduto, forse è stato meglio così.
Ho pensato che se ti avessi lasciato, forse non avrebbe più bruciato così tanto. Hai iniziato l'università, so che ti piace anche se è difficile. Non mi chiami, non ti chiamo, premo il tasto rosso dopo aver fatto un numero che so a memoria.
Sei dimagrito, ora hai anche un po' di barba. Dicevi sempre che chi ti ama non se ne va, per questo hai smesso di cercare tuo padre a dieci anni.
Ne valeva la pena, lo so io e lo sai tu.
Il fatto è che sapevo anche che un giorno, prima della casa nera e la moquette, te ne saresti andato tu. E ti avrei aspettato nella stessa maniera con cui lo faccio adesso. Adesso che sono io che ti ho lasciato. Ti sto aspettando e forse aspetto anche me.
Frequenti una ragazza, me l'ha detto una sera Louis. Gliel'hai presentata, gli piace molto. Ti renderà felice. A casa di Niall mi sorridi come ad una cugina che non hai mai visto, mi saluti con un abbraccio veloce e sento le tue ossa che hanno preso la forma di qualcun'altra.
Ne valeva la pena, Harry. Mi dispiace.
Ti sto ancora aspettando.
Io che alle attese non c'ho mai creduto.
E, purtroppo, non ci credi neanche tu.


 
  
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