«Sei sicuro di
questo?» gli chiese la nera mietitrice.
Annuì, massaggiandosi il
polso. Una piccola linea di sangue
gli usciva da dove aveva tagliato col coltello. La ferita, proprio come
ai
vecchi tempi, era piccola e abbastanza superficiale. A volte gli
sembrava che
la sua pelle fosse resistentissima. Almeno era stata abbastanza per
attirare
l’attenzione dello scheletro parlante su di sé
– altrimenti, e deglutì al
pensiero, avrebbe dovuto farsi molto più male.
«Facciamo come ho
detto.»
Ancora una volta l’altra lo
strinse con le dita gelide.
Rabbrividì, mentre la sua pelle perdeva
sensibilità. Ma dopo poco, era di nuovo
nell’appartamento – di nuovo, nel futuro.
Nikolaj allargò le gambe e
si piazzò di fronte al
televisore. Nella stanza, in quel momento, c’era solo lui.
Lui e l’altro se
stesso. Uno schioccare di dita, e finalmente, gli occhi del grasso
Nikolaj del
futuro si staccarono dallo schermo e lo videro per la prima volta.
Il tempo sembrò fermarsi.
L’adulto aprì la bocca, chiuse e
riaprì gli occhi.
«…tu?»
«Io,» rispose
tranquillo il giovane. Nonostante il caldo
estivo della sua camera, aveva cercato i suoi scarponi pesanti. Marrone
scuro,
modello classico della Timberland. Con un gesto improvviso
alzò la gamba
sinistra come aveva fatto un centinaio di volte nelle lezioni di kung
fu, e
piazzò la suola della scarpa dritta nello stomaco di se
stesso.
L’altro non ebbe nemmeno il
tempo di contorcersi dal dolore,
che Nikolaj l’aveva preso per il collo, aveva spostato il suo
peso
considerevole e l’aveva gettato a terra. Il giovane lo
colpì, o per meglio
dire, si colpì, nelle costole, e poi si piegò
sopra il suo stesso corpo
ansimante, stringendo le mani a pugno e spaccandosi il naso con un
unico,
preciso, diretto.
«…ma
perché?» pianse la sua controparte.
Si fermò.
L’odore del sudore e il contatto con quel corpo lo
stava facendo sentire male, nonostante l’adrenalina che gli
scorreva dentro.
«PERCHE’?» urlò. La morte volteggiava in
un angolo. Avrebbe potuto giurare che c’era interesse nel suo
sguardo.
«Perché mi fai
schifo.» sputò Nikolaj.
«Perché hai preso
tutto quello che avevo,»
«e l’hai
rovinato.»
Con entrambe le mani prese la testa
del sé futuro, e la fece
rimbalzare con il pavimento. Le sue mani si staccarono dal cranio
sudato con
lentezza voluta, i muscoli delle braccia che assaporavano la dolce
sensazione
della violenza e del potere, mentre lui era seduto sopra il suo nemico
come un
antico eroe epico. Si rialzò, mentre l’altro era
stordito e mugolava nel
dolore. Prendendosi tutto il tempo che ci voleva, Nikolaj si
abbassò i
pantaloni, e pisciò in faccia all’essere che
odiava.
Quando ebbe finito, poteva quando
sentire il suono della pipì
che bruciava nei tagli e nelle ferite, nel naso rotto e negli occhi del
grasso.
Si ricompose. Guardò l’uomo piegato a terra, senza
provare più alcun
sentimento: né pena, né schifo, né
rabbia.
«Mi scuso,» disse
alla Morte «ma non seguirò il tuo
consiglio.»
«Ah no. … e
rischierai questo?»
«Mi hai detto di lasciare
Gael, se non volevo che finissimo
così.»
«L’ho
fatto.»
«Vuol dire che tutto
questo» allargò le braccia «si
può
evitare. Vuol dire che non sta scritto da nessuna parte che debba
succedere. Mi
hai mostrato il futuro, Morte. Ma io non lascerò mai che
accada. Spero tu ti
sia divertita a vedermi soffrire come un cane, ma non mi
freghi.»
La realtà
iniziò a sfaldarsi, a partire dalle pareti, che
svanirono nel nulla. La cucina, lo sporco, il televisore ultrapiatto al
plasma.
Il naso rotto del se stesso del futuro, e infine, tutto quel Nikolaj.
Rimasero
infine solo lui e la Morte, sospesi in un mare bianco di nebbia.
«Ricorda le mie parole» disse il ragazzo «Io sono meglio di così.»
Note
Sono
arrivato alla fine del mio raccontino, semplice e senza pretese in
verità. Mi piaceva al limite scrivere e introdurre un paio
di concetti, poi magari un giorno li approfondirò meglio xD
Grazie se siete arrivati a leggere fin qui e a sopportarmi. Se volete,
commenti e recensioni son più che graditi.